Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4654 del 22/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 22/02/2017, (ud. 20/01/2017, dep.22/02/2017),  n. 4654

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29304/2014 proposto da:

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, al viale GIULIO

CESARE 78, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO TORTORICI, che

lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.I., elettivamente domiciliata in ROMA, alla piazza

CAVOUR presso la C. CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato PIERLUIGI CORRADINI, giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE

78, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO TORTORICI, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– controricorrente all’incidentale –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, emesso il

19/03/2014 e depositato il 16/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MAGDA CRISTIANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata e comunicata alle parti la seguente relazione:

1) La Corte d’appello di Roma, in parziale accoglimento del reclamo proposto da T.G. contro il decreto del Tribunale di Civitavecchia che aveva respinto la sua richiesta di revisione dell’assegno divorzile dovuto alla ex moglie, C.I., ha ridotto l’assegno alla somma di Euro 600 mensili sul rilievo che l’unica novità intervenuta dopo la sentenza di divorzio, pubblicata il 24.3.2010, era la cessazione dell’attività commerciale del reclamante, mentre non poteva essere considerato un fatto sopravvenuto la convivenza della C. con il nuovo compagno, atteso che la coppia risiedeva nella stessa abitazione già prima dell’introduzione del giudizio divorzile.

Il decreto è stato impugnato da T.G. con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo. C.I. ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale, cui fini ha a sua volta replicato con controricorso.

2) Con l’unico motivo del ricorso principale, con il quale denuncia violazione della L. n. 898 del 1970, artt. 5 e 9, oltre che vizio di motivazione, T. deduce che la corte d’appello, per una mera svista di carattere materiale, avrebbe erroneamente ritenuto che C. avesse formato una nuova famiglia di fatto sin dal settembre 2000, laddove ciò che emergeva dagli atti era che a tale epoca la ex moglie ed il suo compagno abitavano nello stesso palazzo, ma in appartamenti separati, mentre la convivenza more uxorio era iniziata solo nel 2010.

3) Con l’unico motivo del ricorso incidentale C. denuncia vizio di motivazione sul fatto decisivo, emergente dalla documentazione da lei prodotta, che l’ex marito non avrebbe cessato di svolgere la propria attività commerciale, ma avrebbe solo mutato il tipo di commercio, servendosi come prestanome della nuova compagna.

4) Entrambi i ricorsi appaiono inammissibili.

4.1) Il ricorso principale, anzichè dedurre l’eventuale vizio di motivazione del provvedimento, nel quale non si dice se la sentenza di divorzio avesse quantificato l’assegno tenendo conto della situazione di stabile convivenza di C. con un altro uomo (essendo del tutto irrilevante, ai fini della revisione di detto assegno, che la convivenza fosse meramente emergente dagli atti), deduce un errore materiale, ovvero un vizio revocatorio, denunciabile esclusivamente ai sensi dell’art. 395 c.p.c..

4.2) Il ricorso incidentale contravviene invece al disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, in quanto non è corredato dei documenti dai quali emergerebbe la circostanza decisiva asseritamente non valutata dalla corte d’appello, non precisa in quale esatta sede processuale gli stessi siano stati prodotti nè ne indica l’effettivo contenuto.

Si propone pertanto di dichiarare inammissibili i ricorsi, con pronuncia camerale assunta ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Il collegio ha esaminato gli atti, ha letto la relazione e ne ha condiviso le conclusioni, peraltro non contestate dalle parti, che, pur avendo ricevuto rituale comunicazione del rinvio dell’udienza camerale, disposto su richiesta del ricorrente, non sono comparse e non hanno depositato memoria.

Entrambi i ricorsi, pertanto, vanno dichiarati inammissibili.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione integrale delle spese del giudizio.

PQM

La Corte dichiara inammissibili entrambi i ricorsi e compensa le spese.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in esso menzionati.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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