Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4639 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4639 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 29343-2008 proposto da:
INTERCANTIERI VITTADELLO SPA in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DEI MONTI PARIOLI 48, presso lo studio
dell’avvocato MARINI GIUSEPPE, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato TOSI LORIS giusta
2014

delega a margine;
– ricorrente –

89

contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro
pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in

Data pubblicazione: 26/02/2014

ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende
ope legis;
– controricorrenti non chè contro

– intimato –

avverso la decisione n.
TRIBUTARIA

CENTRALE

di

8251/2007 della COMM.
ROMA,

depositata

il

22/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2014 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il controricorrente l’Avvocato MADDALO che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI LATISANA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.L’Ufficio provinciale IVA di Udine disponeva nei confronti della Cossu Costruzioni srl la ripresa
a tassazione di IVA per l’anno 1989, oltre sanzioni ed interessi, rilevando che detta contribuente,
conferitaria dell’azienda condotta da Cossu Luigi in forza dell’atto notarile del 31.10.1989, aveva
omesso di presentare la dichiarazione IVA relativa alle attività della conferita, producendo una
1.1 L’Ufficio, inoltre, richiedeva la restituzione del credito d’imposta relativo al rimborso IVA non
riconosciuto alla conferita.
2. La Cossu Costruzioni srl impugnava l’avviso di rettifica innanzi alla Commissione tributaria di I
grado di Udine, la quale accoglieva il ricorso.
3.L’Ufficio provinciale impugnava tale decisione innanzi alla Commissione tributaria di II grado di
Udine la quale, in parziale accoglimento dell’appello, dichiarava che la contribuente era tenuta al
solo versamento della sanzione di £.1.000.000, ai sensi dell’art.47 comma 1 n.3 del DPR n.633/72.
4.11 medesimo Ufficio proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria centrale che, con
sentenza n.8251/2007, depositata il 22 ottobre 2007, accoglieva l’impugnazione.
4.1 Osservava la CTC, per quel che qui ancora rileva, che nell’ipotesi di conferimento di ditta
individuale, la società conferitaria subentra in tutti i rapporti di diritto e negli obblighi relativi alla
ditta conferente e che per le eventuali passività della suddetta erano tenuti a rispondere i soci della
nuova società e non il titolare della ditta individuale.
4.2 Peraltro, non aveva rilievo la tesi della commissione di II grado circa la necessità di un
chiarimento normativo, avendo quel giudice acclarato che la decorrenza della variazione era
operante a subito dell’omologazione del tribunale.
5.La Intercantieri Vittadello SPA, incorporante per fusione della Cossu Costruzioni srl, ha proposto
ricorso per cassazione, affidato ad otto motivi, al quale ha resistito l’Agenzia delle Entrate con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
6.Con il primo motivo la società contribuente ha dedotto il vizio di insufficiente motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Lamenta che la CTC avevairo omesso di considerare
la circostanza che la ditta individuale conferente aveva puntualmente e regolarmente inserito nella
dichiarazione presentata le attività contestate dall’Ufficio senza che si fosse dunque prodotto alcun
danno all’erario.
7.L’Agenzia delle Entrate ha dedotto l’inammissibilità della censura, non controvertendosi su un
fatto ma sul principio di diritto considerato dalla CTC, a cui tenore il soggetto passivo ai fini IVA
1

dichiarazione annuale incompleta.

era da individuare nella società conferitaria e non nella impresa conferita, essendo pacifico fra le
parti il fatto che la prima aveva omesso di dichiarare le operazioni della seconda.
8.La censura è inammissibile, non risultando esposto un autonomo momento di sintesi contenente il
c.d. quesito in fatto che questa Corte richiede quando è prospettato il vizio di cui all’art.360 comma
1 n.5 c.p.c. nei procedimenti soggetti, come il presente, al regime di cui all’art.366 bis c.p.c. —cfr.ex
plurimis, Cass.n.3286113 e Cass.s.u. n.20603/07-.
8.1 V’è ancora da aggiungere, sempre sotto il profilo dell’inammissibilità, che la censura pone in
sarebbe incorsa la CTC per avere considerato la società conferitaria obbligata alla dichiarazione
IVA per le operazioni della impresa conferita, contestabile con le forme di cui all’art.360 comma 1
n.3 c.p.
9.Con il secondo motivo la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.28
DPR n.633/72, nel testo vigente ratione temporis. Lamenta che la CTC aveva fornito un’erronea
interpretazione dell’art.28 ult.cit., essendo la ditta individuale Cossu Luigi l’unica responsabile per
le operazioni svolte dalla stessa per il relativo inserimento nella dichiarazione dei redditi
dell’imponibile relativo alle fatture regolarmente emesse.
9.1 Inconducente doveva ritenersi il richiamo espresso dalla CTC ad un proprio precedente, per di
più in contrasto con quanto ritenuto da codesta Corte nella sentenza 21229 del 2006, nemmeno
potendosi ritenere che gli obblighi tributari fossero assimilabili a contratti o debiti che rimanevano
in capo alla conferita, proprio perché la dichiarazione dei redditi era mera dichiarazione di scienza
priva di valore negoziale.
9.2 Peraltro la soluzione espressa CTC contrastava con il principio della correlazione fra operazioni
imponibili ed attività d’impresa, che imponeva di considerare la cessazione dell’attività, successiva
alla conclusione della fase liquidatoria, come momento ultimo dal quale derivava la perdita del
diritto ad ottenere il rimborso di quanto versato fiscalmente~) in eccedenza.
10.L’Agenzia delle entrate ha dedotto l’infondatezza della censura, risultando la conferitaria tenuta a
rispettare gli obblighi di fatturazione e delle successive attività poste in essere dalla ditta individuale
non più esistente.
10.Con il terzo motivo la società ricorrente deduce la violazione dell’art.21 DPR n.633172, nel testo
ratione temporis vigente, non avendo la CTC considerato che la società conferitaria non poteva
emettere fatture relative ad operazioni già registrate dall’impresa individuale.
11. L’Agenzia ha dedotto l’infondatezza della censura, poiché la ditta individuale non poteva
fatturare alcunché, avendo l’obbligo di cessare la propria partita IVA per effetto dell’intervenuta
operazione che determinava il subentro della società conferitaria in tutti i rapporti giuridici
afferenti l’attività e negli adempimenti IVA a decorrere dalla data dell’atto di conferimento.
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discussione, sotto l’apparente formulazione di un vizio di motivazione, l’errore in diritto in cui

12.Con il quinto motivo di ricorso la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione
dell’art.35 del DPR n.633175 nel testo ratione temporis vigente.
12.1 Deduce che la disposizione di cui all’art.35 cit. non poteva essere interpretata come aveva fatto
la CTC dovendosi considerare, ai fini dell’efficacia della delibera che aveva disposto il
conferimento, l’epoca della iscrizione della stessa nel registro delle imprese del provvedimento di
omologa del tribunale e non quello dell’adozione della delibera che la CTC aveva invece
considerato.
testo vigente all’epoca dei fatti. E poiché la delibera dell’assemblea straordinaria dei soci della
società Parco est residence e.r.l. -poi divenuta per effetto della stessa delibera Cossu Costruzioni
Sri- era stata verbalizzata il 31.10.1989 e l’omologazione del tribunale di Udine risaliva al
12.12.1898, era evidente che il termine di 30 giorni per l’efficacia della variazione nei confronti
dell’amministrazione fiscale, che era soggetto terzo rispetto alla contribuente, andava a scadere il
giorno 11 gennaio 1990, anno d’imposta successivo a quello in contestazione.
13. L’Agenzia delle entrate ha dedotto l’inammissibilità ed infondatezza della censura.
13.1 Per un verso la stessa CTC aveva dato atto che secondo la Commissione di II grado il
momento rilevante ai fini dell’art.35 cit. era quello dell’adozione della delibera e poiché tale
statuizione, contenente una valutazione in fatto, non era stata impugnata, doveva ritenersi ormai
passata in giudicato;peraltro, la censura attribuiva alla CTC un errore in diritto che per contro lo
stesso giudice aveva desunto dalla decisione dei giudici di secondo grado.
13.2 Evidenziava, in ogni caso, l’infondatezza della censura non potendo considerarsi che gli effetti
della delibera fossero opponibili all’amministrazione fiscale dal momento della sua adozione, da
quel momento producendosi gli effetti costituitivi – distinti dalle questioni di opponibilità – una
volta che la delibera era stata omologata, non potendosi attendere la pubblicazione della stessa
perché essa fosse comunicata all’amministrazione.
14. Le tre censure sopra esposte meritano un esame congiunto in ragione della loro stretta
connessione ed appaiono prive di giuridico fondamento.
14.1 Ed invero, la parte ricorrente muove dal convincimento che la delibera societaria con la quale è
stato disposto l’aumento di capitale a seguito del conferimento dell’azienda individuale, adottata il
31.10.1989, omologata il 15 novembre 1989 dal tribunale di Udine ed iscritta nel registro delle
imprese il giorno 12 dicembre 1989- v.pag.43 e 44 ricorso introduttivo- non avrebbe avuto efficacia
alcuna fino all’esito dell’iscrizione della stessa nel registro delle imprese, in ragione della disciplina
codicistica all’epoca vigente. Da ciò deriverebbe l’illegittimità dell’operato dell’Ufficio in sede di
,
accertamento, avendo questi imputato alla conferitaria gli obbli lin tema di fatturazione e

ti

3

12.2 In questa direzione deponeva la disciplina civilistica – artt.2457-ter, 2436, 2411 cod.civ. nel

• liquidainone del tributo con riferimento a periodi in cui non era ancora operativa la variazione né
era decorso il termine di cui all’art.35 dpr n.633172.
14.2 La ricorrente parte, per sua stessa ammissione, dal presupposto che la disciplina dell’art.35 dpr
n.633172, nella versione ratione temporis vigente- avrebbe l’unico scopo di far conoscere
all’Amministrazione finanziaria le variazioni intervenute e di consentire, quindi, alla medesima, di
controllare l’osservanza di parte del contribuente degli obblighi in materia di imposta sul valore
aggiunto- così pag.42 ricorso-. Sicchè tale forma di pubblicità non avrebbe influito sull’opponibilità
poteva che determinare la decorrenza del termine di cui all’art.35 cit. dalla data di iscrizione nel
registro delle imprese del provvedimento di omologazione del tribunale.
14.3 Ora, reputa il Collegio che tale prospettiva non è conforme a legge.
14.4 La questione oggetto del presente giudizio riguarda la portata del ricordato art.35, nella
versione ratione temporis vigente, a cui tenore “In caso di variazione di alcuno degli elementi di cui
al precedente comma o di cessazione di attività, il contribuente deve entro trenta giorni farne
dichiarazione all’ufficio in duplice esemplare e in conformità al modello approvato con decreto
del Ministro delle finanze. Se la variazione importa il trasferimento del domicilio fiscale in
altra provincia, la dichiarazione deve essere contemporaneamente presentata anche al nuovo
ufficio ed ha effetto dal sessantesimo giorno successivo alla data della variazione. In caso di
cessazione dell’attività il termine per la presentazione della dichiarazione di cui al precedente
comma decorre, agli effetti del presente decreto, dalla data di ultimazione delle operazioni relative
alla liquidazione dell’azienda, per le quali rimangono ferme le disposizioni relative al
versamento dell’imposta, alla fatturazione, registrazione, liquidazione e dichiarazione.”
14.5 Orbene, il tema rimesso a questa Corte è quello di verificare la decorrenza del detto termine
di 30 giorni dalla variazione al quale fa esplicito riferimento la disposizione di natura fiscale,
derivando da tale decorrenza effetti diversi nei rapporti fra fisco, ditta conferita e società
conferitaria. Ma è sufficientemente chiaro che tale questione non elide l’ulteriore tema d’indagine,
pure agitato dalla parte ricorrente all’interno del ricorso, correlato alla circostanza che la ditta
conferente, all’atto dell’avvenuto conferimento con atto pubblico, aveva continuato ad emettere
fatture relative a prestazione eseguite, versando le corrispondenti quote di IVA, a fronte di un
comportamento inerte della conferitaria, per l’appunto asseritamente giustificato dalla circostanza
che l’operatività della variazione non aveva preso luogo dal compimento dell’atto di conferimento,
ma soltanto dal perfezionamento delle formalità previste in tema di delibere sociali che dispongono
un aumento di capitale.
14.6 Orbene, occorre anzitutto, evidenziare che l’art.35 ult.cit. non contempla alcun rinvio implicito
o esplicito alla disciplina codicistica in tema di effetti delle delibere sociali di cui agli artt.2457-ter
4

della delibera sociale all’Amministrazione che, stante il regime civilistico di opponibilità, non

(effetti della pubblicazione nel Bollettino Ufficiale delle società per azioni e a responsabilità
limitata), 2436( relativo alle deliberazioni che importano modificazioni dell’atto costitutivo) e
2411(effetti delle delibere in relazione all’omologazione e iscrizione nel registro delle imprese)
cod. civ.
14.7 Tale circostanza non è senza significato, a giudizio del Collegio, posto che essa postula un
rilievo prioritario attribuito dal legislatore fiscale alla comunicazione-entro un termine fisso-della
variazione. Ai fini fiscali ed in particolare ai fini IVA la variaLìone connessa al conferimento di
in capo alla conferitaria di tutti gli obblighi fiscali che la conferita aveva fino al momento del
conferimento.
14.8 Orbene nell’ottica dalla società contribuente qui ricorrente l’effetto del conferimento sarebbe
riconducibile alla definizione del sistema previsto dalle disposizioni codicistiche sopra ricordate e,
in particolare dell’art. 2457-ter, primo e secondo comma, c.c. che disciplinava il regime di
opponibilità ai terzi degli atti per i quali era prevista la pubblicazione, con l’effetto che, mentre
dopo quindici giorni dalla pubblicazione la modificazione statutaria era opponibile ai terzi juris et
de jure. Con l’ulteriore conseguenza che nel caso di mancata pubblicazione la modifica sociale non
sarebbe stata opponibile all’Amministrazione terza- chiaro sembra il riferimento ai principi espressi
da questa Corte , per i quali v.Cass. Sez. L. n. 2835/2009; Cass. n.4180/2001;Cass.n. n. 6096/1985-.
14.9 Ma l’errore di prospettiva che vizia la tesi appena esposta sta nel ritenere equiparabile la
posizione dell’Amministrazione a quella del terzo che l’ordinamento tutela impedendo che allo
stesso possano opporsi modifiche sociali prima del perfezionamento dei meccanismi di opponibilità
fissati a lvello codicistico.
14.10 Tale esigenza, tuttavia, appare estranea al sistema previsto dall’art.35 dpr n.633/73 che è,
anzitutto, esso stesso sostitutivo dei meccanismi di pubblicità civilistica nella misura in cui
regolamenta, ai fini del tributo Iva, gli obblighi di comunicazione delle variazioni e che, per altro
verso, aggancia direttamente al sorgere della variazione l’obbligo di comunicazione in capo al
contribuente- nel caso di specie conferitario che succede alla ditta individuale.
14.11 In questa prospettiva appare non condivisibile il tentativo di travasare nella vicenda per cui è
causa il tema della vigenza dei meccanismi di opponibilità ai terzi delle modifiche sociali che resta
totalmente estraneo a quello qui in esame, ove non vi è da tutelare alcun affidamento nei confronti
dell’amministrazione la quale, si trova di fronte ad un preciso obbligo, normativamente
determinato, incombente sul contribuente conferitario di comunicare la variazione.
14.12 Ed è evidente che tale obbligo non può che scaturire dal momento in cui lo stesso si è
prodotto nel mondo giuridico, appunto coincidente con l’atto di conferimento e contestuale delibera

5

ditta individuale in società integra una vicenda di tipo successorio che presuppone il trasferimento

• di aumento di capitale della società, in alcun modo rilevando la disciplina di opponibilità degli atti
societari nei confronti dei terzi.
14.13 Nessuna esigenza di salvaguardia dei terzi, in definitiva, può venire in gioco nella vicenda di
cui si discute, nella quale l’effetto traslativo si produce in capo al conferitario per effetto del
negozio di conferimento. E noto, infatti, che il conferimento di una ditta individuale in una società
costituisce una vicenda traslativa di tipo non successorio (Cass.n.24588/10), ma costituente cessione
d’azienda (Cass.n.19155/13), in virtù della quale il cedente acquista la posizione di socio della
14.14 Per quel che infatti riguarda il peculiare rapporto esistente fra fisco e contribuente ai fini delle
comunicazioni delle variazioni, lo specifico rilievo offerto dall’art.35 dpr n.633/72 alla variazione
degli elementi indicati dalla medesima disposizione lascia intendere che il legislatore fiscale si sia
preoccupato soltanto di imporre al contribuente tenuto alla comunicazione della variazione- il
conferitario, nella specie- l’adempimento dell’obbligo di comunicazione al momento in cui la
variazione avesse cominciato a produrre i propri effetti.
14.15 Si vuol dire, pertanto, che le esigenze correlate al regime di pubblicità fissate dal codice civile
al quale si è riferita la parte ricorrente non sembrano trovare conferma alcuna sul piano fiscale nel
quale, per converso, vi è non solo l’esplicita disciplina dei tempi entro i quali il contribuente è
tenuto alla comunicazione di variazione, ma anche la necessità prioritaria che, una volta divenuta
efficace la delibera modificativa, la stessa produca immediatamente i propri effetti nei confronti
dell’amministrazione finanziaria, nei cui confronti il contribuente assume precisi obblighi tutti
nascenti dal suo speciale rapporto con il Fisco.
14.16 Orbene, reputa la Corte che per effetto dell’atto di conferimento dell’azienda individuale e
della contestuale adozione della delibera sociale di aumento di capitale della conferitaria si sono
prodotti gli effetti propri del negozio traslativo voluti dalle parti in ragione dell’intervenuta
omologazione del tribunale della delibera sociale- avente efficacia retroattiva a partire dal
momento dell’adozione della delibera sociale(Cass.n.5416/1996)-.
14.17 Ciò non poteva che imporre alla società conferitaria l’assunzione degli obblighi relativi
all’avvenuto conferimento, con conseguente passaggio “ipso iure” di diritti ed obblighiCass.24588/2010 e Cass. n. 5141/2002-. A ciò si aggiunge che risultando l’IVA un’imposta
liquidata con riferimento all’anno solare in relazione e costituendo le liquidazioni periodiche
soltanto un momento provvisorio di determinazione del debito o del credito spettante solo con la
dichiarazione annuale — adempimento spettante alla conferitaria- era possibile evidenziare
l’eventuale esistenza di un credito ed iAiritto corrispondente alla detrazione, compensazione o
rimborso.

6

società (Cas s. n.21229/06).

14.18 Immune da vizi deve quindi ritenersi la decisione impugnata, la quale ha giustamente e
correttamente considerato che gli obblighi fiscali dovevano ritenersi sussistenti già per l’anno 1989
in capo alla conferitaria la quale, proprio considerando il termine di 30 giorni di cui al ricordato
art.35, non solo aveva l’obbligo di comunicare le rispettive variazioni connesse alla omologazione
della delibera societaria avvenuta il 15 novembre 1989, ma era tenuta a tutti gli adempimenti fiscali
relativi alla ditta conferita, fra i quali rilevavano gli obblighi di dichiarazione e di pagamento
dell’IVA. Ciò che doveva valere per tutte le operazioni successive alla delibera del 31.10.1989.
finanziaria, la quale ha più volte avuto modo di chiarire che nell’ipotesi di operazioni
straordinarie o altre trasformazioni sostanziali soggettive (qual è il conferimento di azienda),
in applicazione del principio di continuità tra i soggetti partecipanti alla trasformazione, la società
conferitaria subentra in tutti i diritti e obblighi del soggetto conferente (che si estingue) e, in
particolare, deve assolvere tutti gli adempimenti, agli effetti dell’Iva, successivi alla data di
trasformazione (cfr. risoluzione Ag.Entrate, 27 settembre 2007, n. 268; risoluzione 31 luglio
2007, n. 195; risoluzione Min.fin.29 luglio 1998, n. 93; circolare M.fin.16 luglio 1998, n. 188;
circolare 9 luglio 1998, n. 144;Risol.Ag.Entrate n.371/E del 13.12.2007 e, con specifico riferimento
agli effetti dell’omologazione la ricordata Ris.min.22 aprile 1980 n.381944).
14.20 Peraltro, mette conto rilevare che, spirando in data 5 marzo 1989 la data ultima per la
presentazione della dichiarazione IVA per il 1989, la società conferitaria aveva tutto il tempo per
regolarizzare la fatturazione e la dichiarazione delle operazioni omesse dalla ditta conferente
proprio in forza degli effetti dichiarativi e retroattivi dell’omologa, mentre scadeva prima della
chiusura dell’anno fiscale 1989 (e comunque prima del termine per la dichiarazione annuale) il
termine per la variazione IVA (art.35 cit.).
14.21 In conclusione, deve affermarsi la necessità di fare risalire gli effetti contabili delle
operazioni, in materia di IVA, ad una data precedente il compimento delle formalità pubblicitarie
civilistiche del negozio societario di conferimento, tanto più che in materia IVA l’art.35 prevede
un’autonoma forma di comunicazione a prescindere da quelle civilistiche (Cass.n.721/07,v. anche
arg. Cass. n.28693/2005).
14.22 Sulla base di tali considerazioni le censure esposte dalla parte ricorrente sono destituite di
giuridico fondamento.
15. Con il quarto motivo la società ricorrente ha dedotto la violazione del principio
dell’affidamento del contribuente sancito dall’art.10 L.n.212/2000, applicabile anche ai rapporti sorti
anteriormente all’entrata in vigore del c.d. Statuto del contribuente. Lamenta che l’Ufficio, dopo
avere inizialmente ritenuto che la conferita ditta fosse legittimata a chiedere il rimborso IVA, aveva
rigettato la richiesta con provvedimento impugnato dalla Cossu costruzioni innanzi al giudice
7

14.19 Le conclusioni sopra esposte sono in linea con quelle già recepite dall’amministrazione

tributario di primo grado che aveva accolto il ricorso.Ne conseguiva il mancato rispetto del
principio di affidamento e buona fede da parte dell’Ufficio.
16. L’Agenzia ha dedotto l’inammissibilità della censura, mai formulata nella fase di merito e
comunque l’infondatezza della stessa.
17. La censura è inammissibile.
17.1 Ed invero, dalla stessa narrazione dei fatti contenuta nel ricorso da parte della società
ricorrente emerge con certezza che la contribuente, nel contestare la legittimità dell’avviso di
Ne consegue l’inammissibilità della stessa in ragione della novità delle contestazioni per la prima
volta formulate in sede di legittimità.
18. Con il sesto ed il settimo motivo la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione
degli artt.3 comma 2 e 25 c.2 del d.lgs.n.472/1997 e la violazione del principio di legalità e
dell’art.16 d.lgs.n.471/1997. Lamenta che l’Ufficio, applicando le sanzioni per l’omessa fatturazione
di operazioni imponibili e non imponibili e per l’omessa di dichiarazione con imposta inferiore di
oltre un decimo a quella dovuta non aveva considerato che le violazioni contestate erano state
abrogate per effetto dell’art.43 comma 2 DPR n.633172. Ragion per cui l’ufficio avrebbe dovuto fare
applicazione del principio del favor rei.
19. L’Agenzia ha dedotto l’infondatezza delle censure, rilevando che l’abrogazione di cui agli artt.28
e 43 DPR n.633/72 non aveva eliso l’illiceità della dichiarazione infedele e degli obblighi relativi
alle registrazioni di operazioni imponibili, tuttora previste dagli artt.5 comma 4 e 6 comma 1
d.lgs.n.471/1997. Pertanto l’ufficio aveva correttamente applicato la sanzione più favorevole
prevista dalla nuova disciplina.
20. Le due censure sono inammissibili, introducendo contestazioni che non risultano esposte nel
corso del giudizio di merito, alla stregua di quanto esposto dalla società contribuente nel ricorso e
della sentenza impugnata. Si tratta, pertanto, di censure prospettate per la prima volta in sede di
legittimità che non possono passare al vaglio di questa Corte.
21. Con l’ottavo motivo la società ricorrente ha dedotto la violazione dell’art.10 L.n.212/2000 in
relazione alla natura formale e non sostanziale delle violazioni contestate.
22. L’Agenzia delle entrate ha dedotto l’inammissibilità della doglianza, trattandosi di eccezione non
riproposta nel giudizio innanzi alla CTC che doveva pertanto ritenersi non rinunciata.
22.1 Aggiunge che la valutazione circa la natura formale o sostanziale dell’infrazione atteneva al
merito e non poteva essere impugnata in sede di legittimità se non con le forme del vizio di
motivazione. Peraltro non poteva affatto ritenersi l’esistenza di una violazione formale, avendo
l’omessa fatturazione inciso sulle liquidazioni periodiche e sulla dichiarazione finale della società
conferitaria.
8

rettifica, non aveva posto a fondamento il contenuto della censura esposta nel motivo qui in esame.

Al
1, _
23. La censura è inammissibile, non risultando che la parte contribuente, nel corso del giudizio
innanzi alla CTC, l’abbia riproposta ritualmente in modo da indurne l’esame da parte dello stesso
giudice.
23.1 Nel merito la censura sarebbe infondata.
23.2 Appare infatti evidente che l’omessa dichiarazione di fatture e l’omessa dichiarazione IVA non
possono integrare mera violazione di carattere formale, andando ad incidere sulle voci debitorie e
creditorie del contribuente nei confronti del fisco sottratte alla disponibilità del contribuente ed
tali dalla normativa di settore-v., a proposito della natura sostanziale dell’obbligo di comunicazione
di istituzione di filiale Cass.n.4188/1991-.
24. Il ricorso va per l’effetto rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle
spese processuali
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore
dell’Agenzia delle entrate in euro 12.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso il 14.1.2014 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

invece sorrette da precisi obblighi di natura fiscale incombenti sui soggetti di imposta considerati

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