Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4666 del 14/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 14/02/2022, (ud. 18/11/2021, dep. 14/02/2022), n.4666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25447-2020 proposto da:

L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L. MANTEGAZZA 24,

presso lo studio dell’avvocato MARCO GARDIN, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROSA FANIZZI;

– ricorrente –

contro

L.F., L.L.A., L.A., L.C.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CRESCENZIO 17/A, presso lo

studio dell’avvocato TOMMASO ARACHI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LUIGI BOLOGNINI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 567/2020 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 18/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 18/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA

GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il giudizio trae origine dalla richiesta di reintegra nel possesso di alcuni terreni e nella servitù di passaggio, proposta innanzi al Tribunale di Lecce, da L.L.A. e L.G. nei confronti di L.M..

I ricorrenti dedussero di aver esercitato il passaggio attraverso il fondo di L.M. per accedere ai terreni di loro proprietà e lamentarono che il predetto aveva costruito un muro di recinzione che aveva invaso la loro proprietà, comprendente un’area su cui veniva esercitato il passaggio con mezzi agricoli; successivamente ai ricorrenti venne impedito anche il passaggio a piedi poiché il L. dispose sassi, pedane e materiale vario.

Il Tribunale, instaurato il contraddittorio con la costituzione del convenuto, accolse la domanda.

La Corte d’appello, con sentenza del 18.6.2020 confermò la sentenza di primo grado.

La Corte di merito, qualificata la domanda come azione possessoria, accertò che il muro realizzato dal L. aveva alterato la linea di confine per come posseduta dai ricorrenti.

L’esercizio del passaggio era stato confermato dai testi escussi in giudizio e dalle risultanze della CTU, da cui emergeva l’esistenza di una strada vicinale coincidente con il percorso indicato dai ricorrenti, a nulla rilevando, in sede possessoria, l’esistenza di altro accesso conducente ai fondi degli attori.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso L.M. sulla base di motivi.

Hanno resistito con controricorso da L.L.A. e L.G..

Il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di inammissibilità del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito erroneamente valutato la credibilità dei testi indicati dai ricorrenti in sede possessoria, senza considerare le diverse e contrastanti dichiarazioni rese dagli altri testi.

Il motivo è inammissibile.

In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (da ultimo Cassazione civile sez. un., 30/09/2020, n. 20867).

Nel caso di specie, viene censurata la valutazione delle prove testimoniali da parte del giudice di merito, non consentita in sede di legittimità se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come novellato a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134.

La Corte di merito, sulla base della valutazione delle prove testimoniali, della documentazione fotografica e della CTU, qualificata la domanda come azione possessoria, ha accertato che lo spoglio era avvenuto attraverso l’edificazione del muro, che aveva alterato la linea di confine tra i fondi per come posseduta dai ricorrenti.

Anche l’esercizio del passaggio era stato confermato dai testi escussi in giudizio e dalle risultanze della CTU, da cui emergeva l’esistenza di una strada vicinale coincidente con il percorso indicato dai ricorrenti, a nulla rilevando, in sede possessoria, l’esistenza di altro accesso conducente ai fondi degli attori.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1055 c.c., degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la corte di merito accertato l’estinzione della servitù per marcata interclusione del fondo.

Il motivo è inammissibile.

Come correttamente affermato dalla Corte di merito, l’eventuale assenza di interclusione rileva in sede petitoria mentre in sede possessoria è sufficiente provare l’esercizio del possesso del bene o del passaggio, nella forma corrispondente alla proprietà o ad altro diritto reale.

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per non avere la Corte di merito considerato che la demolizione era antieconomica in considerazione dell’esiguità dello sconfinamento.

Il motivo è inammissibile.

L’azione possessoria, in vista della finalità cui è preordinata, non incontra altro limite se non quello che renderebbe inefficace la relativa tutela ovvero nell’ipotesi in cui non sia possibile conseguire la “restitutio in integrum”, ovvero quando l’oggetto che dev’essere ripristinato non è più ad esistenza (Cassazione civile sez. II, 28/04/1986, n. 2935).

Non assume, pertanto rilevanza l’antieconomicità dell’intervento mediante il quale i ricorrenti vanno reintegrati nel possesso.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile in quanto il provvedimento impugnato è conforme alla giurisprudenza di questa Corte (Cassazione civile sez. un., 21/03/2017, n. 7155).

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, il 18 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022

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