Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4705 del 25/02/2011

Cassazione civile sez. I, 25/02/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 25/02/2011), n.4705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21786/2005 proposto da:

STUDIO LEGALE ASSOCIATO AVV.TI PIETRO GIULIANI E VITTORIO SALA (C.F.

(OMISSIS)), in persona degli associati pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II 35, presso l’avvocato

CHIAPPARELLI Franco, che lo rappresenta e difende, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO C.M.G. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2563/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/08/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato F. CHIAPPARELLI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Lo Studio Legale Associato avv.ti Pietro Giuliani e Vittorio Sala chiedeva l’ammissione al passivo del fallimento della società C.M.G. s.r.l., in via privilegiata, per la complessiva somma di L. 251.363.176 (pari ora ad Euro 130.334,70) quale compenso per l’attività di consulenza e assistenza professionale, sia giudiziale che stragiudiziale, prestata a favore della società in bonis, domanda che veniva respinta per inidoneità della documentazione prodotta a sostegno della richiesta.

Detto provvedimento veniva opposto dinanzi al Tribunale di Nola, che dichiarava inammissibile l’opposizione, ritenendo che fosse stata proposta tardivamente.

Tale sentenza veniva impugnata dallo Studio Legale Associato Avvocati Pietro Giuliani e Vittorio Sala dinanzi alla Corte di Appello di Napoli, che, ritenuta l’opposizione tempestiva e parzialmente fondato il gravame, ammetteva l’appellante al passivo del fallimento per l’importo di Euro 38.624,88, con il privilegio di cui all’art. 2751 bis c.c., n. 2.

Avverso detta sentenza lo Studio summenzionato ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. L’intimato Fallimento C.M.G. s.r.l. in liquidazione non ha spiegato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento all’art. 2704, 2230 e 2233 c.c., art. 1704 c.c., e segg., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

Censura il ricorrente la sentenza impugnata per non avere ammesso al passivo anche l’importo richiesto per l’attività di consulenza ed assistenza prestata in tutta una serie di attività stragiudiziali volte sia alla stipula di contratti che alla sistemazione complessiva della posizione debitoria della società C.M.G..

Avrebbe errato il giudice a quo nel ritenere che i documenti, prodotti come prova delle prestazioni effettuate, non fossero opponibili al fallimento per mancanza di data certa, e nel non ammettere con riferimento alle varie pratiche indicate la richiesta prova testimoniale.

Il ricorso è fondato.

La corte di merito ha riconosciuto il solo compenso professionale per le prestazioni di carattere giudiziale, mentre ha negato il compenso per le prestazioni di carattere stragiudiziale, ritenendo che la documentazione prodotta non fosse tale da concretare il “fatto idoneo” a stabilire l’anteriorità della data dei negozi posti in essere dalla fallita rispetto al fallimento e la prova dell’effettuato conferimento di un incarico professionale nella forma minima indispensabile per accedere al riparto fallimentare. La motivazione del giudice a quo è alquanto generica, in quanto non specifica quali fossero gli elementi addotti dall’attuale ricorrente per comprovare la anteriorità della formazione della prodotta documentazione alla dichiarazione di fallimento e per provare il conferimento dell’incarico per la esecuzione delle prestazioni, di cui si invoca il relativo compenso.

Devesi rilevare in primo luogo che per il conferimento di un incarico per l’espletamento dell’attività di consulenza o comunque per l’espletamento di attività stragiudiziale non è prevista la forma scritta nè ad substantiam nè ad probationem. Pertanto un incarico professionale avente ad oggetto dette attività può essere conferito in qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti, per cui il giudice, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza, può ammettere la parte interessata a provare con testimoni sia la conclusione che il contenuto del contratto. Ne deriva che se la parte chiede al giudice di provare il conferimento di un incarico professionale, quali quelli summenzionati, a mezzo testimoni o producendo documentazione, che essendo relativa all’espletamento dell’incarico, potrebbe portare a ritenere presuntivamente l’avvenuto conferimento dello stesso, il giudice non può genericamente affermare che non v’è prova di conferimento di mandati specifici o che da nessun documento è “possibile ricavare la rappresentazione del conferimento di un incarico professionale di consulenza nel rispetto della forma minima indispensabile per accedere al riparto fallimentare”, senza avere preso in specifica considerazione la documentazione prodotta e senza avere considerato il contenuto della prova testimoniale richiesta al fine di escluderla oppure ammetterla nell’esercizio motivato del potere discrezionale di cui all’art. 2721 c.c., comma 2.

Devesi rilevare, altresì, che l’inopponibilità, di cui all’art. 2704 cod. civ., non riguarda il negozio, ma la data della scrittura e non attiene all’efficacia dell’atto, bensì soltanto alla prova di esso a mezzo della scrittura. La prova del negozio e della sua stipulazione anteriore al fallimento può essere, quindi, fornita, prescindendo dal documento probatorio, con tutti gli altri mezzi consentiti, anche nei confronti dei terzi e del curatore, salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del negozio (cfr.

Cass. n. 2664 del 1963). Nel caso che ne occupa il ricorrente ha indicato dettagliatamente le consulenze prestate in tutta una serie di attività stragiudiziali volte sia alla stipula di contratti che alla sistemazione complessiva della posizione debitoria della società C.M.G., indicando per ogni pratica di consulenza sia la copiosa documentazione prodotta che il contenuto della prova testimoniale richiesta, documentazione e capitoli di prova che non risultano essere stati esaminati dal giudice a quo al fine di verificarne la ammissibilità e la rilevanza come prova del conferimento dell’incarico di consulenza, di cui la documentazione prodotta e la prova richiesta comproverebbero l’effettuato espletamento.

Il ricorso, pertanto, deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2011

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