Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4654 del 25/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 25/02/2011, (ud. 17/11/2010, dep. 25/02/2011), n.4654

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6394-2007 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

D.L.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7378/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 20/02/2006 R.G.N. 9080/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2010 dal Consigliere Dott. CURCURUTO Filippo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

D.L.L., dipendente del Ministero della giustizia, ha proposto contro detto Ministero domanda di condanna al pagamento della quota giornaliera aggiuntiva della retribuzione di fatto in relazione alle festività del 25 aprile, del 1 maggio e del 2 giugno coincidenti, in determinati anni, da lui indicati, con la domenica, in base a quanto previsto dalla L. n. 260 del 1949, art. 5, comma 3, come modificato dalla L. n. 90 del 1954.

La domanda rigettata in primo grado è stata accolta in sede di appello dalla Corte di Appello di Napoli, con compensazione delle spese.

Il Ministero impugna questa sentenza con tre motivi di ricorso.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso è denunziata violazione e falsa applicazione della L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 con riferimento alla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 224.

Si censura la sentenza impugnata per aver indebitamente esteso la portata normativa della citata L. n. 260 del 1949, art. 5, dai “salariati retribuiti in misura fissa”, ossia da dipendenti appartenenti alla categoria operaia, a lavoratori che percepiscono invece uno “stipendio”, peraltro stabilito ad anno.

Con il secondo motivo di ricorso è denunziata violazione e falsa applicazione della L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, comma 3, e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 e art. 2, comma 3.

Si addebita alla sentenza impugnata di non aver considerato che con la stipulazione del CCNL comparto ministeri 1998 / 2001, che nulla dispone circa l’incremento retributivo di cui alla L. n. 260 del 1949, art. 5, tale incremento è venuto meno in base al principio fissato dalla D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 3, secondo il quale l’attribuzione di trattamento economico può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle condizioni da essi previste, mediante contratti individuali.

In proposito si invoca, comunque, la L. 29 dicembre 2005, art. 1, comma 224, che, con un intervento di natura interpretativa, ha riconosciuto l’inapplicabilità già a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994/1997 della più volte citata L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, comma 3.

Con il terzo motivo di ricorso è denunziata insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

Si addebita alla sentenza impugnata di non aver spiegato come possa considerarsi tuttora vigente la norma originariamente attributiva del compenso in questione, ritenendo, al tempo stesso, che tale compenso non sia riconducibile ad alcuna delle voci costituenti il trattamento economico fondamentale o accessorio.

Il secondo motivo di ricorso è fondato.

La L. 23 dicembre 2005, n. 266, nell’art. 3, comma 224, ha stabilito che “fra le disposizioni riconosciute inapplicabili dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 1, secondo periodo, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994/1997, è ricompreso la L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, comma 3, come sostituito dalla L. 31 marzo 1954, n. 90, art. 1, in materia di retribuzione nelle festività civili nazionali ricadenti di domenica. E’ fatta salva l’esecuzione di giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge”.

La giurisprudenza di questa Corte, d’altro canto, ha più volte affermato che in tema di pubblico impiego privatizzato, il diritto al compenso aggiuntivo per le festività civili coincidenti con la domenica, attribuito dalla L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, comma 3, come modificato dalla L. 31 marzo 1954, n. 90, art. 1, è stato escluso dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 3, comma 224, che, con norma di interpretazione autentica (resa palese dalla specifica salvaguardia delle situazioni coperte da giudicato formatosi anteriormente alla sua entrata in vigore) ha espressamente compreso la citata disposizione tra quelle riconosciute inapplicabili dalla D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 1, secondo periodo, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994/1997 in materia di lavoro con la P.A.. Ne consegue che per le giornate del venticinque aprile 1999, due giugno 2002 e venticinque aprile 2004, tutte ricadenti di domenica, non sussiste il diritto dei dipendenti all’attribuzione, oltre alla normale retribuzione, di un’ulteriore aliquota giornaliera. (v. fra le altre, Cass. 14048/2009; conf. 6736/2010; 23927/2010).

Infine, i dubbi di legittimità costituzionale, prospettati nei confronti della riferita interprelazione, sono già stati ritenuti privi di fondamento da Corte Cost. 16 maggio 2008, n. 146.

Quindi deve essere accolto il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del primo e del terzo, e la sentenza impugnata, non conforme allo jus superveniens sopra indicato, va cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, va rigettata la domanda proposta dalla parte intimata.

Le ragioni della decisione giustificano la compensazione delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti il primo ed il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta le domande proposte dalla parte intimata;

compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2011

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