Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 468 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 11/01/2017, (ud. 16/11/2016, dep.11/01/2017),  n. 468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16338-2013 proposto da:

F.M., (OMISSIS), C.M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. FERRARI 35, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMO FILIPPO MARZI, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANGELO MAIOLINO;

– ricorrenti –

contro

L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO

CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SABINA CICCOTTI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE RENZO

VILLANOVA, c.f. (OMISSIS);

– controricorrente –

C.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1025/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 30/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato Maiolino Angelo difensore dei ricorrenti che si

riporta agli atti;

udito l’Avv. Villanova Giuseppe Renzo difensore della

controricorrente che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso pere il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Il Tribunale di Bassano del Grappa – in parziale accoglimento delle domande proposte da C.L. e da L.A. nei confronti di C.M. e F.M. (proprietari di alcuni immobili in (OMISSIS) posti a confine con la proprietà attorea) – inibì ai convenuti di posteggiare veicoli in alcune aree degli attori, vietò ai convenuti medesimi di esercitare il passaggio su altre aree di pertinenza attorea e li condannò alla riduzione in pristino di una terza area.

Sul gravame proposto dai convenuti, la Corte di Appello di Venezia confermò la pronunzia di primo grado.

Proposero ricorso per cassazione i detti convenuti e questa Corte, con sentenza n. 20330 del 2007, accolse il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, cassò la pronuncia impugnata e rinviò ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.

2. – La Corte territoriale, pronunziando quale giudice di rinvio, rigettò l’appello e confermò la pronuncia di primo grado.

3. – Per la cassazione della sentenza del giudice di rinvio ricorrono i convenuti sulla base di sette motivi.

Resiste con controricorso L.A..

C.L., ritualmente intimato, non ha svolto attività difensiva.

Sia i ricorrenti che la resistente hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 327 c.p.c., per avere la Corte di rinvio (a p. 7 della sentenza impugnata) erroneamente ritenuto disceso il giudicato – per mancata impugnazione – sulla statuizione della sentenza di secondo grado che aveva escluso la sussistenza di servitù di passaggio sul mappale (OMISSIS) in favore del fondo dei convenuti. Deducono i ricorrenti che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la domanda di accertamento negativo della servitù proposta dagli attori sarebbe stata rimessa all’esame del giudice di rinvio, con riferimento al profilo della sentenza di appello oggetto di cassazione.

La censura non è fondata.

Invero, questa Corte, con la sentenza n. 20330 del 2007, ha annullato la sentenza di appello, con riguardo alle domande relative al mappale (OMISSIS), solo con riferimento al mancato esame della deduzione dei convenuti di essere divenuti proprietari (a titolo derivativo e a titolo di usucapione) dell’area. Esattamente, perciò, il giudice del rinvio ha contenuto la sua pronuncia entro tali limiti, ritenendo preclusa la questione relativa alla sussistenza del preteso ius in re aliena.

2. – Col secondo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c., per avere il giudice di rinvio preso in esame la contestazione degli attori circa il fatto che C.L. fosse intestatario dell’area di ingresso dell’immobile oggetto della scrittura privata dell'(OMISSIS), nonostante che tale contestazione – che essi qualificano come l’eccezione – fosse stata formulata per la prima volta in sede di rinvio.

Anche questa censura non è fondata.

I convenuti hanno resistito alle domande degli attori, affermando di essere proprietari dell’area di cui al mappale (OMISSIS), per averla acquistata con scrittura privata da C.L..

La contestazione della fondatezza di tale deduzione, cui gli attori hanno resistito, non costituisce eccezione, ma mera difesa deducibile in sede di rinvio in quanto non altera il thema decidendum, avendo proprio questo punto della decisione di appello costituito oggetto della pronuncia cassatoria di questa Corte. Peraltro, l’accertamento della sussistenza della proprietà in capo ai convenuti sulla base della detta scrittura privata, deve essere compiuto dal giudice “d’ufficio” sulla base delle acquisizioni in atti, senza che occorra eccezione di parte (cfr. in tema di rivendicazione, Sez. 2, Sentenza n. 991 del 11/03/1977, Rv. 384616; conf. Sez. 2, Sentenza n. 4704 del 19/09/1985, Rv. 442144).

3. – Col terzo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., per avere la Corte di rinvio negato valore alla scrittura privata dell'(OMISSIS), con la quale C.L. aveva disposto dell’area di cui alla particella (OMISSIS).

La censura è inammissibile, in quanto si riduce ad una censura di fatto relativa alla sussistenza del titolo di proprietà in capo a C.L., proprietà che la Corte di merito ha motivatamente negato, negando conseguentemente l’avvenuto acquisto della proprietà del mappale (OMISSIS) in capo ai convenuti.

4. – Col quarto motivo, si deduce l’omesso esame del fatto costituito dalla sentenza con la quale i convenuti, in passato, furono reintegrati nel possesso dell’area di cui al mappale (OMISSIS).

Anche questo motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto non spiega la decisività della statuizione di reintegrazione nel possesso rispetto all’accertamento di fatto compiuto dalla Corte territoriale – la cui motivazione non è oggetto di censura – secondo cui non vi è prova del possesso ultraventennale necessario ai fini dell’usucapione.

5. – Col quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1158 e 1470 c.c., per avere la Corte di rinvio rigettato l’eccezione di usucapione, pur in presenza di un valido titolo (scrittura privata dell'(OMISSIS)) che aveva fatto sorgere negli acquirenti l’animus possidendi.

La censura è infondata. Avendo infatti la Corte territoriale accertato la insussistenza del possesso necessario ai fini dell’usucapione e la mancata trascrizione di un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà, non si configura il denunciato errore di diritto.

6. – Col sesto motivo, si deduce poi la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1158 e 1470 c.c., in relazione al rigetto della eccezione di usucapione con riferimento alla servitù di parcheggio sull’area di cui ai mappali (OMISSIS).

Trattasi di motivo inammissibile, perchè mette in discussione l’accertamento di fatto secondo cui – sulla base delle testimonianze acquisite – non vi è prova dell’uso del cortile ai fini di parcheggio dal tempo preteso dai convenuti (p. 14-15 della sentenza impugnata). La Corte di rinvio ha esaminato l’eccezione di usucapione – come indicato da questa Corte – e l’ha rigettata per difetto di prova.

7. – Col settimo motivo di ricorso, si deduce infine l’omesso esame del fatto costituito dal contratto preliminare del 23.11.1982 con il quale il C. promise di vendere a C.D. un garage “con inerenti servitù attive e passive”, clausola poi ripetuta nel rogito del (OMISSIS) stipulato tra il C. e i convenuti.

Anche questo motivo è inammissibile.

Relativamente alla sussistenza della pretesa servitù di passaggio, la Corte di rinvio ha esaminato il contratto preliminare di cui sopra – come disposto da questa Corte con la pronuncia cassatoria – pervenendo alla conclusione che la clausola “con inerenti servitù attive e passive” era una mera clausola di stile, inidonea a costituire ex novo la pretesa servitù; e ha aggiunto che i convenuti non hanno mai dedotto che la servitù si è costituita per destinazione del padre di famiglia.

La censura, in altri termini, verte sulla interpretazione di atti negoziali; e l’interpretazione di atti negoziali, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità, se non nella ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 c.c. e segg., nella specie non denunciata (cfr., ex multis, Sez. L, Sentenza n. 17168 del 09/10/2012, Rv. 624346; Sez. 2, Sentenza n. 13242 del 31/05/2010, Rv. 613151).

8. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

9. – Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 4.200,00 (quattromiladuecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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