Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4662 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/02/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 21/02/2020), n.4662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina M. – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filipp – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO di NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. ARMONE Maria G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28808/2013 R.G. proposto da:

A.M. SPA IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA (C.F.

(OMISSIS)), in persona dei Commissari Straordinari pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. PUOTI GIOVANNI e dall’Avv.

LOMONACO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato presso lo studio del

Primo in Roma, Via Panama n. 68;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle

Marche n. 57/2/13, depositata il 23 settembre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre

2019 dal Consigliere D’Aquino Filippo.

Fatto

RILEVATO

Che:

La contribuente ha impugnato un avviso di accertamento relativo a IVA per l’anno di imposta 2002, con il quale è stato contestato alla società contribuente il regime di non imponibilità IVA connesso alla emissione di fatture per cessioni intracomunitarie D.L. 30 agosto 1993, n. 331, ex art. 41, quale effetto della indicazione nelle fatture di cessionari che presentavano codici identificativi cessati in epoca precedente le cessioni in oggetto;

che la CTP di Ancona ha accolto il ricorso e la CTR delle Marche, con sentenza in data 23 settembre 2012, ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo che non vi sia prova dell’assolvimento dell’IVA nei Paesi di destinazione, non costituendo la registrazione delle fatture prova dell’assolvimento dell’imposta;

che propone ricorso per cassazione parte contribuente affidato a tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria; resiste con controricorso l’Ufficio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, artt. 41,46 e 50; deduce parte ricorrente come per beneficiare del regime di tassazione nel Paese dell’Unione di destinazione il cedente debba dimostrare la sussistenza dei requisiti sostanziali, consistenti nella prova che la cessione è stata effettuata a titolo oneroso, che il cessionario sia soggetto passivo IVA e che i beni siano fisicamente trasportati nel territorio dello Stato del cessionario, circostanze che non sarebbero oggetto di contestazione tra le parti e che, in ogni caso, sarebbero state provate nel corso del giudizio di merito; deduce, pertanto, che l’errata indicazione dei codici identificativi non possa incidere sul re me di non imponibilità ai fini IVA;

che con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 41 e dell’art. 23 Cost., nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso il regime di non imponibilità per il fatto che non sia stata data prova dell’assolvimento del pagamento dell’IVA nel Paese di destinazione; deduce parte ricorrente come tale circostanza sia estranea ai fatti costitutivi del regime delle cessioni intracomunitarie; deduce, da tale circostanza in diritto, la violazione del principio costituzionale di cui all’art. 23 Cost., avendo il giudice di appello introdotto un ulteriore elemento costitutivo del beneficio del regime IVA intracomunitario non previsto dalla legge;

che con il terzo motivo si deduce omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio a termini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto non provata la circostanza che l’IVA sia stata assolta nel Paese di destinazione;

che il primo motivo è fondato, posto che – secondo una giurisprudenza costante della Corte di Giustizia e stante il rispetto del principio di neutralità – ai fini dell’applicazione della non imponibilità di una cessione per esportazione a IVA in relazione a beni che abbandonino il territorio dello Stato, occorre che il potere di disporre di tale bene come proprietario sia trasmesso all’acquirente e che il fornitore provi che detto bene sia stato spedito o trasportato al di fuori del luogo di imposizione (Corte di Giustizia UE, 19 dicembre 2013, BDV Hungary Trading, C-563/12, punto 24; Corte di Giustizia UE, 28 marzo 2019, Ving, C-275/18, punto 24), non assumendo alcun rilievo ai fini della qualificazione di cessione di beni il fatto che l’acquirente sia identificato (Corte di Giustizia UE, Unitel, C-653/18, punto 25);

che, parimenti, in ossequio al principio di proporzionalità, si afferma che una misura nazionale eccede quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta nel caso in cui subordini essenz lmente il diritto all’esenzione dall’IVA al rispetto di obblighi formali, senza che siano presi in considerazione i requisiti sostanziali e, in particolare, senza porsi la questione se questi ultimi siano stati soddisfatti, dovendo le operazioni essere tassate prendendo in considerazione le loro caratteristiche oggettive (Corte di Giustizia UE, Unipel, cit., punto 27; Corte di Giustizia UE, Ving, cit., punto 29; Corte di Giustizia UE, 8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17, punto 38);

che, in termini analoghi, qualora i requisiti sostanziali risultino soddisfatti, il medesimo principio di neutralità proprio dell’IVA esige che l’esenzione dall’imposizione IVA (recte la non imponibilità) sia concessa anche se determinati requisiti formali siano stati omessi da parte dei soggetti passivi di imposta (Corte di Giustizia UE, Unipel, cit., punto 28), Corte di Giustizia UE, Cartrans Spedition, cit., punto 39), salvo che la violazione di un requisito formale abbia come effetto riflesso quello di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali (Corte di Giustizia, Unipel, punto 30; Corte di Giustizia UE, Corte di Giustizia UE, Ving, cit., punto 35; Cartrans Spedition, cit., punto 42);

che, pertanto, malgrado l’importanza del ruolo rivestito dal numero di identificazione IVA dei cessionari, il requisito, imposto dal diritto nazionale al fornitore, di comunicare il numero di identificazione IVA dell’acquirente dei beni ceduti, costituisce requisito puramente formale, il cui mancato rispetto non può, indipendentemente dall’inosservanza delle condizioni sostanziali della cessione intracomunitaria, mettere in discussione il diritto del fornitore a ottenere l’esenzione dall’IVA per tale operazione (Corte di Giustizia UE, 9 febbraio 2017, Euro Tyre, C.21/16, punto 32; Corte di Giustizia UE, 20 ottobre 2016, Plitickl, C-24/15, punto 40; Corte di del 6 settembre 2012, Mecsek Gabona, C-273/11, punti 59 – 63);

che, parallelamente, anche la giurisprudenza di questa Corte ritiene – ai fini del riconoscimento della non imponibilità ai fini IVA delle ssioni intracomunitarie – che la procedura di attribuzione del codice identificativo del cessionario, pur rimanendo centrale ai fini della sussumibilità dell’operazione nell’ambito di quelle regolate dal D.L. n. 331 del 1993,artt. 41 e 50, non può determinare, ove mancante, il venir meno della possibilità di inquadrare la cessione nell’ambito di quelle intracomunitarie, allorchè l’operatore provi in modo rigoroso tutti i requisiti sostanziali della normativa di settore, sulla base di elementi prodotti nel corso del procedimento (Cass., Sez. VI, 29 luglio 2014, n. 17254); con la conseguenza che la mera omessa o errata comunicazione da parte del soggetto passivo del codice identificativo costituisce violazione meramente formale, la quale non incide sul regime di esenzione previsto per gli scambi tra operatori comunitari, ove non venga contestata in capo al destinatario la qualità di soggetto d’imposta nello Stato d’appartenenza, nè sussistano seri indizi che lascino supporre l’esistenza di una frode (Cass., Sez. V, 15 ottobre 2018, n. 25651);

che non può, pertanto, considerarsi dirimente l’erronea indicazione dei codici di identificazione in quanto tale, in quanto non circostanza insufficiente di per sè a comprovare l’insussistenza dei requisiti sostanziali ai fini dell’esenzione del regime impositivo IVA;

che anche il secondo motivo è fondato, perchè la giurisprudenza della Corte di Giustizia configura sussistente l’esenzione dal regime impositivo IVA allorchè risultino soddisfatte tre condizioni, ossia che il potere di disporre di tale bene come proprietario sia stato trasmesso all’acquirente, che il fornitore provi che tale bene sia stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che in seguito a tale spedizione o trasporto il medesimo bene abbia lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione (Corte di Giustizia UE, 26 luglio 2017, Toridas, C-386/16, punto 30; Corte di Giustizia UE, 9 ottobre 2014, Traum, C-492/13, punto 24; Corte di Giustizia UE, 27 settembre 2007, Teleos, C-409/04, punto 42);

che tra tali condizioni, elencate nell’art. 138, paragrafo 1, della direttiva IVA 2006/112/CE, non si rinviene l’assolvimento del pagamento da parte del cessionario;

che va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto:

“l’omessa o errata indicazione dei codici di identificazione del cessionario e l’omessa prova del pagamento da parte del cedente dell’imposta nel Paae di destinazione da parte del cessionario non costituiscono circostanze ostative al riconoscimento del regime di esenzione IVA di cui all’art. 41 D.L. 30 agosto 1993, n. 331”;

che la Corte del merito non si è attenuta a tale principio per cui va cassata;

che il terzo motivo va, pertanto, considerato assorbito;

che il ricorso va, pertanto, accolto in relazione ai primi due motivi, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio alla CTR delle Marche, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR delle Marche, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020

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