Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4648 del 22/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/02/2017, (ud. 20/01/2017, dep.22/02/2017),  n. 4648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18996-2015 proposto da:

M.K.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MICHELE GATTO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2502/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

25/11/2014, depositata il 16/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, rilevato che sul ricorso n. 18996/201 il Cons. relatore ha depositato ex art. 380 bis c.p.c. la relazione che segue.

“Il relatore Cons. Ragonesi, letti gli atti depositati, ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c. osserva quanto segue.

M.K.C. ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna del 16.12.2014 non notificata, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha negato allo stesso il beneficio della protezione internazionale umanitaria.

Con il ricorso la parte evidenzia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), con particolare riferimento alla mancata considerazione da parte del giudice di appello della documentazione medico legale prodotta a supporto della condizione di pericolo in cui si troverebbe il ricorrente in caso di rientro nel suo paese di origine (Congo) ed al fine di considerare la reale ricorrenza di seri motivi di carattere umanitario che avrebbero consentito il rilascio di permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Evidenzia la parte come la Corte d’Appello nella sua decisione non si sia soffermata neanche in modo marginale sulla documentazione prodotta, che se analizzata avrebbe giustificato la ricorrenza di seri motivi di carattere umanitario. Richiama inoltre la parte ulteriore documentazione – attestati su attività di formazione professionale svolta e tessere indicative asseritamente della sua appartenenza ad una fazione politica opposta a quella al governo del paese – non esaminata dal giudice di appello, con conseguente omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in ordine alla effettiva sussistenza “di un sistema politico che conosce una deriva autoritaria sempre più marcata e violenta” con evidente compatibilità delle lesioni subite a seguito delle torture perpetrate in occasione di carcerazione illegittima.

Con il secondo motivo di ricorso la parte ricorrente afferma la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto con riferimento al combinato disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e D.Lgs n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Ciò in considerazione dell’affermazione riportata dal giudice di appello quanto alla contraddittorietà della sentenza di primo grado che pur avendo respinto la domanda in materia di status di rifugiato ha comunque ritenuto la ricorrenza di concessione di permesso di soggiorno per gravi ragioni umanitarie in insanabile contrasto con la normativa richiamata.

Questa Corte, quanto al primo motivo di ricorso, si è già pronunciata in materia affermando che: “L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. SU n. 8053/2014, Rv. 629831, Botta, conformi Cass. SU n. 8054/2014, Rv. 629834, Botta, Cass. SU n. 25216/2014, Rv. 633425, Carluccio). Ed ancora ha evidenziato che: “L’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. Sez. 6 – 1, n. 2498/2015, Rv. 634531, Blasutto, Cass. Sez. 6 – L, n. 13448/2015, Rv. 635853, Arienzo).

Nella specie, la decisione relativa è stata assunta dal Tribunale in senso conforme a tale orientamento, evidenziando come le allegazioni della parte non si possano ritenere sufficienti a provare l’effettiva ricorrenza di seri motivi di carattere umanitario, mediante motivazione logica, coerente ed ampiamente diffusa in ordine alla attività asseritamente svolta dal ricorrente in opposizione al governo in carica con la denunzia di brogli elettorali. La sentenza dunque analizza in modo puntuale gli elementi istruttori allegati ed emersi, si diffonde nell’analisi degli stessi in ordine alla ricorrenza delle condizioni per la concessione del permesso di soggiorno rilevandone la sostanziale contraddittorietà nei tempi e modi del racconto (ad esempio in ordine alla fuga dal Congo) per giungere ad affermare la mancanza del requisito dell’attualità del pericolo in considerazione del tempo trascorso dalla elezione asseritamente contestata (anno 2011), con la conseguenza che la mancata analisi espressa in motivazione di documentazione prodotta dalla parte, ma richiamata come allegazione della parte espressamente insufficiente a provare che le lesioni riscontrate siano derivanti da tortura, non conduce in alcun modo alla mancata considerazione da parte del giudice di secondo grado di un fatto decisivo per il giudizio per come richiamato in ricorso.

La complessiva situazione del paese di origine, le caratteristiche del paese di provenienza allo stato attuale, la mancanza di collegamento della situazione politica con la situazione personale del ricorrente, evidenziano al contrario una motivazione specifica sul punto oggetto di discussione che per la parte ricorrente sarebbe stato omesso.

Quanto al secondo motivo di ricorso, occorre considerare come, a parte una certa genericità della sua articolazione in mancanza di un chiaro riferimento alla parte o capo della sentenza che si intende contestare, lo stesso si presenta del tutto infondato non avendo colto il portato della decisione del giudice di secondo grado, che, in ordine alle ulteriori domande articolate dal M. in primo grado, evidenzia l’intervenuto giudicato a seguito della mancata impugnazione incidentale da parte dello stesso del capo di sentenza del giudice di primo grado con il quale era stata rigettata la domanda principale dell’odierno ricorrente.

Non si ravvisa in alcun passaggio della motivazione del giudice di secondo grado la richiamata violazione di legge, nè in alcun modo si afferma che la mancata concessione della protezione internazionale determinerebbe un’oggettiva e conseguente inapplicabilità del disposto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Si richiama semplicemente la conseguenza in tema di giudicato derivante dalla mancata interposizione di appello incidentale.

Ricorrono i requisiti di cui all’art. 375 c.p.c., per la trattazione in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il collegio condivide le conclusioni rassegnate nella relazione; che in conclusione il ricorso va rigettato senza pronuncia di condanna del ricorrente alle spese processuali.

PQM

Rigetta il ricorso, nulla spese.

Non sussistono le condizioni per il pagamento del doppio contributo del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2017

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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