Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4672 del 28/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 4672 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PENTA ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26193/2016 R.G. proposto da
Contino Maria Patrizia,

nata a Siculiana (AG) il 14/05/1961

(C.F.: CNTMPT61E54I7233) e residente in Roma, alla Via Trionfale
8028, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giovambattista Ferriolo
(C.F.: FRRGMB45H15E923M), Ferdinando Emilio Abbate (C.F.:
BBTFDN61S08L126L) e Ranieri Roda (C.F.: RDORNR59P20A944I) e
presso il loro studio elettivamente domiciliati, in Roma al Viale
Mazzini n. 114/B, come da procura apposta a margine del ricorso;
– ricorrenti contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore,

con sede in Roma, alla Via Arenula n. 70, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: 80224030587), presso i
cui Uffici, siti in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato;
– controricorrente-

Data pubblicazione: 28/02/2018

avverso il decreto n. 991/2015 emesso dalla CORTE D’APPELLO di
FIRENZE in data 07/04/2016 e non notificato;
udita la relazione della causa svolta all’udienza camerale del
15/12/2017 dal Consigliere Dott. Andrea Penta;
lette le conclusioni scritte rassegnate dal Procuratore Generale
Dott. Carmelo Sgroi, che ha concluso per il rinvio a pubblica

Ritenuto in fatto
Con ricorso per ingiunzione ex art. 3 della legge n. 89/2001
depositato il 27 febbraio 2015, Contino Maria Patrizia chiedeva alla
Corte d’appello di Firenze la liquidazione di un equo indennizzo per
l’eccessiva durata di un procedimento introdotto in data 25 maggio
2011 a norma della stessa legge davanti alla Corte d’appello di
Perugia e conclusosi con ordinanza depositata il 27 giugno 2014 dal
giudice dell’esecuzione di Roma, che, in difetto di pagamento
spontaneo, assegnava le somme pignorate in forza della sentenza
depositata il 7 dicembre 2012 dalla Corte di Cassazione in riforma
del decreto d’inammissibilità depositato il 20 dicembre 2014 dalla
corte territoriale.
Il magistrato designato, ravvisandone i presupposti, con decreto
del 30 luglio 2015, ingiungeva al Ministero della Giustizia il
pagamento senza dilazione della somma di C 1.000,00 a favore
della ricorrente, a titolo di equa riparazione per la lentezza del
suddetto procedimento di equa riparazione, oltre interessi e spese.
Con ricorso in opposizione ai sensi dell’art. 5 ter della legge n.
89/2001 depositato il 28 ottobre 2015, il Ministero si doleva della
decisione e chiedeva, in via preliminare, la dichiarazione
d’inammissibilità del ricorso per incompetenza territoriale dell’adita
Corte a favore della Corte di Perugia, con conseguente
annullamento dell’ingiunzione, nonché, in subordine, la
del

dichiarazione d’inammissibilità
2

ricorso

per intervenuta

udienza del ricorso.

decadenza dei ricorrenti, con conseguente annullamento del
decreto opposto, oppure, in ulteriore subordine, di dichiarare
infondato il ricorso per mancato superamento dei limiti di durata
ragionevoli o, quanto meno, ridurre l’ammontare dell’indennizzo a
misura di giustizia.
L’adita corte, con decreto del 7.4.2016, rigettava la domanda di
equa riparazione per intervenuta decadenza avuto riguardo al

incompetenza per territorio, in favore della Corte d’appello di
Perugia, rispetto alla procedura di esecuzione, il tutto sulla base,
per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:
1) l’azione esecutiva aveva avuto inizio con il precetto notificato
1’11.12.2013 (laddove la data del successivo pignoramento
eseguito non era stata documentata), a distanza, quindi, di
oltre un anno dall’ottenimento della pronuncia ricognitiva del
diritto all’equa riparazione;
2) dovendosi valutare separatamente il processo di cognizione
dalla sua appendice esecutiva ai fini dell’indennizzo da
eccessiva durata, la ricorrente era decaduta, per decorrenza
del termine semestrale previsto dalla legge, dalla facoltà di
chiedere un’equa riparazione per la durata del giudizio
presupposto conclusosi con la sentenza depositata dalla
Suprema Corte il 7.12.2012;
3) per quanto riguardava il successivo procedimento esecutivo,
iniziato con il pignoramento (dopo la notificazione del
precetto in data 11.12.2013) e terminato il 27.6.2014 con il
deposito dell’ordinanza di assegnazione delle somme
pignorate, era fondata l’eccezione di incompetenza per
Ministero,

territorio sollevata dal

essendosi il detto

procedimento svolto presso il Tribunale di Roma, con la
conseguenza che la competenza si sarebbe dovuta radicare,
ai sensi dell’art. 11 c.p.p., dinanzi alla Corte d’appello di
Perugia (anziché a quella di Firenze).
3

giudizio di cognizione presupposto e dichiarava la propria

Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione
Contino Maria Patrizia, sulla base di tre motivi. Resiste con
controricorso il Ministero della Giustizia. In prossimità dell’udienza
camerale, la ricorrente ha depositato memoria difensiva.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 2, 3 e 4 I. n. 89/2001 e 38 e 50 c.p.c..

falsa applicazione degli artt. 2 e 4 I. n. 89/2001.
2.1. Il primo motivo si rivela fondato.
La Corte d’appello di Firenze ha dichiarato la decadenza dei
ricorrenti rispetto al giudizio di cognizione presupposto e la
incompetenza per territorio con riferimento al giudizio di
esecuzione (perché svoltosi dinanzi al Tribunale di Roma), con
conseguente competenza, ex art. 11 c.p.p., in capo alla Corte
d’appello di Perugia.
La ricorrente sostiene che la corte di merito avrebbe dovuto
declinare la competenza, indicare il giudice competente e fissare il
termine di riassunzione.
In materia di equa riparazione ai sensi della legge n. 89 del 2001,
anche dopo le modifiche apportate dal d.l. n. 83 del 2012,
convertito in legge n. 134 del 2012, la competenza del giudice
adito costituisce presupposto processuale e non già requisito di
ammissibilità della domanda, sicché la corte d’appello, adita con
l’opposizione di cui all’art. 5 ter della stessa legge, ove ritenga di
non essere investita della competenza a provvedere, non può
rigettare la domanda, ma deve dichiarare la propria incompetenza
e, indicato il giudice competente, fissare il termine di riassunzione
del procedimento in applicazione dell’art. 50 c.p.c. (Sez. 6 – 2,
Sentenza n. 17380 del 01/09/2015).
Del resto, in base alla precedente formulazione dell’art. 3 I. n.
89/2001, applicabile

ratione temporis, “La domanda di equa

riparazione si propone con ricorso al presidente della corte
4

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o

d’appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi
dell’articolo 11 del codice di procedura penale a giudicare nei
procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto e’ concluso o
estinto relativamente ai gradi di merito il procedimento nel cui
ambito la violazione si assume verificata.”.

Pertanto, era

competente il giudice del luogo in cui si era concluso o estinto,
relativamente ai gradi di merito, il procedimento nel cui ambito la

All’attualità, ogni dubbio è eliminato dalla formulazione in equivoca
del primo comma dell’art. 3 (sostituito dall’articolo 55, comma 1,
lettera c, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 — conv. nella I.
07/08/2012 n. 134, G.U. 11/08/2012 n. 187 – , con riferimento ai
ricorsi depositati dall’11.9.2012), il quale stabilisce che

“La

domanda di equa riparazione si propone con ricorso al presidente
della corte d’appello del distretto in cui ha sede il giudice innanzi al
quale si e’ svolto il primo grado del processo presupposto. Si
applica l’articolo 125 del codice di procedura civile”.
Ma anche in precedenza era da escludersi che si potesse intendere
la dizione “relativamente ai gradi di merito” come comprensiva
della procedura esecutiva. Invero, ai fini dell’individuazione del
giudice territorialmente competente in ordine alla relativa
domanda, il criterio di collegamento stabilito dall’art. 11 c.p.p.,
richiamato dall’art. 3, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89,
veniva applicato con riferimento al luogo in cui aveva sede il
giudice di merito dinanzi al quale aveva avuto inizio il giudizio
presupposto, che coincideva con quello dell’ufficio ove la causa era
stata incardinata (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 24033 del 12/11/2014;
Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 9993 del 18/06/2012; Sez. U, Ordinanza
n. 6306 del 16/03/2010).
In quest’ottica, essendosi svolto il procedimento presupposto di
merito dinanzi alla Corte d’appello di Perugia, si sarebbe dovuto
radicare la competenza per intero in capo alla Corte d’appello di
Firenze.
5

violazione si assumeva verificata (art. 11 c.p.p.).

2.2. Sostiene la ricorrente che, in ogni caso (cfr. pag. 10 del
ricorso), il pignoramento sarebbe stato notificato entro il termine di
sei mesi da quando il decreto era divenuto irrevocabile, con la
conseguenza che la corte d’appello, ai fini della valutazione della
durata, avrebbe dovuto valutare unitariamente i due procedimenti
(di cognizione ed esecutivo).
Nel caso di specie, il deposito del decreto della corte d’appello

quella dell’atto di pignoramento al 17.2.2014, laddove l’ordinanza
di assegnazione emessa dal g.e. è datata 27.6.2014 ed il deposito
del ricorso per equa riparazione è avvenuto il 27.2.2015.
Orbene, essendo stato il giudizio presupposto instaurato 1’8.6.2011,
trova applicazione, in assenza di prova di notifica, il termine lungo
di 6 mesi e 46 giorni (ex art. 327 c.p.c. nella attuale formulazione,
applicabile ratione temporis; il termine di sospensione feriale di 30
giorni è, invece, applicabile solo dal 17.7.2014) dalla pubblicazione
del decreto, con la conseguenza che lo stesso (in mancanza di
ricorso per cassazione) è divenuto irrevocabile in data 4.11.2013.
Pertanto, per assicurarsi la unitarietà tra le due fasi, i ricorrenti
avrebbero dovuto iniziare la procedura esecutiva entro la data del
4.5.2014, termine, come visto, rispettato.
Invero, Sez. U, Sentenza n. 6312 del 19/03/2014, ha statuito che,
in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo,
in caso di ritardo della P.A. nel pagamento delle somme
riconosciute in forza di decreto di condanna “Pinto” definitivo,
pronunciato ai sensi dell’art. 3 della legge 24 marzo 2001, n. 89,
l’interessato, ove il versamento delle somme spettanti non sia
intervenuto entro il termine dilatorio di mesi sei (secondo quanto
indicato dalla Corte EDU, sentenza 29 marzo 2006, Cocchiarella
contro Italia) e giorni cinque (in relazione al disposto di cui all’art.
133, secondo comma, c.p.c.) dalla data in cui il provvedimento è
divenuto esecutivo, ha diritto – sia che abbia esperito azione
esecutiva per il conseguimento delle somme a lui spettanti, sia che
6

risale al 19.3.2013, la notifica dell’atto di precetto all’11.12.2013,

si sia limitato ad attendere l’adempimento spontaneo della P.A. ad un ulteriore indennizzo commisurato al ritardo nel
soddisfacimento della sua pretesa eccedente al suddetto termine,
nonché, ove intrapresa, all’intervenuta promozione dell’azione
esecutiva, che, tuttavia, può essere fatto valere esclusivamente
con ricorso diretto alla CEDU (in relazione all’art. 41 della
Convenzione EDU) e non con le forme e i termini dell’art. 2, comma

tutela del diritto all’esecuzione delle decisioni interne esecutive.
Successivamente, Sez. U, Sentenza n. 9142 del 06/05/2016 (con?.
Sez. 6 – 2, Sentenza n. 229 del 09/01/2017), ha chiarito che, ai fini
dell’equa riparazione per irragionevole durata, il procedimento di
cognizione e quello di esecuzione devono essere considerati
unitariamente o separatamente in base alla condotta di parte, allo
scopo di preservare la certezza delle situazioni giuridiche e di
evitarne l’esercizio abusivo. Pertanto, ove si sia attivata per
l’esecuzione nel termine di sei mesi dalla definizione del
procedimento di cognizione, ai sensi dell’art. 4 della I. n. 89 del
2001, la parte può esigere la valutazione unitaria dei procedimenti,
finalisticamente considerati come

unicum,

mentre, ove abbia

lasciato spirare quel termine, essa non può più far valere
l’irragionevole durata del procedimento di cognizione, essendovi
soluzione di continuità rispetto al successivo procedimento di
esecuzione. In particolare, nell’ultima pronuncia menzionata viene
in modo inequivoco affermato che: «A seconda della condotta
delle parti, il procedimento presupposto può essere considerato
unitariamente o separabile in” fasi “: se la parte lascia decorrere un
termine rilevante — che va commisurato in quello di sei mesi,
previsto dall’art. 4 della legge n. 89 del 2001- dal momento oltre il
quale un procedimento diviene irrevocabile per il diritto interno, la
stessa non può poi far valere la ingiustificata durata (anche) di quel
procedimento; se invece detta parte si attiva prima dello spirare di
quel termine, al fine di procedere all’esecuzione, allora non si forma
7

1, della legge n. 89 del 2001, la cui portata non si estende alla

la sopra indicata soluzione di continuità nel procedimento
finalisticamente considerato come un unicum e dunque può
procedersi alla valutazione unitaria dello stesso ai fini della
delibazione della sua complessiva ingiustificata durata (per
un’applicazione di tale approccio interpretativo, sia pure nella
prospettiva di un rimedio straordinario di impugnazione, quale la
revocazione nell’ambito del giudizio pensionistico innanzi alla Corte

dunque deve ritenersi che riprenda vigore la decadenza prevista
dall’art. 4 della legge, con la conseguenza della perdita del diritto di
far valere l’eventuale durata non ragionevole del procedimento di
cognizione».
2.3. Alla stregua dei rilievi che precedono, da un lato, la corte
territoriale non avrebbe potuto, al contempo, rigettare la domanda
avuto riguardo al giudizio di cognizione e dichiararsi incompetente
per territorio quanto alla procedura esecutiva; e, dall’altro lato, non
vi è stata soluzione di continuità (vale a dire, oltre il termine
semestrale consentito) tra il giudizio di cognizione e la procedura
esecutiva resasi necessaria.
3. Con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..
3.1. Il motivo resta assorbito nell’accoglimento dei precedenti due.
4. In definitiva, il ricorso è meritevole di accoglimento.
Ne consegue la cassazione del decreto impugnato, con rinvio della
causa, anche ai fini della pronuncia sulle spese del presente grado
di giudizio, ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze.
P. Q. M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbito il
terzo, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche ai fini
della pronuncia sulle spese del presente grado di giudizio, ad altra
sezione della Corte d’appello di Firenze.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile
della Corte suprema di Cassazione, il 15.12.2017.
8

dei Conti, vedi Cass., Sez. V-2 n. 25179/2015) : in tale ipotesi

Il Presidente

11,F

4 orario Giudiziark,
• NERI

DEPOSITATO IN

Roma,

CANCELLERIA

28 FEB. 2018

Dott. \Stefano P titti

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