Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4689 del 27/02/2014
Civile Sent. Sez. 3 Num. 4689 Anno 2014
Presidente: MASSERA MAURIZIO
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO
SENTENZA
sul ricorso 6170-2008 proposto da:
XX
– ricorrente –
1791
contro
MILANO ASSICURAZIONI S.P.A.;
– intimata –
– ricorrente contro
XX
– controrícorrente –
avverso la sentenza n. 2158/2007 del TRIBUNALE di
VICENZA, depositata il 09/10/2007 R.G.N. 4812/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/10/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato ADRIANA ROMOLI per delega;
udito il P,M. in persona del Sostituto
Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per
l’inammissibilita’
del ricorso principale,
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MONTE GANTO
assorbimento del ricorso incidentale.
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I FATTI
La compagnia assicurativa Milano convenne in giudizio la XX per sentirla condannare al pagamento della
somma di 1168 Euro, corrispondente all’importo della rata di
premio assicurativo scaduta il 10.4.2002, con riferimento ad
La società convenuta, nel costituirsi, produsse una lettera
raccomandata del 9.4.2002, con la quale era stato richiesta
alla compagnia una riduzione del premio a seguito
dell’alienazione di metà del fabbricato destinato all’attività
d’impresa (con conseguente riduzione del rischio assicurato),
eccependo dal suo canto l’inadempimento della controparte alla
dovuta riduzione – eccezione cui la Milano replicherà
osservando che la comunicazione in parola era pervenuta a sua
conoscenza in epoca successiva alla scadenza del premio.
Con un separato atto di citazione, la compagnia convenne
ancora in giudizio la società XX, chiedendo il
pagamento della somma di 1207 Euro quale rata del premio
dell’anno successivo, scaduta il 10.4.2003.
Il giudice di pace di Vicenza accolse entrambe le domande,
previa riunione delle due cause.
L’appello proposto dalla XX fu parzialmente
accolto dal tribunale di Vicenza, che assolse l’appellante
dall’obbligo di pagamento del premio in scadenza il 10.4.2003,
confermando nel resto la pronuncia del giudice di prossimità.
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una polizza decennale con scadenza 10.4.2011.
Per
la
cassazione
della
sentenza
di
appello
la
XX ha proposto ricorso illustrato da 9 motivi di
censura.
Resiste la Milano con controricorso, integrato da ricorso
incidentale, cui resiste con controricorso la
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorsi, riuniti, non meritano accoglimento.
IL RICORSO PRINCIPALE
Con il primo motivo,
si denuncia
nullità della sentenza di
primo e secondo grado e del procedimento per difetto di
rappresentanza sostanziale e processuale in capo all’agente in
relazione agli artt. 77 e 100 c.p.c.
La censura è corredata dal seguente quesito di diritto
(formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile
ratione temporis, nel vigore del D.lgs. 40/2006):
Se gli artt. 77 e 100 c.p.c. applicabili anche all’agente
assicurativo investito di procura escludono la rappresentanza
processuale del medesimo quando, pur in presenza di un
generale potere di rappresentanza sostanziale per l’azione e
l’incasso del premi relativi al contratti assegnati alla sua
agenzia, il soggetto violi i limiti oggettivi della procura
e
le istruzioni impartite con il riferimento al rapporto dedotto
in giudizio..
Il motivo è infondato, avendo il tribunale, con apprezzamento
di fatto incensurabile in questa sede, ritenuto che il mandato
5
XX.
di agente generale conferito al Bertoncello e l’art. 28 del
mandato di agenzia legittimassero quest’ultimo al compimento
dell’attività in contestazione – non senza considerare, come
correttamente rileva parte contro ricorrente (f. 7 dell’atto
di resistenza) che tale attività aveva costituito oggetto di
senso dovendosi ritenere integrata la motivazione della
sentenza oggi impugnata).
si denuncia
Con il secondo motivo,
omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa il fatto controverso e
decisivo della sussistenza o meno del potere rappresentativo
dell’agente.
La censura, prima ancora che infondata nel merito
riproponendosi con essa, sotto altra veste, la stessa
questione sottoposta all’esame del collegio con il primo
motivo – è inammissibile in rito, essendo stata del tutto
omessa la chiara indicazione del fatto controverso richiesta
dall’art.
366 bis
in
relazione
al
denunciato vizio
motivazionale. Il tema della sintesi necessaria per il
relativo esame è stato affrontato funditus dalle sezioni unite
di questa Corte, che hanno all’uopo specificato (Cass. ss.uu.
20603/07) l’esatta portata del sintagma “chiara indicazione
del fatto controverso” in relazione al quale la motivazione si
assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le
quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda
inidonea a giustificare la decisione: si è così affermato che
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ratifica da parte della direzione della compagnia (in tal
la relativa censura deve contenere
un momento di sintesi
omologo del quesito di diritto (cd. “quesito di fatto) – che
ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di
valutazione della sua ammissibilità.
Con il terzo motivo,
si denuncia
violazione e falsa
applicazione degli artt. 1903 e 1932 c.c..
La censura è corredata dal seguente, duplice quesito:
Se l’art. 1932 c.c., nel dichiarare inderogabile a sfavore
dell’assicurato la norma di cui all’art. 1903 /2 c.c.,
consente che il potere rappresentativo processuale conferito
all’agente con apposita procura risulti più limitato rispetto
alla previsione di tale norma, qualora si tratti di limiti
apposti solo al potere di agire in giudizio contro gli
assicurati in rappresentanza della compagnia, e non al potere
di essere da questi convenuti in giudizio;
Se l’art. 1932 secondo comma c.c., riferendo il potere
rappresentativo processuale dell’agente alle obbligazioni
dipendenti dal mandato agenziale, esclude la sua
legittimazione per le obbligazioni dipendenti da polizze
annullate dalla compagnia
Il motivo – prima ancora che infondato nel merito, poiché, con
accertamento di fatto incensurabile in questa sede, il giudice
territoriale ha escluso
tout court
la predicabilità di un
annullamento contrattuale, e la conseguente impredicabilità di
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Tale momento di sintesi, nella specie, manca del tutto.
qualsivoglia violazione dei limiti della procura
è
inammissibile in rito.
Il tema del cd. “quesito multiplo”, quale quello di specie, è
stato ripetutamente affrontato da questa Corte regolatrice, ed
è stato più volte evidenziato come debba ritenersi
formulato in termini tali da
inammissibile il quesito
richiedere una previa attività interpretativa della Corte,
come accade nell’ipotesi in cui sia proposto un quesito
multiplo, la cui formulazione imponga alla Corte di
sostituirsi al ricorrente mediante una preventiva opera di
semplificazione, per poi procedere alle singole risposte che
potrebbero essere tra loro diversificate
(Cass. 29 gennaio
2008, n. 1906; 29 febbraio 2008, n. 5471; 23 giugno 2008, n.
17064). Ebbene, i quesiti formulati dalla difesa ricorrente
appartengono, incontrovertibilmente, a tale
species facti
(in
senso ulteriormente specificativo, Cass. 14 giugno 2011, n.
12950, stabilisce che va qualificato come quesito multiplo
quello che sia formulato in modo tale da rendere necessaria
una molteplicità di risposte da parte della Corte, e tale
altresì che le relative risposte risultino tra loro
differenziate),
onde l’impossibilità, per il collegio, di
applicare quella diversa (e condivisa) giurisprudenza (Cass.
31 agosto 2011, n. 17886) secondo la quale, specularmente, il
motivo di ricorso deve ritenersi ammissibile volta che il
ricorrente, pur avendo formulato distinti e plurimi quesiti di
diritto corrispondenti alle diverse articolazioni di cui si
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i
compone la censura mossa alla sentenza di merito, abbia pur
tuttavia denunciato la violazione di diverse norme di legge
con riferimento ad un’unica, eventualmente fondamentale
questione di diritto oggetto della richiesta decisione.
Con il quarto motivo,
denuncia
si
violazione e falsa
La censura, che ripropone il tema del presunto annullamento
della polizza, non merita accoglimento per le ragioni dianzi
esposte circa il motivato ed incensurabile convincimento
espresso, all’opposto, dal giudice territoriale.
Con il quinto motivo,
denuncia
si
violazione e falsa
applicazione dell’art. 2697 c.c..
La censura è corredata dal seguente quesito:
Se l’art. 2697 consente di ritenere assolto l’onere della
prova mediante documenti precostituiti e di provenienza della
parte stessa.
La censura è inammissibile.
Questo giudice di legittimità ha già avuto più volte modo di
affermare che il quesito di diritto deve essere formulato, ai
sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da
costituire una sintesi logico-giuridica unitaria della
questione, con conseguente inammissibilità del motivo di
ricorso tanto se sorretto da un quesito la cui formulazione
sia del tutto inidonea a chiarire l’errore di diritto imputato
alla sentenza impugnata in relazione alla concreta
controversia (Cass. 25-3-2009, n. 7197), quanto che sia
9
applicazione degli artt. 77 e 100 c.p.c..
destinato a risolversi (Cass. 19-2-2009, n. 4044) nella
generica richiesta (quale quelle di specie) rivolta al giudice
di legittimità di stabilire se sia stata o meno violata – o
disapplicata o erroneamente applicata, in astratto, – una
norma di legge. Il quesito deve, di converso, investire
ex se
alternativa di segno opposto destinata ad una soluzione che,
pur trascendendo la fattispecie concreta sottoposta all’esame
del giudice di legittimità, ne dia specifico conto ed
esaustiva esposizione: le stesse sezioni unite di questa corte
hanno chiaramente specificato (Cass. ss. uu. 2-12-2008, n.
28536) che deve ritenersi inammissibile per violazione
dell’art. 366 bis cod. proc. civ. il ricorso per cassazione
nel quale l’illustrazione dei singoli motivi sia accompagnata
dalla formulazione di un quesito di diritto che si risolve in
una tautologia o in un interrogativo circolare, che già
presupponga la risposta senza peraltro consentire un utile
riferimento alla fattispecie in esame.
Tale appare, nella specie, il quesito riportato poc’anzi.
La corretta formulazione del quesito esige, di converso (Cass.
dapprima indichi in esso la
19892/09), che il ricorrente
fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo
tipico, infine formuli, in forma interrogativa e non (sia pur
implicitamente) assertiva, il principio giuridico di cui si
chiede l’affermazione; onde, va ribadito (Cass. 19892/2007)
l’inammissibilità del motivo di ricorso il cui quesito si
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la ratio decidendi della sentenza impugnata, proponendone una
risolva (come nella specie) in una generica istanza di
decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata
nel motivo.
Con il sesto motivo,
si denuncia
omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su un punto della controversia
riduzione del rischio assicurato (art. 1897 c.c) o della
sopravvenuta diminuzione di valore delle cose assicurate (art.
1909 c.c.).
La censura, prima ancora che infondata nel merito
vertendosi, nella specie, come correttamente opinato dal
giudice di merito con apprezzamento di fatto incensurabile in
questa sede, in tema di comunicazione di modifica dei valori
assicurati e non di sovra-assicurazione – è inammissibile in
rito, essendo stata anche in questo caso del tutto omessa la
chiara indicazione del fatto controverso richiesta dall’art.
366 bis in relazione al denunciato vizio motivazionale,
secondo le modalità già ricordate nel corso dell’esame del
secondo motivo di ricorso.
Con il settimo motivo,
si denuncia
violazione dell’art. 112
c.p.c..
La censura è corredata dal seguente quesito:
Se l’art. 112 c.p.c. consente al giudice, in presenza di un
fatto pacifico tra le parti, sul quale si fondi una
controversia di mero diritto relativa alla’inquadramento
giuridico di tale fatto, di discostarsi dalle risultanza
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decisivo per l’inquadramento del caso nella fattispecie della
processuali assumendo un fatto diverso da quello dedotto e
pacificamente ammesso tra le parti.
Il motivo è inammissibile perché – pur volendo prescindere
dalla natura evidentemente revocatoria del vizio denunciato appare affetto dalla medesima, irredimibile astrattezza, che
inammissibilità del quinto motivo.
Con l’ottavo motivo,
si denuncia
violazione e falsa
applicazione dell’art. 1897 e dell’art. 1909 c.c..
La censura è corredata dal seguente, duplice quesito:
Se è vero che la diminuzione del valore assicurato, che si
verifica nel corso del rapporto assicurativo, non rientra
nell’ipotesi dell’art. 1897 c.c., norma che contempla il
diverso caso di riduzione delle possibilità di accadimento del
sinistro, ma è regolata dall’art. 1909/2, applicabile anche ai
casi di sopra-assicurazione successiva
Se, in caso affermativo, il diritto dell’assicurato di
ottenere la riduzione del premio “per l’avvenire” quale
previsto dall’art. 1909/2 opera già nel corso dello ssso
periodo assicurativo in cui si è verificata la riduzione di
valore, senza necessità di attendere la scadenza del premio
successiva alla comunicazione.
Il motivo (ammissibile poiché sorretto da un quesito plurimo
omogeneo) ripropone nuovamente, in sede di legittimità, la
questione della norma applicabile al caso di specie, questione
che, come si è visto, è stata correttamente affrontata e
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ha indotto il collegio alla (medesima) pronuncia di
risolta dal giudice territoriale con apprezzamento esente da
vizi logico-giuridici, volta che il tribunale ha ritenuto si
fosse verificata, in concreto, una contrazione dell’attività
imprenditoriale rispetto a quella originariamente oggetto di
assicurazione, contrazione sicuramente diacronica, e non
contratto.
Con il nono motivo,
si denuncia, infine, la
violazione
dell’art. 1897 e dell’art. 1932 c.c..
La censura è corredata dal seguente, duplice quesito:
Se la comunicazione di riduzione del rischio ex art. 1897 c.c.
costituisce un atto negoziale, necessariamente recettizio, o
costituisca invece mero atto giuridico che produce effetti fin
dal momento della sua emissione e del suo invio, con la
conseguenza, in tale seconda ipotesi, ce costituisce deroga
del’art. 1897 c.c., non consentita dal’art. 1932 c.c., far
decorrere i suoi effetti, al fine del sorgere del diritto alla
riduzione del premio, al momento della sua ricezione.
Al quesito è stata già data condivisibile risposta dal giudice
di merito, che ha correttamente evidenziato come (al di là ed
a prescindere dalla natura, negoziale o meno dell’atto
de quo,
risultando la relativa quanto delicata questione di diritto
non rilevante ai fini che occupano il collegio)
la
comunicazione avente ad oggetto la riduzione del rischio abbia
carattere
recettizio,
indiscutibilmente
caratterizzata
da
modificativa
funzione
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in
del
quanto
rapporto
contestuale, rispetto al momento della sottoscrizione del
negoziale, e destinata, pertanto, a spiegare i suoi effetti
solo dal momento della legale conoscenza da parte del
destinatario.
IL RICORSO INCIDENTALE
Con il primo motivo,
si denuncia
falsa applicazione e
La censura è corredata dal seguente quesito di diritto:
Se l’art. 1897 c.c. che consente la di munizione del premio
debba essere disposto su semplice richiesta dell’assicurato
senza che lo steso fornisca prova alcuna della riduzione del
rischio.
Il motivo risulta inammissibile per patente inammissibilità
del quesito che lo sorregge, affetto da evidenti genericità ed
astrattezza, giusta i criteri indicati in sede di esame del
quinto motivo dell’impugnazione principale.
Con il secondo motivo,
si denuncia
falsa applicazione e
violazione dell’art. 91 c.p.c.
La censura è a sua volta inammissibile,
impinguendo
nell’incensurabile potere discrezionale di compensare le spese
di giudizio, correttamente esercitato, nel caso di specie, dal
tribunale di Vicenza.
che vanno in questa sede
La disciplina delle spese
compensate tra le parti in conseguenza della reciproca
soccombenza – segue come da dispositivo.
P.Q.M.
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violazione dell’art. 1897 c.c.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile
il ricorso incidentale e compensa le spese del giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma, li 2.10.2013
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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Si attesta la registrazione presso
IL CONSIGLIERE ESTENSORE