Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4692 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. III, 21/02/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 21/02/2020), n.4692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 472/2018 R.G. proposto da:

G.C.P.A., rappresentato e difeso dall’Avv.

Salvatore Galleri, domiciliato, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma

2, presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

V.G., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Antonio Giva e

Pietro Giva, con domicilio eletto in Roma, via Sardegna, n. 29,

presso lo studio dell’Avv. Chiara Pacifici;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e nei confronti di:

Gh.Ro.An.;

Generali Business Solutions s.c.p.a.

– intimati –

avverso la sentenza n. 374 della Corte d’appello di Cagliari

depositata il 3 ottobre 2017.

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere

Dott. Cosimo D’Arrigo;

letta la sentenza impugnata;

letti il ricorso, il controricorso e le memorie depositate ai sensi

dell’art. 380-bis-1 c.p.c..

Fatto

RITENUTO

Nel (OMISSIS) V.G. si rivolgeva agli odontoiatri G.C. e Gh.Ro. per la cura della frattura di un dente e di una parziale edentulia. Successivamente, ritenendo di non essere stata adeguatamente curata, esperiva accertamento tecnico preventivo, e, all’esito di questo, citava in giudizio innanzi al Tribunale di Sassari i due medici, chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 33.433,48 a titolo di risarcimento dei danni.

I convenuti contestavano il fondamento della domanda. Inoltre, la Gh. chiamava in giudizio la sua società assicuratrice, Generali Italia S.p.a., chiedendo di essere manlevata in caso di condanna.

Il Tribunale rigettava la domanda.

La V. impugnava la decisione e la Corte d’appello di Sassari accoglieva il gravame, condannando in solido la Gh. e il G. al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 18.702,19 a titolo di danno biologico e danno patrimoniale. Accoglieva inoltre la domanda di manleva proposta dalla Gh. nei confronti della Generali Italia S.p.a.

Avverso tale sentenza G.C. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. V.G. ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale. Gh.Ro. e la Generali Italia S.p.a. non hanno svolto attività difensiva.

Il Procuratore generale non ha ritenuto di presentare le proprie conclusioni scritte. La V. ha depositato memorie scritte ai sensi dell’art. 380-bis-1 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

1.1 Con il primo motivo del ricorso principale, il G. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727,2728 c.c. e art. 2729 c.c., comma 2. Con il secondo motivo denuncia la violazione delle medesime norme sostanziali, nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c. Entrambe le censure sono formulate “in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e/o 5 e art. 116 c.p.c.”.

I due motivi, strettamente collegati, possono essere esaminati congiuntamente.

1.2 Anzitutto va rilevata l’imprecisione con cui sono state formulate le due rubriche, consistente nell’erronea ascrizione della violazione di norme di diritto sostanziale anche all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè della violazione di norme processuali al caso indicato dal n. 3, anzichè dal n. 4, dell’art. 360 c.p.c. Invero, il ricorrente non ha individuato alcun “fatto decisivo” che abbia costituito oggetto di discussione fra le parti e il cui esame sia stato omesso, talchè l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 è invocato certamente a sproposito. Quanto al resto, all’inesattezza dell’indicazione delle norme violate soccorre il principio affermato da questa Corte, secondo cui l’erronea individuazione della tipologia di vizio di legittimità non impedisce, di per sè, di comprendere il significato della censura, che quindi può essere interpretata e riqualificata nei termini corretti, non essendo necessaria, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, l’adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dall’art. 360 c.p.c., comma 1 (Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013, Rv. 627268 – 01).

Tanto premesso, in sostanza il ricorrente afferma che il giudice di merito ha ritenuto che il contratto di prestazione d’opera inter partes avesse una portata più ampia di quella effettiva (cioè consistita in sole tre visite, alcune prescrizioni mediche e una richiesta di RX), addebitandogli una responsabilità professionale inesistente. Il tutto sulla base di elementi presuntivi, in violazione del divieto posto dall’art. 2721 c.c., comma 1.

1.3 Entrambi i motivi sono inammissibili.

Infatti, presupposto comune alle due censure è che il G. abbia contestato la domanda della V., deducendo che l’incarico professionale ricevuto non comprendeva l’intervento odontoiatrico, bensì solamente qualche visita medica conclusasi con talune prescrizioni farmacologiche e diagnostiche. Ma il ricorrente non ha riferito – direttamente o anche indirettamente, ma in tal caso rinviando con esattezza al relativo atto processuale – quando e come egli abbia contestato la “ampiezza” della prestazione d’opera convenuta fra le parti, essendo comunque pacifica l’esistenza di un rapporto contrattuale medico-paziente. Tale omissione, rilevante ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, determina l’inammissibilità delle censure, il cui accoglimento presupporrebbe che la Corte fosse messa nelle condizioni di verificare la sussistenza del relativo presupposto.

1.4 Ad ogni modo, il ricorso, pure se fosse esaminato nel merito, risulterebbe in parte infondato e in parte inammissibile.

Infatti, il rapporto di prestazione d’opera professionale postula il conferimento del relativo incarico in qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti, sicchè, quando sia contestata la natura e l’entità delle prestazioni pattuite, l’attore, sul quale grava l’onere della prova, può avvalersi anche di presunzioni, mentre compete al giudice del merito valutare se gli elementi offerti, complessivamente considerati, siano in grado di fornire una valida prova presuntiva; il risultato di tale accertamento, se adeguatamente e coerentemente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. 2, Sentenza n. 1792 del 24/01/2017, Rv. 642480 – 01).

In applicazione di tale principio, il ricorso del G. è infondato, nella parte in cui contesta la possibilità di ricorrere alle presunzioni semplici per l’accertamento del contenuto della prestazione professionale convenuta fra le parti. Ed è inammissibile nella misura in cui, invece, ha tentato di rimettere in discussione la portata degli elementi fattuali valutati dal giudice di merito.

Infatti, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017, Rv. 643792 – 01).

2.1 Passando all’esame del ricorso incidentale, con l’unico motivo di cui si compone si censura la sentenza impugnata per omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione alla domanda di rimborso delle somme corrisposte come compenso al G. e delle spese sostenute per la consulenza tecnica di parte.

2.2 Per quanto attiene ai compensi percepiti dal G., il motivo è inammissibile per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Infatti, il ricorrente che denunci la violazione dell’art. 112 c.p.c. per difetto di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, ha l’onere specifico di allegare – riproducendolo direttamente o indirettamente – l’atto nel quale ha proposto la domanda sulla quale il giudice di primo grado non si sarebbe pronunciato, nonchè quello di documentare, nelle medesime forme, la riproposizione della domanda in grado d’appello (in caso di soccombenza in primo grado), ovvero che il difetto di minuspetizione abbia costituito motivo di appello.

Nella specie, la V. non ha assolto all’onere di autosufficienza imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e, pertanto, il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile.

Comunque, il motivo sarebbe pure infondato. Infatti, il giudice non ha pronunciato la risoluzione del contratto per inadempimento, ai sensi dell’art. 1454 c.c., e pertanto non si produce l’effetto restitutorio di cui all’art. 1458 c.c.

2.3 La questione del rimborso delle spese sostenute per la consulenza tecnica di parte si pone in termini diversi, ricadendo non più nella traiettoria dell’art. 112 c.p.c., quanto nella tematica del regolamento delle spese processuali ai sensi degli artt. 91 c.p.c. e ss..

Invero, le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 1, della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue (Sez. 2, Sentenza n. 84 del 03/01/2013, Rv. 624396 01).

Nondimeno, si deve rilevare che pure in questo caso sussiste un difetto di autosufficienza, non avendo la V. documentato non solo l’ammontare dei costi sostenuti per la consulenza di parte, ma addirittura neppure che questa sia stata mai effettivamente espletata.

Anche sotto questo profilo, pertanto, il ricorso incidentale è inammissibile.

3. In conclusione, sia il ricorso principale sia quello incidentale devono essere dichiarati inammissibili.

Stante la reciproca soccombenza, va disposta l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

Non si ravvisa la sussistenza dei presupposti perchè il ricorrente principale possa essere condannato per responsabilità processuale aggravata, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, come invece richiesto dalla V..

Sussistono, invece, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte sia dell’impugnante principale, sia di quello incidentale, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per le impugnazioni rispettivamente proposte, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

dichiara inammissibili il ricorso e il ricorso incidentale. Compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA