Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4659 del 28/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 4659 Anno 2018
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: SABATO RAFFAELE

ORDINANZA
sul ricorso 17475-2014 proposto da:
RIZZO GUIDO PIERANGELO, elettivamente domiciliato in
ROMA,

PIAZZA DEL POPOLO 18,

presso lo studio

dell’avvocato MARIA ELENA RIBALDONE, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato VALERIO
GIUSEPPE FERRARI;
– ricorrente contro
2017
3130

VACCA TEODORA in persona del proprio procuratore
generale CONTI VALERIO, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CICERONE 28, presso lo studio dell’avvocato
IGNAZIO SILLITTI,

che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAOLO PONZIO;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 28/02/2018

avverso la sentenza n. 116/2014 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 20/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 30/11/2017 dal Consigliere RAFFAELE
_72

SABATO.

30.11.2017 n. 9 17475-14

Rilevato che:

1. Con sentenza depositata il 15.7.2011 il tribunale di Acqui Terme,

Guido Pierangelo Rizzo qualificata come di annullamento ex art. 624
cod. civ. del testamento olografo di Pasqualina Filomena Teresa
Rizzo, ha accolto la domanda stessa.
2. Adìta da Guido Pierangelo Rizzo, la corte d’appello di Torino con
sentenza depositata il 20/1/2014 ha rigettato l’impugnazione,
considerando – per quanto ancora rileva – che le censure svolte con
l’atto d’appello non fossero idonee a dimostrare l’erroneità della
sentenza del tribunale con cui era stata ritenuta la captazione, in
quanto:
– era significativa la testimonianza del maresciallo Botto cui la
testatrice aveva riferito che Guido Rizzo era adirato con lei e l’aveva
“scrollata” alle spalle per farle cambiare disposizioni di ultima volontà,
ricordo questo del quale non vi era ragione di dubitare; il mancato
riferimento di aver paura del cugino era bilanciato dal fatto che il
maresciallo aveva riferito essersi Guido Rizzo più volte recato dalla
testatrice per farle cambiare testamento;
– i precedenti due testamenti erano in favore della signora Vacca e
non del signor Rizzo;
– non erano risolutive le deduzioni svolte circa i mancati riferimenti
agli episodi da parte dell’appuntato Ferraro e le deposizioni dei signori
Bisio e Varosio, mentre i testi Gualtieri e Pelka comunque avevano
fornito elementi circa il timore e la soggezione della testatrice verso il
signor Rizzo.

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pronunciando su domanda proposta da Teodora Vacca nei confronti di

3. Per la cassazione di detta decisione ha proposto ricorso Guido
Pierangelo Rizzo su due motivi illustrati da memoria. Ha resistito con
controricorso Teodora Vacca.

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 624
cod. civ. e omesso esame in riferimento agli atti del procedimento
penale e in particolare delle relazioni del 18/7/2000 e 6/11/2001 del
maresciallo Botto. Al riguardo, il ricorrente sottopone argomentazioni
a smentita del ragionamento probatorio della corte d’appello in merito
alla presunta captazione, tra le quali:
– non si sarebbero dovute isolare le dichiarazioni testimoniali del
maresciallo dalle sue due relazioni scritte di polizia giudiziaria, che
invece non fornirebbero elementi certi in ordine alla captazione;
– sussisterebbero elementi a sostegno dell’esistenza di precedenti
testamenti a favore del ricorrente, quali la redazione di un olografo
con revoca di precedenti testamenti a favore della signora Vacca
laddove un preesistente testamento pubblico era a favore della stessa
signora Vacca, anch’esso contenente espressione di revoca di
precedenti testamenti, nonché dichiarazioni della testatrice;
– la mancata prova di comportamenti prevaricatori del signor Rizzo.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione degli artt.
2697 cod. civ. e 116 cod. proc. civ., in particolare sottolineando il
malgoverno dei dati probatori da parte della corte territoriale, a
fronte delle risultanze delle relazioni del 6/11/2001 e del 23/1/2002
alla procura della repubblica del maresciallo Botto, in quanto dette
relazioni conterrebbero elementi – anche di provenienza degli stessi
soggetti poi sentiti come testi, oltre che del pubblico ufficiale – idonei
a escludere la captazione.

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oltre frontespizio

Considerato che:

3. I motivi sono strettamente connessi e possono essere esaminati
congiuntamente; essi sono inammissibili.
3.1. Può prescindersi dall’esaminare altri profili recessivi di
inammissibilità, quali taluni sollevati dalla parte controricorrente. Può
questa corte limitarsi a rilevare che i mezzi, sotto la veste di critiche

inammissibili istanze di riesame delle risultanze probatorie poste dalla
corte territoriale alla base del convincimento circa l’intervenuta
captazione testamentaria, attività questa di valutazione delle prove
riservata al giudice del merito.
3.2. Al riguardo, va richiamato che il vizio di violazione e falsa
applicazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea
ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie
astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica
necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la
funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge
assegnata a questa corte dal r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 65),
mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie
concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta
interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione
del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità,
sotto l’aspetto del vizio di motivazione, vizio che, essendo stata la
sentenza impugnata depositata successivamente all’11/9/2012, è
declinato nel presente procedimento ratione temporis secondo il testo
dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. successivo alla
modifica di cui al d.l. n. 83 del 2012, convertito in I. n. 134 del 2012,
che limita al minimo costituzionale dell'”omesso esame” di fatti storici
il controllo sulla motivazione (con la conseguenza, da cui anche può
prescindersi, che tutte le critiche alla motivazione, in assenza di
indicazione di effettivi “fatti storici” del tutto trascurati nell’esame,

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per violazione di legge e vizi di omesso esame, celano in effetti

sono ulteriormente inammissibili, avendo il ricorrente meramente
dedotto una diversa ricostruzione istruttoria).
3.3. Orbene, nel caso di specie, fermo restando che nessuna erronea
applicazione della legge la corte d’appello ha posto in essere, avendo
fatto corretto governo della disciplina in tema di captazione

nell’essere emersa con certezza la prova delle pressioni sulla volontà
della de cuius (v. sopra).
3.4. Quanto poi alla censura di vizio di motivazione, al di là della
circostanza che, come detto, di nessun fatto storico i motivi indicano
la totale pretermissione da parte della corte d’appello, va richiamato
che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il
vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico,
rilevante in causa (nel caso di specie, in sostanza, la captazione o i
singoli comportamenti ascritti al ricorrente), sia stato comunque
preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia
dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. sez. U, n. 8053 del
07/04/2014).
4. Il ricorso va dunque rigettato e le spese seguono la soccombenza.
Trattandosi di ricorso notificato dopo il 30/01/2013, ai sensi dell’art.
13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 va dato atto del sussistere dei
presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore
importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del
co. 1-bis dell’art. 13 cit.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione a
favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in euro 200 per esborsi ed euro 4.000 per compensi, oltre
spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

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ereditaria, va rilevato come la ratio decidendi adottata sia consistita

Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto del
sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso
a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda

sezione civile, il 30 novembre 2017.

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