Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4656 del 22/02/2021

Cassazione civile sez. III, 22/02/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 22/02/2021), n.4656

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9238/2018 proposto da:

R.R., rappresentata e difesa dall’avvocato FILIPPO DE

JORIO, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in

ROMA, PIAZZA DEL FANTE 10, pec:

filippodejorio.ordineavvocatiroma.org;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BADIA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e

difeso dagli avvocati SILVIO BELARDI, e GUIDO FOGLIA, ed

elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, via

delle Quattro Fontane n. 161, guido.goglia.pecnctm.it;

GENERALI ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Matteo BRUCCOLERI, ed

elettivamenre domiciliato presso lo studio del medesimo in Bolzano,

via della Mostra 3, pec: matteo.lonerbertacchi.it;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 7/2018 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO, SEZ.

DIST. DI BOLZANO, depositata il 13/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/10/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione del 20/2/2013 R.R. convenne in giudizio il Comune di Badia per sentirlo condannare al risarcimento dei danni dalla stessa subiti, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1681 e 2043 c.c., nel tratto di risalita sciistica dall'(OMISSIS) al Comune di (OMISSIS), a mezzo di un impianto costituito da una fune trainata da cavalli che, a causa del sovraccarico e del pochissimo spazio esistente tra i fruitori del servizio, ed in assenza di qualunque vigilanza da parte dell’ente gestore, l’aveva messa in difficoltà portandola a scontrarsi con due sciatori. Da tale evento era derivata una rovinosa caduta con gravi lesioni ad entrambe le ginocchia.

Ad avviso dell’attrice l’evento dannoso era da ricondursi al mancato rispetto di regole di sicurezza, prudenza, vigilanza, all’eccessivo numero di sciatori ed alla assenza totale di vigilanza e controllo da parte del gestore. L’attrice rappresentò di aver ottenuto dal Comune di Badia i nominativi di tutti i licenziatari degli impianti senza riuscire a sapere chi tra essi avesse l’autorizzazione alla gestione del tratto ove ella si era infortunata, così ponendola nella difficoltà di agire giudizialmente nei confronti del soggetto realmente legittimato passivo.

Il Comune di Badia si costituì in giudizio precisando che gli impianti erano gestiti da privati e chiamandosi fuori da ogni responsabilità, sostenendo che l’azione avrebbe dovuto essere rivolta nei confronti dell’effettivo gestore dell’impianto di risalita titolare della relativa licenza. In ogni caso chiese ed ottenne di chiamare in giudizio la propria compagnia di assicurazioni titolare della polizza di responsabilità civile.

2. Il Tribunale di Bolzano, con sentenza n. 86 del 27/1/2017, rigettò la domanda ritenendo che le doglianze erano generiche, che l’incidente si era verificato a causa delle modalità inadeguate di trasporto e non per difetti del tratto di pista interessato, che la domanda di culpa in eligendo era tardiva e che, in ogni caso, l’attrice non aveva allegato nè dimostrato che vi fosse un numero di utenti eccessivo rispetto allo stato dei luoghi sì da non poter attribuire all’amministrazione un’omissione colpevole del suo obbligo di vigilanza.

3. La R. propose appello contestando i diversi punti della sentenza ed affermando che, avendo essa danneggiata provato il fatto ed il nesso causale, il Comune sarebbe stato gravato dell’onere di dimostrare il fortuito. Insistette per sentir pronunciare la culpa in vigilando del Comune in ordine alla custodia dell’impianto e la culpa in eligendo dello stesso Comune in relazione al rilascio delle licenze ai soggetti titolari degli impianti.

4. La Corte d’Appello di Trento, con sentenza n. 7 del 13/1/2018, ha rigettato l’appello, condannando la R. alle spese, sulla base dei seguenti argomenti: a) la chiamata in causa dei soggetti gestori del servizio avrebbe dovuto Essere delibata iussu iudicis nel primo grado del giudizio e, non essendolo stata, non poteva essere autorizzata in grado di appello nè l’appellante aveva formulato sul punto alcun motivo di impugnazione; b) in ogni caso non poteva ritenersi sussistere una ipotesi di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., ma soltanto un caso di chiamata in causa iussu iudicis da valutarsi in via discrezionale; c) il permesso rilasciato dal Comune di Badia agli esercenti il servizio di piazza con veicoli a trazione animale, in quanto provvedimento ampliativo ad efficacia prolungata, doveva essere qualificato quale atto di cura dell’interesse pubblico con la possibilità, per l’amministrazione, di agire in autotutela nell’esercizio di un potere non sanzionatorio ma disciplinare; ciò avrebbe implicato il sindacato sul corretto esercizio di un’attività di natura provvedimentale dell’ente pubblico; c) la rivendicazione da parte del privato di una culpa in vigilando del Comune, implicando un rapporto tra questo ed i soggetti esercenti il servizio di risalita, avrebbe consentito al più di configurare un interesse legittimo del privato e non anche un diritto soggettivo, mentre, dal punto civilistico neppure sarebbe configurabile una culpa in vigilando per l’assenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa dell’amministrazione. Solo qualora la danneggiata avesse dimostrato che l’omissione, consistente nel mancato esercizio del potere disciplinare da parte dell’amministrazione nei confronti dei gestori, avesse concorso al verificarsi dell’evento dannoso, solo allora avrebbe potuto accertarsi la responsabilità del Comune di Badia; d) esclusa la culpa in vigilando la Corte d’Appello ha altresì rigettato la domanda di responsabilità ex art. 2051 c.c., non avendo il Comune alcun potere di custodia sull’impianto gestito da terzi.

6. Avverso la sentenza la signora R. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. Hanno resistito, con distinti controricorsi, il Comune di Badia e la compagnia Generali Italia SpA.

7. La causa è stata fissata ex art. 380 bis c.p.c., alla trattazione in Adunanza Camerale, in vista della quale la R. ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione dell’art. 37 c.p.c., artt. 24,111 e 113 Cost., del combinato disposto dell’art. 117 Cost. e degli artt. 6 e 13 della Cedu, del diritto al giusto processo e del principio di effettività della tutela giurisdizionale – la ricorrente censura la sentenza per aver, da un lato, affermato in astratto la giurisdizione del giudice amministrativo e per aver, dall’altro, accertato l’intervenuto giudicato implicito sulla giurisdizione del giudice ordinario. Questa statuizione sarebbe contraddittoria ed in contrasto con il principio del giudice naturale e dell’incomprimibile diritto alla prova.

1.1 Il motivo è inammissibile. La questione della giurisdizione è stata affrontata dalla Corte d’Appello in via meramente ipotetica e la relativa statuizione non costituisce una ratio decidendi dell’impugnata sentenza.

2. Con il secondo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c.; dell’art. 32 Cost.. La sentenza gravata è lesiva del diritto alla salute e viola il principio del ristoro del danno ingiusto. Violazione dell’art. 113 Cost., per lesione del diritto alla difesa e del contraddittorio; Violazione degli artt. 102 e 107 c.p.c. – la ricorrente censura la sentenza per aver violato il diritto alla salute non ponendola in condizioni di avere una efficace e satisfattoria tutela, laddove il giudice ha riconosciuto un interesse di mero fatto, precludendo peraltro di provare lo svolgimento dell’istruttoria e l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei gestori dell’impianto di risalita. La ricorrente insiste nel veder riconosciuta, nel caso in esame, una ipotesi di litisconsorzio necessario e nel censurare il giudice che avrebbe illegittimamente omesso di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei gestori degli impianti di risalita.

2.1 Il motivo è inammissibile. Premesso che la tutela del diritto alla salute non è stato negato da nessun giudice ed è del tutto estraneo al thema decidendum, si ribadisce che, del tutto correttamente, la Corte d’Appello ha escluso ogni obbligo per il giudice di disporre la chiamata in causa dei gestori degli impianti, rispetto ai quali non sussisteva alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario ma la mera discrezionalità del giudice di valutare se disporre o meno la chiamata in causa. La R. avrebbe avuto la possibilità di agire in via giudiziale nei confronti dei gestori ed il non averlo fatto non può essere imputato che a sè medesima.

3. Con il terzo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2049 e 2059 c.c. – la ricorrente censura la sentenza in relazione al capo della medesima che ha ritenuto tardiva la domanda relativa alla culpa in eligendo del Comune, dimostrando che la stessa era, invece, stata formulata fin dall’atto introduttivo del giudizio.

3.1 Il motivo è inammissibile perchè non è correlato alla ratio decidendi, in quanto la Corte di merito non si è limitata a rilevare la tardività della domanda di responsabilità del Comune per culpa in eligendo, ma è entrata nel merito della questione ritenendo che la domanda dovesse essere disattesa. L’argomentazione con cui il giudice ha disatteso la domanda non è stata puntualmente censurata in sede di legittimità, di guisa che il motivo è desinato ad essere dichiarato inammissibile.

4. Con il quarto motivo – violazione o falsa applicazione della sentenzia del Consiglio di Stato n. 13568/2015 il cui esame è del tutto estraneo al thema decidendum – censura la sentenza per aver diffusamente fatto riferimento ad una pronuncia del tutto estranea ai fini del decidere.

4.1 Neppure questo motivo sfugge alla declaratoria di inammissibilità in quanto gli argomenti sono privi di decisività avendo la Corte territoriale rilevato che la R. non aveva neppure allegato il fatto che il servizio di traino venisse svolto in violazione delle norme regolamentari.

5. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata a pagare, in favore del Comune di Badia e della compagnia Generali Italia SpA, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del cd. “raddoppio” del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore di ciascuna parte resistente, in Euro 3.200 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2021

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