Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4682 del 18/02/2019

Cassazione civile sez. lav., 18/02/2019, (ud. 12/12/2018, dep. 18/02/2019), n.4682

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18977/2013 proposto da:

C.P., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FILIPPO CORRIDONI 19, presso lo studio dell’avvocato EMILIA FUCILE,

rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO SCARPANTONI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI TERAMO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO

CARO 63, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO MARINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANNA MARIA MELCHIORRE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 589/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 07/05/2013, R.G.N. 1486/2012.

Fatto

RILEVATO

1. la Corte di Appello di l’Aquila ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda proposta da D.C.P. nei confronti del Comune di Teramo, volta all’accertamento del diritto all’inquadramento nei ruoli dirigenziali e alla condanna al pagamento delle differenze retributive correlate a detto inquadramento;

2. avverso questa sentenza D.C.P. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo, al quale il Comune di Teramo ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO

3. successivamente alla notifica del ricorso è stato depositato – l’atto di rinuncia al ricorso, sottoscritto in data 29 ottobre 2018 dal ricorrente e dal suo difensore, rinuncia notificata al controricorrente;

4. tale atto rivela il sopravventito difetto d’interesse del ricorrente a proseguire il processo stesso e a determinare così la cessazione della materia del contendere;

5. quanto alle spese, stante la facoltatività della condanna del rinunciante nel caso di mancata accettazione prevista dall’art. 391 c.p.c., come emendato dal D.Lgs. n. 40 c.p.c. come del 2006, si ritiene di compensarle in ragione della complessità delle questioni inerenti il ricorso e del progressivo formarsi su di esse della giurisprudenza di questa Corte;

6. del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, “lato sensu” sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica (ex multis Cass. 30813/2018, 3688/2016, 23175/2015).

PQM

La Corte:

Dichiara cessata la materia del contendere.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 12 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2019

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