Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4671 del 14/02/2022

Cassazione civile sez. II, 14/02/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 14/02/2022), n.4671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1715/2017 proposto da:

G.G., e G.L., rappresentate e difese dagli avv.ti

Giovanni Dies, Andrea Pizzini, e Claudio Colini;

– ricorrenti –

contro

G.S., G.A., e G.I.M.L.,

rappresentati e difesi dall’avv. Ezio Andermarcher;

– controricorrenti –

nonché

E.P., Ga.Lo., e G.F., quali eredi di

G.R.;

– intimati –

Ga.An., G.C., Ga.Lu., e

Ga.Si., quali eredi di Ga.Gi.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trento depositata il

10.6.2016;

Udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Lorenzo

Orilia.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 Nella lite sullo scioglimento della comunione tra gli eredi di g.l. (deceduto ab intestato nel (OMISSIS)), la Corte d’Appello di Trento, con sentenza del 10.6.2016, in parziale riforma delle sentenze di primo grado (la n. 116/2006 non definitiva e la n. 874/2008 definitiva emesse dal locale Tribunale) e per quanto ancora interessa in questa sede, ha negato gli interessi legali sulle somme dovute dai coeredi donatari G.S., M.L. e A., tenuti a collazione per imputazione.

La Corte territoriale, richiamando una sentenza di questa Corte (la n. 25646 del 2008), ha ritenuto fondato il terzo motivo dell’appello principale proposto dai condividenti G.S., A. e M.L. sulla erronea determinazione del valore dei beni donati dal de cuius.

Secondo la Corte territoriale, non sono dovuti gli interessi sulla somma di danaro corrispondente al valore dei beni oggetto di donazione collazionati per imputazione una volta che i coeredi non donatari abbiano prelevato, a titolo compensativo, beni di valore equivalente a quelli oggetto di donazione.

La Corte territoriale ha poi tenuto conto del debito dei coeredi che hanno goduto in via esclusiva dei cespiti ereditari.

2 Contro tale sentenza, le condividenti G.G. e L. (figlie del de cuius) ricorrono per cassazione con un unico motivo contrastato con controricorso dai fratelli G.S., A. e I.M.L..

Sono rimasti intimati gli altri condividenti e cioè gli eredi degli altri figli del de cuius G.R. e Gi., morti in corso di causa.

In prossimità dell’udienza le ricorrenti hanno depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con l’unico motivo di ricorso le condividenti G.G. e L. denunziano la violazione dell’art. 745 c.c., rimproverando alla Corte d’Appello di essere incorsa in errore di diritto per avere escluso che gli interessi legali sulle somme corrispondenti al valore delle donazioni soggette a collazione per imputazione debbano decorrere dal momento della apertura della successione. Richiamano il contenuto della norma di riferimento, l’art. 745 c.c., nonché la giurisprudenza di questa Corte e osservano che l’ingiusta sentenza della Corte d’Appello finisce per determinare una notevole disparità tra i coeredi donatari ( G.S., M.L. e A.) che si sono arricchiti sfruttando negli anni gli immobili a suo tempo ricevuti in donazione traendone i relativi frutti senza dover rendere il conto, rispetto agli eredi non donatari che invece sono tenuti a dover rendere il conto per lo sfruttamento esclusivo degli immobili da essi posseduti. Osservano le ricorrenti che non considerare tale rilevante posta nella divisione ereditaria stravolge completamente l’equilibrio e la correttezza del piano divisionale per un importo rilevante (Euro. 192,835,28, calcolati dal CTU nella sua bozza di relazione del 29.1.2014).

Il ricorso è fondato.

La questione sottoposta all’esame della Corte di Cassazione è quella della debenza degli interessi legali sulle somme di danaro conferite dal condividente donatario che abbia optato per la collazione per imputazione.

Ritiene il Collegio opportuna una ricognizione del panorama normativo e giurisprudenziale che regola l’istituto della collazione nella divisione ereditaria e, in particolare, della collazione per imputazione.

A norma dell’art. 724 c.c., comma 1, i coeredi tenuti a collazione conferiscono tutto ciò che è stato loro donato.

L’art. 725 c.c., nel disciplinare i prelevamenti, stabilisce che “se i beni donati non sono conferiti in natura, o se vi sono debiti da imputare alla quota di un erede a norma del comma 2 dell’articolo precedente, gli altri eredi prelevano dalla massa ereditaria beni in proporzione delle loro rispettive quote”.

L’art. 746 c.c., al comma 1 dispone che “la collazione di un bene immobile si fa o col rendere il bene in natura o con l’imputarne il valore alla propria porzione, a scelta di chi conferisce”.

“La collazione per imputazione si fa avuto riguardo al valore dell’immobile al tempo della aperta successione” (art. 747 c.c.)

L’art. 745, a sua volta, nel dettare la regola sul calcolo dei frutti e interessi nella collazione, così dispone:

“I frutti delle cose e gli interessi sulle somme soggette a collazione non sono dovuti che dal giorno in cui si è aperta la successione”.

Come costantemente affermato da questa Corte, la collazione per imputazione si differenzia da quella in natura per il fatto che i beni già oggetto di donazione rimangono di proprietà del medesimo donatario; sicché, ove il condividente abbia optato per la prima, la somma di denaro corrispondente al valore del bene donato, quale accertato con riferimento alla data di apertura della successione, viene sin da quel momento a far parte della massa ereditaria in sostituzione del bene donato, costituendo in tal modo “ab origine” un debito di valuta a carico del donatario, cui si applica il principio nominalistico, con la conseguenza che anche gli interessi legali vanno rapportati a tale valore e decorrono dal medesimo momento (cfr. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 9177 del 12/04/2018 Rv. 648226; Sez. 2, Sentenza n. 5659 del 20/03/2015 Rv. 634713; Sez. 2, Sentenza n. 25646 del 23/10/2008 Rv. 605509).

Sempre in giurisprudenza si è precisato che la collazione ereditaria costituisce, in entrambe le forme previste dalla legge conferimento del bene in natura oppure per imputazione – uno strumento giuridico volto alla formazione della massa ereditaria da dividere al fine di assicurare, nei reciproci rapporti tra i coeredi condividenti, equilibrio e parità di trattamento in guisa da non alterare il rapporto di valore tra le rispettive quote, da determinarsi, in relazione alla misura del diritto di ciascun condividente, sulla base della sommatoria del relictum e del donatum al momento dell’apertura della successione, sì da garantire a ciascun condividente la possibilità di conseguire una quantità di beni proporzionata alla rispettiva quota.

La differenza tra i due tipi di collazione sta nel fatto che, mentre quella in natura si realizza in un’unica operazione per la quale si determina un effettivo incremento dei beni in comunione e da dividere, quella per imputazione viene attuata in due fasi, id est dapprima con l’addebito del valore del bene donato a carico della quota spettante all’erede donatario e, poi, con il prelevamento, ex art. 725 c.c., d’una corrispondente quantità di beni da parte degli eredi non donatari, in guisa che soltanto nella collazione per imputazione e non anche in quella in natura i beni già oggetto di donazione rimangono di proprietà del coerede donatario, il quale li può trattenere in forza della pregressa donazione, versando alla massa solo l’equivalente pecuniario.

In altri termini, la collazione per imputazione costituisce, di fatto, una fictio iuris, per effetto della quale il coerede che, a seguito di donazione operata in vita dal de cuius, abbia già anticipatamente ricevuto una parte dei beni a lui altrimenti destinati solo con l’apertura della successione, ha diritto a ricevere beni ereditari in misura ridotta rispetto agli altri coeredi, tenuto conto del valore di quanto precedentemente donatogli determinato al detto momento dell’apertura della successione, senza che i beni oggetto della collazione tornino materialmente e giuridicamente a far parte della massa ereditaria, incidendo i medesimi esclusivamente nel computo aritmetico delle quote da attribuire ai singoli coeredi secondo la misura del diritto di ciascuno (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 14553 del 30/07/2004 Rv. 575113).

Dal descritto panorama normativo e giurisprudenziale discende che la somma di denaro corrispondente al valore del bene donato, quale accertato con riferimento alla data di apertura della successione viene sin da quel momento a far parte della massa ereditaria in sostituzione del bene donato e costituisce un debito di valuta con la conseguente decorrenza degli interessi dalla apertura della successione.

Nel caso di specie la Corte territoriale, nell’esaminare il terzo motivo di appello di G.S., A. e I.M.L., partendo da una corretta ricognizione del principio di diritto applicabile (cfr. pagg. 20 e ss.), se ne è poi discostata richiamando alcuni passaggi motivazionali di un precedente di questa Corte (la citata Sentenza n. 25646/2008 che, pur avendo correttamente affermato il principio di carattere generale, a ben vedere, non chiariva l’avvenuto raggiungimento dell’equilibrio tra le rispettive posizioni dei condividenti perché il credito derivante dalla differenza tra la somma corrispondente al valore del cespite donato e il valore del bene prelevato dal non donatario si ribaltava in definitiva dall’uno all’altro condividente).

Inoltre, l’aver demandato al consulente tecnico il calcolo del valore dei beni donati al momento dell’apertura della successione e l’aver disposto il prelevamento da parte dei non donatari di beni di un valore pari a quello degli immobili donati e sempre rapportato alla data di apertura della successione non era però un’operazione sufficiente ai fini di un corretto espletamento delle operazioni di collazione per imputazione, restandone fuori il doveroso calcolo degli interessi sulle somme soggette a collazione in sostituzione degli immobili (per effetto appunto della fictio iuris rappresentata dalla collazione per imputazione).

L’errore di diritto è palese e comporta inevitabilmente la cassazione della sentenza per nuovo esame sulla base dei principi esposti.

Il giudice di rinvio, che si individua nella Corte d’Appello di Trento in diversa composizione, pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata; rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Trento in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022

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