Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4656 del 22/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/02/2017, (ud. 23/11/2016, dep.22/02/2017),  n. 4656

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26798/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PADOVA 82,

presso lo studio dell’avvocato BRUNO AGUGLIA, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati FRANCESCO DONOLATO, ROBERTO DUGO,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 115/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del FRIULI VENEZIA GIULIA, depositata il 24/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di V.M., dottore commercialista, del silenzio rifiuto opposto ad istanza di rimborso dell’IRAP, versata negli anni dal 2003 e 2004, la C.T.R. del Friuli Venezia Giulia, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la decisione di primo grado di accoglimento del ricorso, ritenendo che “gli incarichi di amministratore, sindaco e revisore di società svolti da un professionista costituiscono altrettanti fonti di reddito di lavoro autonomo escluse dalla base impositiva dell’IRAP, indipendentemente dall’assetto organizzativo del contribuente”.

Avverso la sentenza ricorre, con tre motivi, l’Agenzia delle Entrate.

Il contribuente resiste con controricorso.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. e di fissazione dell’adunanza della Corte in Camera di consiglio, ritualmente comunicate, il controricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo con il quale si deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere la Commissione regionale pronunciato sull’eccezione di tardività della domanda di rimborso in relazione ai versamenti effettuati in data antecedente al 17.7.2014, è infondato alla luce del consolidato principio (cfr. ex multis Cass. n. 20311/2011 e, di recente id. n. 17956/2015) per cui ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia.

2. Con il secondo motivo si censura, per l’appunto, la decisione implicita di rigetto della suddetta eccezione laddove la Commissione regionale non aveva rilevato che il contribuente era decaduto dal diritto al rimborso dei versamenti effettuati in data antecedente al 17 luglio 2014, essendo stata la relativa domanda proposta il 17.7.2008 e dovendosi individuare il dies a quo nella data dei singoli versamenti e non in quella del versamento del saldo effettuato in data 20.7.2004.

2.1. Premesso che i termini fattuali della questione non sono contestati in controricorso dal contribuente, la censura è fondata alla luce dell’ulteriore consolidato principio per cui il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso delle imposte sui redditi in caso di versamenti diretti, previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 (concernente tutte le ipotesi di contestazione riguardanti questi ultimi), decorre, nell’ipotesi di effettuazione di versamenti in acconto, dal versamento del saldo solo nel caso in cui il relativo diritto derivi da un’eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, oppure rispetto ad una successiva determinazione in via definitiva delran” e del “quantum” dell’obbligazione fiscale, mentre non può che decorrere dal giorno dei singoli versamenti in acconto nel caso in cui questi, già all’atto della loro effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non dovuti, poichè in questa ipotesi l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sussistono sin da tale momento. (cfr. ex multis, Cass. n. 5653 del 12/03/2014; n. 20430/2013).

3. Il terzo motivo – con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e si censura la Commissione regionale per avere ritenuto che i redditi prodotti nello svolgimento dell’attività di amministratore, sindaco e revisore di società fossero di per sè esclusi dalla base imponibile Irap indipendentemente dall’assetto organizzativo del contribuente – è anch’esso fondato.

All’uopo è sufficiente richiamare i precedenti arresti di questa Corte la quale ha reiteratamente precisato che il libero professionista, che opera come amministratore di società o presidente del consiglio di amministrazione, non va soggetto all’IRAP per la parte di ricavo netto che risulta da quelle attività, soltanto se adempie alla funzione senza ricorrere a un’autonoma struttura organizzativa (Cassazione civile sez. trib. n. 4959/2009; id. n.ri 15803/11; 3434/12; 4246/16).

4. Le argomentazioni svolte dal controricorrente in memoria non offrono elementi idonei per discostarsi dai superiori principi, involgendo, peraltro, degli accertamenti in fatto demandati al Giudice di merito.

5. Ne consegue, in accoglimento del secondo e del terzo motivo, rigettato il primo, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla CTR del Friuli Venezia Giulia la quale provvederà al riesame adeguandosi ai superiori principi e regolerà le spese del giudizio.

PQM

La Corte, in accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese, alla Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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