Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4705 del 26/02/2010

Cassazione civile sez. II, 26/02/2010, (ud. 30/11/2009, dep. 26/02/2010), n.4705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.G., rappresentato e difeso, per procura speciale in

calce al ricorso, dall’Avvocato ROCCHI Fabrizio, ed elettivamente

domiciliato in Roma, Via degli Scipioni n. 132, presso lo studio

dell’Avvocato Francesco Cigliano;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI MILANO, in persona del Vice Presidente pro tempore,

rappresentata e difesa dagli Avvocati FIORI Luciano e Piero D’Amelio

per procura speciale in calce al controricorso, elettivamente

domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, via della Vite n.

7;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Monza n. 3446/05, depositata in

data 20 dicembre 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30 novembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. LO VOI Francesco, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il Tribunale di Monza, con sentenza depositata in data 20 dicembre 2005, ha rigettato l’opposizione proposta da R. G. avverso l’ordinanza-ingiunzione, emessa dalla Provincia di Milano, con la quale gli veniva ingiunto il pagamento, a titolo di sanzione amministrativa, della somma di Euro 15.512,00, per violazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 12, comma 1; che il Tribunale ha rilevato che il verbale di contestazione per omessa registrazione di rifiuti pericolosi era stato emesso sulla base di dichiarazioni rese da un dipendente dell’opponente che, essendo addetto al settore ecologia e deputato alle annotazioni sui registri di carico e scarico dei rifiuti, era certamente a conoscenza della necessità di riferire con esattezza le date della produzione dei rifiuti e del fatto che dette annotazioni avrebbero dovuto essere effettuate entro il termine di sette giorni; che, ha ulteriormente rilevato il Tribunale, il verbale era poi stato sottoscritto dallo stesso opponente, il quale, in quella occasione, nulla aveva dedotto e in particolare non aveva precisato quanto poi affermato nel ricorso amministrativo, e cioè che l’impianto era stato fermato il 31 gennaio 2004, sicchè i rifiuti erano stati prodotti successivamente, e quindi prima della scadenza del termine di sette giorni entro il quale avrebbe dovuto essere effettuata l’annotazione; che, ad avviso del Tribunale, in mancanza di ogni prova idonea ad inficiare il contenuto del verbale di accertamento, doveva ritenersi, in conformità con il verbale stesso, che i rifiuti fossero stati prodotti nel mese di gennaio prima del 31 e che alla data dell’accertamento fosse decorso il termine; che era rimasta a livello di mera asserzione l’argomentazione difensiva concernente i contenitori metallici; che non poteva rilevare la circostanza che le informazioni che avrebbero dovuto essere annotate sul registro, fossero desumibili dai registri di contabilità, non essendo questi registri equivalenti a quello obbligatorio per legge; che, infine, la misura della sanzione, già ridotta in via amministrativa, non poteva essere ridotta ulteriormente facendo applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 52, comma 4, posto che tale disposizione, relativa alle annotazioni incomplete, non poteva trovare applicazione nel caso in cui, come quello di specie, le annotazioni erano state completamente omesse; che per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso R.G. sulla base di quattro motivi, cui ha resistito, con controricorso, la Provincia di Milano; che la Procura Generale presso questa Corte, nella requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce vizio di motivazione con riferimento sia all’accertamento della data di produzione dei rifiuti, sia alla circostanza se, al momento dell’ispezione, i registri per le annotazioni fossero stati istituiti; che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta ulteriore vizio di motivazione omessa con riferimento al mancato esame della questione relativa alla stessa possibilità di qualificare i materiali rinvenuti come rifiuti ai sensi della normativa vigente, rilevando che l’obbligo di annotazione sorge solo nel momento in cui i materiali possano essere qualificati come rifiuti; che, con il terzo motivo, il ricorrente denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 52, comma 4, sostenendo che la circostanza che i dati qualitativi e quantitativi dei rifiuti potevano essere desunti dalla contabilità aziendale avrebbe consentito l’applicazione dell’attenuante prevista dalla disposizione indicata; che, con il quarto motivo, il ricorrente deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, osservando che agli atti del processo non risultavano acquisiti i verbali delle dichiarazioni prese dal proprio dipendente e sui quali il Tribunale aveva fondato il proprio convincimento; che i primi due motivi di ricorso sono manifestamente infondati, risolvendosi in realtà nella critica alla ricostruzione dei fatti operata dal Giudice del merito, il quale, con motivazione congrua, documentata e immune da vizi logici, ha illustrato le ragioni per le quali doveva ritenersi che i materiali – definiti esattamente come rifiuti – fossero stati prodotti in epoca anteriore ai sette giorni dalla data dell’accertamento e non registrati; che, in particolare, il Tribunale ha fondato il proprio motivato convincimento sulle dichiarazioni rese nella immediatezza dell’accertamento dal dipendente addetto alle registrazioni, il quale riferì che i rifiuti erano stati prodotti nel mese di gennaio, e sul rilievo che lo stesso opponente sottoscrisse il verbale di accertamento senza nulla osservare; che trova quindi applicazione il principio per cui la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per Cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge), con la conseguenza che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione (v. per tutte, Cass., S.U. n. 13045 del 1997); che il terzo motivo è manifestamente infondato, poichè il giudice del merito ha esattamente rilevato che l’ipotesi attenuata di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 52, comma 4, trova applicazione solo nel caso di incompleta annotazione e non anche nel caso in cui le prescritte annotazioni siano state del tutto omesse, risultando inidonea ad assolvere l’onere di annotazione sul registro di carico e scarico dei rifiuti la diversa documentazione sulla quale fossero trascritti dati relativi ai rifiuti stessi (sulla impossibilità di ritenere adempiuto l’obbligo di annotazione sui registri di carico e scarico in forme diverse, v. Cass. n. 28236 del 2008; sulla esclusione dell’applicabilità della ipotesi attenuata di cui al comma 4, in caso di annotazione su documenti diversi, v. Cass., n. 20324 del 2007); che, infine, anche il quarto motivo è manifestamente infondato, in quanto, in disparte il rilievo che dal ricorso non emerge che il ricorrente abbia proposto analogo motivo nel giudizio di opposizione, deve rilevarsi che dalla sentenza impugnata risulta che il contenuto delle dichiarazioni del dipendente, poste a fondamento della decisione, era contenuto nel verbale di accertamento, debitamente sottoscritto, non potendosi neanche ipotizzare l’esistenza di un obbligo per il giudice di merito di procedere a nuova audizione del teste; che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato per manifesta infondatezza dei motivi al quale esso è affidato; che, in applicazione del criterio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2009. Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2010

 

 

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