Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4651 del 15/02/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/02/2019, (ud. 20/11/2018, dep. 15/02/2019), n.4651

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19948-2017 proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO BOSIO 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LUCONI, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3481/2017 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 29/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA

ALDO ANGELO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Con domanda L. Fall., ex art. 101, la s.p.a. Banca Monte dei Paschi di Siena ha chiesto di essere ammessa in via condizionata al passivo del fallimento della s.r.l. (OMISSIS) per saldo debitore di conto corrente e di conto anticipi. Ha esposto, al riguardo, di avere ottenuto decreto ingiuntivo per questi titoli e di avere iscritto ipoteca giudiziale su beni della società; ha anche aggiunto che la società di poi fallita aveva proposto opposizione avanti al Tribunale di Palermo e che il relativo giudizio, interrotto per la sopravvenuta dichiarazione di fallimento, era stato successivamente riassunto dallo stesso Fallimento.

Il giudice delegato ha rigettato la domanda, “sia con riferimento al merito, sia in ogni caso con riferimento alla domanda di collocazione ipotecaria”, osservando che la “domanda si fonda unicamente sul provvedimento monitorio opposto”.

2.- Con decreto depositato il 29 giugno 2017, il Tribunale di Palermo ha poi respinto l’opposizione presentata dal Monte dei Paschi.

Ha rilevato, in proposito, che “la banca non ha integrato la documentazione posta a corredo dell’istanza di insinuazione, dal momento che si è limitata a richiamare il decreto ingiuntivo – offerto in comunicazione – ottenuto nei confronti della società poi fallita e dalla stessa opposto”.

Ha altresì ricordato che il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato sostanziale solo nel momento in cui il giudice lo dichiara esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c.; pure aggiungendo in via distinta che, “nel caso in cui la dichiarazione di fallimento del debitore sopravvenga nelle more dell’opposizione da lui proposta contro il decreto ingiuntivo, il provvedimento monitorio, quand’anche provvisoriamente esecutivo, non è equiparabile a una sentenza non ancora passata in giudicato”.

In relazione alla mancata produzione di documentazione del credito (“i contratti non sono stati versati in atti, al pari degli estratti conto”), il decreto ha per altro verso rilevato che “non può di certo valere quale esimente la circostanza, addotta dalla banca, secondo cui i contratti di conto corrente e i relativi estratti conto sarebbero stati prodotti nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo menzionato, pendente innanzi a questo Tribunale, promosso dalla società in bonis, poi riassunto dalla curatela e definito, nelle more del presente giudizio, con sentenza n. 1554/2017, che ha revocato il provvedimento monitorio e dichiarato improcedibile la domanda di condanna proposta dall’odierna opponente”. “Difatti è agevole osservare” – ha precisato il decreto – “che si tratta invero di due giudizi distinti e, d’altronde, ben avrebbe potuto la banca produrre altre copie” di contratti ed estratti relativi ai rapporti in questione.

3.- Avverso il decreto insorge la Banca, presentando ricorso affidato a due motivi di cassazione.

Non ha svolto difese in questo grado di giudizio il Fallimento intimato.

4.- Il primo motivo di ricorso è intestato “violazione e falsa applicazione degli artt. 112,642,303 c.p.c., nonchè art. 2697 c.c. e 96, 98 e 99 L. Fall., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: sull’esecutività del decreto ingiuntivo e la statuizione sulla fondatezza del credito in virtù della sentenza n. 15554/2017”.

Il secondo motivo di ricorso è intestato “violazione e falsa applicazione degli artt. 324,325,326 e 327 c.p.c., nonchè dell’art. 2909 c.c. e della L. Fall., art. 96, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: sull’identità del decreto ingiuntivo esecutivo opposto e la non definitività della sentenza n. 1554/2017 che ha revocato il decreto ingiuntivo”.

5.- Nei contenuti, il primo motivo si sostanzia nell’affermazione che “il Tribunale di Palermo, con la sentenza n. 1554/2017… ha sì revocato il decreto ingiuntivo, ma ha altresì statuito l’esistenza del credito della Banca Monte dei Paschi”: “l’unico motivo per cui è stato revocato il decreto ingiuntivo senza che fosse condannata la società fallita, opponente, al pagamento del minor debito verso l’Istituto è l’improcedibilità della domanda di accertamento e condanna della Banca opposta, stante l’intervenuto fallimento della società”.

Da ciò il ricorrente trae la conseguenza che la domanda di ammissione presentata dalla Banca, “anzichè essere inficiata dalla statuizione del giudice dell’opposizione richiamata” dal decreto del Tribunale fallimentare, “viene ancor più rafforzata dalla sentenza n. 1554/2017, che ha accertato giudizialmente” un credito della Banca.

6.- Il motivo non può essere accolto.

Esso non si confronta, infatti, con la ratio decidendi del decreto emesso dal Tribunale palermitano.

Nel contesto della relativa motivazione, il richiamo alla sentenza n. 1554/2017, emessa in altro giudizio, è svolto in modo meramente descrittivo, senza possedere riflessi sulla decisione assunta nel giudizio di opposizione. Sì che la ragione per cui, nella sede del giudizio concluso dalla sentenza n. 1554/2017, la domanda della Banca è stata dichiarata improcedibile si manifesta comunque estranea rispetto alla pronuncia che il ricorrente ha qui impugnato.

Secondo quanto già sopra riferito (nel n. 2), l’esclusione del credito della Banca, come statuita dal decreto palermitano, è stata fondata sulla constatazione della compiuta mancanza di efficacia del decreto addotto dalla Banca, in quanto non passato in giudicato, nonchè sull’ulteriore rilievo della mancata produzione della documentazione attinente ai rapporti di conto corrente e di conto anticipi.

7.- Il secondo motivo sostiene la sufficienza “del decreto ingiuntivo, emesso provvisoriamente esecutivo e opposto dalla società in bonis,… a giustificare l’ammissione allo stato passivo del fallimento…, seppur in via condizionata con riserva”.

Il Tribunale – così si prosegue – “ha errato nel considerare decisivo, ai fini del rigetto della opposizione allo stato passivo, la revoca del decreto ingiuntivo ad opera della citata sentenza”. Perchè questa – all’epoca dell’emissione del decreto di rigetto dell’opposizione – era ancora suscettibile di impugnazione; e perchè il curatore, “rendendosi parte del giudizio”, che ha revocato il decreto ingiuntivo, ha manifestato un'”espressa e inequivocabile volontà… di voler beneficiare o farsi carico dei relativi effetti” processuali.

8.- Il motivo non può essere accolto.

La norma della L. Fall., art. 96, comma 3, n. 3, concerne esclusivamente l’ipotesi di sentenza non ancora passata in giudicato, che sia stata pronunziata prima del fallimento. Non anche quella del decreto ingiuntivo che sia stato opposto o che, comunque, non risulti ancora avere raggiunto, al tempo della sentenza dichiarativa, il giudicato sostanziale.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la norma dell’art. 96, comma 3 – posto che “costituisce eccezione alla regola dettata dalla L. Fall., art. 52” – risulta “insuscettibile di applicazione analogica” (Cass., 10 ottobre 2017, n. 23679; Cass., 27 maggio 2014, n. 11811). Con la conseguenza, correttamente evidenziata dal Tribunale di Palermo, che il decreto ingiuntivo opposto “rimane totalmente privo di efficacia nei confronti del fallimento” (cfr., altresì, Cass., 20 aprile 2018, n. 9933).

Ciò posto, è appena il caso di puntualizzare che la posizione del curatore fallimentare, così come regolata dal sistema vigente, non è provvista del potere di immutare tale stato di cose.

9.- In conclusione, il ricorso va respinto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo il disposto dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 20 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2019

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