Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4694 del 23/02/2017

Cassazione civile, sez. II, 23/02/2017, (ud. 31/01/2017, dep.23/02/2017),  n. 4694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5432 – 2013 R.G. proposto da:

T.A., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato in

Roma alla via Emilio Faà di Bruno, n. 67, presso lo studio

dell’avvocato Daniela Possenti che congiuntamente e disgiuntamente

all’avvocato Manrico Maria Colazza lo rappresenta e difende in

virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

L.A.R., – c.f. (OMISSIS) – A.M.G. – c.f.

(OMISSIS) – TI.PA.VA. c.f. (OMISSIS) – T.V.

– c.f. (OMISSIS) – rappresentati e difesi in virtù di procura

speciale a margine del controricorso dall’avvocato Massimo Tirone;

avvocato TI.MA. – c.f. (OMISSIS) – in proprio, da se

medesimo rappresentato e difeso; tutti elettivamente domiciliati in

Roma, alla via Giuseppe Ferrari, n. 11, presso lo studio

dell’avvocato Massimo Tirone;

– controricorrenti –

Avverso la sentenza n. 5948/2012 della corte d’appello di Roma;

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 31

gennaio 2017 dal consigliere dott. Luigi Abete;

Udito l’avvocato Massimo Tirone per sè e per gli ulteriori

controricorrenti;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per la declaratoria di

inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto notificato in data 26.5.1992 L.A.R., A.M.G., Ti.Pa.Va., Ti.Va. e Ti.Ma. citavano a comparire dinanzi al tribunale di Roma la “Immobiliare Val Forte di An.Ol.” s.a.s., T.R. ed T.A..

Chiedevano la condanna in solido dei convenuti al risarcimento dei danni da essi attori subiti per la illegittima costruzione di talune costruzioni.

Con sentenza n. 31636/2000 il tribunale adito, in persona del g.o.a., accoglieva la domanda e condannava i convenuti al risarcimento dei danni. Avverso tale sentenza gli attori proponevano appello.

La corte d’appello di Roma statuiva con sentenza n. 5147/2003.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso a questa Corte di legittimità la “Immobiliare Val Forte di An.Ol.” s.a.s..

Resistevano L.A.R., A.M.G., Ti.Pa.Va., Ti.Va. e Ti.Ma.pr.al.ri.in.

C.s.n.2.q.C.r.i.r.p.e.i.a.d.s.m.d.r.i.c.l.s.i.e.r.a.a.s.d.c.d.d.R.

C.s.n.5.l.c.d.d.R.i.s.d.r.c.Tomasini Roberto e.Tomasini Alberto i.s.a.p.a.Lugli Anna Rosa l.s.d.E.6.c.g.i.d.1.a.s.a.p.a.Aronne Maria Giuseppina l.s.d.E.3.c.g.i.d.1.a.s.a.p.a. T.P.V., Ti.Va. e Ti.Ma. la somma di Euro 38.560,80 con gli interessi dal 19.10.2000 al saldo; condannava T.A., in solido con T.R., alle spese di lite.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso T.A.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese.

L.A.R., A.M.G., Ti.Pa.Va., Ti.Va. e Ti.Ma. hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente deduce preliminarmente che è rimasto contumace in tutti i pregressi gradi di giudizio con la sola eccezione del giudizio di rinvio.

Deduce segnatamente la nullità della sentenza n. 31636/2000, siccome emessa dal G.O.A., e conseguentemente la nullità della sentenza n. 5948/2012 della corte d’appello di Roma per violazione dell’art. 106 Cost., comma 1.

Deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, la violazione degli artt. 158 e 161 c.p.c.; il difetto di giurisdizione e di costituzione del g.o.a., la nullità o l’inesistenza dell’intero processo di primo grado e della susseguente sentenza.

Deduce che i g.o.a. al pari dei g.o.t. “hanno funzioni suppletive e di aiuto ma certo non giurisdizionali” (così ricorso, pag. 5); che l’art. 106 Cost., comma 2 prevede “la nomina di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli ma al precedente co. 1 prevede altresì e preliminarmente che le nomine dei magistrati avvengano per concorso” (così ricorso, pag. 5); che “il G.O.A. è nominato anche a seguito di parere dell’Ordine degli Avvocati (…) che non ha affatto detta funzione di parere” (così ricorso, pag. 5).

Il ricorso è inammissibile.

Il supposto vizio integrerebbe non già gli estremi dell’inesistenza sibbene della nullità.

Invero la sentenza n. 31636/2000 di certo non è stata pronunciata da un organo del tutto privo di potere giurisdizionale (al riguardo cfr. Cass. 10.8.1990, n. 8156, secondo cui l’inesistenza della sentenza è configurabile, oltre che nella ipotesi espressamente prevista dall’art. 161 c.p.c., comma 2 – mancanza della sottoscrizione del giudice – in tutti i casi in cui la sentenza stessa manchi di quel minimo di elementi o di presupposti necessari per la produzione dell’effetto di certezza giuridica proprio del giudicato o quando sia pronunciata da un organo privo di qualsiasi potere giurisdizionale; cfr. Cass. sez. un. 17.3.2004, n. 5414, secondo cui la partecipazione alla decisione di un magistrato privo della “potestas iudicandi”, per ragioni inerenti alla sua qualità o nomina, determina vizio di costituzione del giudice, ai sensi dell’art. 158 c.p.c., e quindi nullità deducibile a norma dell’art. 161 codice medesimo, non difetto di giurisdizione, ravvisabile nella distinta ipotesi di radicale diversità di struttura e conseguenziale non identificabilità del collegio giudicante con quello delineato dalla legge).

In questi termini, alla stregua della generale previsione di cui all’art. 161 c.p.c., la presunta nullità si sarebbe senza dubbio convertita in motivo di impugnazione.

Conseguentemente T.A., ancorchè contumace in prime cure, avrebbe dovuto a tempo debito far valere l’asserito vizio della sentenza n. 31636/2000 mercè la proposizione di atto di appello.

Evidentemente la mancata proposizione dell’impugnazione ha determinato l’impossibilità di rilevare il medesimo presunto vizio ed in definitiva la sua sanatoria (cfr. Cass. sez. un. (ord.) 2.10.2003, n. 14699, secondo cui la nullità derivante da vizio di costituzione del giudice, ancorchè assoluta e rilevabile d’ufficio, non si sottrae, ai sensi dell’art. 158 c.p.c. (che fa espressamente salva la disposizione del successivo art. 161), al principio di conversione delle cause di nullità in motivi d’impugnazione, con la conseguenza che la mancata, tempestiva denuncia del vizio “de quo” comporta la necessità di farlo valere attraverso lo strumento (e secondo le regole, i limiti e le preclusioni) dell’impugnazione, così che la mancata denuncia di detta nullità in sede di gravame comporta l’impossibilità di rilevarla e, in definitiva, la sua sanatoria).

La declaratoria di inammissibilità del ricorso giustifica la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

Si dà atto che il ricorso è stato notificato in data 13.2.2013.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, a decorrere dall’1.1.2013), si dà atto altresì della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente, T.A., a rimborsare ai controricorrenti, L.A.R., A.M.G., Ti.Pa.Va., Ti.Va. e Ti.Ma., le spese del presente giudizio di legittimità, spese che si liquidano nel complesso in Euro 6.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sez. Seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 30 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2017

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