Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4694 del 26/02/2010
Cassazione civile sez. trib., 26/02/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 26/02/2010), n.4694
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
F.F., rappresentato e difeso dall’avv. Orlando Antonio
giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Campania n. 16/24/07, depositata il 14 febbraio 2007;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
26 gennaio 2010 dal Relatore Cons. Virgilio Biagio;
Il P.G. nulla osserva.
La Corte:
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. F.F. propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 16/24/07, depositata il 14 febbraio 2007, con la quale, accogliendo l’appello dell’Ufficio, e’ stata affermata la legittimita’ della cartella di pagamento notificata nel 2004 al contribuente, medico, per IRAP relativa all’anno 2000.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
2. Il primo motivo di ricorso si conclude con il quesito di diritto se “la sentenza e’ affetta da vizio di motivazione per avere il giudice non valutato le eccezioni preliminari accolte in primo grado e passate in cosa giudicata (decadenza della pretesa tributaria per avere l’Ufficio iscritto a ruolo le somme oltre i termini previsti dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17 per le imposte liquidate ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis)”.
Il motivo appare inammissibile, poiche’ si censura per vizio di motivazione quello che in realta’ configura, in ipotesi, un vizio di omessa pronuncia su un motivo di appello dell’Ufficio, da far valere denunciando la violazione dell’art. 112 c.p.c., con relativo pertinente quesito di diritto.
In ogni caso, potendo ritenersi che il giudice a quo, avendo esaminato il merito della controversia, abbia implicitamente escluso la decadenza dell’Ufficio, il motivo appare manifestamente infondato, poiche’, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 ter, (aggiunto dalla Legge di Conversione n. 156 del 2005 ed applicabile ai giudizi pendenti), dettando la normativa transitoria in tema di disciplina della notificazione delle cartelle di pagamento emesse a seguito dell’attivita’ di liquidazione delle dichiarazioni, ha stabilito, per quanto qui interessa, che, per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001, il termine di notificazione della cartella e’ quello del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della presentazione medesima (Cass. n. 16826 del 2006 e successive conformi).
3. Con il secondo motivo si denuncia la violazione della normativa istitutiva dell’IRAP ed il vizio di motivazione, sottolineando che il giudice a quo non ha tenuto conto che le somme prese in esame andavano riferite ad incassi per piu’ anni, mentre erroneamente ha considerato gli incassi per il solo anno 2000 senza esaminare la D.U..
Il motivo appare inammissibile, perche’ non censura l’accertamento compiuto dal giudice d’appello, secondo il quale la sussistenza della struttura organizzativa derivava, oltre che dall’entita’ dei compensi (di per se’ irrilevante a tal fine), dalla circostanza che il contribuente aveva sostenuto costi per circa di L. 219.000.000.
4. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio per manifesta infondatezza.”;
che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, ne’ memorie.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione (precisando che l’importo dei costi, indicato in sentenza in “L. 219.058”, e’ evidentemente frutto di errore materiale – come si evince dallo stesso ricorso per cassazione -, dovendosi intendere “L. 219.058.000”) e, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che il ricorrente va conseguentemente condannato alle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 1200,00, di cui Euro 1000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Cosi’ deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2010