Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4672 del 23/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 23/02/2017, (ud. 07/07/2016, dep.23/02/2017),  n. 4672

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4562/2012 proposto da:

C.D., deceduto nelle more del processo c.f. (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE 155, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMILIANO CATALDO, rappresentato e difeso

dagli avvocati DAVID BACECCI, GIANLUCA DE FILIPPIS;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO di (OMISSIS), c.f. (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIALE ISACCO NEWTON 112, presso lo studio dell’avvocato SIMONE

ARIANO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 940/2011 del TRIBUNALE di TIVOLI, depositata

il 27/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato GIORGIO BASEI, con delega dell’Avvocato DAVID

BACECCI difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del

ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per l’inammissibilità e comunque per

l’infondatezza del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1) Il tribunale di Tivoli in data 27 giugno 2011 ha condannato l’odierno ricorrente C. al pagamento di 429,59 Euro in favore del condominio (OMISSIS), somma portata da un decreto ingiuntivo relativo a spese per lavori ai muri perimetrali delle scale.

Ha così accolto l’appello avverso la sentenza del locale giudice di pace, il quale nel 2008 aveva revocato l’ingiunzione.

Ha rilevato che il giudice di pace non aveva preso in considerazione il “Delib. Assembleare” 11 aprile 2016. Ha osservato che la mancata impugnazione di tale Delib. era “nei termini ordinariamente concessi” aveva determinato la giustificazione “del titolo di spesa”, superando “ogni questione”. C. ha proposto ricorso per cassazione, notificato l’8 febbraio 2012, resistito con controricorso del Condominio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) Preliminarmente va rilevato che i signori C.N. e M. e P.R. C.M., qualificatisi eredi del ricorrente, hanno depositato in giudizio, insieme alla memoria in vista dell’udienza, i mandati in carta semplice rilasciati al difensore, nonchè copia di denuncia di successione.

In proposito va rilevato che l’applicazione della disciplina di cui all’art. 110 c.p.c., non è espressamente esclusa per il processo di legittimità, nè appare incompatibile con le forme proprie dello stesso, cosicchè il soggetto che ivi intenda proseguire il procedimento, quale successore a titolo universale di una delle parti già costituite, deve allegare e documentare, tramite le produzioni consentite dall’art. 372 c.p.c., tale sua qualità, attraverso un atto che, assumendo la natura sostanziale di un intervento, sia partecipato alla controparte – per assicurarle il contraddittorio sulla sopravvenuta innovazione soggettiva consistente nella sostituzione della legittimazione della parte originaria – mediante notificazione, non essendone, invece, sufficiente il semplice deposito nella cancelleria della Corte, come per le memorie di cui all’art. 378 c.p.c., poichè l’attività illustrativa che si compie con queste ultime è priva di carattere innovativo. Ove, peraltro, la parte intimata (e poi deceduta) non abbia, nei termini, proposto e depositato il controricorso, l’erede può soltanto partecipare alla discussione orale, conferendo al difensore procura notarile, ma l’eventuale costituzione irrituale del medesimo è sanata se le controparti costituite non formulino eccezioni. (Sez. U, Sentenza n. 9692 del 22/04/2013).

Nella specie non è stata depositata procura notarile, necessaria ratione temporis (Cass. 7241/10), ma non vi è stata contestazione da parte dei resistenti.

3) Il ricorso espone nove motivi, tutti redatto con anomala tecnica redazionale, che omette una completa esposizione dei fatti di causa; della parte di sentenza sottoposta a critica con ciascuno di essi; delle ragioni di diritto e di fatto che devono essere puntualmente sorrette da indicazioni giurisprudenziali e da specifici riscontri con le risultanze documentali tempestivamente prodotte e valorizzate nelle fasi di merito.

Non a caso il procuratore generale ha chiesto in via principale la declaratoria di inammissibilità.

Tuttavia l’esame di esso consente di comprendere che i primi sei motivi ruotano intorno ad una questione: il ricorrente sostiene di aver omesso di impugnare la Delib. di approvazione della spesa, perchè essa sarebbe inesistente, in quanto il ricorrente non considera tale la Delib. 11 aprile 2006, che aveva approvato uno dei preventivi elaborati da ditte incaricate dei lavori (così il ricorso a pag. 10).

Par di capire che tale Delib. sarebbe, secondo il ricorrente, inesistente e inidonea al conseguimento del Decreto Ingiuntivo, perchè non conteneva lo stato di ripartizione delle spese.

Se cosi è (in caso contrario altra censura non è intellegibile e il ricorso è da giudicare inammissibile), il ricorso è infondato.

Va infatti ricordato che nel procedimento di opposizione a Decreto Ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative Delib. assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate (Cass. 26629/09; 3354/16; 305/16).

Inoltre è stato chiarito, da Cass. n. 19519 del 07/10/2005, che tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di oneri condominiali e la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della Delib. Assembleare posta a sostegno della ingiunzione non sussiste nemmeno rapporto di pregiudizialità necessaria tenuto conto, da un lato, che il diritto di credito del condominio alla corresponsione delle quote di spesa per il godimento delle cose e dei servizi comuni non sorge con la Delib. Assembleare che ne approva il riparto, ma inerisce alla gestione dei beni e servizi comuni, sicchè l’eventuale venir meno della Delib. per invalidità, se implica la perdita di efficacia del Decreto Ingiuntivo, non comporta anche l’insussistenza del diritto del condominio di pretendere la contribuzione alle spese per i beni e servizi comuni di fatto erogati; e considerato dall’altro, che l’eventuale contrasto tra giudicati che potrebbe, in ipotesi, verificarsi in seguito al rigetto della opposizione ed all’accoglimento della impugnativa della Delib., potrebbe essere superato in sede esecutiva, facendo valere la perdita di efficacia del decreto ingiuntivo come conseguenza della dichiarata invalidità della Delib..

Infine non è comunque motivo di revoca dell’ingiunzione la mancata approvazione del riparto, atteso che le spese dei lavori di manutenzione straordinaria delle parti comuni deliberati dall’assemblea si ripartiscono tra i condomini secondo le tabelle millesimali, ai sensi dell’art. 1123 c.c., cosicchè ricorrono le condizioni di liquidità ed esigibilità del credito, che consentono al condominio di richiederne il pagamento con procedura monitoria nei confronti del singolo condomino (Cass. 18072/2012).

4) Pertanto, poichè non risulta neppure dedotta la opposizione alla Delib. Condominiale che ha disposto la spesa, il Condominio ben poteva promuovere la pretesa in via monitoria, senza che possano assumere rilievo in questa sede nè le doglianze relative all’assenza di un preventivo riparto, nè quella di cui al settimo motivo, che contesta la natura e la tipologia dei lavori.

L’ottavo motivo è inammissibile, perchè lamenta del tutto genericamente che i lavori siano definiti di manutenzione straordinaria e nega che siano stati rispettati i criteri legali di ripartizione delle spese.

Come si è detto in premessa, il motivo non reca nè la precisa indicazione dei termini in cui le questioni erano state poste in precedenza, nè le ragioni giuridiche o di fatto che le sorreggerebbero. Nè viene spiegato come possano rilevare, a fronte della mancata impugnazione della Delib. e della mancata indicazione di quali siano i millesimi applicabili e il loro riscontro tabellare.

5) Anche il nono motivo è inammissibile per genericità. Viene infatti lamentata una liquidazione delle spese “manifestamente sproporzionata al valore della lite”, ma il ricorso non si cura di specificare quale fosse il compenso applicabile per i due diversi gradi di giudizio di merito in relazione al valore della lite (sorta nel 2008), all’attività svolta, alle tariffe allora vigenti.

E’ quindi privo dei requisiti minimi di ammissibilità. Ed infatti la parte che intende impugnare per cassazione la sentenza di merito nella parte relativa alla liquidazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato ha l’onere dell’analitica specificazione delle voci della tariffa professionale che si assumono violate e degli importi considerati, al fine di consentirne il controllo in sede di legittimità, senza bisogno di svolgere ulteriori indagini in fatto e di procedere alla diretta consultazione degli atti, giacchè l’eventuale violazione della suddetta tariffa integra un’ipotesi di “error in iudicando” e non “in procedendo” (Cass. 3561/07).

6) Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in Euro 1.000 per compenso, Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso delle spese forfettarie 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 7 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2017

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