Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4648 del 28/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 4648 Anno 2018
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: MANNA FELICE

t1;biK/4ki3 A

sul ricorso 16442-2013 proposto da:
AZETA MULTISERVICE SRL, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CHIUSI, 31 INT. 11, presso lo studio
dell’avvocato FABIO SEVERINI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato SERGIO TOGNON;
– ricorrente 2017
2650

contro

DE ANTONI PAOLO DI GIOVANNI DE ANTONI & C SAS;
– intimato

avverso la sentenza n. 1165/2012 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 22/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Data pubblicazione: 28/02/2018

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consiglio del 20/10/2017 dal Consigliere Dott. FELICE

MANNA.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Azeta Multiservice s.r.I., acquirente (a mezzo leasing) di
un complesso immobiliare con capannone industriale ed altro,

la De Antoni Paolo, di Giovanni De Antoni s.n.c. Alla domanda
principale accedeva quella di rilascio della parte di terreno
controversa, consistente in una striscia di circa 37 mq. in
possesso della venditrice, ubicata sul lato nord del capannone
e confinante con la residua proprietà della venditrice
(domandava anche la condanna della soc. De Antoni al
pagamento di una penale, domanda poi accolta in appello e su
cui si è formato il giudicato interno).
La società attrice nel resistere in giudizio sosteneva che la
vendita era a corpo, e non a misura, e che il confine correva
lungo la parete del lato nord del capannone alienato.
Il Tribunale adito accertava che il confine corrispondeva con
il perimetro esterno della parete nord del capannone della
Azeta Multiservice e rigettava ogni altra domanda.
L’appello proposto dalla Azeta Multiservice era respinto
(salvo che sulla domanda di condanna alla penale) dalla Corte
distrettuale di Venezia, con sentenza n. 1165/12. Osservava la
Corte veneziana, anche in base ai chiarimenti chiesti al c.t.u.
nominato in primo grado, che l’esito dell’istruzione probatoria
non dava adito a dubbi sul fatto che il muro perimetrale sul
lato nord dell’edificio di proprietà Azeta Multiservice
coincidesse perfettamente con il confine catastale, di talché
doveva escludersi qualsiasi sconfinamento su detto lato, unico
rilevante ai fini di causa. Precisava, poi, che l’ampliamento del
quesito al c.t.u., contestato dall’appellante, volto a verificare
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agiva in regolamento di confini contro la propria dante causa,

l’ipotesi che vi fosse stato uno sconfinamento su altri lati, non
aveva avuto alcuna influenza ai fini della decisione, e che il
c.t.u. correttamente aveva svolto le proprie indagini anche
attraverso l’accesso agli uffici catastali e l’esame di documenti
relativi allo storico catastale.
Avverso tale sentenza la Azeta Multiservice s.r.l. propone

La De Antoni Paolo, di Giovanni De Antoni s.n.c. è rimasta
intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 61, 99,
101, 112, 342 e 345 c.p.c. e il vizio di motivazione, nonché la
violazione dell’art. 2909 c.c. per aver la Corte territoriale
esteso il proprio quesito all’ipotesi di sconfinamento su lati
diversi da quello nord del capannone, nonostante si fosse
formato il giudicato interno sul fatto che solo su quest’ultimo
lato vi fosse questione e domanda accessoria di rilascio.
1.1. – Il motivo è inammissibile perché la doglianza che
esprime non ha rilievo.
E’ vero (in disparte la non configurazione d’un giudicato
interno) che la proposta

actio finium regundorum ha per

oggetto il confine nord del fondo di parte attrice, sicché la
ricerca su altri lati dei 37 mq. che secondo detta parte
mancherebbero alla sua proprietà non ha senso ai fini della
decisione. Ma è altrettanto incontestabile che la sentenza
impugnata ha escluso proprio e solo lo sconfinamento su detto
lato, per cui l’aver inutilmente indagato anche l’ipotetico
sconfinamento su altri lati, per verificare se la lamentata
differenza di mq. dipendesse da altro fattore, è totalmente
privo di rilievo.
2. – Il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 101 e
354 c.p.c. e 74 disp. att. c.p.c. perché il c.t.u. ha svolto il

ricorso affidato a tre motivi.

proprio incarico esaminando documentazione della parte
appellata (fotografie e storico catastale), consegnatagli in sede
di chiarimenti resi nel giudizio d’appello.
2.1. – Il motivo è infondato.
Il consulente tecnico d’ufficio, ai sensi dell’art. 194 c.p.c.,
può acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti,

sempre che si tratti di fatti accessori, rientranti nell’ambito
strettamente tecnico della consulenza e costituenti il
presupposto necessario per rispondere ai quesiti formulati, e
non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a
fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti,
debbano necessariamente essere provati dalle stesse. (Nella
specie la S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha
cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto inammissibile
l’acquisizione, ad opera del consulente tecnico d’ufficio, di
documentazione relativa alla certificazione catastale ed alla
regolarità urbanistica dell’immobile oggetto di divisione).
(Cass. n. 14577/12).
Non solo, ma nello specifico il c.t.u. ha attribuito alla ridetta
documentazione un’efficacia soltanto confermativa delle
conclusioni cui era già pervenuto altrimenti, sicché la censura
è altresì priva di decisività.
3. – Il terzo motivo deduce la violazione del 934 e 832 c.c. e
1322 e 1325 c.c. perché la Corte territoriale: a) una volta
accertato che i 37 mq. non mancavano ad est e a ovest,
avrebbe dovuto motivare perché, ciò nonostante, abbia
ribadito che il confine nord era quello accertato anche in primo
grado; b) non ha motivato sulle osservazioni della parte
appellante che aveva dedotto che si doveva considerare
l’aggetto della falda del tetto, le tubazioni, il portone esterno
ecc., contraddicendosi con quanto deciso in precedenza con
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sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti,

l’ordinanza del 2.11.2010. La Corte d’appello, prosegue parte
ricorrente, avrebbe dovuto esplicitare non solo e non tanto le
ragioni per cui aveva mutato avviso rispetto a detta ordinanza,
ma anche per qual motivo abbia ribadito le conclusioni del
c.t.u. pur sapendo che mancavano i 37 mq. cui è cenno in
detta ordinanza e che tale difetto non poteva essere attribuito

3.1. – Anche tale mezzo è infondato.
In primo luogo, la falda del tetto, le tubazioni ed il portone
esterno che danno sul lato nord sono tutti elementi che non
denotano il confine ma, a tutto concedere, esprimono la
possibilità di ipotetiche corrispondenti servitù (di aggetto, di
scarico, di passaggio), sempre che se ne dimostri il titolo
costitutivo.
Ancora, ogni riferimento a quanto affermato nei
provvedimenti istruttori è del tutto irrilevante e inidoneo a
fondare una critica ai sensi dell’art. 360 c.p.c., per la semplice
ed ottima ragione che in base all’art. 177, primo comma,
c.p.c. le ordinanze, comunque motivate, non possono mai
pregiudicare la decisione della causa.
Infine, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,
ai fini delle indagini necessarie a regolare il confine non è
imprescindibile determinare l’intera superficie dei fondi
confinanti (Cass. nn. 739/74, 2610/72 e 468/70).
4. – In conclusione il ricorso va respinto.
5. – Nulla per le spese, non avendo la parte intimata svolto
attività difensiva.
6. – Sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo
unificato a carico della parte ricorrente.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.

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ai confini est ed ovest.

Ai sensi dell’art. 13, comma

1 quater D.P.R. n. 115/02,

inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12, dichiara la
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis

dello stesso art. 13.

sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il
20.10.2017.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda

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