Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4689 del 28/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 4689 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: SCARPA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 13550-2016 proposto da:
LEPRE MARCELLA, LEPRE ANDREA, GENNA ALESSANDRA,
rappresentati e difesi dall’avvocato MAURIZIO GALASSO;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;
– controricorrente avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato
il 10/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 29/01/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Data pubblicazione: 28/02/2018

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Andrea Lepre, Alessandra Genna e Marcella Lepre, i primi due
anche quali rappresentanti di Santa Lepre, propongono ricorso
articolato in unico motivo per la cassazione del decreto reso
dalla Corte d’Appello di Roma il 10 febbraio 2016. Questo

dagli stessi ricorrenti, nei confronti del Ministero della Giustizia,
contro il decreto emesso il 23 gennaio 2015 dal consigliere
delegato della medesima Corte d’Appello di Roma, ha
condannato il Ministero all’equa riparazione, pari ad C 4.500,00
pro capite, per la irragionevole durata di un giudizio civile di
opposizione a decreto ingiuntivo, conclusosi con la condanna di
Andrea Lepre, Alessandra Genna e Marcella Lepre al
pagamento di C 27.467,73, oltre interessi legali e spese di lite.
Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis1 c.p.c.
Va disattesa l’eccezione dei ricorrenti circa l’inammissibilità del
controricorso per l’omessa esposizione dei fatti di causa, in
quanto, poiché tale atto ha la sola funzione di contrastare
l’avverso ricorso, pur richiamando l’art. 370, comma 2, c.p.c.,
il comma 1 dell’art. 366, comma 1, c.p.c., è sufficiente a tal
fine che esso si limiti, come nella specie, a fare riferimento ai
fatti esposti nella sentenza impugnata ovvero alla narrazione di
essi contenuta nel ricorso.
I.Con il primo motivo, i ricorrenti allegano la “violazione di
legge ex art. 360, comma 1, n. [4] — 5 [anche apparente
motivazione] con riferimento [anche] all’art. 2056 c.c.”, per il
mancato riconoscimento in loro favore altresì del danno
patrimoniale, correlato agli aumenti delle tariffe professionali
inerenti ai compensi corrisposti ai difensori costituiti nel
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decreto, in parziale accoglimento dell’opposizione avanzata

processo presupposto, nonché agli interessi legali maturati
sull’importo della condanna subita.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Come già più volte affermato da questa Corte (Cass. Sez. 1,
17/11/2005, n. 23322; Cass. Sez. 6-2, 18/01/2017, n. 1270;

caso di violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU è diverso
da quello connesso al giudizio irragionevolmente lungo, giacché
non è rappresentato dalla lesione del bene della vita ivi
dedotta, identificandosi, invece, nel danno arrecato come
conseguenza immediata e diretta, e sulla base di una normale
sequenza causale, esclusivamente dal prolungarsi della causa
oltre il termine ragionevole.
Così, nella specie, non può ravvisarsi alcun nesso causale
immediato e diretto tra il ritardo nella definizione del processo
di opposizione a decreto ingiuntivo – nel quale gli attuali
ricorrenti risultarono all’esito soccombenti – e gli incrementi
che la somma dovuta dal debitore subisca per effetto del
maturare degli interessi legali (i quali sono funzionalmente volti
a compensare il ritardo del pagamento in rapporto alla naturale
fruttuosità del denaro), ovvero gli aumenti dei compensi
spettanti ai difensori per il verificarsi di una successione di
tariffe professionali nel corso del processo, di cui si debba
tener conto nella regolamentazione delle spese di lite.
II. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli
artt. 91 c.p.c. e 2, comma 2, 4, commi 1 e 2, 5 e 28 del d.m.
n. 55/2014. I ricorrenti espongono che la liquidazione delle
spese processuali operata dalla Corte d’Appello di Roma (C
915,00 per il giudizio di opposizione ed C 375,00 per il
procedimento monitorio) abbia violato i criteri dettati dal d.m.

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Cass. Sez. 2, 19/05/2017, n. 12696), il danno risarcibile per il

n. 55/2014 e del tutto ignorato la nota delle spese depositata il
7 dicembre 2015.
Il secondo motivo di ricorso è fondato.
Questa Corte ha già precisato come il procedimento per l’equa
riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del

89 del 2001 – vada considerato, ai fini della liquidazione dei
compensi spettanti all’avvocato, quale procedimento avente
natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in
esame, trova applicazione la tabella 12 allegata al d.m. 10
marzo 2014, n. 55 (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 14/11/2016, n.
23187). Il giudice, pertanto, in presenza per di più di nota
specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad
una globale determinazione dei compensi, in misura inferiore a
quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione
dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo
scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità,
l’accertamento della conformità della liquidazione disposta a
quanto risulta dagli atti ed ai parametri di legge, nonché di
quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle
tariffe (a loro volta derogabili con apposita motivazione: cfr.
Cass. Sez. 6 – L, 31/01/2017, n. 2386).
Conseguono l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, il
rigetto del primo motivo e la cassazione del decreto
impugnato, nei limiti della censura accolta, con rinvio alla Corte
d’Appello di Roma, che, in diversa composizione, sottoporrà la
causa a nuovo esame uniformandosi al principio richiamato e
provvederà altresì a liquidare le spese del giudizio di
cassazione.
P. Q. M.

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termine di ragionevole durata del processo – di cui alla legge n.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo
motivo, cassa il decreto impugnato nei limiti della censura
accolta e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa
composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio
di cassazione.

Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 29 gennaio
2018.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda

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