Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4698 del 28/02/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 4698 Anno 2018
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: DI MARZIO MAURO

sul ricorso 789/2012 proposto da:
Fallimento Softec Microsystems S.a.s. di Casto Michele e del Socio a
responsabilità illimitata Casto Michele, in persona del Curatore dott.
Zanotti Andrea, elettivamente domiciliato in Roma, Via Cassiodoro n.
19, presso lo studio dell’avvocato Janari Luigi, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato Casucci Roberto, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
Fraer Leasing S.p.a., quale incorporante di Adria Leasing S.p.a., in
persona del legale rappresentante

pro tempore,

elettivamente

domiciliata in Roma, Viale G. Mazzini n.140, presso lo studio
dell’avvocato Lucattoni Pierluigi, che la rappresenta e difende

Data pubblicazione: 28/02/2018

unitamente agli avvocati Guastadisegni Nicola, Rampoldi Ilia, giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrente avverso il decreto del TRIBUNALE di PORDENONE, depositato il
05/12/2011;

27/09/2017 dal cons. DI MARZIO MAURO.

FATTI DI CAUSA
1. — Con decreto del 5 dicembre 2011 il Tribunale di Pordenone,
provvedendo sull’opposizione proposta nei confronti del Fallimento di
Softec Microsystems S.a.s. di Casto Michele & C. nonché di Casto
Michele da Adria Leasing S.p.A., la quale aveva lamentato che il
giudice delegato non avesse provveduto sulla domanda di restituzione
di beni mobili e immobili concessi in leasing in forza di due contratti
stipulati con la società poi fallita, e che avesse ammesso per C
379.489,91 in chirografo il credito insinuato al passivo per C
23.192,72 in privilegio e per C 1.020.468,41 in chirografo, in parziale
accoglimento dell’opposizione, ha accolto la domanda di restituzione
relativamente ai beni oggetto di entrambi i contratti di leasing e
dichiarato inammissibile la domanda ulteriore di ammissione allo
stato passivo, regolando le spese di lite e di CTU.
A fondamento della decisione il Tribunale ha osservato:
-) che, all’esito di CTU ricostruttiva e contabile doveva essere accolta
la domanda restitutoria «in quanto i contratti si sono sciolti per
risoluzione per inadempimento anteriormente alla dichiarazione di
fallimento, onde il curatore non aveva facoltà di subentro, né i
contratti potevano ritenersi sospesi ex articolo 72 e 74 quater L f.»;
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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

-) che, quanto alla domanda di ammissione al passivo, parzialmente
accolta per i canoni scaduti, pur avendo la società concedente «diritto
ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza fra il credito vantato
alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del
bene ai sensi del novellato articolo 72 quater l.f. … non essendo

negligenza, attesa la mancata restituzione dei beni da parte della
curatela, il valore di detta nuova inesistente allocazione, la stessa
avrà esclusivamente un diritto futuro ed eventuale che potrà essere
ammesso al passivo solo una volta determinato il valore di
riallocazione dei beni oggetto del leasing (anche a mezzo di eventuale
insinuazione tardiva o super-tardiva), come affermato dalla SC con
sent. n. 4862/2010».

2. — Per la cassazione del decreto il Fallimento di Softec
Microsystems S.a.s. di Casto Michele & C. nonché di Casto Michele ha
proposto ricorso affidato a due motivi.
Fraer Leasing S.p.A., già Adria Leasing S.p.A., ha resistito con
controricorso contenente ricorso incidentale per un solo articolato
motivo.
Le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. — Il ricorso principale contiene due motivi.

1.1. — Il primo motivo denuncia: «Violazione di legge: art. 360 n. 3
c.p.c. in relazione agli art. 103 legge fallimentare (R.D. 16 marzo
1942 n. 267) e 2697 codice civile».

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l’opponente in grado di documentare, seppure non per sua

Si sostiene che il Tribunale, nell’accogliere la domanda di restituzione
dei beni oggetto dei due contratti di leasing, avrebbe violato il
disposto dell’articolo 103 della legge fallimentare, dal quale si
desumerebbe l’inammissibilità della domanda di rivendica o
restituzione in ipotesi in cui il bene, come nel caso in esame, non sia

conseguentemente inserito in inventario, come confermerebbe
l’articolo 87 bis, ultimo comma, della stessa legge, tanto più che la
prova dell’acquisizione dei cespiti da parte del Fallimento incombeva
su Adria Leasing S.p.A., la quale non l’aveva fornita.

1.2. — Il secondo motivo denuncia:

«Motivazione omessa,

insufficiente o contraddittoria su fatto controverso decisivo per il
giudizio); violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c.».
Assume la società ricorrente che il Tribunale abbia svolto il proprio
ragionamento muovendo da una premessa vera, ossia lo scioglimento
dei due contratti di leasing avvenuta prima del fallimento, sicché il
curatore non poteva subentrarvi, ma abbia tratto da tale premessa
una conseguenza non giustificata sul piano logico, ossia che i beni
oggetto di leasing fossero stati acquisiti all’attivo fallimentare e
fossero nel possesso o detenzione del Fallimento. In definitiva,
secondo la ricorrente, la pronuncia di accoglimento della domanda di
restituzione sarebbe totalmente priva di motivazione.

2. — Il ricorso principale è fondato nei limiti che seguono.

2.1. — Il primo motivo è inammissibile.
Fraer Leasing S.p.A. addebita al giudice di merito di aver violato
l’articolo 103 della legge fallimentare, il quale enuncerebbe regola
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stato acquisito all’attivo della procedura e non sia stato

secondo cui le azioni di restituzione e rivendica non sono ammissibili
se il curatore non ha appreso ed inserito in inventario i beni oggetto
della domanda.
Orbene, il vizio di violazione di legge (quanto alla violazione di legge
in senso proprio) ricorre in ipotesi di erronea negazione o

attribuzione ad essa di un significato non appropriato, ovvero (quanto
alla falsa applicazione), alternativamente, nella sussunzione della
fattispecie concreta entro una norma non pertinente, perché,
rettamente individuata ed interpretata, si riferisce ad altro, od altresì
nella deduzione dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, di
conseguenze giuridiche che contraddicano la sua pur corretta
interpretazione (Cass. 26 settembre 2005, n. 18782).
Nel caso in esame, viceversa, il Tribunale non ha in alcun modo
compiuto l’affermazione in diritto che la società ricorrente gli
attribuisce, né espressamente, né implicitamente.
Il giudice del merito, cioè, non ha affatto affermato che il fallimento
sia tenuto alla restituzione di beni, secondo la previsione dell’articolo
103 della legge fallimentare, quantunque non acquisiti all’attivo
fallimentare, ma si è semplicemente disinteressato del punto,
omettendo cioè di prendere posizione al riguardo, salvo a non voler
desumere dal criptico inciso «attesa la mancata restituzione dei beni
da parte della curatela» che la sentenza impugnata abbia invece
ritenuto che il Fallimento avesse acquisito detti beni: nel qual caso,
tuttavia, la denunciata violazione di legge, evidentemente, non
ricorrerebbe, giacché l’ipotetico errore commesso dal giudice del
merito atterrebbe non all’affermazione compiuta in iure, bensì alla
ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di
causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito
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affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, nonché di

dell’interpretazione e applicazione della norma di legge (Cass. 11
gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4
aprile 2013, n.8315; Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 26 marzo
2010, n. 7394; Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313).

Il decreto impugnato reca la data del 15 dicembre 2011, sicché trova
applicazione il n. 5 come risultante dal d.lgs. n. 40/2006, il quale si
riferiva alla omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Come si è già visto, a fronte della difesa spiegata dal Fallimento, il
quale ha in buona sostanza resistito alla domanda attrice assumendo
di non poter restituire (né avere l’obbligo di recuperare) ciò che non
era nella sua disponibilità, il Tribunale ha adottato, ai fini
dell’accoglimento della domanda di restituzione, una motivazione che
omette totalmente di misurarsi — almeno in modo comprensibile,
tenuto conto dell’inciso di cui si è prima detto — con il fatto,
controverso ed evidentemente decisivo, della mancata apprensione
all’attivo fallimentare dei beni oggetto dei contratti di

leasing,

trattandosi di contratti risoltisi prima della dichiarazione di fallimento
per inadempimento dell’utilizzatore e dunque estranei alla
complessiva disciplina dei rapporti pendenti.

3. — Il ricorso incidentale è svolto da pagina 13 a pagina 22 del
controricorso, si articola in quattro paragrafi (C-1, C-2, C-3 e C-4), i
primi due non preceduti da alcuna rubrica, il terzo ed il quarto
rispettivamente dalle rubriche: «Contrarietà al principio di economia
dei mezzi processuali» e «Lesività dei diritti del creditore».

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2.2. — Il secondo motivo è fondato.

Nel primo paragrafo si lamenta che il giudice di merito abbia
dichiarato inammissibile la domanda di ammissione al passivo per
non essere stati ancora riallocati i beni oggetto dei contratti di
leasing,

ai sensi dell’articolo 72

quater della legge fallimentare

interpretato in conformità a Cass. 1° marzo 2010, n. 4862): la norma

non a quelli risoltisi, come nel caso in esame, prima del fallimento.
Nel secondo paragrafo si sostiene che, anche a ritenere applicabile la
disposizione che riguarda lo scioglimento del rapporto per volontà del
curatore, l’orientamento adottato da questa Corte con la sentenza
citata dovrebbe essere rimeditato, dovendosi escludere che il
concedente non abbia alcun diritto di insinuarsi al passivo prima della
riallocazione del

bene, occorrendo soltanto

procedere alla

decurtazione del suo credito quando la riallocazione vi sia
effettivamente stata.
Nel terzo paragrafo si aggiunge che la soluzione adottata dalla Corte
di cassazione costituirebbe violazione del principio di economia dei
mezzi processuali.
Nel quarto paragrafo si sostiene che il detto orientamento sarebbe
contrario all’ordinamento giuridico in quanto potrebbe comportare la
perdita del diritto di credito, non essendo infrequente il bene oggetto
del leasing non venga venduto.

4. — Il ricorso incidentale va accolto nei limiti che seguono.
Occorre premettere che il ricorrente per cassazione ha l’onere di
individuazione del motivo, nel novero di quelli elencati nell’articolo
360 c.p.c., che deve essere riconducibile in maniera immediata ed
inequivocabile, oltre che corretta, ad una delle cinque ragioni di
impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la
7

si applicherebbe difatti ai contratti sciolti per decisione del curatore,

necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione
numerica (Cass. n. 24553/2013; Cass. S.U., n. 17931/2013).
Dunque, quando non si menzioni l’ipotesi appropriata tra quelle in cui
è consentito adire il giudice di legittimità, occorre però si faccia valere
uno specifico vizio della decisione (Cass. n. 1370/2013), non ostando

sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, se
dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di
vizio denunciato (Cass. n. 4036/2014).
Nel caso in esame il motivo si divide in realtà in due parti: la prima
nella quale — nonostante la mancanza della rubrica — si lamenta
indubbiamente un vizio di violazione di legge per avere il giudice di
merito applicato l’articolo 72 quater della legge fallimentare in difetto
dei presupposti, essendosi risolto il contratto prima della
dichiarazione di fallimento; la seconda nella quale si sostiene che la
norma, ove ritenuta applicabile, dovrebbe essere letta in un senso
diverso da quello accolto dal giudice di merito sulla scia della
giurisprudenza di legittimità.
Orbene il motivo, nella sua prima parte, è fondato, in applicazione del
principio secondo cui l’articolo 72 quater della legge fallimentare
trova applicazione solo nel caso in cui il contratto di

leasing sia

pendente al momento del fallimento dell’utilizzatore, mentre, ove si
sia già anteriormente risolto, occorre distinguere a seconda che si
tratti di

leasing

finanziario o traslativo, solo per quest’ultimo

potendosi utilizzare, in via analogica, l’art. 1526 c.c., con l’ulteriore
conseguenza che, in tal caso, il concedente ha l’onere, se intenda
insinuarsi al passivo del fallimento, di proporre la corrispondente
domanda completa in tutte le sue richieste nascenti dall’applicazione
della norma da ultimo citata (Cass. 9 febbraio 2016, n. 2538).
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l’erronea intitolazione del motivo alla riqualificazione della sua

La restante parte della doglianza è assorbita.

5. — Vanno in definitiva accolti il secondo motivo del ricorso
principale ed il motivo di ricorso incidentale nei limiti indicati in
precedenza; il decreto impugnato va cassato in relazione ai motivi

diversa composizione, che si atterrà a quanto statuito in precedenza,
provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso principale, accoglie il
secondo ed il ricorso incidentale nei limiti indicati in motivazione,
cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia
anche per le spese al Tribunale di Pordenone in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione

accolti e rinviato per nuovo esame al Tribunale di Pordenone in

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