Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4675 del 25/02/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 4675 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: DI PALMA SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso 10467-2011 proposto da:
FUCCILLO ANNA FCCNNA55P51A7834
(7BLVR56L46A512VS

PINTO

TAMBURRINO ELVIRA
RA
/
IRMA (PNTRMI57D43F839D)

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA P. LEONARDI
CATTOLICA 3, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO
FERRARA, rappresentate e difese dall’avvocato FERRARA
2012
5864

SILVIO, giusta mandato alle liti a margine del
ricorso;
– ricorrenti contro

– MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 80415740580
(

Data pubblicazione: 25/02/2013

- intimato

avverso il decreto nei procedimenti nn.ri R.G. 6991,
6993, 6995 e 6697 del 2008 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI del 10.3.2010, depositato il 22/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SALVATORE DI PALMA.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 19/09/2012 dal Consigliere Relatore Dott.

Equa riparazione

R.g. n. 10467/11 — U. P. 19 settembre 2012

Ritenuto che Irma Pinto e le altre due persone indicate in epigrafe, con ricorso del 13 aprile
2011, hanno impugnato per cassazione — deducendo un unico articolato motivo di censura, illustrato
con memoria —, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte
d’Appello di Napoli depositato in data 22 marzo 2010, con il quale la Corte d’appello,
pronunciando sul ricorso dei predetti ricorrenti — vòlto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non
patrimoniali ai sensi dell’art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89 —, in contraddittorio
con il Ministro dell’economia e delle finanze — il quale ha concluso per l’inammissibilità o per
l’infondatezza del ricorso —, ha condannato il resistente a pagare a ciascun ricorrente la somma di €
4.000,00, a titolo di equa riparazione;
che il Ministro dell’economia e delle finanze, benché ritualmente intimato, non si è costituito
né ha svolto attività difensiva;
che, in particolare, le domande di equa riparazione del danno non patrimoniale — richiesto per
l’irragionevole durata del processo presupposto nella misura di € 18.500,00 ciascuno — proposta con
distinti ricorsi del 28 novembre 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) gli odierni ricorrenti,
asseritamente titolari del diritto a differenze retributive, avevano adito il Tribunale amministrativo
regionale per Campania, con ricorso del 26 giugno 1997; b) il Tribunale adito non aveva ancora
deciso tale ricorso;
che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato — dopo aver determinato in
undici anni e cinque mesi circa la durata complessiva del processo presupposto ed in tre anni la
durata ragionevole —, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in otto anni e cinque
mesi circa, liquidando l’indennizzo di € 4.000,00, sulla base di un parametro annuo di € 500,00
circa;
che il Collegio, all’esito della odierna Camera di consiglio, ha deliberato di adottare la motivazione
semplificata.

Considerato che, con i motivi di censura, il ricorrente critica il decreto impugnato, anche sotto
il profilo dei vizi di motivazione, sostenendo che i Giudici a quibus hanno immotivatamente
liquidato l’indennizzo applicando parametri inferiori a quelli seguiti dalla Corte EDU;
che la censura è fondata;
che, in particolare, i Giudici a quibus si sono discostati dal consolidato orientamento di questa
Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui all’art. 2
della legge n. 89 del 2001, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di € 500,00 per
ciascuno degli anni di durata complessiva del processo presupposto, orientamento che, nella specie,
avrebbe condotto ad una liquidazione dell’indennizzo in misura pari ad € 6.250,00, per undici anni e
cinque mesi circa di irragionevole ritardo;
che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;
1.

Sentenza

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito,
ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.;

che, nella specie, sulla base dei criteri adottati da questa Corte e dianzi richiamati il diritto
all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui all’art. 2 della legge n. 89 del 2001, va
determinato in € 6.250,00, per ciascun ricorrente, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione
della domanda di equa riparazione e fino al saldo;
che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente
liquidate;
che a tal fine rileva, per le spese del giudizio di merito, la disciplina del D. m. (Giustizia) 8
aprile 2004, n. 127;
che in particolare, ai fini della liquidazione delle spese processuali, il processo camerale per
l’equa riparazione del diritto alla ragionevole durata del processo va considerato quale
procedimento avente natura contenziosa, né rientra tra quelli speciali di cui alla tabelle A) e B)
allegate al citato Decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127 (rispettivamente voce 50,
paragrafo 7 e voce 75, paragrafo 3), per tali dovendo intendersi, ai sensi dell’art. 11 della tariffa
allegata a detto decreto ministeriale, i procedimenti in camera di consiglio ed in genere i
procedimenti non contenziosi (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 25352 del 2008);
che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente
liquidate — sulla base delle tabelle A, paragrafo IV, e B, paragrafo I, allegate al Decreto del Ministro
della giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi — in complessivi €
1.340,00, di cui € 50,00 per esborsi, € 800,00 per diritti ed € 490,00 per onorari, oltre alle spese
generali ed agli accessori come per legge;
che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel
dispositivo;
che, a tal fine, rileva invece il D.m. (Giustizia) 20 luglio 2012, n. 140, giacché il suo art. 41
prevede che «Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle liquidazioni successive alla
sua entrata in vigore» (cioè al 23 agosto 2012, giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta
Ufficiale, come stabilito dall’art. 42 dello stesso decreto), armonizzandosi con la norma, di rango
legislativo, di cui all’art. 9, comma 3, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, secondo la quale le «tariffe
vigenti alla data di entrata in vigore del presente continuano ad applicarsi, limitatamente alla
liquidazione delle spese giudiziali, fino alla data di entrata in vigore dei decreti ministeriali di cui al
comma 2», cioè, segnatamente, del decreto del Ministero della giustizia che, nel caso di
liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, stabilisce i parametri per la determinazione del
compenso del professionista, ciò in quanto lo stesso art. 9 del citato d.l. n. 1 del 2012 ha abrogato
tutte «le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico» (comma 1), nonché «le
2

che il processo presupposto de quo ha avuto una durata complessiva di undici anni e cinque
mesi circa (dal 26 giugno 1997, data del ricorso introduttivo del processo presupposto, al 28
novembre 2008, data del deposito del ricorso per equa riparazione);

che pertanto, tenuto conto della tabella A — Avvocati, richiamata dall’art. 11 del citato D. m. n.
140 del 2012, del valore della controversia (pari ad € 6.250,00) e, quindi, dello scaglione di
riferimento fino a euro 25.000,00 per i giudizi dinanzi alla Corte di cassazione, nonché applicata (in
ragione della minima complessità della controversia, alla stregua della ponderazione richiesta
dall’art. 4 dello stesso D. m.) la diminuzione massima indicata all’interno di detto scaglione per
ciascuna fase e ridotto il compenso così risultante del 50% ai sensi dell’art. 9 del medesimo d.m. n.
140 del 2012, trattandosi di causa avente ad oggetto l’indennizzo da irragionevole durata del
processo, spetta ai ricorrenti la somma di euro 180,00 per la fase di studio, euro 112,50 per la fase
introduttiva, ed euro 213,25 per la fase decisoria e così complessivamente la somma di euro 505,75.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa
nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore di ciascun
ricorrente, della somma di € 6.250,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al
rimborso, in favore delle parti ricorrenti, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di
merito, in complessivi € 1.340,00, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da
distrarsi in favore dell’Avv. Massimo Ferraro, dichiaratosene antistatario, e, per il giudizio di
legittimità, in complessivi € 505,75, oltre agli accessori come per legge, da distrarsi in favore
dell’Avv. Silvio Ferrara, dichiaratosene antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile, il 19 settembre 2012
Il co sigliere relatore ed estensore

disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alla tariffe
di cui al comma 1» (comma 5);

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