Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 470 del 11/01/2011

Cassazione civile sez. III, 11/01/2011, (ud. 18/11/2010, dep. 11/01/2011), n.470

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 2, presso lo studio dell’avvocato DI

GIROLAMO ALFREDO, che lo rappresenta e difende giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A. (OMISSIS), S.D.

(OMISSIS), C.M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ARCHIMEDE 122, presso lo

studio dell’avvocato MICALI FABIO, rappresentati e difesi

dall’avvocato CARDINALE ANTONIO giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3930/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

SEZIONE QUARTA CIVILE, emessa il 20/09/2005, depositata il 09/11/2005

R.G.N. 4143/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito l’Avvocato DI GIROLAMO ALFREDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso con l’accoglimento del primo motivo del

ricorso principale e l’assorbimento dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 28.5.93 S.G., proprietario dell’appartamento in (OMISSIS), locato a B.E., adiva il Pretore di Frosinone onde ottenere l’aggiornamento del canone L. n. 392 del 1978, ex art. 23 per avere installato nell’immobile l’impianto autonomo di riscaldamento con una spesa di L. 8.520.000, precisando che, con decorrenza dalla richiesta, l’ammontare mensile della maggiorazione del canone era di L. 71.000, pari all’interesse legale sul capitale impiegato.

Il B. contestava la domanda, eccependo di non aver mai richiesto l’installazione dell’impianto e spiegando domanda riconvenzionale per la restituzione delle somme pagate oltre il dovuto a titolo di corrispettivo della locazione.

Deceduto il ricorrente nelle more del giudizio, si costituivano i suoi eredi legittimi, S.A., S.D. e C.M., reiterando la domanda del loro dante causa e contestando quanto preteso ex adverso in via riconvenzionale.

Il Tribunale di Frosinone rigettava la domanda attrice e, determinato in L. 309.542 mensili l’equo canone alla data del 30.9.93, condannava i ricorrenti – in accoglimento per quanto di ragione della domanda riconvenzionale – a restituire al resistente la somma di L. 3.832.036, piu’ interessi di legge, in relazione al periodo 1.4.88 – 30.9.93.

Appellata la sentenza dagli attori, il B. resisteva la gravame e spiegava appello incidentale: con sentenza depositata il 9.11.05 la Corte d’appello di Roma, in accoglimento del gravame, condannava il B. al pagamento della somma di Euro 1.466,00, piu’ interessi legali dalle singole scadenze al saldo, e dichiarava inammissibile l’appello incidentale.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il B., con quattro motivi, mentre gli intimati hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 436 c.p.c., comma 3 in ordine all’ammissibilita’ dell’appello incidentale.

Con il secondo motivo lamenta la violazione della L. n. 392 del 1978, art. 23 avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto di ricomprendere nella previsione di detta norma la realizzazione dell’impianto autonomo di riscaldamento dell’immobile locato.

Con il terzo comma lamenta un vizio di contraddittoria motivazione circa un fatto controverso, avendo la Corte di merito riformato in toto la sentenza di primo grado sulla base di una mera ipotesi congetturale del tutto destituita di fondamento e non gia’ di una “rivisitazione” delle prove acquisite in atti.

Con il quarto motivo lamenta infine un vizio di omessa motivazione circa un fatto controverso, e cioe’ in ordine ai conteggi offerti dalla CTU, per avere la Corte territoriale erroneamente individuato in L. 21.480.000 l’importo complessivo versato da esso ricorrente sino alla data del 30.9.93, trascurando di valutare che la somma effettivamente corrisposta per tutta la durata del rapporto locatizio, sino al 31.3.96, ammontava a L. 33.416.200.

In via di priorita’ logico-giuridica vanno in primo luogo esaminati il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso.

1. Il secondo motivo va disatteso, in quanto del tutto correttamente la Corte di merito ha ritenuto di far rientrare nella nozione di “riparazioni straordinarie”, ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 23 l’installazione nell’immobile locato di un impianto autonomo di riscaldamento.

E’ innegabile, infatti, che tale installazione rientri nella previsione del citato art. 23 sia perche’ costituisce importante ed improrogabile opera necessaria per conservare all’immobile la sua destinazione (si puo’ immaginare oggi un immobile di civile e stabile abitazione che possa restare privo di un impianto di riscaldamento sia esso centralizzato od autonomo e possa affidarsi invece in modo permanente ad un sistema di riscaldamento a mezzo di stufe elettriche o a gas?) e sia perche’ configura senz’altro opera di straordinaria manutenzione di rilevante entita’ in considerazione del suo notevole costo, accertato dai giudici d’appello in L. 8.520.000 sulla base della documentazione prodotta in atti.

2. Il terzo motivo deve ritenersi manifestamente infondato, essendo sempre consentito al giudice di merito, nel valutare le risultanze delle prove proposte dalle parti, fare ricorso alle presunzioni semplici, eccettuati i soli casi in cui la legge esclude l’ammissibilita’ della prova per testi.

Il fatto che la Corte di merito abbia ritenuto, in via presuntiva (e non gia’ sulla base di una mera congettura), che il B. non abbia fatto opposizione all’installazione nell’immobile locato dell’impianto autonomo di riscaldamento, costituisce pertanto una valutazione assolutamente legittima ai sensi dell’art. 116 c.p.c. non essendo neppure concepibile – sul piano di una corretta interpretazione logico – giuridica dei fatti di causa – che il locatore possa aver installato tale impianto contro la volonta’ esplicita del conduttore occupante l’immobile.

3. Anche il quarto motivo non presenta alcun fondamento, anzi deve ritenersi del tutto inammissibile.

Ed invero, in ordine alla questione della differenza tra quanto legalmente dovuto e quanto effettivamente versato, la sentenza impugnata, riportandosi espressamente agli accertamenti eseguiti dal CTU, ha puntualmente rilevato che quest’ultimo, a prescindere dagli adeguamenti del canone L. n. 392 del 1978, ex art. 23 aveva determinato – in relazione all’intero periodo di durata del rapporto locatizio dall’1.4.88 al 31.3.96 – il complessivo importo dovuto in L. 27.281.200 a fronte di un complessivo importo corrisposto dal B. (secondo quanto dal medesimo dimostrato) di L. 21.480.000, con esclusione quindi della sussistenza di qualunque debito, a tale titolo, degli odierni resistenti nei confronti del ricorrente.

Quest’ultimo sostiene, peraltro, che l’importo effettivamente versato per tutta la suddetta durata della locazione ammonterebbe in realta’ a L. 33.416.200, in quanto il minore importo di L. 21.480.000, considerato dalla sentenza gravata, riguarderebbe soltanto il periodo di durata del rapporto locatizio sino alla data del 30.9.93.

Si rileva pero’ che i conteggi eseguiti dalla Corte di merito per l’intero periodo 1.4.88 – 31.3.96 hanno trovato formale e piena giustificazione nel richiamo esplicito alle risultanze dell’elaborato del CTU. Ne consegue che la parte che in sede di legittimita’ si dolga, attraverso lo strumento di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 di un’errata valutazione delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio da parte del giudice di merito, avrebbe avuto l’onere – in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – di riprodurre in quest’ultimo il tenore esatto dei rilievi e degli accertamenti eseguiti dal CTU il cui erroneo esame viene censurato, e cio’ al fine di consentire a questa Corte, cui e’ istituzionalmente precluso di ricercare direttamente le prove negli atti di causa, di valutare la fondatezza o meno della censura stessa.

Non avendo il ricorrente adempiuto a tale onere, la censura in oggetto non puo’ che essere dichiarata inammissibile.

4. Passando ora all’esame del primo motivo, si rileva che esso risulta in linea di principio fondato, in quanto l’appello incidentale inserito dall’odierno ricorrente nella memoria di costituzione, essendo stato depositato unitamente a quest’ultima undici giorni prima dell’udienza di discussione, fissata per l’8.6.05, deve considerarsi ad ogni effetto come ritualmente e tempestivamente proposto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 436 c.p.c., comma 3.

Ed invero, contrariamente a quanto sul punto ritenuto dalla Corte di merito, che ha fatto proprio in materia un indirizzo giurisprudenziale ormai superato e da ultimo espressosi con la sentenza n. 13902/2003 di questa C.S. citata nella sentenza impugnata, per la tempestivita’ del suddetto mezzo di gravame, ai sensi del menzionato art. 436 c.p.c., comma 3 occorre che la memoria di costituzione che contenga l’appello incidentale sia stata solo depositata, ma non anche notificata, almeno dieci giorni prima dell’udienza di discussione (cfr. Cass. n. 11888/2007; n. 14952/2004;

n. 9910/2003; n. 6822/2003).

Si osserva pero’ che, malgrado la fondatezza in astratto della censura in oggetto, quest’ultima non puo’ comportare in concreto la cassazione della sentenza impugnata, ostandovi la dichiarata inammissibilita’ del quarto motivo di ricorso, per quanto sopra ritenuto al paragrafo n. 3, che comporta in sostanza il venir meno di ogni interesse del ricorrente ad una decisione sul suo appello incidentale.

Ed invero, una volta che, per le ragioni suddette, il ricorrente non ha dimostrato la fondatezza del proprio assunto circa l’ammontare dei canoni effettivamente corrisposti per l’intera durata del rapporto di locazione e comunque, cio’ che e’ lo stesso, l’infondatezza dei conteggi riportati nella sentenza impugnata per tale durata con riferimento alle indicazioni fornite dal CTU, ne consegue che all’eventuale giudice del rinvio non potrebbe che restare precluso il riesame dei conteggi medesimi, tenuto conto che – come si evince dalle conclusioni rassegnate dall’odierno ricorrente in ordine al proprio appello incidentale e riportate nell’epigrafe della sentenza gravata – l’oggetto del gravame restava circoscritto esclusivamente dagli adeguamenti conseguenti all’applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 23.

In altri termini, ogni accertamento da parte di quel giudice in ordine ai conteggi di cui si discute sarebbe certamente impedito dal giudicato ormai formatosi in merito agli stessi in conseguenza dell’inammissibilita’ del quarto motivo del presente ricorso.

Nessuna utilita’ concreta potrebbe, dunque, derivare dalla riproposizione dell’appello incidentale a seguito del rinvio della causa ad altro giudice di appello, non essendo piu’ configurabile quella oggettiva incertezza in ordine ai conteggi in questione nella cui eliminazione, attraverso l’intervento giudiziale, si concreta in definitiva l’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c..

5. Il ricorso va, pertanto, rigettato, mentre ricorrono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione, stante la difformita’ tra loro degli esiti dei giudizi di merito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2011

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