Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4640 del 25/02/2010
Cassazione civile sez. lav., 25/02/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 25/02/2010), n.4640
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 1889/2009 proposto da:
IPOST – ISTITUTO POSTELEGRAFONICI – GESTIONE COMMISSARIALE FONDO
BUONUSCITA POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del procuratore speciale
e Commissario, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 15,
presso lo studio dell’avvocato BUZZELLI Dario, che lo rappresenta e
difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato COGGIOLA
Alberto, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 732/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO del
10/6/08, depositata il 12/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio
dell’11/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI MAMMONE;
è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
Con ricorso al giudice del lavoro di Saluzzo, P.D., premesso di essere stato dipendente di Poste Italiane s.p.a. sino al 30.12.04, conveniva in giudizio l’IPOST – Istituto Postelegrafonici – Gestione commissariale Fondo buonuscita Poste Italiane s.p.a. per ottenere la riliquidazione dell’indennità di buonuscita sulla base dell’ultima retribuzione percepita al momento della cessazione del rapporto, anzichè al momento della trasformazione dell’Ente Poste Italiane in società per azioni (28.2.98), con condanna dell’Istituto convenuto al pagamento della differenza tra il dovuto e quanto già corrisposto. In subordine chiedeva che fosse dichiarato il suo diritto a percepire interessi e rivalutazione monetaria ex art. 2120 c.c., sull’indennità di buonuscita dal 28.2.98 alla data dell’effettivo saldo.
Accolta la domanda principale e condannato l’IPOST al pagamento della somma di Euro 3424,45, proponeva appello l’Istituto ed incidentale il P.. La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 732/08 depositata il 12.6.08, ritenendo che – in base al tenore letterale delle disposizioni legislative in materia ed in ottemperanza a principi di equità – l’indennità di buonuscita del dipendente postale vada liquidata sulla base del trattamento economico finale percepito dal lavoratore all’atto del pensionamento, respingeva l’impugnazione principale ed accoglieva l’incidentale dichiarando che la somma di cui alla condanna era da intendere al netto di ogni trattenuta.
Avverso questa decisione l’IPOST – Gestione commissariale Fondo buonuscita Poste Italiane s.p.a. ricorre con tre motivi. Il P. resiste con controricorso.
Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore generale ed è stata notificata ai difensori costituiti. IPOST ha depositato memoria.
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.
Con il primo motivo del ricorso principale l’IPOST sostiene che il testo delle norme di legge applicabili in materia (L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6, e del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 3) impone di ritenere che la buonuscita del dipendente postale, da calcolarsi alla data di trasformazione dell’Ente Poste Italiane in società per azioni (28.2.98), deve avere come base di computo il trattamento retributivo in godimento a tale data e non quello finale percepito al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Il motivo è fondato alla stregua della recente sentenza di questa Corte n. 28281/08, nella quale – anche sulla scorta dei principi enunziati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 366 del 2006, il cui contenuto è stato confermato dalla successiva ordinanza n. 444 del 2007 – è stato esaminato ogni aspetto della questione, pervenendosi alla conclusione che la data alla quale occorre fare riferimento per il calcolo della buonuscita è quella del 28.2.98, momento a partire dal quale il dipendente postale matura non più detta indennità, ma il trattamento di fine rapporto.
Il secondo motivo, con il quale si lamenta che la Corte d’appello “a conferma della pronunzia di primo grado, ha riconosciuto il diritto del Sig. P. agli interessi e alla rivalutazione monetaria sull’indennità di buonuscita dal momento della cessazione dal servizio”, è inammissibile, perchè dalla sentenza impugnata non risulta che avverso il capo della sentenza di primo grado che condannò IPOST agli accessori, questi propose appello.
Il terzo motivo, con cui si lamenta che la somma di cui alla condanna sia stata quantificata al netto di ogni ritenuta, resta assorbito.
Su tutte le questioni qui dibattute si è pronunziata nuovamente questa Corte con sentenza n. 17987/09, con la quale sono state ribadite le conclusioni cui era pervenuta la già citata giurisprudenza.
In conclusione il primo motivo deve essere accolto, il secondo deve essere dichiarato inammissibile ed il terzo è assorbito.
Cassata la sentenza impugnata, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto della domanda di ricalcolo dell’indennità di buonuscita.
Le spese dei giudizi di merito e del giudizio di cassazione, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibile il secondo e assorbito il terzo.
Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di ricalcolo dell’indennità di buonuscita.
Condanna P.D. alle spese dei giudizi di merito e di legittimità, liquidate per il primo grado in complessivi Euro 633,00 di cui Euro 420,00 per onorari ed Euro 208,00 per diritti, per il secondo grado in complessivi Euro 848,00 di cui Euro 635,00 per onorari ed Euro 208,00 per diritti, per il giudizio di legittimità in Euro 10,00 per esborsi ed in Euro 405,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA per ciascuno dei tre giudizi.
Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2010