Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4700 del 22/02/2021

Cassazione civile sez. I, 22/02/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 22/02/2021), n.4700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1302/2015 proposto da:

S.I.S.CO S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Germanico n. 96, presso lo

studio dell’avvocato Tilli Letizia, rappresentata e difesa

dall’avvocato Ciprietti Sabatino, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

D.T.T.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1131/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

pubblicata il 22/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/11/2020 dal consigliere Dott. Paola Vella.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’appello di L’Aquila ha rigettato l’appello proposto dalla SISCO s.r.l. contro la sentenza con cui il Tribunale di Pescara, accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata dall’opponente D.T.T. – assuntore del concordato fallimentare (omologato nel 2004) della (OMISSIS) s.a.s. (dichiarata fallita nel 1990) – ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dalla SISCO in data 27/11/2006 per il pagamento della somma di Euro 78.776,92 quale cessionaria di crediti vantati da terzi verso la società fallita, in forza di cessioni risalenti agli anni (OMISSIS).

1.1. In particolare, il giudice di secondo grado ha rilevato che: i) è sufficiente, per chi sollevi eccezione di prescrizione, allegare l’inerzia della controparte nel far valere il diritto, spettando poi unicamente al giudice di valutare quali siano le norme applicabili al caso concreto e se l’eccezione sia fondata in tutto o in parte; ii) il dies a quo non coincide con la data del decreto di omologazione del concordato fallimentare (che non comporta novazione del rapporto obbligatorio, ma solo accollo del debito da parte dell’assuntore) bensì con il momento in cui il credito poteva essere fatto valere nei confronti della fallita; iii) SISCO non ha chiesto l’ammissione del proprio credito al passivo fallimentare; iv) non può ravvisarsi un atto interruttivo del termine di prescrizione nella memoria di costituzione della D.T. in altro procedimento, in cui si riconosce che SISCO ha diritto di richiedere quanto a suo tempo versato alla fallita per l’acquisto di un fabbricato (oggetto di azione revocatoria poi trasferita all’assuntore), in quanto il supposto riconoscimento di debito è all’evidenza riferito ad altro rapporto obbligatorio e comunque è intervenuto quando il credito di cui si discute in giudizio era già prescritto.

2. Avverso detta decisione l’appellante ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’intimata D.T., già contumace in appello, non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2.1. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e artt. 2935 e 2938 c.c., per avere la Corte d’appello confermato l’accoglimento di un’eccezione di prescrizione generica, individuando un dies a quo diverso da quello dedotto dall’opponente, e cioè il contratto del 27/11/1989, in luogo della data del fallimento.

2.2. Il secondo mezzo censura l’omesso esame dei seguenti fatti: i) la D.T., assuntore del concordato fallimentare, in data 16/12/2004 aveva assunto in proprio l’obbligo di pagare (anche) i crediti della SISCO, che pertanto, all’epoca della sua iniziativa in sede monitoria (2006) non erano ancora prescritti; ii) nella sentenza di omologa del concordato si legge che la stessa era obbligata al pagamento dei creditori privilegiati, “tra i quali certamente la Sisco;

iii) con contratto del 27/11/1989 la Sisco aveva acquistato un immobile dalla società fallenda, pagando il prezzo di Lire 300.000.000 mediante compensazione con i crediti acquistati, per complessive Lire 452.533.384; tuttavia il Tribunale di Chieti aveva revocato l’atto di vendita, sicchè “solo con la sentenza del 2002 sorgeva il diritto di credito e l’interesse di Sisco a vedersi restituito quanto pagato per la compravendita dell’immobile”; iv) a pag. 7 della memoria del 19/12/2005 la stessa D.T. aveva riconosciuto “il diritto di Sisco a richiedere quanto a suo tempo versato alla società fallita (Euro 154.937,07) oltre alle spese sostenute per l’ultimazione del fabbricato”.

3. I due motivi, che in quanto connessi vanno esaminati congiuntamente, non meritano accoglimento.

4. Occorre innanzitutto darsi atto che la più recente giurisprudenza di questa Corte ha confermato l’orientamento prevalente, applicato dal giudice a quo, in base al quale, in tema di prescrizione estintiva, l’onere di allegazione gravante sul debitore è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, mentre i restanti aspetti (regime, durata, decorrenza) sono rilevabili d’ufficio dal giudice, in quanto integranti una quaestio iuris (Cass. Sez. U, 15895/2019, 10955/2002; conf. Cass. 14958/2020, 32485/2019, 15631/2016, 1064/2014, 28292/2011, 21752/2010, 6459/2009, 11843/2007, 21377/2004, 13098/2003; diff. Cass. 15135/2019, 15991/2018, entrambe peraltro in fattispecie affatto peculiari).

4.1. Nel caso in esame, a fronte dell’iniziativa monitoria del 2006, l’assuntore aveva eccepito la prescrizione decennale, indicando come dies a quo la sentenza di fallimento del 1990, non avendo SISCO proposto ricorso per l’insinuazione al passivo fallimentare – idoneo, a differenza della dichiarazione di fallimento, a interrompere la prescrizione per tutta la durata della procedura fallimentare (Cass. 11983/2020, 11966/2018) – mentre il tribunale aveva individuato il dies a quo nel contratto del 27/11/1989 in quanto “asseritamente contenente riconoscimento del credito” (essendovi esso portato in compensazione con il prezzo di vendita degli immobili).

4.2. Dal canto suo, la Corte territoriale ha correttamente escluso che la prescrizione decorresse – come preteso da SISCO dall’omologa del concordato fallimentare (nel 2004), in quanto l’assuntore realizza un accollo, senza alcuna novazione oggettiva, per cui egli o succede o si affianca al fallito (a seconda che ne sia prevista, o meno, la liberazione) e può opporre tutte le eccezioni che questi avrebbe potuto proporre, con la conseguenza che la prescrizione continua a decorrere. Altrettanto correttamente ha escluso che integrasse un valido atto di interruzione della prescrizione l’indicazione generica (non nominativa) dei crediti nella proposta di concordato fallimentare, così come il preteso riconoscimento di credito contenuto in una memoria difensiva della D.T. (risalente al 2005), se non altro perchè si trattava di credito “palesemente diverso” da quello azionato in sede monitoria, fermo restando che ormai, nel 2005, la prescrizione decennale, iniziata a decorrere dal 27/11/1989, era già maturata.

4.3. Alla luce di quanto precede, i fatti dei quali si lamenta l’omesso esame risultano in realtà sufficientemente valutati nella sentenza impugnata, e comunque privi di decisività.

5. Al rigetto del ricorso non segue alcuna condanna alle spese, in assenza di difese della parte intimata.

6. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. Sez. U, n. 23535/2019 e n. 4315/2020).

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2021

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