Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4658 del 26/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4658 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

ORDINANZA
sul ricorso 18981-2012 proposto da:
MANFREDI BAMBINA MNFBBN26T65A053L, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA SIMETO 26, presso lo studio
dell’avvocato ZUENA ANTONIO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ZUENA ELEUTERIO giusta mandato in
calce al ricorso;

– ricorrente Contro
CONDOMINIO di VIA GIACINTO DE VECCHI PIERALICE
20/44, in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO VII 396, presso lo studio
dell’avvocato GIUFFRIDA ANTONIO, che lo rappresenta e difende
giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 26/02/2014

avverso la sentenza n. 4234/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 12/10/2011, depositata il 09/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;

si riporta agli scritti.

Ric. 2012 n. 18981 sez. M3 – ud. 12-02-2014
-2-

udito l’Avvocato Giuffrida Antonio difensore del controricorrente che

RITENUTO
che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui
agli artt. 376 e 380-bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione;
che la relazione ha il seguente contenuto:
<<1. Il Condominio convenne in giudizio Bambina Manfredi per sentir accertare che il contratto di comodato, concluso nell'aprile 2004 con la del portiere, si era risolto essendo intervenuta manifestazione di volontà del Condominio ai sensi dell'art. 1810 cod. civ., trattandosi di comodato senza previsione di durata. Il Tribunale di Roma rigettò la domanda. La Corte di appello di Roma, adita dal Condominio soccombente, accolse la domanda e dichiarò risolto il contratto di comodato, condannando la Manfredi al rilascio dell'immobile (sentenza del 9 novembre 2011). 2. Avverso la suddetta sentenza, Manfredi propone ricorso con due motivi. Il Condominio resiste con controricorso, eccependone preliminarmente l'inammissibilità. E' applicabile ratione temporis la legge 18 giugno 2009, n. 69. Proposta di decisione 1. La Corte di merito - nel riformare la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto stipulato un contratto di comodato con durata indirettamente commisurata alle esigenze abitative della Manfredi — ha ritenuto: - la clausola, contenuta all'art. 7 del contratto, rubricato come <>, secondo la quale <>, idonea a configurare un comodato senza
durata, con conseguente efficacia del recesso del Condominio; – che in
senso contrario non rilevavano, né l’art. 2 dello stesso contratto, relativo
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stessa e relativo ad appartamento già usato dalla Manfredi come alloggio

solo alla destinazione all’uso abitativo della Manfredi dopo la cessazione
del rapporto di portierato, senza incidenza sulla durata; né l’assunzione
di un nuovo portiere senza alloggio, essendo la scelta coerente con la
costituzione di un rapporto di comodato sul bene.
2. Con i due motivi di ricorso, strettamente connessi, la ricorrente
deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1810 cod. civ. (primo) e

Nella parte esplicativa le argomentazioni criticano l’interpretazione del
contratto di comodato, come effettuata dalla Corte di merito, per non
aver considerato che la volontà delle parti — desumibile dalla
destinazione ad abitazione della Manfredi (art. 2 del contratto), dalla
delibera assembleare di assumere un nuovo portiere, da altra delibera di
consentirne l’uso alla Manfredi per il periodo della malattia e per sei mesi
successivi, per poi stipulare un contratto con affitto simbolico — era nel
senso di un termine al comodato risultante dalla destinazione ad
abitazione della Manfredi per alloggiarvi per tutta la vita (primo);
motivando, inoltre, insufficientemente nell’interpretare letteralmente
l’art. 2 senza tener conto della volontà delle parti emergente dalla
delibera che aveva proceduto il contratto (secondo).
2.1. I motivi sono inammissibili.
2.2. La Corte di merito ha escluso, sulla base dell’interpretazione del
contratto di comodato stipulato tra le parti, che il termine del comodato
risultasse dalla destinazione alle esigenze abitative della Manfredi e,
quindi, fosse commisurato al termine della vita della stessa, con
conseguente mancata previsione del termine e operatività del recesso.
2.3. Secondo la giurisprudenza consolidata di legittimità (ex multis, Cass.
22 febbraio 2007, n. 4178), l’interpretazione del contratto e degli atti di
autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed
è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali
di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la
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omessa e insufficiente motivazione (secondo).

stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il
controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione.
2.4. La ricorrente, invece, censura tale interpretazione senza indicare
esplicitamente quali sono i criteri legali di ermeneutica contrattuale
violati: mentre nella rubrica dei motivi deduce violazione dell’art. 1810
cod. civ. e insufficienza di motivazione, nella parte esplicativa sembra

Peraltro, la ricorrente non adempie compiutamente al dettato dell’art.
366, n. 6 cod. proc. civ. — riproducendo l’articolo 2 del contratto nella
sua interezza — rispetto alla parte in cui argomenta in ordine all’intero
suo contenuto, che dalla Corte di merito sarebbe stato considerato solo
rispetto al primo periodo, secondo il quale la <>; né
tantomeno riproduce l’intero contratto.
La conseguenza è che le censure mancano di specificità e il difetto di
motivazione non assume autonomo rilievo di lacuna argomentativa,
intrecciandosi, piuttosto, con la critica alla interpretazione e risolvendosi
nella mera contrapposizione di un’interpretazione diversa da quella
criticata.>>;
che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti

costituite.
CONSIDERATO
che il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le
conclusioni in diritto della relazione;
che la ricorrente non ha mosso rilievi;
che pertanto, il ricorso — in correlazione alla sussistenza di precedenti
conformi — deve essere dichiarato inammissibile;
che le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140
del 2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
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rimandare alla violazione dell’art. 1362 cod. civ.

LA CORTE DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in
favore della controricorrente, delle spese processuali del giudizio di
cassazione, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese,
oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

– 3, il 12 febbraio 2014.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile

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