Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4688 del 27/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4688 Anno 2014
Presidente: MASSERA MAURIZIO
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso 4873-2008 proposto da:
RIZZA

LUIGI

RZZLGU59R19B300H,

CINIGLIO

SABINA

CNGSBN58M54H501H, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA TUSCOLANA 4, presso lo studio dell’avvocato PEPE
MARCO, che li rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– ricorrenti –

2013
1788

contro

MPS GESTIONI CREDITI BANCA S.P.A. 92034880523 non in
proprio ma in nome e per conto di BANCA TOSCANA
S.P.A., in persona del Dott. GIULIO BALIVA,

1

Data pubblicazione: 27/02/2014

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRISTOFORO
COLOMBO 177, presso lo studio dell’avvocato RANCHINO
MICHELE, che la rappresenta e difende giusta delega in
atti;
CONDOMINIO VIA CAVA AURELIA 199 96354950584, in
dell’Amministratore

p.t.,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BORMIDA N.5 SCALA A INT.1,
presso lo studio dell’avvocato MORONI IGNAZIO, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
DIOCLEZIANO S.R.L. 13165670152 quale cessionaria dei
crediti FONSPA e per essa UNICREDITO GESTIONE CREDITI
S.P.A., in persona del Vice Direttore Generale Avv.
MAURIZIO BALESTRIERO in qualita’ di rappresentante
legale, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE
ARNALDO

DA

BRESCIA

9/10,

presso

lo

studio

dell’avvocato MANNOCCHI MASSIMO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 8515/2007 del TRIBUNALE di
,

ROMA, depositata il 02/05/2007 R.G.N. 33048/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/10/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato MARCO PEPE;
udito l’Avvocato VITTORIA PAOLINI per delega;

r

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

persona

Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per

l’inammissibilita’ del ricorso.

3

I FATTI

Luigi

Rizza

e

Sabina

Ciniglio

chiesero

al

giudice

dell’esecuzione del tribunale di Roma una declaratoria di
nullità della notifica dell’atto di pignoramento immobiliare
compiuta ai sensi dell’art. 143 c.p.c. e la consequenziale

dell’immobile di proprietà della Ciniglio.
Il creditore procedente,

secondo quanto sostenuto dagli

opponenti, aveva effettuato la notifica de qua pur conoscendo il
diverso indirizzo dei destinatari.
Sotto altro profilo, la procedura doveva ritenersi, a loro dire,
comunque illegittima, poiché la Ciniglio non era debitrice del
creditore procedente (il Credito Industriale s.p.a.), pur
risultando il bene pignorato oggetto di comproprietà tra la
stessa Ciniglio e il Rizza.
Il giudice dell’esecuzione, revocata la delega al notaio per la
vendita della quota di immobili appartenenti alla Ciniglio, e
confermatala quanto alle quote del Rizza, dispose la
prosecuzione del giudizio – qualificato come di opposizione agli
atti esecutivi – per la fase di merito, dichiarando
inammissibile la domanda in tutte le sue articolazioni (nullità
della notificazione di un atto esecutivo; contestazione della
legittimazione del Credito Fondiario a chiedere la vendita
dell’immobile; contestazione della stima del bene da parte del
CTU) perché proposta oltre il termine legale di cinque giorni,
applicabile nella specie ratione temporis.

4

nullità di tutti gli atti successivi, funzionali alla vendita

Per la cassazione di questa sentenza Luigi Rizza e Sabina
Ciniglio hanno proposto ricorso straordinario ex art. 111 Cost.,
sulla base di 4 motivi di censura.
Resistono la MPS Gestione Crediti (in nome e per conto della
Banca Toscana), il Condominio di via Cava Aurelia e la

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo,

si denuncia, ex art. 360 n. 3 c.p.c.,

violazione di legge – violazione e falsa applicazione dell’art.
617 comma l c.p.c. (nel testo anteriore alle modifiche di cui
alle leggi 80/2005 e 263/2005), in relazione all’art. 569
c.p.c..
La censura

che lamenta anche in questa sede la mancata

conoscenza da parte dei debitori esecutati dell’avviso di
vendita, con conseguente tempestività dell’opposizione è
corredata dal seguente quesito di diritto (formulato ai sensi
dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile

ratione temporis,

nel

vigore del D.lgs. 40/2006):
Dica la Corte, qualora sia rilevata la nullità delle notifiche
al debitore sia del pignoramento sia degli atti di
espropriazione successivi, e 11 debitore non sia stato posto in
condizione di partecipare ai singoli atti del processo di
espropriazione, se il termine di 5 giorni (ora 20) per la
proposizione dell’opposizione per il debitore decorra dalla data
di effettiva conoscenza dell’atto successivo o dalla data in cui

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Diocleziano srl in qualità di cessionaria del credito litigioso.

si assume essere stato comunicato l’atto che viene impugnato
(nella specie, l’avviso d’asta, non rinvenibile nel fascicolo

Dica altresì la Corte se la nullità della notifica dell’atto di
pignoramento, rilevata dalla parte debitrice in sede di

insanabile rilevabile d’ufficio.
Con il secondo motivo,

si denuncia

violazione di legge

violazione e falsa applicazione dell’art. 617 comma 2 c.p.c. in
relazione agli artt. 490 e 576 c.p.c. – inidoneità dell’avviso
affisso nell’albo del tribunale per 3 giorni ex art. 490 c.p.c.
da parte del cancelliere ex art. 576 c.p.c. o del notaio ai
sensi dell’art. 591 bis c.p.c. a costituire avviso idoneo per il
debitore ai fini della decorrenza del termine di 5 giorni per
l’opposizione agli atti esecutivi.
La censura è corredata dal seguente quesito:
Dica la Corte se, in assenza nel fascicolo d’ufficio di
qualsiasi altro atto che dimostri l’avvenuta pubblicità
dell’avviso d’asta e l’affissione dello stesso in tribunale,
possa considerarsi decorso il termine di 5 giorni per
l’opposizione agli atti esecutivi.
Dica altresì la Cote se la data di affissione dell’avviso d’asta
presso il tribunale competente, ai sensi dell’art. 490 c.p.c.,
ancorché tale data non sia nota né certa, possa o meno
considerarsi data utile dalla quale far decorrere il termine di

6

opposizione, debba o meno considerarsi nullità assoluta ed

5 giorni per l’opposizione agli atti esecutivi proposta dal
debitore.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente attesane la intrinseca
connessione, non possono essere accolte.
Infondata risulta la censura

di nullità delle notifiche

c.p.c., poiché i ricorrenti non hanno mai offerto, né in sede di
merito né in sede di giudizio di legittimità, alcuna concreta
prova di tale nullità, non avendo utilmente contestato

in iure

la predicata condizione di irreperibilità presso la propria
residenza, ma soltanto asserito, in guisa di mero

flatus vocis,

ed in spregio del principio di autosufficienza del ricorso, “di
risiedere altrove, come noto a controparte”, senza peraltro
offrire in questa sede alcun ulteriore utile elemento funzionale
alla auspicata declaratoria di nullità – e ciò a prescindere
dalla considerazione per cui l’omessa audizione del debitore
all’udienza per la vendita prevista dal’art. 569 c.p.c. non
costituisce comunque motivo di nullità, e non potrebbe
conseguentemente costituire motivo di doglianza dinanzi a questo
giudice, secondo il costante insegnamento della Corte
regolatrice: ex multis, Cass. 18513/2006).
Inammissibili in rito (prima ancora che infondate nel merito,
avendo il giudice dell’esecuzione correttamente richiamato,
nella specie, il principio di diritto secondo il quale la
dedotta nullità della notificazione di un atto esecutivo
comporta che il termine di 5 giorni per la relativa opposizione

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dell’atto di pignoramento esperite ai sensi dell’art. 143

decorra dalla data di notificazione/comunicazione dell’atto
successivo che necessariamente lo presupponga, id est dal giorno
di conoscenza legale -e non di mero fatto- dello stesso)
risultano le censure relative alla pretesa inidoneità
dell’avviso affisso nell’albo del tribunale e dell’avviso di

corso del giudizio di merito, non avendone il giudice
dell’esecuzione fatto cenno nella motivazione della sentenza,
senza che i ricorrenti, ancora in spregio al principio di
autosufficienza, indichino in quale fase del giudizio dinanzi al
tribunale le questioni sarebbero state tempestivamente proposte
ed illegittimamente pretermesse.
Infondata,

infine,

risulta l’ulteriore doglianza relativa

all’inidoneità dell’avviso di vendita notificato dal notaio, ex
art. 591 bis c.p.c., a far decorrere il termine di 5 giorni per
la proposizione dell’opposizione ex art. 617 c.p.c., atteso che
la notifica dell’avviso d’asta a cura del notaio genera, per il
debitore esecutato, una condizione di conoscenza legale della
pendenza della procedura esecutiva, e consente

ipso facto

il

decorso del termine di cui all’art. 617 c.p.c. per
l’impugnazione di eventuali nullità anteriori: di ciò ha dato
correttamente conto il giudice dell’esecuzione che, come si è
avuto di rilevare poc’anzi, ha ritenuto di applicare tale
principio (quello, cioè, della conoscenza legale dell’atto:
Cass. 1269/2008).

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comparizione della cancelleria, mai oggetto di dibattito nel

Con il terzo motivo,

si denuncia, ex art. 360 n. 3 c.p.c.,

violazione di legge – violazione dell’art. 143 c.p.c..
La censura è corredata dal seguente quesito:
Dica la Corte se la notifica ex art. 143 c.p.c. effettuata alla
residenza anagrafica, ma senza la precisa indicazione

agevolmente possibile individuarlo mediante il certificato di
residenza o anche sulla base di semplici ricerche in loco
trattandosi di comprensorio con più edifici, sia affetta o meno
da nullità. Dica altresì la Corte se possa considerarsi valida
la notifica ex art. 143 c.p.c. quando i creditori erano a
conoscenza del luogo di lavoro del debitore, che pure ivi è
domiciliato.
Il motivo è palesemente inammissibile, volta che, sotto le vesti
della denuncia di un vizio di violazione di legge, mira di
converso a ridiscutere circostanze di fatto (e dunque vizi
motivazionali) del tutto nuove e mai esaminate in sentenza, con
ciò patentemente esondando dai limiti del ricorso straordinario
per cassazione. Per altro verso, come si è già avuto modo di
osservare in sede di esame del primo motivo di ricorso, tutte le
circostanze oggi rappresentate a questa Corte risultano prive
del necessario requisito dell’autosufficienza, mentre decisive
risultano le argomentazioni della controricorrente Diocleziano
che, al folio 17 dell’atto di resistenza, opportunamente rileva
come la notificazione de qua ebbe esito negativo sia presso la
sede della società Asaco, facente capo al Rizza, sia presso

9

dell’edificio, del piano e dell’interno di residenza, quando era

l’indirizzo di via Savorelli

(indicato a sua volta dai

ricorrenti al folio 8 del ricorso).
Il quarto motivo,

che denuncia una pretesa violazione dell’art.

92 c.p.c., per essere state le spese legali liquidate in misura
eccessiva, poiché rapportate al valore della causa sulla base

valore reale del credito accertato in corso di esecuzione, è del
tutto inammissibile, non indicando i ricorrenti né i parametri
cui il giudice si sarebbe erroneamente attenuto in tale
liquidazione, né quelli nella specie applicabili.
Il ricorso va pertanto rigettato.
La disciplina delle spese segue – giusta il principio della
soccombenza – come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si
liquidano in complessivi E. 4200, di cui E. 200 per spese, in
favore di ciascuna delle parti costituite.
Così deciso in Roma, li 2.10.2013

IL CONSIGLIERE /ESTENSORE

r

del valore degli immobili pignorati piuttosto che al (minor)

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Si attesta la registrazione presso

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