Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4667 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/02/2020, (ud. 10/12/2019, dep. 21/02/2020), n.4667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4585/2012 R.G. proposto da:

I.B. rappresentato e difeso giusta delega in atti

dall’avv. Fabrizio Straccialini (PEC

fabrizio.straccialini.pec-avvocatiteramo.it) con domicilio eletto in

Roma, alla via della Conciliazione n. 44, presso l’avv. Gregorio

Equizi;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Abruzzo n. 98/3/11 depositata il 24/06/2011, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

10/12/2019 dal Consigliere Roberto Succio;

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo ha accolto l’appello dell’Amministrazione Finanziaria e in riforma della pronuncia di prime cure dichiarato pertanto legittimo l’avviso di accertamento impugnato, per IVA, IRPEF ed IRAP 2003;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per Cassazione il contribuente con atto affidato a tre motivi; l’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso;

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con atto depositato in data 25 novembre 2019 parte ricorrente ha rinunciato al ricorso;

– detta rinuncia è rituale, in quanto è in atti atto di rinuncia al ricorso, sottoscritto sia dal ricorrente personalmente, sia dal suo difensore; tale atto è debitamente stato notificato a mezzo PEC alla controparte in data 13 novembre 2019 in ossequio al disposto di cui all’art. 390 c.p.c. comma 3, comma 2; nella procura ad litem in atti fra i poteri conferiti all’avv. Straccialini vi è la facoltà di rinunciare agli atti e al giudizio sicchè è rispettato anche il requisito di cui all’art. 390 c.p.c., comma 2. Ne segue che, pur non constando l’adesione della parte resistente alla detta rinuncia, deve senz’altro dichiararsi l’estinzione del giudizio di cassazione a norma dell’art. 391 c.p.c. (Cfr. Cass. n. 11746/2018 non massimata, conf. Cass. n. 28540/2019);

– ciò in quanto, mentre in assenza dei requisiti prescritti dall’art. 390 c.p.c. l’atto di rinuncia non è idoneo a determinare l’estinzione del processo e comporta una declaratoria di inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse alla decisione (Cass. SU, 18/02/2010, n. 3876; Cass., sez. 3, 31/01/2013, n. 2259; Cass., sez. 3, 21/06/2016, n. 12743; Cass., sez. 6-5, 7/06/2018, n. 14782);

– per contro, il rispetto delle formalità previste dall’art. 390 c.p.c., è condizione sufficiente per dichiarare la estinzione, essendo inapplicabile al giudizio di legittimità la prescrizione dell’art. 306 c.p.c., comma 1, (secondo cui “il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio quando questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione”), con la conseguenza che la rinunzia al ricorso per cassazione non deve essere necessariamente accettata dalle controparti;

– la rinunzia al ricorso per cassazione, infatti, non ha carattere c.d. accettizio (che richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali) ed inoltre, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, comporta il conseguente venir meno dell’interesse a contrastare l’impugnazione; rimane comunque salva la condanna del rinunciante alle spese del giudizio (Cfr. Cass., sez. 3, 18/09/2008, n. 23840; Cass., sez. 6-1, 26/02/2015 n. 3971);

– nella specie, ritiene il Collegio che le spese del giudizio di legittimità debbano porsi a carico della ricorrente, poichè l’applicazione del principio di causalità evidenzia che il presente giudizio è stato determinato dall’iniziativa di quest’ultima e rinunciata solo in prossimità dell’udienza;

– in ultimo, quanto al contributo unificato va data continuità al principio secondo cui “in tema di impugnazioni il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di

Contributo unificato, comunque non applicabile ratione temporis, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione, in quanto tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, “lato sensu” sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica” (Cass., sez. 6-1, 12/11/2015, n. 23175; Cass., sez. 6 1, 18/07/2018, n. 19071).

P.Q.M.

la Corte dichiara estinto il giudizio; condanna la parte ricorrente a pagare alla controparte le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.100,00 oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020

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