Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4644 del 25/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 25/02/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 25/02/2010), n.4644

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3631/2009 proposto da:

IPOST – ISTITUTO POSTELEGRAFONICI – GESTIONE COMMISSARIALE FONDO

BUONUSCITA POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del procuratore speciale

e Commissario, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 15,

presso lo studio dell’avvocato BUZZELLI Dario, che lo rappresenta e

difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’Avvocato POZZA Massimo, giusta procura speciale a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

IPOST – ISTITUTO POSTELEGRAFONICI – GESTIONE COMMISSARIALE FONDO

BUONUSCITA POSTE ITALIANE S.P.A., (d’ora in poi per brevità anche

“Ipost”), in persona del procuratore speciale e Commissario,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 15, presso lo studio

dell’avvocato BUZZELLI DARIO, che lo rappresenta e difende, giusta

procura speciale a margine del controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 544/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

6/5/08, depositata il 04/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI MAMMONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Con ricorso al giudice del lavoro di Torino, P.G., premesso di essere stata dipendente di Poste Italiane s.p.a. sino al 30.12.04, conveniva in giudizio l’IPOST – Istituto Postelegrafonici – Gestione commissariale Fondo buonuscita Poste Italiane s.p.a. per ottenere la riliquidazione dell’indennità di buonuscita sulla base dell’ultima retribuzione percepita al momento della cessazione del rapporto, anzichè al momento della trasformazione dell’Ente Poste Italiane in società per azioni (28.2.98), con condanna dell’Istituto convenuto al pagamento della differenza tra il dovuto e quanto già corrisposto. In subordine chiedeva che fosse dichiarato il suo diritto a percepire interessi e rivalutazione monetaria ex art. 2120 c.c., sull’indennità di buonuscita dal 28.2.98 alla data dell’effettivo saldo.

Respinta la domanda, la P. proponeva appello. La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 544/08 depositata il 4.6.08, accoglieva l’impugnazione ritenendo che – in base al tenore letterale delle disposizioni legislative in materia ed in ottemperanza principi di equità – l’indennità di buonuscita del dipendente postale vada liquidata sulla base del trattamento economico finale percepito dal lavoratore all’atto del pensionamento. Ritenuto, inoltre, non applicabile nella specie il termine dilatorio di cui al D.L. n. 79 del 1977, conv. dalla L. n. 140 del 1997, per il pagamento del trattamento di fine rapporto, condannava IPOST al pagamento di Euro 3.190,96, oltre Euro 777,13, a titolo di rivalutazione ed interessi.

Avverso questa decisione l’IPOST – Gestione commissariale Fondo buonuscita Poste Italiane s.p.a. ricorre con due motivi. La P. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, cui IPOST replica con controricorso.

Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore generale ed è stata notificata ai difensori costituiti. L’IPOST ha depositato memoria.

Riuniti i due ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c., deve essere ritenuto fondato solo quello principale.

Con il primo motivo del ricorso principale l’IPOST sostiene che il testo delle norme di legge applicabili in materia (L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6, e del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 3) impone di ritenere che la buonuscita del dipendente postale, da calcolarsi alla data di trasformazione dell’Ente Poste Italiane in società per azioni (28.2.98), deve avere come base di computo il trattamento retributivo in godimento a tale data e non quello finale percepito al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Il motivo è fondato alla stregua della recente sentenza di questa Corte n. 28281/08, nella quale – anche sulla scorta dei principi enunziati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 366 del 2006, il cui contenuto è stato confermato dalla successiva ordinanza n. 444 del 2007 – è stato esaminato ogni aspetto della questione, pervenendosi alla conclusione che la data alla quale occorre fare riferimento per il calcolo della buonuscita è quella del 28.2.98, momento a partire dal quale il dipendente postale matura non più detta indennità, ma il trattamento di fine rapporto.

Anche il secondo motivo, con il quale si lamenta la condanna al pagamento di rivalutazione monetaria ed interessi, che assume pronunziata in violazione del termine dilatorio di cui al D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 3, conv. dalla L. 28 maggio 1997, n. 140, è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte, infatti, ritiene che per i dipendenti postali cessati dal servizio dopo il 28 febbraio 1998, il pagamento dell’indennità di buonuscita è soggetto al termine dilatorio di mesi tre e quindici giorni previsto dal D.L. n. 79 del 1997, art. 3, convertito con modificazioni, nella L. n. 140 del 1998, dovendosi ritenere – in relazione alla natura pubblica dell’IPOST, preposto per legge al pagamento della quota di trattamento di fine rapporto, costituita dall’indennità di buonuscita maturata alla data del 28 febbraio 1998, in esito ad un formale procedimento di liquidazione (nella specie, trasmissione della documentazione da parte del datore di lavoro e verifica dei legittimati a ricevere il pagamento) – sussistenti i presupposti previsti dalla normativa per la sua applicazione, senza che siano fondati i dubbi di legittimità rispetto all’art. 3 Cost., tenuto conto della peculiarità della vicenda del rapporto di lavoro dei dipendenti postali, il cui datore di lavoro si è trasformato da amministrazione statale ad ente pubblico autonomo fino ad assumere la forma di società per azioni, e della persistenza, sia pure pro quota, del precedente sistema della buonuscita in ragione della pregressa natura pubblica del datore (Cass. 6.8.09 n. 17987).

Quanto al ricorso incidentale, la P. ha depositato in atti, prima dell’adunanza, una dichiarazione con la quale rinunzia al ricorso incidentale e insiste per il rigetto del ricorso principale.

Il Collegio ritiene di non assegnare a tale atto gli effetti previsti dagli artt. 306, 390 e 391 c.p.c., atteso che la rinuncia al ricorso per cassazione si perfeziona solo a seguito della notifica di esso alla controparte, ove costituita, o della comunicazione di esso ai suoi procuratori, con apposizione del visto dei medesimi.

Quanto al merito, il ricorso incidentale condizionato, che ripropone domande subordinate originariamente assorbite dall’accoglimento della domanda principale, è infondato.

La P. sostiene che qualora non sia possibile il calcolo della buonuscita con il computo del trattamento retributivo in godimento al momento del pensionamento, debbono essere riconosciuti interessi e rivalutazione monetaria dal 28.2.98 alla data dell’effettiva erogazione dell’indennità o, in alternativa, la rivalutazione dell’importo secondo le disposizioni della L. n. 297 del 1982, art. 1.

In contrario, si osserva che la prima soluzione presupporrebbe un ritardo nel pagamento della buonuscita, ipotesi da escludere, in quanto l’indennità diviene esigibile solo al momento del collocamento a riposo. Quanto alla seconda soluzione, la risposta negativa viene dall’impossibilità di applicare analogicamente la disposizione della L. n. 297 del 1982, art. 5, ad un meccanismo di quantificazione dell’indennità di buonuscita, quale quello delineato dall’art. 53, comma 6, citato, che non presenta lacune di alcun genere. Ma, a ben vedere, è la citata sentenza n. 366 del 2006 ad escludere che possa farsi applicazione di uno dei meccanismi di rivalutazione suggeriti dalla sentenza impugnata e dall’odierno ricorso incidentale, in quanto la Corte costituzionale ha giudicato la suddetta norma non in contrasto con i parametri costituzionali, sebbene non preveda alcuna forma di indicizzazione o di adeguamento monetario nel tempo dell’indennità in questione.

Su tutte le questioni qui dibattute si è pronunziata nuovamente questa Corte con sentenza n. 17987/09, con la quale sono state ribadite le conclusioni cui era pervenuta la già citata giurisprudenza.

In conclusione il ricorso principale deve essere accolto, mentre deve essere rigettato il ricorso incidentale.

Cassata la sentenza impugnata, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto della domanda di ricalcolo dell’indennità di buonuscita.

Le spese dei giudizi di merito e del giudizio di cassazione, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di ricalcolo dell’indennità di buonuscita.

Condanna P.G. alle spese dei giudizi di merito e di legittimità, liquidate per il primo grado in complessivi Euro 633,00 di cui Euro 420,00 per onorari ed Euro 208,00 per diritti, per il secondo grado in complessivi Euro 848,00 di cui Euro 635,00 per onorari ed Euro 208,00 per diritti, per il giudizio di legittimità in Euro 10,00 per esborsi ed in Euro 405,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA per ciascuno dei tre giudizi.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2010

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