Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 471 del 14/01/2010

Cassazione civile sez. II, 14/01/2010, (ud. 18/11/2009, dep. 14/01/2010), n.471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. ATRIPALDI Umberto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25866/2004 proposto da:

S.V., rappresentato e difeso dall’avv. NARRACCI Vito

ed elett.te dom.to in Roma, via Lucrino n. 10, nello studio dell’avv.

Carla V. Efrati;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT BANCA S.P.A. (già CREDITO ITALIANO S.P.A.), in persona del

procuratore speciale Dott. P.M., rappresentata e difesa

dall’avv. PAGLIARI Massimo, presso lo studio del quale è elett.te

dom.ta in Roma, Via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 19;

– controricorrente –

e contro

BANCA ANTONIANA POPOLARE VENETA S.P.A., in persona del quadro

direttivo Dott. B.R., rappresentata e difesa dall’avv.

MASCOLO Michele ed elett.te dom.ta in Roma, Via L. Mantegazza n. 24,

presso il sig. Luigi Gardin;

– controricorrente –

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A.; C.A.

R.; B.I.;

– intimati –

sul ricorso n. 377/2005 R.G. proposto da:

C.A.R., rappresentato e difeso dall’avv. Vito

Campanella ed elett.te dom.to in Roma, viale Mazzini n. 117, presso

lo studio dell’avv. Andrea Varano;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

UNICREDIT BANCA S.P.A. (già CREDITO ITALIANO S.P.A.), come sopra

rappresentata difesa e domiciliata;

– controricorrente –

e contro

BANCA ANTONIANA POPOLARE VENETA S.P.A.; BANCA MONTE DEI PASCHI DI

SIENA S.P.A.; S.V.; B.I.;

– intimati –

e sul ricorso n. 459/2005 R.G. proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A. – Succursale di Bari, in

persona del direttore titolare pro tempore Dott. D.F.

G., rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Masiani, presso

il cui studio in Roma, via Ugo Bassi n. 3, è elett.te dom.ta;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

S.V.; C.A.R.; CREDITO

ITALIANO S.P.A.; BANCA ANTONIANA VENETA SOC. COOP. A R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di Bari n. 645/2004,

depositata il 30 giugno 2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 18

novembre 2009 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito per il ricorrente principale sig. S.V. l’avv.

Vito NARRACCI;

udito per il controricorrente e ricorrente incidentale sig.

C.A.R. l’avv. Vito CAMPANELLA;

udito per la controricorrente e ricorrente incidentale BANCA MONTE

DEI PASCHI DI SIENA S.P.A. l’avv. Roberto MASIANI;

udito per la controricorrente BANCA ANTONIANA POPOLARE VENETA S.P.A.

l’avv. Michele MASCOLO;

udito per la controricorrente UNICREDIT BANCA S.P.A. l’avv. Carlo

BORROMEO, per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi

dei sigg. S. e C., assorbito il ricorso della

Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Credito Italiano s.p.a., vantando nei confronti del sig. C.A.R., per fideiussioni da lui prestate a garanzia di debiti della Mobilmet s.p.a., un credito di L. 280.704.716 il cui pagamento era stato sollecitato con raccomandata del 15 febbraio 1995, convenne davanti al Tribunale di Bari il C. ed il sig. S.V., ex socio di lui nella Mobilmet, della quale era stato anche vice presidente. Chiese dichiararsi simulata la vendita di una villa in (OMISSIS) effettuata dal primo e da sua moglie sig.ra B.I., comproprietaria, in favore del secondo con rogito del (OMISSIS).

In subordine chiese revocarsi l’atto ai sensi dell’art. 2901 c.c., o, in ulteriore subordine e agendo in surrogazione del debitore, pronunziarsene la rescissione per sproporzione tra le prestazioni dei contraenti.

I convenuti resistettero e nel giudizio intervennero volontariamente prima la Banca Nazionale dell’Agricoltura e poi il Monte dei Paschi di Siena, entrambi per tutelare proprie ragioni creditorie nei confronti del C. ma la prima chiedendo accogliersi tutte le domande proposte dal Credito Italiano e il secondo, invece, limitando le proprie conclusioni alla declaratoria di revoca dell’atto di vendita ai sensi dell’art. 2901 c.c..

Il Giudice Istruttore ordinò l’integrazione del contraddittorio nei confronti della sig.ra B. quale litisconsorte necessaria.

Questa si costituì resistendo alle pretese attoree.

Intervenne, infine, in giudizio anche la Banca Antoniana Popolare Veneta, facendo proprie le ragioni della Banca Nazionale dell’Agricoltura, che aveva incorporato.

Per quanto qui ancora rileva, il Tribunale accolse la domanda di simulazione assoluta, con assorbimento della altre domande, e, per l’effetto, dichiarò nulla la vendita dell’immobile, limitatamente alla quota di proprietà del C., nei confronti del Credito Italiano e della Banca Antoniana Popolare Veneta.

Sugli appelli, rispettivamente principale e incidentale, del sig. S. e del sig. C. – entrambi relativi alla declaratoria di simulazione – e sugli appelli incidentali del Credito Italiano e del Monte dei Paschi di Siena – relativi, invece, alle spese e, subordinatamente, al mancato accoglimento delle domande dichiarate assorbite – la Corte di Bari ha pronunciato sentenza con cui (sempre per quanto qui ancora rileva) sono stati respinti i gravami dei sigg. S. e C. ed è stato dichiarato inammissibile, per decadenza, quello del Monte dei Paschi di Siena.

Nel disattendere i gravami degli originari convenuti la Corte distrettuale ha ritenuto, in particolare:

– che non trovava alcun conforto in atti la loro tesi difensiva, secondo cui il corrispettivo della vendita della villa era stato pagato e consisteva nella cessione delle proprie azioni Mobilmet fatta dallo S. circa un anno prima in favore dei figli del C.;

– che il requisito del pregiudizio di cui all’art. 1416 c.p.c., comma 2, sussisteva sia per il Credito Italiano, attore, sia per la Banca Nazionale dell’Agricoltura, interveniente litisconsortile, considerato che detti istituti vantavano crediti rispettivamente di L. 280.704.716 e di L. 193.852.578 e che vi era stato anche l’intervento del Monte dei Paschi di Siena, a sua volta creditore di ulteriori L. 328.629.652;

– che quindi non rilevava che il Credito Italiano fosse altresì titolare di iscrizione ipotecaria, a garanzia del medesimo suo credito, su altro immobile di proprietà del C., atteso che il pregiudizio di cui all’art. 1416 c.c., comma 2, sussisteva per tutti i creditori del simulato alienante, in considerazione della modificazione del suo patrimonio tale da rendere più difficile od oneroso il soddisfacimento del credito, tenuto conto che il solo valore dell’immobile ipotecato – un appartamento di comune abitazione in un paese come (OMISSIS) – non sarebbe stato sufficiente a coprire il credito dell’attore e dell’intervenuta Banca della Agricoltura e tenuto conto, altresì, che è sufficiente ad integrare il requisito del pregiudizio, di cui trattasi, anche la mera potenzialità del medesimo;

– che la partecipazione consapevole anche della sig.ra B. all’accordo simulatorio era “provata in re ipsa”, non essendo revocabile in dubbio che ella era al corrente dell’insolvenza del marito, dato che con lui conviveva e che di lui era stata anche socia nella Mobilmet s.p.a., e dato che era anch’ella fortemente interessata a simulare la vendita della villa di proprietà comune per sottrarla – sia pure per la sola quota spettante al marito – al pericolo di azioni esecutive che le banche avevano già cominciato a minacciare.

Il sig. S. ha quindi proposto ricorso per cassazione per otto motivi; il sig. C., la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., l’Unicredit Banca s.p.a. (nuova denominazione assunta dal Credito Italiano s.p.a.) e la Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. hanno proposto distinti controricorsi, i primi due dei quali contenenti anche ricorsi incidentali rispettivamente per tre ed un motivo. L’Unicredit Banca s.p.a. ha resistito, con ulteriore controricorso, anche al ricorso incidentale del sig. C..

Il sig. S., il sig. C. e la Banca Antoniana Popolare Veneta hanno anche presentato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – I ricorsi vanno previamente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2. – Con il primo motivo del ricorso principale proposto dal sig. S. si denuncia violazione dell’art. 1416 c.c. e artt. 100 e 105 c.p.c., nonchè vizio di motivazione. Si lamenta che la Corte di appello non abbia dichiarato l’inammissibilità dell’azione di simulazione del Credito Italiano per difetto di interesse ad agire in considerazione della garanzia ipotecaria i-scritta dalla banca per il medesimo credito sul altro immobile del debitore, ritenendo erroneamente che “il pregiudizio, ai sensi dell’art. 1416 c.c., sussisteva per tutti i creditori del simulato alienante”.

Il ricorrente osserva: che l’intervento spiegato dalla Banca Nazionale dell’Agricoltura era un mero intervento adesivo dipendente, e non litisconsortile come ritenuto dai giudici di appello, essendosi l’interveniente limitata a chiedere l’accoglimento delle domande della banca attrice; che la sussistenza del pregiudizio di cui all’art. 1416 c.c., va verificata con riferimento alla sola posizione dei creditori che abbiano proposto autonoma domanda di simulazione, e non anche di quelli che abbiano assunto in giudizio una posizione meramente collaterale e dipendente da quella altrui; che pertanto la Corte di appello avrebbe dovuto verificare tale sussistenza con esclusivo riferimento alla posizione del credito Italiano, senza considerare le posizioni delle altre banche intervenute, ossia della Banca Nazionale dell’Agricoltura, di cui si è detto, e del Monte dei Paschi di Siena, che non aveva esperito azione di simulazione ma si era limitato a chiedere la revoca dell’atto di vendita.

3. – Con il secondo motivo del ricorso principale, denunciando violazione degli artt. 1416 e 2967 c.c. e art. 115 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, si censura l’affermazione della insufficienza del valore dell’immobile ipotecato a soddisfare le ragioni del Credito Italiano. Premesso che il requisito del pregiudizio di cui all’art. 1416 c.c., comma 2, è una condizione dell’azione, che dunque va provata dall’attore, si lamenta che la Corte di appello abbia affermato detta insufficienza (così confermando l’esistenza del pregiudizio derivante dalla vendita della villa) in base ad elementi in realtà non presenti agli atti.

4. – I due motivi vanno esaminati congiuntamente, data la loro connessione. L’esame, inoltre, comprende anche il primo motivo del ricorso incidentale del sig. C., che ripropone le medesime questioni.

4.1. – Le censure di cui trattasi non possono essere accolte.

4.1.1. – Anzitutto va confermata la qualificazione come litisconsortile dell’intervento della Banca Nazionale dell’Agricoltura.

La differenza fra intervento litisconsortile (o adesivo autonomo) e intervento adesivo dipendente sta – com’è noto – in ciò, che nel primo l’interveniente fa valere in giudizio un suo diritto (connesso per l’oggetto o il titolo a quello dedotto dall’attore), mentre nel secondo fa valere un mero interesse, legato a una sua posizione giuridica dipendente da quella dell’attore.

Per sostenere che quello della Banca Nazionale dell’Agricoltura era un intervento adesivo dipendente, i ricorrenti stravolgono il significato della richiesta della banca di “accoglimento delle domande proposte dall’attrice”, isolandola dal contesto dell’atto di intervento, in cui, invece, mentre non viene menzionata alcuna posizione giuridica dipendente da quella della banca attrice, si fa espresso riferimento al credito vantato dall’interveniente nei confronti del C. e alla tutela di esso facendo valere la simulazione dell’atto di disposizione del debitore.

Nè (sia detto per completezza, visto che vi accenna il ricorrente principale nella sua memoria) la conclusione cui si è pervenuti è posta in crisi dalla qualificazione – effettivamente incongrua – che nel controricorso la stessa banca interveniente da del proprio intervento come adesivo dipendente, non essendo questa Corte vincolata dalle qualificazioni giuridiche suggerite dalle parti controricorrenti.

Quanto, poi, al riferimento della sentenza impugnata al credito del Monte dei Paschi di Siena, si tratta di affermazione indubbiamente pleonastica (il Monte dei Paschi non aveva, infatti, proposto domanda di simulazione, onde non era necessario evidenziare, per quanto lo riguardava, il requisito del pregiudizio di cui all’art. 1416 c.c., comma 2); ma, appunto perchè tale, non incidente sul decisimi o sulla ratio decidendi e, dunque, insuscettibile di censura in questa sede.

4.1.2. – Rileva, piuttosto, ai fini della domanda di simulazione proposta dall’attrice Credito Italiano s.p.a., la valutazione relativa all’ipoteca su altro immobile di cui godeva il suo credito.

I ricorrenti sostengono che fosse onere della banca provare che il valore di quel bene era insufficiente a garantire il suo credito e che, conseguentemente, la Corte di appello abbia errato nell’affermare ciò ancorchè la banca non ne avesse fornito la prova.

Sennonchè non è sostenibile che l’onere di tale prova incombesse sulla banca attrice, atteso che l’esistenza dell’ipoteca e la sua sufficienza a garantire il credito della banca erano materia di eccezione dei convenuti. Si trattava, invero, di fatti impeditivi della legittimazione dell’attrice, perchè elidevano il pregiudizio già da essa dedotto e dimostrato allegando il proprio credito e la riduzione della generica garanzia patrimoniale del debitore conseguente alla dismissione della villa. La deduzione e la prova dell’esistenza dell’ipoteca e della sua sufficienza a garantire le ragioni della banca attrice erano, quindi, oneri dei convenuti in primo grado ed attuali ricorrenti. I quali, invece, non deducono di aver provato, oltre all’esistenza dell’ipoteca, altresì la sua insufficienza; onde anche il difetto di motivazione della relativa valutazione fatta dai giudici non potrebbe mutare il senso della decisione impugnata, perchè l’incertezza su tale aspetto ricadrebbe comunque sui convenuti sotto forma di mancata prova dell’eccezione.

5. – Con il terzo motivo del ricorso principale, denunciando violazione dell’artt. 2729 c.c. e artt. 112, 115, 116, 329 e 346 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, si lamenta:

a) che la Corte di appello, nell’affermare che all’accordo simulatorio aveva partecipato anche la sig.ra B., sia incorsa in extrapetizione, dato che: nella citazione in primo grado la banca attrice aveva riferito di un “concerto” tra il C. e sua moglie nella vendita dell’immobile, senza tuttavia indicare e tantomeno provare alcun elemento a sostegno di esso; in appello la medesima banca aveva sostenuto – in risposta al motivo di gravame con cui si censurava, appunto, la mancanza di qualsiasi indagine del primo giudice in ordine alla partecipazione della B. all’accordo simulatorio – la superfluità di siffatta indagine; la Corte di secondo grado, anzichè accogliere pertanto il richiamato motivo di gravame e respingere la domanda per difetto dell’accordo simulatorio di tutte le parti contrattuali, aveva invece proceduto di ufficio a un’indagine sulla condizione psicologica della sig.ra B., così sostituendosi alla parte attrice nell’allegazione dei fatti costitutivi della domanda, in violazione degli artt. 112 e 116 c.p.c., e altresì modificando d’ufficio, in assenza di gravame sul punto, la decisione di primo grado;

b) che era gratuito ed illogico affermare la partecipazione della sig.ra B. all’accordo simulatorio per le ragioni sopra riferite in narrativa, senza indicare in motivazione le fonti del relativo convincimento vuoi con riferimento all’epoca in cui la signora aveva fatto parte della società, vuoi con riferimento allo stato in cui versavano le finanze societarie alla medesima epoca, e senza considerare – con riferimento all’affermato interesse della signora alla simulazione della vendita – che la B. non aveva debiti e dunque non aveva ragione di simulare alcunchè, e che mancava, altresì, la prova che ella fosse a conoscenza di preannunziate azioni esecutive delle banche creditrici del marito.

6. – Anche tale motivo, l’esame del quale va esteso a quello del secondo motivo del ricorso incidentale del sig. C., che ripropone sostanzialmente la censura b) che precede, non può trovare accoglimento.

6.1. – In primo luogo, non sussiste la denunciata extrapetizione. Lo stesso ricorrente, invero, riferisce che la banca attrice aveva nell’atto di citazione dedotto, sia pure senza dimostrarla, la partecipazione della sig.ra B. all’accordo simulatorio (il “concerto” richiamato in ricorso).

Nè è esatto che i giudici di appello abbiano modificato d’ufficio la sentenza di primo grado sul punto in esame, dato che è ancora una volta il ricorrente a far presente che su quel punto (il punto, cioè, della partecipazione della B. all’accordo simulatorio) egli aveva formulato uno specifico motivo di gravame.

Nè, ancora, è esatto che la Corte di appello abbia svolto di ufficio una “indagine” a proposito della partecipazione della sig.ra B. all’accordo simulatorio. Essa, infatti, non ha assunto mezzi di prova non richiesti dalle parti, ma si è limitata a ricavare da elementi presenti in atti, quali il rapporto di coniugio e di convivenza tra il C. e la B. e la pregressa partecipazione di quest’ultima alla società del primo, la presunzione della consapevolezza, in capo alla moglie, delle condizioni finanziarie del marito e della società e la connessa volontà della moglie di sottrarre, assieme al marito, il bene alle pretese delle banche creditrici: insomma, un ragionamento inferenziale rientrante senza dubbio nei poteri officiosi del giudice di merito.

6.2. – La censura di vizio di motivazione sub b), poi, è manifestamente inammissibile, sostanziandosi nella pretesa di dare agli elementi di cui si è appena detto un valore inferenziale diverso e minore di quello loro attribuito dai giudici di appello: il che integra, però, una censura di merito e non di legittimità.

7. – I motivi dal quarto all’ottavo del ricorso principale si riferiscono tutti alla statuizione del carattere simulato della vendita e, più specificamente, all’accertamento in fatto dell’accordo simulatorio dei contraenti.

7.1. – Il quarto motivo reca in primo luogo la censura – poi riaffiorante talvolta anche negli altri motivi – secondo cui la Corte di appello si sarebbe limitata a demolire la tesi degli appellanti, per i quali il corrispettivo della vendita era costituito dalla precedente cessione delle azioni, senza però spiegare, in positivo, le ragioni della ritenuta sussistenza della simulazione.

7.2. – La censura non può essere accolta, perchè non coglie il complessivo, chiaro ragionamento dei giudici di merito: secondo il quale l’accordo simulatorio si desumeva anzitutto dalla mancanza di pagamento del prezzo dell’immobile da parte del simulato acquirente, vanamente contestata dai convenuti con l’infondata tesi del nesso di corrispettività tra la vendita della villa e la cessione delle azioni societarie, e inoltre dai pregressi rapporti societari, nonchè dai buoni rapporti personali di frequentazione, amicizia e confidenza intercorrenti tra le parti.

7.3. – Identica considerazione vale anche per il sesto motivo di ricorso, con cui – sempre deducendo violazione degli artt. 2697 e 279 c.c. e art. 116 c.p.c., nonchè vizio di motivazione – si lamenta che la Corte distrettuale non abbia chiarito quali fossero, a suo giudizio, gli elementi e i ragionamenti posti a base dell’accertamento del carattere fittizio della vendita.

7.4. – La restante parte del quarto motivo, nonchè il quinto e l’ottavo – tutti rubricati come denunce di violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., dell’art. 116 c.p.c. e di vizio di motivazione – censurano specifiche affermazioni della sentenza di appello.

Più in particolare:

– il quarto motivo attiene alle seguenti affermazioni dei giudici di secondo grado: deve ritenersi che il trasferimento delle azioni era avvenuto con immediato pagamento del corrispettivo in denaro; già nell’intestazione dell’atto impugnato come “compravendita” anzichè “permuta con la cessione di azioni” è insita la smentita della tesi degli appellanti; se fosse vero che il prezzo delle azioni era dato dalla futura cessione dell’immobile, le parti non avrebbero mancato di fare specifico riferimento, nell’atto di vendita, al pacchetto azionario ceduto in corrispettivo; la clausola contrattuale con cui si dava atto che il prezzo era già stato pagato prima non era la “prova logica” della permuta ed era, anzi, un elemento presuntivo della simulazione;

– il quinto motivo alle seguenti affermazioni: il Credito Italiano aveva fornito al Tribunale, sin dall’atto introduttivo del giudizio, la prova certa degli elementi di fatto da cui inferire che la vendita era simulata; il Tribunale non si era basato anche sulla irrisorietà del prezzo della vendita; lo S. era a conoscenza della fideiussione rilasciata dal C.;

– l’ottavo motivo all’affermazione della inconsistenza dei rilievi mossi con il quarto motivo di appello, che evidenziava l’irrilevanza di circostanze come l’avere lo S. prestato a sua volta fideiussioni per la Mobilmet s.p.a. e la consapevolezza, da parte del medesimo, delle esposizioni della società verso le banche.

7.5. – Le censure mosse con tali motivi sono, però, tutte inammissibili perchè, da un canto, la denuncia di violazione di legge resta, di fatto, mera enunciazione della rubrica e, dall’altro, l’associata denuncia di vizi di motivazione non contiene mai realmente la configurazione di vizi logici della sentenza impugnata su fatti decisivi per il giudizio, ma si sostanzia, invece, nella sollecitazione di un riesame nel merito degli accertamenti dei giudici.

7.6. – Con il settimo motivo, denunciando violazione dell’art. 1350 c.c., n. 1, artt. 1555, 809, 1376, 2022 e 2023 c.c., nonchè vizio di motivazione, viene attinta la specifica statuizione di infondatezza, e comunque di irrilevanza, della critica rivolta dagli appellanti alla sentenza di primo grado là dove si legge che “se effettivamente il corrispettivo fosse stato costituito dalla cessione delle azioni, detta cessione avrebbe dovuto rivestire la forma scritta ex art. 1350 c.c., n. 1 e art. 1555 c.c., dato che il negozio ha trasferito la proprietà di un “bene immobile”.

Il ricorrente censura sia la statuizione di infondatezza, sia quella di irrilevanza.

In particolare la seconda statuizione, logicamente pregiudiziale, è motivata dalla Corte di appello osservando che l’aspetto formale non era essenziale ai fini della valutazione della volontà sostanziale delle parti, “dato che, comunque, il primo giudice ha addotto in motivazione tutte quelle altre argomentazioni ben più assorbenti da pag. 22 a pag. 25, che fanno ritenere del tutto incompatibile la ricostruzione e le conclusioni prospettate dagli appellanti”. La censura del ricorrente consiste nel rilievo della omessa specificazione delle richiamate argomentazioni della sentenza di primo grado, che confermerebbe l’illegittimità di una motivazione formulata in termini di mera adesione alla decisione del primo giudice.

7.7. – Tale censura è infondata. La sentenza di appello motiva, sullo specifico punto di cui trattasi, per relationem alla sentenza di primo grado, applicando cioè una tecnica motivazionale del tutto legittima allorchè, come nella specie, il riferimento sia ad atti, come appunto la sentenza di primo grado, noti alle parti. Nè il rinvio può considerarsi generico, dato che contiene, invece, anche la precisazione, mediante il numero delle pagine, delle parti del documento richiamato. Nè, ancora, può fondatamente affermarsi che quel richiamo configuri acritica adesione del giudice di appello alla sentenza di primo grado: gli specifici rilievi dell’appellante oggetto delle indicate considerazioni dei giudici di appello non vertevano, infatti, sui punti della sentenza di primo grado richiamati da quella di appello (ossia le “argomentazioni ben più assorbenti” di cui si è detto), ma sul punto relativo al difetto di forma della cessione delle azioni, e su tale punto la sentenza di appello esercita senza dubbio la sua valutazione critica, approdata, come si è visto, anche ad un apprezzamento – quello di irrilevanza della questione – che il primo giudice non aveva formulato.

Esclusa la fondatezza delle censure mosse alla pregiudiziale ratio decidendo di irrilevanza della questione, resta assorbito l’esame delle critiche rivolte all’altra ratio (l’infondatezza, cioè, della censura dell’appellante).

7.8. – Nella parte finale il settimo motivo contiene, poi, la riproposizione di una critica già mossa con il quarto motivo, del quale dunque segue la sorte.

8. – Una critica all’accertamento del carattere fittizio della vendita viene svolta anche nel terzo motivo del ricorso incidentale del C., con cui, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, si lamenta essere stato tale accertamento effettuato sulla base di “dati inconcludenti ed estranei all’atto”.

Anche tale critica, però, si svolge, in realtà, sul piano delle valutazioni di merito, essendo puramente formale la denuncia di violazione di legge e insussistente la effettiva deduzione di vizi logici nella ricostruzione dei fatti. Il motivo è pertanto inammissibile.

9. – Respinti, dunque, il ricorso principale dello S. e quello incidentale del C., resta assorbito il ricorso incidentale della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., espressamente condizionato all’accoglimento del ricorso principale.

10. – Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale di S.V. e il ricorso incidentale di C. A.R.; dichiara assorbito il ricorso incidentale della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.; condanna i ricorrenti S. e C., in solido, alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per onorari, in favore di ciascuna delle controricorrenti Unicredit Banca s.p.a., Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. e Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a..

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2010

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