Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4643 del 25/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2011, (ud. 13/01/2011, dep. 25/02/2011), n.4643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9799/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

L.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7/2005 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 01/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2011 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato ALBENZIO GIUSEPPE, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.R. impugnava l’avviso di accertamento relativo all’Irpef per l’anno d’imposta 1991 con il quale gli era stato contestata l’omessa dichiarazione d’imposta dei redditi da lavoro autonomo e, conseguentemente, calcolata la relativa imposta, oltre sanzioni ed interessi. L’ufficio resisteva.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva solo la domanda subordinata d applicazione della deduzione forfetaria del 10% di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 50 comma 8.

Proponeva appello l’Amministrazione; la Commissione Tributaria Regionale rigettava lo stesso ritenendo che, a norma di legge, la deduzione invocata possa essere applicata anche nell’ipotesi di omessa dichiarazione dei redditi da lavoro autonomo.

Contro tale ultima sentenza, di cui in epigrafe, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia propongono ricorso per cassazione fondato su motivo unico. L’intimato non controdeduce.

MOTIVAZIONE 1. In via preliminare, si deve rilevare l’inammissibilità, per difetto di legittimazione, del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, per non essere stato lo stesso parte del giudizio di appello, instaurato con ricorso della sola Agenzia delle Entrate (nella sua articolazione periferica) dopo l’11 gennaio 2001, con conseguente implicita estromissione dell’Ufficio periferico del Ministero (ex plurimis, Cass. S.U. n. 3116/06; Cass. 24245/04).

Non si ha luogo a provvedere in ordine alle spese di giudizio dal momento che la società contribuente non ha svolto attività difensiva.

2. L’agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 49 e 50; la violazione o falsa applicazione del D.L. n. 853 del 1984, convertito nella L. n. 17 del 1985, e del D.L. n. 70 del 1988, convertito nella L. n. 154 del 1988; con vizio della motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) per avere il giudice di merito erroneamente ritenuto che vada applicata la deduzione prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 50, anche nell’ipotesi di redditi scientemente non dichiarati, così ignorando quanto stabilito dal legislatore nel D.L. del 1984, come convertito e prorogato fino al 31.12.88.

La censura è infondata.

Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 50, (applicabile ratione temporis, oggi sostituito dall’art. 54), titola: “Determinazione del reddito di lavoro autonomo”, ed al comma 1 stabilisce: “Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni e costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione….”.

La ratio della norma è quella di fissare in maniera predeterminata e chiara il contenuto dell’obbligo della dichiarazione individuando quale sia la base imponibile di tale tipo di reddito. Il successivo comma 8 disciplina, nell’ambito del genere “lavoro autonomo”, delle ipotesi particolari tra cui quella del “reddito derivante dai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 49, comma 2, lett. a)”. Per tale ultima fattispecie astratta la norma stabilisce che il reddito a dichiararsi “è costituito dall’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, con esclusione delle somme documentate e rimborsate per spese di viaggio, alloggio e vitto relative alle prestazioni effettuale fuori del territorio comunale, ridotto del 10 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle altre spese”.

Dalla chiara lettera della norma si ricava che la disposizione in esame non è dettata allo scopo di concedere un beneficio fiscale, ma a quello di determinare, con riferimento ad una specifica sottospecie, la base imponibile da prendere in considerazione per calcolare l’imposta : secondo la norma la stessa è costituita dall’ammontare dei compensi depurato di alcune (individuate) spese, se documentate, e comunque del 10%, corrispondente ad una forfettizzazione di tutte le altre spese, da non documentare.

Da tale ricostruzione sistematica consegue che il contenuto di tale norma, non introducendo nè disciplinando un beneficio, deve trovare applicazione a prescindere dal comportamento del contribuente, e quindi anche nell’ipotesi di volontaria omessa dichiarazione di tale tipo di reddito.

Correttamente, pertanto, e con motivazione congrua il giudice dell’appello ha ritenuto che la deduzione in esame non sia esclusa nel caso di redditi non dichiarati. Manca infatti una base normativa sulla quale fondare la diversa interpretazione sostenuta dal ricorrente, nè tali possono essere considerate le norme suggerite dallo stesso, che anzi, a contraris, ulteriormente avvalorano il principio sopra enunciato.

Si tratta infatti di norme che, come fondatamente rileva il giudice dell’appello, introducono un regime speciale e comunque transitorio, che copre un periodo di tempo antecedente a quello in esame.

11 ricorso va pertanto respinto. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese del giudizio di legittimità atteso che l’intimato non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposta da Ministero dell’Economia e delle Finanze; rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2011

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