Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4676 del 10/03/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4676 Anno 2016
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 18218-2013 proposto da:
SPADARO GIORGIO, SPADARO SALVATORE, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA PIEMONTE 32, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE SPADA, rappresentati e difesi dall’avvocato
SEBASTIANO SALLEMI giusta procura speciale a margine del
ricorso;

– ricorrenti –

02015
contro

.2 g

MARADEI MARIA ROSA, ASSICURAZIONI GENERALI SPA,
UNIPOL SPA;

Data pubblicazione: 10/03/2016

- intimati avverso la sentenza n. 134/2013 del TRIBUNALE di MODICA,
depositata il 22/05/2013, R.G.N. 1417/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel mese di giugno dell’anno 2002 Spadaro Salvatore, in proprio e
nella qualità di genitore di Spadaro Giorgio, conveniva in giudizio,
dinanzi al Giudice di Pace di Modica, Maradei Maria Rosa e Generali
Assicurazioni S.p.a. per sentir dichiarare la prima unica responsabile
del sinistro verificatosi in data 21 febbraio 2002 tra il ciclomotore di
proprietà dell’attore e condotto dal minore Giorgio e l’auto di
proprietà e condotta dalla Maradei e condannare entrambe le
convenute, in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti in proprio
e nella qualità.
Si costituivano le convenute contestando la domanda; la Maradei
proponeva anche domanda incidentale nei confronti dell’attore e della
Unipol S.p.a., che restava contumace.
Il Giudice adito, con sentenza del 18 novembre 2004, accoglieva la
domanda e condannava le convenute, in solido tra loro, al risarcimento
dei danni che quantificava in complessivi € 4.602,14, di cui € 1.500,00
per i danni al ciclomotore, e compensava le spese.
Avverso tale decisione Spadaro Giorgio proponeva appello chiedendo
la condanna in solido della Maradei e della Generali Assicurazioni
S.p.a. al risarcimento dei danni morali da lui patiti e alle spese del
doppio grado del giudizio. Con separato atto proponeva appello anche

Ric. 2013 n. 18218
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11/12/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

Spadaro Salvatore per ottenere la condanna delle predette, in solido tra
loro, al pagamento di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei
danni al ciclomotore rispetto a quella già liquidata dal primo Giudice
nonché alle spese del doppio grado del giudizio.
Resistevano ai proposti gravami la Maradei e la Generali Assicurazioni

riuniti e si costituiva pure Unipol S.p.a., che eccepiva l’inammissibilità
della domanda proposta nei suoi confronti ai sensi degli artt. 345 e 346
c.p.c..
Il Tribunale di Modica, con sentenza del 22 maggio 2013, in parziale
riforma della sentenza impugnata, rigettava l’appello di Spadaro
Giorgio in ordine al riconoscimento del danno morale, rigettava la
domanda riconvenzionale proposta dalla Maradei, accoglieva
parzialmente la domanda proposta da Spadaro Salvatore e, per
l’effetto, condannava, in solido, la Maradei e le Assicurazioni Generali
S.p.a. al pagamento dell’ulteriore somma di € 359,24, oltre
rivalutazione monetaria e interessi, condannava le predette appellate
alla rivalutazione monetaria e agli interessi sulle somme liquidate dal
giudice del primo grado, riteneva assorbite le questioni relative
all’ammissibilità della domanda proposta nei confronti della Unipol
S.p.a., confermava la sentenza di primo grado in ordine alle spese di
lite, che compensava per intero con riferimento al secondo grado.
Avverso la sentenza del Tribunale Spadaro Salvatore e Spadaro
Giorgio hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due
motivi.
Le intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
I ricorrenti in data 4 dicembre 2015 hanno depositato atto di revoca
della nomina del precedente difensore e di nomina di nuovo
procuratore con procura speciale in calce a tale atto (non notarne).
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S.p.a. proponendo appello incidentale. I due procedimenti venivano

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Si osserva che la procura speciale conferita dai ricorrenti all’avv.
Antonio Giannone in calce alla “comparsa di costituzione del nuovo
procuratore”, “in revoca al precedente mandato conferito all’avv.
Sebastiano Sallemi” — cui è stata data rituale comunicazione della

conferita in data 28 novembre 2015 con scrittura privata autenticata
dallo stesso avv. Giannone e non con atto pubblico o con scrittura
privata autenticata ai sensi dell’art. 83, secondo comma, c.p.c., nella sua
formulazione antecedente alle modifiche introdotte dalla legge 18
giugno 2009, n. 69, art. 45, ratione temporis applicabile, giacché dette
modifiche non possono trovare applicazione nella presente
controversia, operando soltanto per i giudizi instaurati dopo l’entrata in
vigore delle legge stessa, alla stregua di quanto disposto dall’art. 58
della medesima legge n. 69/09 (v. Cass. 17 febbraio 2014, n. 3608;
Cass. 27 agosto 2014, n. 18323 e Cass. 2 dicembre 2014, n. 25505).
Pertanto, nella fattispecie all’esame, è ancora pienamente efficace la
seguente regula iuris: nel giudizio di cassazione – diversamente rispetto a
quanto avviene con riguardo ai giudizi di merito – la procura speciale
non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso
o dal controricorso, poiché l’art. 83, terzo comma, c.p.c., nell’elencare
gli atti a margine o in calce ai quali può essere apposta la procura
speciale, individua, con riferimento al giudizio di cassazione, soltanto
quelli suindicati; pertanto, se la procura non viene rilasciata su detti
atti, è necessario che il suo conferimento si realizzi nella forma prevista
dal secondo comma del citato art. 83, cioè con atto pubblico o con
scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali
del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata; a
quest’ultima conclusione deve pervenirsi anche nel caso in cui debba
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fissazione dell’udienza — é irrituale, essendo stata detta procura

sostituirsi il difensore nominato con il ricorso (o controricorso), ad es.
per intervenuto decesso o pensionamento, non rispondendo alla
disciplina del giudizio di cassazione il deposito di un atto redatto dal
nuovo difensore su cui possa essere apposta la procura speciale, o
nell’eventualità che il ricorrente (o il controricorrente) intenda

tante, Cass., sez. un., 6 luglio 2005, n. 14212; Cass., ord., 12 giugno
2006, n. 13537; Cass., 5 giugno 2007, n. 13086; Cass. 23 aprile 2009, n.
9681; v. pure Cass. 24 novembre 2010, n. 23816), evidenziandosi, in
particolare, che il potere attribuito al difensore dall’art. 83, comma
terzo, c.p.c. di certificare l’autografia della parte che gli ha rilasciato la
procura è condizionato dal conferimento della procura in calce o a
margine di uno degli atti indicati dalla norma (nella formulazione ratione
tempotis applicabile) o su di un foglio allegato all’atto che faccia corpo
con esso e che se, invece, la procura è conferita con separata scrittura
privata – come nel caso all’esame -, l’autenticazione della firma del
mandante può essere compiuta dal notaio, pubblico ufficiale
competente a certificare l’autografia delle sottoscrizioni delle scritture
private, o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato dalla legge e non
già dal difensore (Cass. 28 ottobre 1994, n. 8902; Cass. 3 aprile 1998, n.
3426; Cass. 15 marzo 2001, n. 3757).
2. Con il primo motivo, rubricato “omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.), si lamenta la contraddittorietà della
sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale di Modica ha
ritenuto di non riconoscere il danno morale subito da Spadaro Giorgio
e si evidenzia che il danno in questione “è risarcibile sempre e sol che
sia provata la colpa del conducente dell’auto, essendo sufficiente che la
vittima dimostri di aver subito lesioni personali, sussistenti e provate
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affiancare altro difensore a quello già ritualmente nominato (tra le

(come nel caso di specie)”, e che, avendo Spadaro Giorgio chiesto, con
l’atto introduttivo del giudizio, “di quantificare l’entità delle lesioni
dallo stesso patite anche sotto il profilo del danno biologico” ed
avendo detta parte, all’esito dell’attività istruttoria, nella comparsa
conclusionale di primo grado, chiesto il risarcimento dei danni,

specifico riferimento anche danno morale, contrariamente a quanto
statuito dal giudice di secondo grado, la domanda relativa a tale voce di
danno, proposta in appello, non sarebbe stata inammissibile per novità.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Ed invero questa Corte ha affermato che, nel vigore del nuovo testo
dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., introdotto dal d.l. 22 giugno
2012, n. 83, convertito con modifiche nella legge 7 agosto 2012, n. 134
— applicabile ratione temporis al caso di specie, essendo stata la sentenza
impugnata pubblicata in data 22 maggio 2013, — non è più
configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza,
atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame
di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione
tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di
contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della
sentenza ai sensi del n. 4) del medesimo art. 360 c.p.c. (Cass., ord.,
6/07/2015, n. 13928; v. pure Cass., ord., 16/07/2014, n. 16300) e va,
inoltre, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di

sufficienza” della motivazione (Cass., ord., 8/10/2014, n. 21257). E

ciò in conformità al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa
Corte, con la sentenza n. 8053 del 7/04/2014, secondo cui la già
richiamata riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., deve
essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12
delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato
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distinguendo le diverse voci di danno non patrimoniale e facendo

di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione
solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della
motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza
impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel
“contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” — nella specie
all’esame non sussistente — e nella “motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del
semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
Inoltre la doglianza così come formulata, con riferimento alla norma di
rito appena ricordata, non è idonea a censurare validamente la sentenza
nella parte in cui ha ritenuto inammissibile per novità la domanda volta
al risarcimento del danno morale.
3. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per
“violazione e falsa applicazione di norme di legge (art. 360 n. 3 c.p.c.)”,
nella parte in cui il Tribunale ha confermato la decisione del Giudice di
pace sulle spese di quel grado, anche con riferimento alle spese di c.t.u.
e ha compensato integralmente tra le parti anche le spese del secondo
grado di giudizio.
3.1. Il motivo è infondato.
Ed invero non sussiste la 1amentae violazione di legge con
riferimento all’art. 91 c.p.c., atteso che, per costante orientamento della
giurisprudenza di legittimità, la 1~ertuta violazione del precetto di cui
alla norma appena richiamata, che impone di condannare la parte
soccombente al pagamento totale delle spese giucliziali, salvi i casi di
compensazione totale o parziale delle stesse, come consentito dal
successivo art. 92 c.p.c., si configura ogni qualvolta il giudice ponga,
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Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto

anche parzialmente, le spese di lite a carico della parte risultata
totalmente vittoriosa, il che non è avvenuto nel caso all’esame (Cass. 4
giugno 2007, n. 12963).
La censura proposta non risulta fondata neppure con riferimento
all’art. 92 .c.p.c., atteso che, per quanto riguarda le spese del giudizio di

nel testo ratione temporis applicabile (prima della modifica introdotta
dall’art. 2, comma 1, lettera a), della legge 28 dicembre 2005, n. 263), la
scelta di compensare totalmente o parzialmente le spese processuali è
riservata al prudente apprezzamento del giudice sulla base di un
adeguato supporto motivazionale, che può anche desumersi dal
complesso delle considerazioni giuridiche o di fatto enunciate a
sostegno della decisione di merito o di rito (Cass., sez. un.,
30/07/2008, n. 20598; Cass., ord. 4/02/2015, n. 1997). Nel caso di
specie peraltro i “giusti motivi” della compensazione sono stati
esplicitati dal Giudice del merito che ha, al riguardo, fatto riferimento
al “ridimensionamento della pretesa attorea”, alla “particolare
ricostruzione dei fatti” e alle “oggettive difficoltà di accertamento degli
stessi”, circostanze, queste, non specificamente contestate dai
ricorrenti e che, in relazione al giudizio di secondo grado, l’operata
compensazione trova la sua motivazione nel richiamo espresso alla
parziale soccombenza reciproca (a tale ultimo riguardo si rinvia a Cass.,
ord., 23/09/2013, n. 21684; in tema di spese di c.t.u. v. Cass., ord.,
21/12/2009, n. 26920, anche in motivazione).
4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
5. Non vi é luogo a provvedere per le spese del presente giudizio di
cassazione, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa
sede.

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primo grado, con riferimento alla formulazione della predetta norma,

Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30
maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a

presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla
condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della
definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13
maggio 2014, n. 10306).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del
d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’arti, comma
17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Supr

di Cassazione, in data 11 dicembre 2015.

norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, evidenziandosi che il

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