Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 470 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 11/01/2017, (ud. 23/11/2016, dep.11/01/2017),  n. 470

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25239-2013 proposto da:

G.M.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

G ASTUTI 42, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CONFORTI, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.A.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA R. PILO 17, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

SIRIMARCO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 361/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 13/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2016 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;

udito l’Avvocato Di Martino Mariella con delega depositata in udienza

dell’Avv. Sirimarco Giuseppe difensore del controricorrente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con atto di citazione notificato il 16.4.1993 L.A. adiva il Tribunale di Cosenza, esponendo di essere proprietario, in forza di successione testamentaria di Z.E., di alcuni beni immobili (appartamenti e terreni) siti in (OMISSIS). Deduceva, quindi, che tali beni erano stati abusivamente occupati da G.A. e chiedeva che, previo riconoscimento del proprio diritto di proprietà, quest’ultimo fosse condannato al rilascio dei beni medesimi.

Si costituiva in giudizio G.A., deducendo di essere nel legittimo possesso dei beni oggetto della domanda per averne acquistato la proprietà da D.E., dante causa della Z.. Precisava che, in forza della stessa scrittura privata, egli aveva acquistato la proprietà anche di un appartamento sito in Roma, detenuto abusivamente dall’attore, e ne chiedeva, in via riconvenzionale, il rilascio.

Con sentenza del 13.2.2006, il Tribunale accoglieva la domanda attrice e rigettava quella riconvenzionale proposta dal convenuto.

Avverso tale sentenza, con atto di citazione notificato il 10.6.2006, l’avv. Francesco Conforti, già difensore del G. nel giudizio di primo grado, proponeva appello.

Il L., costituitosi, resisteva e chiedeva la conferma della sentenza impugnata.

All’udienza del 4.6.2007 il difensore di parte appellata produceva il certificato di morte dell’appellante G.A., dal quale risultava che il decesso era avvenuto il (OMISSIS), ed eccepiva, quindi, l’inammissibilità dell’appello per difetto di valida procura.

Nelle more di diversi rinvii disposti quando le conclusioni erano già state rassegnate dalle parti, veniva depositata in cancelleria comparsa di costituzione da parte di G.M.L. che, qualificandosi erede di G.A., dichiarava di ratificare l’attività difensiva fin lì svolta dall’avv. Conforti.

La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza del 13.3.2013, ha dichiarato inammissibile l’appello sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:

1) dal certificato di morte prodotto dall’appellato e non contestato dall’appellante era emerso che G.A. era deceduto in epoca precedente la pubblicazione della sentenza di primo grado; il principio della cd. ultrattività della procura anche a seguito del decesso della parte opera solo all’interno della fase o grado processuale cui si riferisce, con la conseguenza che, nell’ipotesi in cui il decesso si verifichi prima della proposizione della impugnazione, questa deve essere proposta da e contro gli eredi della parte originaria anche in considerazione che, in base al disposto di cui all’art. 1722 c.c., n. 4, la morte del mandante determina l’estinzione del mandato;

2) nessun rilievo poteva riconoscersi alla costituzione, depositata peraltro dopo la rimessione della causa al collegio, in nome e per conto di G.M.L., nella quale quest’ultima, nella dichiarata qualità di erede di G.A., ratificava l’operato del difensore, atteso che il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non opera nel campo processuale;

3) quanto alle spese di lite, poichè la procura conferita nella comparsa di risposta di primo grado riguardava anche il giudizio di appello, le stesse andavano poste a carico della parte appellante ovvero degli eredi di G.A..

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G.M.L., sulla base di due motivi.

L.A.G. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Deve in via pregiudiziale rilevarsi che secondo il consolidato indirizzo di questa Corte colui che intervenga in un giudizio pendente tra altre persone ovvero lo riassuma o proponga impugnazione assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, deve fornire la prova della sua qualità di erede (Cass. Ss.Uu. 12065/2014; Cass. 6132/2008), per mezzo delle produzioni documentali consentite dall’art. 372 c.p.c. (Cass.1943/2011).

In difetto, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per mancanza di prova della legittimazione ad impugnare.

Nel caso di specie la ricorrente non ha fornito la prova della sua qualità di erede di G.A., status che è stato specificamente contestato dalla controricorrente.

Da ciò l’inammissibilità del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 4.200,00 Euro, di cui 200,00 per rimborso spese vive, oltre ad accessori di legge. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

Cosi deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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