Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4670 del 25/02/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 4670 Anno 2013
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA
sul ricorso 14882-2011 proposto da:
PIRELLI & C. S.P.A.(già PIRELLI CAVI E SISTEMI S.P.A.)
00860340157, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE
GIUSEPPE MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato
PAGNOTTA NICOLA, che la rappresenta e difende
2013
91

unitamente all’avvocato ROCCO DI TORREPADULA
FRANCESCO, giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

Data pubblicazione: 25/02/2013

SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale
rappresentante pro tempore, in proprio e quale
mandatario

della

S.C.C.I.

S.P.A.

Società

di

4 Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

difesi dagli avvocati SGROI ANTONINO, D’ALOISIO CARLA,
MARITATO LELIO, giusta delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

EQUITALIA ESATRI S.P.A. – AGENTE DELLA RISCOSSIONE PER
LA PROVINCIA DI MILANO – ;
– intimata –

avverso la sentenza n. 1068/2010 della CORTE D’APPELLO

di MILANO, depositata il 22/12/2010 r.g.n. 1554/09;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

10/01/2013

dal

Consigliere

Dott.

GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato ROCCO DI TORREPADULA;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 28.9 – 22.12.2010 la Corte d’Appello di Milano, in
ordine all’opposizione proposta dalla Pirelli & C. spa avverso la

recupero delle agevolazioni contributive fruite, per il periodo
novembre 1995 – maggio 2001, in relazione agli sgravi riconosciuti
dalle leggi italiane per i contratti di formazione e lavoro e, secondo la
decisione della Commissione Europea resa in data 11.5.1999,
costituenti aiuti di stato non compatibili con il mercato comune,
accogliendo il gravame proposto dall’Inps, condannò la Società al
pagamento della somma di euro 281.446,00 a titolo di contributi,
oltre agli interessi.
A sostegno del decisum la Corte territoriale ritenne, in particolare, la
natura di sentenza non definitiva della prima delle pronunce emesse
dal Tribunale ed oggetto di gravame; l’incombenza sulla parte
beneficiaria degli sgravi della prova relativa alla loro legittimità; la
titolarità attiva dell’Inps in ordine all’obbligazione restitutoria;
l’infondatezza, sotto plurimi profili, dell’eccezione di prescrizione;
l’infondatezza dell’eccezione di decadenza.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la Pirelli & C.
spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su dieci motivi e
illustrato con memoria.
L’Inps, anche quale mandatario della SCCI spa, ha resistito con
controricorso.
L’intimata Equitalia Esatri spa non ha svolto attività difensiva.

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cartella esattoriale emessa nei suoi confronti ed avente ad oggetto il

;

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art.

418, comma 1, cpc, deducendo l’inammissibilità della domanda

avente ad oggetto la condanna della Società al pagamento,
“comunque”, delle somme “accertate come dovute in corso di
causa”.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, deducendo che erroneamente la Corte territoriale
aveva ritenuto “non definitiva” la prima delle pronunce del Tribunale,
che, viceversa, con l’annullamento del ruolo opposto, aveva definito
il giudizio.
1.1 I suddetti primi due motivi di ricorso possono essere esaminati
congiuntamente, siccome fra loro connessi.
Va anzitutto osservato che, secondo il condiviso orientamento di
questa Corte, in tema di riscossione di contributi e premi assicurativi,
il giudice dell’opposizione alla cartella esattoriale che ritenga
illegittima l’iscrizione a ruolo non può limitarsi a dichiarare tale
illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della
domanda di pagamento dell’istituto previdenziale, valendo gli stessi
principi che governano l’opposizione a decreto ingiuntivo (cfr, Cass.,
n. 14149/2012; cfr, altresì, Cass., n. 27824/2009, ove viene
affermato che, in materia di riscossione di contributi previdenziali, il
giudice dell’opposizione alla cartella esattoriale, ove accerti la
parziale insussistenza del credito, non è tenuto dichiarare

4

riconvenzionale, accolta dalla Corte territoriale, svolta dall’Inps ed

integralmente inefficace la cartella opposta, in quanto il credito
contributivo trova la sua fonte direttamente nella legge, mentre la
previsione della riscossione mediante iscrizione a ruolo concerne

formare un titolo esecutivo stragiudiziale, sulla cui legittimità formale
e sostanziale vi è pienezza di cognizione e potestà da parte del
giudice ordinario).
Avuto quindi riguardo ai principi affermati dalla giurisprudenza di
legittimità in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, deve rilevarsi
che:
– la richiesta di conferma del decreto ingiuntivo opposto, formulata
dal creditore al momento della costituzione o nel corso del giudizio di
opposizione, comprende la richiesta di condanna al pagamento del
credito, che può pertanto essere pronunziata dal giudice, anche in
difetto di esplicita domanda in tal senso, senza incorrere in vizio di
ultrapetizione (cfr, Cass., n. 10104/1996);

la richiesta in via subordinata da parte del creditore convenuto in

opposizione al decreto ingiuntivo di una somma minore di quella
originaria con l’invocazione di una diversa normativa di riferimento
ma senza mutamento della causa petendi non comporta, con
riguardo alla semplice modifica della normativa invocata, un
inammissibile mutamento della domanda originaria, né costituisce,
con riguardo alla riduzione del

petitum,

una domanda

riconvenzionale (cfr, Cass., n. 1104/1999).

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soltanto la possibilità – concessa normativamente anche ai privati – di

Tanto più dunque deve escludersi la natura di domanda
riconvenzionale alla richiesta dell’Inps che, senza neppure invocare
una diversa normativa, si sia limitata, come nella specie, a

pagamento della minor somma eventualmente accertata in corso di
causa.
Dal che discende che, avendo il Giudice di primo grado, anche alla
luce dell’intervenuta emanazione del di n. 59/2008, pronunciato
sentenza di annullamento del ruolo e di revoca della cartella, ma, al
contempo (oltre a qualificare espressamente come non definitiva la
decisione assunta), disposto con separata ordinanza per la
prosecuzione del giudizio al fine di accertare l’esatto ammontare del
debito, non poteva ritenersi esaurito il thema decidendi, essendo
stato rinviato al prosieguo appunto il riconoscimento delle somme
effettivamente dovute e, quindi, del bene oggetto di contestazione
ovvero di una sua parte (cfr, ex plunmis, Cass., n. 10328/1998).
Entrambi i motivi all’esame non possono pertanto essere accolti.
2. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, deducendo che, contrariamente a quanto ritenuto
dalla Corte territoriale, gravasse sull’Inps l’onere della prova in ordine
alla sussistenza delle condizioni oggettive e soggettive in base alle
quali la Commissione Europea aveva ritenuto che le riduzioni
contributive avessero natura ed effetti di aiuti di Stato, con
conseguente obbligo di recupero.

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richiedere, subordinatamente, la condanna dell’opponente al

;

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, deducendo, sempre in ordine agli incombenti
probatori, che:

della sentenza impugnata secondo cui l’onere probatorio
incomberebbe sul datore di lavoro per effetto di quanto sostenuto in
tal senso nella prima pronuncia del Tribunale;
– doveva ritenersi che l’Inps fosse tenuto a provare la sussistenza
delle particolari condizioni che, secondo la decisione della
Commissione dell’11.5.1999, avrebbero giustificato il recupero delle
agevolazioni;

doveva ritenersi l’inidoneità, a invertire l’onere probatorio,

dell’intervenuta riduzione del credito effettuata in corso di causa da
parte dell’Inps;

doveva ritenersi il mancato assolvimento da parte dell’Istituto

dell’onere probatorio sul medesimo gravante;
contraddittoriamente la Corte territoriale aveva ritenuto che
l’onere probatorio incombesse sul beneficiario degli aiuti trattandosi
di recupero di un debito contributivo nascente dalla legge e, al
contempo, qualificato, ai fini dell’individuazione del termine di
prescrizione, l’azione in parola come di ripetizione di indebito.
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, nonché vizio di motivazione, deducendo che
erroneamente la Corte territoriale aveva negato che nella specie
potesse fondatamente invocarsi il principio di legittimo affidamento al

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– doveva ritenersi erronea o comunque irrilevante l’affermazione

fine di opporsi alla pretesa creditoria dell’Inps, tenuto conto, in
particolare, del lunghissimo lasso di tempo intercorso tra
pubblicazione della legge sui contratti di formazione e lavoro e la

comunicazione della Commissione del 1983, di un ulteriore
avvertimento specifico; dell’inesistenza, all’epoca della concessione
degli sgravi, di una definizione vincolante della categoria dei giovani;
delle reiterate affermazioni giurisprudenziali in ordine al principio
della tutela dell’affidamento del ciittadino nella sicurezza giuridica;
della sentenza n. 190 del 1987 della Corte Costituzionale che aveva
ritenuto la legittimità della disciplina dei contratti di formazione e
lavoro; dell’essere stato lo Stato italiano unico destinatario della
decisione della Commissione; dell’inesistenza di una legislazione
nazionale disciplinate la procedura da seguire per il recupero degli
aiuti illegittimamente fruiti; dell’inesistenza di un’autorità o di un
organo cui fosse stato conferito il potere di recupero.
Con il sesto motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
disposizioni di legge per avere la Corte territoriale ritenuto la
sussistenza in capo all’Inps della titolarità attiva dell’obbligazione,
tenuto conto delle modalità di concreta fruizione dei benefici,
prevedenti che le somme conguagliate dai datori di lavoro sono
rimborsate all’Inps dallo Stato.
Con il settimo motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
disposizioni di legge per non avere la Corte territoriale dichiarato

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decisione della Commissione; della mancata pubblicazione, dopo la

l’intervenuta parziale estinzione del credito per intervenuta
prescrizione quinquennale, così come previsto dalla legge n. 335/95.
Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia la nullità della cartella

applicabilità del termine decennale di prescrizione, essendo lo Stato
italiano e non l’Inps il soggetto tenuto e legittimato al recupero e non
essendovi titolo per l’iscrizione a ruolo e per l’emissione di una
cartella esattoriale.
Con il nono motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, nazionali e comunitarie, nonché vizio di motivazione,
deducendo che erroneamente la Corte territoriale ha affermato la
non ricorrenza nella specie della regola de minimis, dovendo esser
dedotto da quanto preteso o, comunque, riconosciuto dovuto
l’importo di euro 100.000,00 per ciascun dei trienni 1995 – 1997 e
1998 – 2000 e per l’anno 2001 (valevole fino al 2003).
Con il decimo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 92,
comma 2, cpc, assumendo l’ingiustizia della decisione per avere la
Corte territoriale considerato soltanto la reciproca parziale
soccombenza nell’ambito della domanda riconvenzionale dell’Inps e
non la soccombenza totale dell’Istituto rispetto all’opposizione
introduttiva del giudizio.
3.

Per una miglior comprensione delle vicende antecedenti la

presente controversia, giova ricordare quanto segue.
Il 7 maggio 1997 le Autorità italiane notificarono alla Commissione, ai
sensi dell’art. 93, n. 3, del Trattato, un progetto di legge relativo ad

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opposta e dell’iscrizione a ruolo, anche in ipotesi di ritenuta

aiuti di Stato, che, successivamente approvato dal Parlamento,
divenne la legge n. 196/97; tale progetto di legge fu iscritto nel
registro degli aiuti notificati, sotto il numero N 338/97.

Commissione esaminò altri regimi di aiuti relativi a tale settore, cioè
le leggi nn. 863/84, 407/90, 169/91 e 451/94; queste leggi, poiché
erano già in vigore, vennero iscritte nell’elenco degli aiuti non
notificati sotto il numero NN 164/97.
Con lettera 17 agosto 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle
Comunità Europee (GU C 284, pag. 11), la Commissione informò il
Governo italiano della sua decisione di avviare il procedimento
previsto dall’art. 93, n. 2, del Trattato nei confronti degli aiuti per
l’assunzione mediante contratti formazioni e lavoro a tempo
determinato previsti dalle leggi nn. 863/84, 407/90, 169/91 e 451/94
e concessi dal novembre 1995; con la stessa lettera la Commissione
informò altresì il Governo italiano della sua decisione di dare corso al
medesimo procedimento nei confronti degli aiuti alla trasformazione
dei contratti di formazione e lavoro in contratti a tempo indeterminato
ex art. 15 legge n. 196/97.
Acquisite le osservazioni del Governo italiano e le ulteriori
precisazioni e informazioni richieste, la Commissione, al termine del
procedimento, adottò la propria decisione in data 11.5.1999,
notificata alla Repubblica italiana con nota 4 giugno 1999, n. SG(99)
D/4068.
Con la suddetta decisione la Commissione stabilì quanto segue:

Sulla base di informazioni trasmesse dalle Autorità italiane, la

”Articolo 1
1. Gli aiuti illegittimamente concessi dall’Italia, a decorrere dal
novembre 1975, per l’assunzione di lavoratori mediante i contratti di

451/94, sono compatibili con il mercato comune e con l’accordo SEE
a condizione che riguardino:
– la creazione di nuovi posti di lavoro nell’impresa beneficiaria a
favore di lavoratori che non hanno ancora trovato un impiego o che
hanno perso l’impiego precedente, nel senso definito dagli
orientamenti in materia di aiuti all’occupazione;
– l’assunzione di lavoratori che incontrano difficoltà specifiche ad
inserirsi o a reinserirsi nel mercato del lavoro. Ai fini della presente
decisione, per lavoratori che incontrano difficoltà specifiche ad
inserirsi o a reinserirsi nel mercato del lavoro s’intendono i giovani
con meno di 25 anni, i laureati fino a 29 anni compresi, i disoccupati
di lunga durata, vale a dire le persone disoccupate da almeno un
anno.
2. Gli aiuti concessi per mezzo di contratti di formazione e lavoro che
non soddisfano alle condizioni menzionate al paragrafo 1 sono
incompatibili con il mercato comune.
Articolo 2
1. Gli aiuti concessi dall’Italia in virtù dell’articolo 15 della legge n.
196/97 per la trasformazione di contratti di formazione e lavoro in
contratti a tempo indeterminato sono compatibili con il mercato
comune e con l’accordo SEE purché rispettino la condizione della

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formazione e lavoro previsti dalle leggi 863/84, 407/90, 169/91 e

creazione netta di posti di lavoro come definita dagli orientamenti
comunitari in materia di aiuti all’occupazione.
Il numero dei dipendenti delle imprese è calcolato al netto dei posti

contratti a tempo determinato o che non garantiscono una certa
stabilità dell’impiego.
2. Gli aiuti per la trasformazione di contratti di formazione e lavoro in
contratti a tempo indeterminato che non soddisfano la condizione di
cui al paragrafo 1 sono incompatibili con il mercato comune.
Articolo 3
L’Italia prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i
beneficiari gli aiuti che non soddisfano alle condizioni di cui agli
articoli 1 e 2 già illegittimamente concessi. Il recupero ha luogo
conformemente alle procedure di diritto interno. Le somme da
recuperare producono interessi dalla data in cui sono state messe a
disposizione dei beneficiari fino a quella de/loro recupero effettivo.
Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso di riferimento
utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nel quadro degli
aiuti a finalità regionale.
Articolo 4
Entro due mesi a decorrere dalla data di notificazione della presente
decisione, l’Italia informa la Commissione delle misure adottate per
conformarvisi.
Articolo 5
La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione”.

che beneficiano della trasformazione e dei posti creati per mezzo di

Con sentenza del 7.3.2002 in causa C-310199, la Corte di Giustizia
CE ha respinto il ricorso della Repubblica italiana, depositato il
13.8.1999, diretto a far annullare la decisione della Commissione 11

dall’Italia per interventi a favore dell’occupazione, e, in subordine, a
far annullare tale decisione nella misura in cui prevede il recupero
delle somme che costituiscono un aiuto incompatibile con il mercato
comune.
Con sentenza del 1°.4.2004, in causa C-99/02, la Corte di Giustizia
CE, sul presupposto che “la Commissione aveva fissato un termine
di due mesi a decorrere dalla data di notifica di detta decisione”
(punto 24) e che “…allo scadere di tale termine, il governo italiano
non aveva adottato le misure necessarie per recuperare gli aiuti in
questione” (punto 25), ha statuito che “la Repubblica italiana, non
avendo adottato entro i termini prescritti tutte le misure necessarie
per recuperare presso i beneficiari gli aiuti che, ai sensi della
decisione della Commissione 11 maggio 1999, 2000/128/CE, relativa
al regime di aiuti concessi dall’Italia per interventi a favore
dell’occupazione, sono stati giudicati illegittimi ed incompatibili con il
mercato comune, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai
sensi degli artt. 3 e 4 della detta decisione”.
4.

La Corte territoriale ha escluso, nei termini già indicati nello

storico di lite, la fondatezza dell’eccezione di prescrizione e, al
riguardo, è stato formulati il settimo motivo di ricorso.

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maggio 1999, 2000/128/CE, relativa al regime di aiuti concessi

4.1 L’Inps ha fatto riferimento all’art. 15 del regolamento (CE) n.
659/1999 il quale, sotto il titolo “Periodo limite”, prevede che:
“1. I poteri della Commissione per quanto riguarda il recupero degli

2.

Il periodo limite inizia il giorno in cui l’aiuto illegittimo viene

concesso al beneficiario come aiuto individuale o come aiuto
rientrante in un regime di aiuti. Qualsiasi azione intrapresa dalla
Commissione o da uno Stato membro, che agisca su richiesta della
Commissione, nei confronti dell’aiuto illegittimo interrompe il periodo
limite. Ogni interruzione fa ripartire il periodo da zero. Il periodo limite
viene sospeso per il tempo in cui la decisione della Commissione è
oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia delle
Comunità europee.
3.

Ogni aiuto per il quale è scaduto il periodo limite è considerato

un aiuto esistente”.
L’Istituto ha fatto altresì richiamo della sentenza del Tribunale CE del
10.4.2003 in causa T-369/00, laddove si afferma (prg. 83) che
“Riguardo all’argomento della Scott [trattasi della parte privata
beneficiaria dell’aiuto] secondo il quale le misure adottate dalla
Commissione tra il gennaio e l’agosto del 1997 non potevano avere
l’effetto d’interrompere il termine di prescrizione in applicazione
dell’art. 15 del regolamento n. 659/1999, per il motivo che essa non
aveva all’epoca conoscenza di tali misure, si deve osservare che
l’art. 15 ha introdotto un termine di prescrizione unico per il recupero

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aiuti sono soggetti ad un periodo limite di 10 anni.

di un aiuto che si applica allo stesso modo allo Stato membro
interessato, al beneficiario dell’aiuto e ai terzi”.

Il successivo prg 85 precisa peraltro che “…il solo fatto che la Scott

Commissione alle autorità francesi a partire dal 17 gennaio 1997 non
ha come conseguenza di privare le stesse di efficacia giuridica nel
confronti della Scott. Pertanto la lettera 17 gennaio 1997, inviata
dalla Commissione prima dell’avvio del procedimento amministrativo,
con la quale erano richieste informazioni complementari alle autorità
francesi, costituisce, in applicazione dell’art. 15 del regolamento n.
659/1999, una misura che interrompe il termine di prescrizione
decennale, che nel caso di specie è iniziato a decorrere il 31 agosto
1987, prima della sua scadenza, anche se il ricorrente e la Scott
ignoravano all’epoca l’esistenza di una tale corrispondenza”.

Il suddetto riferimento non appare tuttavia decisivo, poiché, come del
resto evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 125
del 22.4.2009:

il precedente art. 14 del medesimo Regolamento, sotto il titolo

“Recupero degli aiuti”, si riferisce alle iniziative della Commissione e,

al terzo comma, dispone che “…il recupero va effettuato senza
indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato
membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione
immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine
e in caso di procedimento dinanzi ai Tribunali nazionali, gli Stati
membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei

ignorasse l’esistenza delle richieste di informazioni effettuate dalla

rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto
salvo il diritto comunitario”, cosicché deve convenirsi che il principio

secondo cui le procedure dirette al recupero dell’aiuto incompatibile

chiara;

il surricordato art. 15 è parimenti riferito ai poteri della

Commissione e, con il richiamo a “qualsiasi azione intrapresa dalla
Commissione o da uno Stato membro, che agisca su richiesta della
Commissione, nei confronti dell’aiuto illegale”, non ha inteso riferirsi

alle azioni di recupero avviate nell’ambito degli ordinamenti nazionali,
bensì alle iniziative intraprese sempre dalla medesima
Commissione, che ben può chiedere informazioni, chiarimenti,
indagini agli Stati membri per pervenire alle proprie determinazioni;
– anche la giurisprudenza comunitaria (cfr, in particolare, Corte di
Giustizia CE del 22.4.2008 in causa C-408/04), nel prendere in
esame il “Periodo limite” ed il termine di prescrizione stabilito dall’art.
15 del Regolamento n. 659/1999, ne tratta a proposito del tempo di
cui dispone la Commissione per esercitare la sua funzione di
controllo della compatibilità dell’aiuto e per la conseguente
ingiunzione di recupero allo Stato membro, come chiaramente si
evince nei paragrafi 98, 101 e 103.
4.2 Deve invece trovare applicazione la regola, più volte enunciata

dalla giurisprudenza comunitaria (cfr, ex plurimis, Corte di Giustizia
CE 21.5.1990, C-142/87; Corte di Giustizia CE 20.9.1990, C-5/89;
Corte di Giustizia CE 9.2.1999, C-343/96; Corte di Giustizia CE

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sono disciplinate dal solo diritto nazionale è espresso in forma molto

20.9.2001, C-390198; Corte di Giustizia CE 5.10.2006, C-368/04),
secondo cui il recupero dell’aiuto deve essere attuato attraverso i
mezzi e le procedure vigenti negli Stati membri, con il rispetto dei

– di equivalenza, tra quanto è previsto dal diritto comunitario e
quanto è previsto per le violazioni del diritto interno;
– di effettività del rimedio, nel senso che non deve essere reso
impossibile o eccessivamente difficoltoso l’esercizio dei diritti
garantiti dall’ordinamento comunitario.
4.3 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, sebbene da un
punto di vista funzionale gli sgravi contributivi concessi alle aziende
concretizzino una sovvenzione pubblica, da un punto di vista
giuridico lo strumento adottato è quello della riduzione dell’entità
dell’obbligazione contributiva, cosicché, laddove l’ente previdenziale
agisca per il pagamento degli importi corrispondenti agli sgravi
illegittimamente applicati, non si versa in tema di ripetizione di
indebito oggettivo, dovendosi invece accertare la sussistenza o
meno del diritto agli sgravi (cfr, Cass., n. 1756/2001); al contrario di
indebito oggettivo può parlarsi nell’ipotesi speculare – ma affatto
insussistente nel caso di specie – di mancata fruizione del beneficio
concretizzatosi nel pagamento dell’intero importo del debito
contributivo e che, come tale, dà appunto luogo ad un pagamento
indebito per la cifra corrispondente al mancato sgravio (cfr, Cass., n.
7772/1996).

17

principi:

Deve quindi escludersi che il termine di prescrizione per l’esercizio
dell’azione di recupero dell’aiuto di Stato illegittimo possa essere
ricavato nell’ambito previsionale dell’indebito oggettivo di cui all’art.

4.4 Deve tuttavia del pari escludersi che alla fattispecie all’esame sia
applicabile il termine prescrizionale quinquennale di cui all’art. 3,
commi 9 e 10, legge n. 335/95, siccome espressamente previsto per
il pagamento delle contribuzioni di previdenza e di assistenza
sociale, laddove gli aiuti di Stato costituiscono una categoria giuridica
dotata di una propria autonomia, tale da determinare, in ipotesi di
loro ritenuta contrarietà alla normativa europea, la doverosa reazione
recuperatoria da parte degli Stati membri.
Deve infatti osservarsi che, a mente dell’art. 87 (ex 92), comma 1,
del Trattato CE “…sono incompatibili con il mercato comune, nella
misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi
dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che,
favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di
falsare la concorrenza”.
L’incompatibilità può dunque riguardare qualsiasi tipo di aiuto, non
necessariamente quindi quelli costituiti da sgravi contributivi; la
conseguente azione di recupero degli aiuti incompatibili, anche in
relazione al principio di effettività del rimedio, non può dunque
ritenersi assoggettata a termini di prescrizione variabili, siccome
specificamente previsti dall’ordinamento interno per taluni tipi di
diritti, in base alla natura dell’aiuto che debba essere recuperato.

2033 cc.

Più in particolare va osservato che la diversità tra l’azione diretta al
pagamento dei contributi omessi od evasi e l’azione di recupero degli
aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune trova riscontro:
nella differenza della fonte normativa che l’impone,

rispettivamente nazionale e comunitaria;

nella differenza delle finalità, per essere la prima diretta

all’acquisizione della prowista contributiva necessaria per
l’assolvimento delle obbligazioni previdenziali e la seconda diretta al
ripristino dello status quo ante, dovendosi ritenere raggiunto tale
obiettivo quando l’aiuto in parola sia stato restituito dal beneficiario e,
per conseguenza, il medesimo resti privato del vantaggio di cui
aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti (cfr, Corte di
Giustizia CE 4.4.1995, C-348/93; Corte di Giustizia CE 4.4.1995, C350/93);

nella differenza della disciplina sostanziale, essendo previste

dalla legislazione nazionale, in ipotesi di pagamenti contributivi
omessi od evasi, conseguenze sanzionatorie specifiche, nel mentre
sugli aiuti già illegittimamente concessi sono dovuti gli interessi nei
termini stabiliti dalla stessa Commissione.
L’utilizzazione della procedura di iscrizione a ruolo e della successiva
formazione della cartella esattoriale, secondo le previsioni dell’art. 24
legge n. 46/99, discende poi dal fatto che l’attività di recupero ha ad
oggetto sgravi di natura contributiva e non incide quindi sulla
qualificazione giuridica dell’azione.

19

4.5 La diversità tra azione di recupero dello sgravio (da aiuto di Stato
illegittimo) già applicato e azione di pagamento di contribuzione non
versata impedisce dunque di ricondurre direttamente la prima delle

due fattispecie alla specifica previsione dettata, in tema di termine
prescrizionale, per la seconda, ma, al contempo, neppure facoltizza
l’applicazione analogica di quest’ultima, poiché il ricorso all’analogia
può ritenersi consentito soltanto se una controversia non può essere
decisa con precisa disposizione, in ipotesi cioè di un vuoto normativo
(cfr, ex plurimis, Cass., nn. 2404/1965; 4754/1995; 9852/2002), che,
come tale, impone il ricorso alle disposizioni che regolano casi simili
o materia analoghe; tale ipotesi è nella specie da ritenersi tuttavia
insussistente, stante l’applicabilità – in difetto, appunto, di differenti
peculiari disposizioni -, della disciplina generale di cui all’art. 2946 cc
(estinzione dei diritti per prescrizione, salvi i casi di diversa
disposizione di legge, con il decorso di dieci anni); l’inosservanza di
tale disciplina generale, oltre che non consentita dall’ordinamento
interno, comporterebbe altresì, nei suoi riflessi sull’attività di
recupero, la violazione del principio di equivalenza.
4.6 L’identicità del suddetto termine temporale con quello stabilito
dal ricordato art. 15 del regolamento (CE) n. 659/1999 (regolamento
a cui l’art. 51 della recente legge n. 234/12, in vigore dal 19.1.2013,
rimanda al fine di individuare il periodo nell’ambito del quale,
indipendentemente dalla forma di concessione dell’aiuto di Stato,
sussiste il diritto alla restituzione dell’aiuto oggetto di una decisione
di recupero) esclude in radice, in relazione alla fattispecie per cui è

20

/

causa, eventuali dubbi di compatibilità della legislazione nazionale
con la disciplina comunitaria.
La rilevata differenziazione tra l’azione diretta al pagamento dei

Stato illegittimamente concessi, esclude poi che possano ravvisarsi
dubbi di legittimità costituzionale in ordine alla corrispondente
diversa durata del termine prescrizionale, dovendosi peraltro rilevare,
anche con riferimento ai correlati diritti dei lavoratori interessati, che
la stessa disciplina di cui all’art. 3, commi 9 e 10, legge n. 335/95
non è legislativamente prevista come di esclusiva applicazione in
tema di pagamento di contributi omessi od evasi, residuando
l’ordinario termine decennale per i contributi relativi a periodi
precedenti la data di entrata in vigore della legge, in caso di atti
interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della
normativa preesistente.

4.7 II dies a quo della decorrenza della prescrizione non può essere
collocato in data anteriore a quella di notifica alla Repubblica Italiana
(4.6.1999) della decisione della Commissione dell’11.5.1999 che,
sancendo l’incompatibilità con il mercato comune – nei limiti indicati degli sgravi configuranti aiuti di Stato ha imposto l’azione diretta al
loro recupero.
Ciò premesso, tenuto conto della rilevata durata decennale del
termine di prescrizione e della data di notifica della cartella
esattoriale opposta, diviene irrilevante ai fini del decidere ogni
ulteriore valutazione in merito all’incidenza che, sul decorso del

contributi omessi o evasi e quella diretta al recupero degli aiuti di

termine, possa essere attribuita al maturare del giudicato sul ricorso
proposto dalla Repubblica Italiana avverso la decisione della
Commissione.

motivazione della sentenza impugnata nei termini anzidetti, è quindi
infondato.
5.

La Commissione ha fissato le condizioni in presenza delle quali

può ritenersi che gli sgravi contributivi per contratti di formazione
lavoro già fruiti sono da ritenersi compatibili con il mercato comune e
con l’accordo SEE.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nelle controversie
relative al recupero dei contributi non corrisposti per applicazione di
sgravi contributivi, compete al datore di lavoro opponente l’onere di
provare il possesso dei requisiti richiesti dalla legge per poter
beneficiare della detrazione (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 5137/2006;
16351/2007; 499/2009; 21898/2010, quest’ultima specificamente in
tema di benefici che trovano fondamento nell’avvenuta conclusione
di contratti di formazione e lavoro).
La circostanza che, nella specie, le condizioni legittimanti il beneficio
(e la conseguente non recuperabilità del medesimo) siano state
dettate (anche) da disposizioni comunitarie non altera i termini della
questione, spettando pur sempre al beneficiario degli sgravi
dimostrare la sussistenza delle condizioni – stabilite dalla
Commissione o da quest’ultima presupposte siccome già fissate

22

4.8 II settimo motivo di ricorso, previa parziale modifica della

dalla normativa nazionale – per poter legittimamente usufruire degli
sgravi medesimi.
Tali condizioni, oltre a quelle espressamente fissate dalla

legge nazionale e che la Commissione stessa ha come tali
considerato nell’ambito della valutazione di compatibilità con il
mercato comune; in particolare vanno perciò dedotte e provate dalla
parte beneficiaria anche quelle indicate nei seguenti punti della
decisione della Commissione:
“(13) Per beneficiare di tali agevolazioni i datori di lavoro non devono
aver proceduto a riduzioni di personale nei 12 mesi precedenti, salvo
se l’assunzione riguarda lavoratori in possesso di una qualifica
diversa. La possibilità di accedere a tali benefici è inoltre subordinata
al fatto di aver mantenuto in servizio (con un contratto a tempo
indeterminato) almeno il 60 % dei lavoratori il cui CFL è venuto a
termine nei 24 mesi precedenti.
“(71) Gli orientamenti in materia di aiuti all’occupazione precisano
che la Commissione è in linea di massima favorevole agli aiuti:
– riguardanti i disoccupati
e
– destinati alla creazione di nuovi posti di lavoro (creazione netta)
nelle PMI e nelle regioni ammissibili agli aiuti a finalità regionale
o
– volti ad incoraggiare l’assunzione di talune categorie di lavoratori
che incontrano particolari difficoltà di inserimento o di reinserimento

23

Commissione, riguardano quindi anche quelle già contemplate dalla

sul mercato de/lavoro, e ciò in tutto il territorio; in questo caso è
sufficiente che il posto di lavoro sia divenuto vacante in seguito ad
una partenza spontanea e non ad un licenziamento.

aiuti all’occupazione, che richiede che il posto occupato si sia reso
vacante in seguito ad una partenza naturale e non ad un
licenziamento, è rispettata in quanto la legislazione italiana pone
espressamente la condizione che non si sia proceduto a
licenziamenti. Di conseguenza, e conformemente a quanto precisato
negli orientamenti, per le categorie svantaggiate non occorre esigere
che vi sia creazione netta di posti di lavoro”.

L’individuazione dell’incombenza dell’onere probatorio, nei termini
testè indicati, discende dall’oggetto, nel caso specifico, dell’azione di
recupero (ossia, come detto, degli sgravi contributivi illegittimamente
fruiti) e non riguarda quindi la diversa questione inerente alla
qualificazione giuridica dell’azione stessa e al conseguente termine
prescrizionale applicabile, cosicché, al riguardo, deve escludersi la
dedotta contraddittorietà della sentenza impugnata.
La portata assorbente delle anzidette considerazioni conduce
all’inaccoglibilità del terzo e del quarto motivo di ricorso nei distinti
profili in cui si articolano.
6. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, l’obbligo
di sopprimere un aiuto incompatibile col mercato comune che una
decisione della Commissione abbia posto a carico di uno Stato
membro è inteso al ripristino dello status quo ante e tale obiettivo

24

“(88) Inoltre la condizione imposta dagli orientamenti in materia di

deve ritenersi raggiunto quando l’aiuto in parola, eventualmente
maggiorato degli interessi di mora, sia stato restituito dal beneficiario
e di conseguenza questi resti privato del vantaggio di cui aveva fruito

4.4.1995, C-348/93; Corte di Giustizia CE 4.4.1995, C-350/93);
facendo applicazioni di tali principi la Corte di Giustizia, nelle testé
ricordate pronunce, ha riconosciuto la legittimità della restituzione
degli aiuti dichiarati illegittimi rispettivamente all’IRI e all’Eni, e non
anche da parte di questi ultimi allo Stato italiano.
Nel caso di specie va quindi a fortiori riconosciuta la legittimità della
restituzione degli sgravi indebiti all’Inps, senza necessità di alcuna
specifica disposizione normativa ad hoc, essendo proprio l’Inps il
soggetto pubblico che, istituzionalmente, è deputato, salve
specifiche diverse ipotesi che qui non ricorrono (l’art. 48 della legge
n. 234/12, cit., affida alla società Equitalia Spa la riscossione degli
importi dovuti per effetto delle decisioni di recupero, a prescindere
dalla forma dell’aiuto e dal soggetto che l’ha concesso, adottate in
data successiva alla data di entrata in vigore della legge stessa), alla
riscossione della contribuzione previdenziale mediante gli strumenti
giuridici ordinariamente previsti a tal fine.
Deve quindi escludersi la fondatezza del sesto e dell’ottavo motivo di
ricorso, nonché, per quanto specificamente svolto con riferimento
alla dedotta inesistenza di un’autorità o di un organo cui sia stato
conferito il potere di recupero, del quinto.

25

sul mercato rispetto ai suoi concorrenti (cfr, Corte di Giustizia CE

7. La Commissione ha ritenuto la solo parziale legittimità degli aiuti
concessi dall’Italia per l’assunzione di lavoratori mediante i contratti
di formazione e lavoro previsti dalle leggi 863/84, 407/90, 169/91 e

Soltanto con riferimento alla legge n. 196/97 l’Italia aveva
previamente provveduto a notificare il relativo progetto alla
Commissione, ai sensi dell’art. 93, n. 3 del Trattato; la Commissione
ha quindi esaminato altri regimi di aiuti relativi a tale settore, cioè le
leggi nn. 863/84, 407/90, 169/91 e 451/94, iscritte nell’elenco degli
aiuti non notificati.
Deve inoltre considerarsi che con comunicazione pubblicata sulla
Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, la Commissione (GU
1983 C 318, pag. 3) aveva informato i potenziali beneficiari di aiuti
statali della precarietà degli aiuti che fossero stati loro
illegittimamente concessi, nel senso che essi avrebbero potuto
essere tenuti a restituirli.
7.1 La Corte di Giustizia CE ha affermato che uno Stato membro, le
cui autorità abbiano concesso un aiuto in violazione delle norme
procedurali di cui all’art. 88 CE, non può invocare il legittimo
affidamento dei beneficiari per sottrarsi all’obbligo di adottare i
provvedimenti necessari ai fini dell’esecuzione di una decisione della
Commissione con cui quest’ultima ordina la ripetizione dell’aiuto.
Ammettere tale possibilità significherebbe, infatti, privare di effetto
utile le norme di cui agli artt. 87 CE e 88 CE, in quanto le autorità
nazionali potrebbero far valere in tal modo il proprio illegittimo

26

451/94, nonché in virtù dell’articolo 15 della legge n. 196/97.

comportamento, al fine di vanificare l’efficacia delle decisioni
emanate dalla Commissione in virtù di tali disposizioni del Trattato
(Corte di Giustizia CE 7 marzo 2002, C-310/99).

sentenza del 20.9.1990, C-5189) che “Non è in contrasto con il diritto
comunitario una normativa nazionale che garantisca la tutela del
legittimo affidamento e della certezza del diritto in materia di
ripetizione di aiuti contrari al diritto comunitario.
Tuttavia, in considerazione del carattere imperativo della vigilanza
sugli aiuti statali operata dalla Commissione a norma dell’art. 93 del
Trattato, le imprese beneficiarie di un aiuto possono in linea di
principio fare legittimo affidamento sulla regolarità di un aiuto
solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della
procedura prevista da tale articolo.
Non può certamente escludersi la possibilità, per il beneficiario di un
aiuto illegittimamente concesso, di invocare circostanze eccezionali
sulle quali egli abbia potuto fondare il proprio affidamento nella
natura regolare dell’aiuto e di opporsi, conseguentemente, alla sua
ripetizione. In tale ipotesi spetta al giudice nazionale eventualmente
adito valutare, se necessario dopo aver proposto alla Corte delle
questioni pregiudiziali di interpretazione, le circostanze del caso di
specie”.
Ancora, secondo quanto affermato da Corte di Giustizia CE 20
marzo 1997, Causa C-24195 “(…) sebbene non contrasti con
l’ordinamento giuridico comunitario una legislazione nazionale che

27

Già in precedenza era stato affermato (cfr Corte di Giustizia CE, con

garantisce la tutela del legittimo affidamento e della certezza del
diritto in materia di ripetizione, tuttavia, tenuto conto del carattere
imperativo della vigilanza sugli aiuti statali operata dalla

di un aiuto possono fare legittimo affidamento, in linea di principio,
sulla regolarità dell’aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato
concesso nel rispetto della procedura prevista dal menzionato
articolo. Un operatore economico diligente, infatti, deve normalmente
essere in grado di accertarsi che tale procedura sia stata rispettata,
anche quando l’illegittimità della decisione di concessione dell’aiuto
sia imputabile allo Stato considerato in una misura tale che la sua
revoca appare contraria al principio di buona fede”.

Analogamente, secondo quanto affermato da Corte di Giustizia CE
28 gennaio 2003, C-334/99, “Per quanto riguarda le sovvenzioni già
versate al momento della loro comunicazione alla Commissione ed il
legittimo affidamento fatto valere dal governo tedesco, da un lato
occorre ricordare che, tenuto conto del carattere imperativo della
vigilanza sugli aiuti statali operata dalla Commissione ai sensi
dell’art. 88 CE, le imprese beneficiarie di un aiuto possono fare
legittimo affidamento, in linea di principio, sulla regolarità dell’aiuto
solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della
procedura prevista dal menzionato articolo. Un operatore economico
diligente, infatti, deve normalmente essere in grado di accertarsi che
tale procedura sia stata rispettata”.

28

Commissione ai sensi dell’art. 93 del Trattato, le imprese beneficiarie

Con sentenza 23.2.2006, resa nei procedimenti riuniti C-346/03 e C529/03, la Corte di Giustizia Ce ha ribadito che “Quando un aiuto è
stato versato senza previa notifica alla Commissione ed è pertanto

dell’aiuto non può riporre, a quel punto, alcun legittimo affidamento
nella regolarità della concessione dello stesso (…). Di conseguenza,
nella misura in cui la legge n. 44/88 non era stata debitamente
notificata alla Commissione, gli agricoltori sardi interessati non
potevano fare alcun affidamento sulla legittimità degli aiuti loro
concessi e l’asserita lentezza del procedimento non ha potuto far
sorgere un siffatto affidamento”.

Conforme a tale giurisprudenza della Corte di Giustizia è altresì la
decisione del Tribunale di primo grado CE 12.9.2007, nelle cause
riunite T-239/04 e T-323/04, secondo la quale “(…) tenuto conto del
carattere imperativo della vigilanza sugli aiuti statali operata dalla
Commissione ai sensi dell’art. 88 CE, le imprese beneficiarie di un
aiuto possono fare legittimo affidamento, in linea di principio, sulla
regolarità dell’aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato
concesso nel rispetto della procedura (…). Infatti, un operatore
economico diligente deve normalmente essere in grado di accertarsi
che tale procedura sia stata rispettata anche quando l’illegittimità
della decisione di concessione dell’aiuto sia imputabile allo Stato
considerato in una misura tale che la sua revoca appare contraria al
principio di buona fede”.

29

illegittimo in forza dell’art. 93, n. 3, del Trattato, il beneficiario

Risultano altresì di rilievo i principi ribaditi dalla Corte di Giustizia CE
(Grande Sezione) con la sentenza 18.7.2007, C-119/05, secondo
cui, in ordine alle competenze dei giudici nazionali in materia di aiuti

pronunciarsi sulla compatibilità di un aiuto di Stato con il mercato
comune. 52 Emerge infatti da una giurisprudenza costante che la
valutazione della compatibilità con il mercato comune di misure di
aiuto o di un regime di aiuti rientra nella competenza esclusiva della
Commissione, che opera sotto il controllo del giudice comunitario”.
7.2 Da tali principi, vincolanti per i giudici degli Stati membri,
discende che:

l’inosservanza delle norme procedurali in ordine ai provvedimenti

legislativi non notificati e la non ancora avvenuta conclusione della
procedura in ordine al progetto di legge poi divenuto legge n. 196/97
non potevano far insorgere nei beneficiari degli aiuti alcun legittimo
affidamento sulla regolarità degli aiuti medesimi;

l’eventuale non conoscenza delle conseguenze a cui poteva

condurre la valutazione negativa in sede comunitaria della legittimità
degli aiuti e, parimenti, eventuali incertezze sull’ambito degli
orientamenti comunitari in materia di aiuti all’occupazione, non
costituiscono elementi su cui potesse fondarsi il legittimo
affidamento dei beneficiari;

la mera esistenza di una o più disposizioni legislative nazionali

disciplinanti gli aiuti (poi giudicati illegittimi), costituendo il necessario
presupposto per la loro applicazione, non può essere riguardata alla

30

di Stato, “51 (…) i giudici nazionali non sono competenti a

stregua di una circostanza eccezionale tale da far insorgere un
legittimo affidamento;
– né tali circostanze eccezionali potrebbero essere ravvisate in

Costituzionale, in ordine alla conformità degli aiuti de quibus alla
normativa comunitaria, spettando alla competenza esclusiva della
Commissione, e non ai giudici nazionali, la relativa valutazione di
compatibilità con il mercato comune delle misure di aiuto.
7.3 Non ricorre peraltro nella fattispecie l’ipotesi di una decisione
adottata dalla Commissione con eccessivo ritardo, nel qual caso
secondo la sentenza della Corte di Giustizia CE 24.11.1987, C223/85, potrebbe insorgere nel beneficiario della sovvenzione un
legittimo affidamento, posto che, come detto, soltanto con
riferimento alla legge n. 196/97 l’Italia aveva previamente provveduto
a notificare il relativo progetto alla Commissione, ai sensi dell’art. 93,
n. 3 del Trattato.
7.4 11 quinto motivo di ricorso, sulla scorta delle assorbenti
considerazioni che precedono, non può dunque essere accolto.
8. La Commissione, nella comunicazione del 1996 relativa agli aiuti
de minimis (GU C 68, pag. 9), ha dichiarato che, se è vero che

qualsiasi intervento finanziario dello Stato accordato ad un’impresa
può falsare la concorrenza, non tutti gli aiuti hanno però un impatto
sensibile sugli scambi e sulla concorrenza tra gli Stati membri e che
questo vale in particolare per gli aiuti di importo limitato che, per lo
più, sono accordati alle piccole e medie imprese. Ai fini di una

31

pronunce dei giudici nazionali, ivi compresa la stessa Corte

semplificazione amministrativa e nell’interesse delle piccole e medie
imprese, la Commissione ha introdotto una regola detta de minimis,
che fissa una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, del

all’obbligo di previa notifica.
Con la suddetta comunicazione la regola de minimis è stata quindi
modificata come segue:
“- l’importo massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de
minimis è di 100 000 ECU su un periodo di tre anni a decorrere dal
momento del primo aiuto de minimis;
– tale importo comprende qualsiasi aiuto pubblico accordato quale
aiuto de minimis e non pregiudica la possibilità del beneficiario di
ottenere altri aiuti in base a regimi autorizzati dalla Commissione;
– tale importo comprende tutte le categorie di aiuti,
indipendentemente dalla loro forma e obiettivo, ad eccezione degli
aiuti all’esportazione, che sono esclusi dal beneficio della misura.
Gli aiuti pubblici da prendere in considerazione ai fini del rispetto del
massimale di 100 000 ECU sono quelli concessi dalle autorità
nazionali, regionali o locali, a prescindere dal fatto che le risorse
provengano interamente dagli Stati membri o che le misure siano
cofinanziate dalla Comunità tramite i fondi strutturali, in particolare il
Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR).
La regola de minimis, benché interessi prioritariamente le PMI, è
applicabile a prescindere dalle dimensioni delle imprese beneficiarie.
Non si applica tuttavia ai settori disciplinati dal trattato CECA, alla

Trattato può considerarsi inapplicabile e l’aiuto non più soggetto

costruzione navale, al settore dei trasporti e agli aiuti concessi per
spese relative ad attività dell’agricoltura o della pesca”.

Venne inoltre espressamente previsto che “La Commissione ha il

dovere di accertarsi che gli Stati membri non concedano alle loro
imprese aiuti incompatibili con il mercato comune. Gli Stati membri
sono tenuti a facilitare alla Commissione l’adempimento di questo
compito instaurando modalità di controllo che garantiscano che il
cumulo di diversi aiuti accordati ad uno stesso beneficiario a titolo di
aiuto de minimis non facciano salire l’importo complessivo di questo
tipo di aiuti al di là de/limite di 100 000 ECU su un periodo di tre
anni. In particolare, la concessione di un aiuto de minimis o le
modalità di un regime che preveda la concessione di aiuti di questo
tipo devono comportare espressamente la condizione che qualsiasi
altro aiuto supplementare, concesso alla medesima impresa a titolo
della regola de minimis, non deve far sì che l’importo complessivo
degli aiuti de minimis di cui l’impresa beneficia ecceda il limite di 100
000 ECU su un periodo di tre annt’.

La regola de minimis è stata successivamente oggetto di modifica.
In particolare, con il Regolamento CE n. 69/2001 della Commissione
del 12 gennaio 2001 (in vigore dal ventesimo giorno successivo alla
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee e fino
al 31 dicembre 2006), è stato previsto, all’art. 2, sotto la rubrica Aiuti
de minimis, che:
“1. Si ritiene che gli aiuti non corrispondano a tutti i criteri per
l’applicazione del divieto di cui all’articolo 87, paragrafo 1, del trattato

33

/A

e che non siano pertanto soggetti all’obbligo di notifica di cui
all’articolo 88, paragrafo 3, qualora essi soddisfino le condizioni di cui
ai paragrafi 2 e 3.

medesima impresa non può superare 100 000 EUR su un periodo di
tre anni. Tale massimale si applica indipendentemente dalla forma
degli aiuti o dall’obiettivo perseguito.
3. Il massimale di cui al paragrafo 2 è espresso in termini di
sovvenzione diretta in denaro. Tutti i valori utilizzati sono al lordo di
qualsiasi imposta diretta. Quando un aiuto è concesso in forma
diversa da una sovvenzione diretta in denaro, l’importo dell’aiuto è
l’equivalente sovvenzione lordo. (…)”

Ulteriori modifiche sono state introdotte con il Regolamento (CE) n.
1998/2006 della Commissione del 15 dicembre 2006, prevedendosi,
in particolare, all’art. 2, punto 2, che “L’importo complessivo degli
aiuti “de minimis” concessi ad una medesima impresa non deve
superare i 200000 EUR nell’arco di tre esercizi finanziari. L’importo
complessivo degli aiuti “de minimis” concessi ad un’impresa attiva
nel settore del trasporto su strada non deve superare i 100000 EUR
nell’arco di tre esercizi finanziari. Tali massimali si applicano a
prescindere dalla forma dell’aiuto “de minimis” o dall’obiettivo
perseguito ed a prescindere dal fatto che l’aiuto concesso dallo Stato
membro sia finanziato interamente o parzialmente con risorse di
origine comunitaria. Il periodo viene determinato facendo riferimento
agli esercizi finanziari utilizzati dall’impresa nello Stato membro

34

2. L’importo complessivo degli aiuti de minimis accordati ad una

interessato. Qualora l’importo complessivo dell’aiuto concesso nel
quadro di una misura d’aiuto superi il suddetto massimale, tale
importo d’aiuto non può beneficiare dell’esenzione prevista dal

massimale. In tal caso, il beneficio del presente regolamento non
può essere invocato per questa misura d’aiuto né al momento della
concessione dell’aiuto né in un momento successivo”.

La Commissione, con la decisione dell’11.5.1999, ha precisato che
“(115) Le misure che rispettano la regola de minimis non rientrano
nel campo di applicazione dell’articolo 87. In applicazione di detta
regola, l’importo complessivo di tutti gli interventi effettuati a favore
delle imprese che hanno assunto lavoratori per mezzo di un contratto
di formazione e lavoro non deve superare il limite di 100000 EUR su
un periodo di tre anni. Come precisato nella comunicazione della
Commissione relativa agli aiuti de minimis, detta regola non si
applica ai settori disciplinati dal trattato CECA, alla costruzione
navale ed al settore dei trasporti, ed agli aiuti concessi per spese
inerenti ad attività dell’agricoltura o della pesca”.

8.1 Dalla ricognizione delle suddette fonti normative comunitarie
emerge con chiarezza che la regola de minimis viene a costituire
un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato,
stabilendo “una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, del
Trattato può considerarsi inapplicabile”;

ne consegue che la

sussistenza delle specifiche condizioni concretizzanti l’applicabilità
della regola de minimis costituisce elemento costitutivo del diritto a

35

presente regolamento, neppure per una parte che non superi detto

beneficiare dello sgravio contributivo e, come tale, in conformità ai
già ricordati principi in tema di onere probatorio, deve essere provato
dal soggetto beneficiario.

condizioni non basta che l’importo chiesto in recupero ed oggetto del
singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata dalla
Commissione, dovendo invece la relativa prova riguardare
l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de
minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo
aiuto de minimis, comprendendovi qualsiasi aiuto pubblico accordato
quale aiuto de minimis.
La Corte di Giustizia CE, con la sentenza del 7.3.2002, C-310/99, ha
infatti precisato (punti 94 e 95) “(…) che la regola de minimis
risponde ad esigenze di semplificazione amministrativa sia per gli
Stati membri sia per i servizi della Commissione, la quale deve poter
concentrare le sue risorse sui casi di effettiva importanza a livello
comunitario. Se, per applicare la regola de minimis, era necessario
valutare di volta in volta se gli aiuti sono compatibili o no, l’onere di
lavoro per gli Stati membri, tenuti a notificare i progetti di aiuto, e per
la Commissione, tenuta a esaminarli, non verrebbe assolutamente
ridotto.
Pertanto giustamente la Commissione, in applicazione della regola
de minimis, non ha fatto distinzione tra la parte giudicata compatibile
e la parte giudicata incompatibile del regime di aiuti di cui trattasi’.

36

8.2 Deve inoltre essere osservato che per la sussistenza di tali

Tanto meno, dunque, può ritenersi che la regola de minimis possa
essere considerata quale previsione del diritto ad una detrazione da
quanto dovuto.

correttezza della decisione assunta al riguardo dalla Corte
territoriale, cosicché deve riconoscersi l’infondatezza del nono
motivo di ricorso.
Tale motivo, per come svolto, presenta peraltro anche profili di
inammissibilità, non avendo la ricorrente specificato, in violazione del
principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, le fonti
probatorie, ritualmente acquisite, dalle quali si sarebbe dovuta
desumere l’applicabilità della regola del de minimis, tenuto conto che
tale prova, per le considerazioni sopra esposte, non poteva essere
limitata ai soli sgravi oggetto del recupero, ma doveva invece
concernere tutti gli aiuti percepiti dall’impresa nei distinti limiti
temporale.
9.

Il decimo motivo di ricorso è infondato, stante la già rilevata non

qualificabilità come domanda riconvenzionale della richiesta dell’Inps
di ottenere, subordinatamente, la condanna dell’opponente al
pagamento della minor somma eventualmente accertata in corso di
causa.
10. In definitiva il ricorso deve essere rigettato.
La complessità delle questioni trattate e la mancanza, al momento di
proposizione del ricorso, di precedenti specifici di legittimità
consigliano la compensazione delle spese fra le parti costituite.

37

8.3 In base alle suddette considerazioni deve convenirsi per la

Non è invece luogo a provvedere al riguardo quanto all’intimata
Equitalia Esatri spa, che non ha svolto attività difensiva.
P. Q. M.

nulla sulle spese quanto all’intimata Equitalia Esatri spa.
Così deciso in Roma il 10 gennaio 2013.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese fra le parti costituite;

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