Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4637 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4637 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 2059-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

BELLENTANI AUTOVEICOLI SPA in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria della
CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato RUOZZI EDGARDO con studio in MODENA

Data pubblicazione: 26/02/2014

CORSO CANALCHIARO 116 (avviso postale) giusta delega a
margine;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 72/2008 della COMM.TRIB.REG. di
BOLOGNA, depositata il 28/11/2008;

udienza del 13/01/2014 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il controricorrente l’Avvocato RUOZZI
FEDERICO delega Avvocato RUOZZI EDGARDO che si riporta
agli scritti difensivi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’Agenzia delle Entrate di Modena notificava alla società Bellentani Autoveicoli spa un
avviso di accertamento relativo all’anno 2003 che rettificava le operazioni imponibili della
contribuente in relazione agli accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza dai quali
emerse l’indebita applicazione del c.d. regime del margine ad operazioni invece inquadrabili
2. La società contribuente, per quel che qui rileva, impugnava l’avviso innanzi alla CTP di
Modena che lo accoglieva. A fronte dell’appello proposto dall’amministrazione la CTR
dell’Emilia Romagna, con sentenza n.72 depositata il 28 novembre 2008 rigettava
l’impugnazione.
3. Secondo il giudice di appello il regime del margine previsto dall’art.36 d.1.n.41/95 non
prevedeva a carico dell’acquirente la verifica delle condizioni legittimanti l’utilizzo
dell’agevolazione, ammettendosene l’applicabilità nel caso in cui il soggetto passivo non
fosse in grado di percepire o conoscere l’eventuale illegittimità degli atti precedenti.
Secondo la CTR il cessionario era tenuto a verificare che il cedente fosse soggetto passivo
IVA, che il mezzo avesse percorso oltre 6000 chilometri e risultasse immatricolato da più di
sei mesi e che in fattura fosse indicato il regime del margine, ma non certo di accertare la
veridicità di quanto applicato dal cedente UE. Per di più la Corte di giustizia aveva
riconosciuto che il sistema del margine non era impedito dalla frode perpetrata da uno dei
precedenti cedenti del bene ove il cessionario ultimo non fosse a conoscenza o non potesse
conoscere la frode.
4. La CTR rilevava che l’indicazione del regime del margine contenuta nelle fatture emesse
dai cedenti aveva determinato un affidamento nei confronti della società contribuente ,
nemmeno essendo emerso alcun coinvolgimento della stessa nella frode commessa dal
cedente comunitario.
5. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a 3 motivi al quale ha
resistito la società contribuente con controricorso.

moTrvi DELLA DECISIONE
6.Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione dell’art.36
d.l.n.41/95 conv. nella 1.n.85195 e modificato dal d.l.n.41/95, in relazione all’art.360 comma 1 n.3
C.P.C. Deduce che gli accertamenti fiscali avevano consentito di appurare che i cedenti stranieri
erano tutti fornitori comunitari e che tra questi la società britannica Media cars LTD aveva emesso
per le vetture cedute una doppia fattura in modo da fare figurare nelle fatture in possesso della

fra gli scambi intracomunitari di autoveicoli usati.

cedente la natura di cessione intracomunitaria soggetta ad IVA ordinaria e in quella in possesso del
cessionario l’applicazione del regime del margine.
6.1 Chiariva ancora che per le altre società estere fornitrici era risultato che le cessioni di vetture
erano state tutte inserite nei modelli Intrastat, come era emerso dalla consultazione del Sistema
informativo del Ministero delle Finanze- circostanza esposta a pag.3 dell’avviso ed a pag.4 dell’atto
di appello-. Peraltro, dall’ispezione nei locali della contribuente era emerso che in quattro libretti di
di autonoleggio o da rivenditori di automobili. Orbene, rispetto a tale compendio di elementi, la
CTR si era limitata ad affermare che la cessionaria non aveva alcun compito di verificare la
veridicità di quanto affermato dai cedenti, tralasciando di considerare che il regime del margine
richiedeva l’esistenza in via obiettiva di precisi presupposti, in ragione dei quali il bene per il quale
il cedente aveva potuto detrarre l’IVA sull’acquisto non poteva fruire di tale regime. Proprio
l’esame degli elementi probatori anzidetti avrebbe consentito di escludere la legittimità dell’operato
della contribuente all’atto di applicare il regime speciale del margine, che costituiva deroga rispetto
a quello ordinario. La circostanza che le autovetture usate fossero state tassate a monte con
detrazione dell’IVA impediva il riconoscimento di tale meccanismo, dotato di connotazione
prettamente obiettiva.
7.Con il secondo motivo l’Agenzia ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art.36
d.l.n.45/95 conv. nella 1.n.85195 e modificato dal d.l.n.415/1995, nonché dell’art.2697 c.c., in
relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. La ricorrente evidenzia che la Ctr aveva omesso di
considerare che l’onere di provare l’esistenza dei presupposti per fruire del regime speciale del
margine incombeva sul contribuente cessionario, in questo modo non solo tralasciando di esaminare
tutti quegli elementi che, esposti nel primo motivo, avrebbero escluso l’accesso a tale sistema, ma
anche omettendo di considerare che il mero riferimento formale in fattura dell’applicazione del
regime del margine non poteva affatto giustificare in via automatica l’applicazione dello stesso.
8.Con il terzo motivo l’Agenzia ha dedotto il vizio di insufficiente motivazione su un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c. Lamenta, in via
subordinata rispetto alle altre censure, che la CTR aveva taciuto ogni riferimento al fatto che dai
modelli Intrastat presentati dai cedenti stranieri fosse risultato che si

trattava di cessioni

intracomunitarie soggette al regime IVA ordinario, come anche sulla circostanza che i libretti di
circolazione rinvenuti contenessero indicazione circa l’operatività dei soggetti cedenti nel settore
del noleggio auto.
9.La società contribuente, nel controricorso, ha dedotto l’inammissibilità del ricorso che non
conteneva una compiuta disamina della vicenda in esame, avendo trattato in modo unitario tre

circolazione relativi ad auto invendute rinvenute era risultato che le stesse provenivano da società

.
. . .
diversi avvisi di accertamento solo parzialmente sovrapponibili, senza specificare le peculiarità di
ogni singola fattispecie.
9.1 Evidenziava, in ogni caso, l’inammissibilità per inidoneità dei quesiti era infondatezza delle
censure. Anzitutto, l’eventuale inserimento dei beni nei modelli Intrastat non era probante in ordine
alla mancata applicazione del regime del margine. Peraltro, essa società non poteva accedere né alla
documentazione posseduta dal commercialista britannico della Media Cars Ltd né tanto meno a
diversamente affermato dall’Agenzia, né nell’avviso né nell’atto di appello dell’Ufficio-.
9.2 Quanto al terzo motivo, lo stesso aveva omesso di prendere in esame la parte della motivazione
del provvedimento impugnato che aveva escluso il coinvolgimento della società contribuente nella
frode commessa dal cedente comunitario.
10. Le censure esposte dall’Agenzia meritano un esame congiunto ed appaiono fondate nei limiti di
seguito esposti.
10.1 Quanto alla ammissibilità dei primi due motivi, le censure esposte sul punto dalla
controricorrente non sembrano cogliere nel segno, se solo si consideri che i due quesiti di diritto
collegati ai motivi contengono, in via sintetica, il riferimento tanto alla vicenda concreta che il
prospettato vizio di violazione di legge.
10.2 Nel merito le censure appaiono parzialmente fondate.
10.3 Occorre premettere che il giudice di appello, nel ritenere illegittima la pretesa fiscale azionata
sul presupposto che non potesse trovare applicazione il c.d. regime del margine disciplinato dal
D.L. n. 41 del 1995, art. 36, conv. nella L. n. 85 del 1995, ha valorizzato la circostanza che non
potesse gravare sulla contribuente l’onere di verificare la veridicità di quanto applicato dal cedente
EU, non potendo sindacare le valutazioni giuridiche espresse. Secondo la CTR gli elementi
necessari- e sufficienti- per riconoscere il regime derogatorio di cui agli artt.36 d.l.n.41/95
sarebbero costituiti dal carattere usato dei veicolo immatricolato con oltre 6000 chilometri e dalla
previsione in fattura dell’applicazione del regime del margine. Nessun onere di verifica
incomberebbe sul cessionario rispetto alla veridicità di quanto attestato dal cedente, creandosi in
capo al predetto un legittimo affidamento in relazione a quanto indicato dal cedente.
10.4 Orbene, la trama argomentativa esposta dalla CTR non è conforme ai principi giurisprudenziali
sedimentati a proposito dell’applicazione del regime derogatorio del margine agli acquisti di
autovetture usate da fornitore comunitario.
10.5 Giova sul punto rammentare che questa Corte ha ormai pacificamente riconosciuto che il
regime del margine già sopra ricordato si applica in quanto il contribuente riesca a dimostrare la
sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano la deroga al normale regime impositivo (cfr.

quella relativa ai modelli Intrastat- elemento, che, peraltro, non era stato esposto, ad onta di quanto

Cass. 31.1.2011 n. 2227). Ragion per cui il difetto di tale prova comporta l’inapplicabilità
del regime de quo (cfr. Cass.31.1.2011 n. 2227).
10.6 Ne consegue che il “rischio fiscale” della operazione intracomunitaria, realizzata con
applicazione del regime del margine ma in difetto dei presupposti richiesti, non può che ricadere sul
cessionario che, nei limiti imposti dall’onere di diligenza richiesto in base alle concrete circostanze,
non abbia verificato preventivamene la regolarità sostanziale della operazione (e non soltanto la
verifica, in dipendenza della qualità professionale del cessionario, ove trattasi di operatore
commerciale del settore- v., da ultimo, Cass.n^ 4522, 4524 e 4525/2013-.
10.7 Si è parimenti avuto modo di chiarire che costituisce condizione indefettibile di applicabilità
di tale regime la indeducibilità dell’Iva versata “a monte” dal cedente-operatore comunitario in
occasione dell’acquisto del bene successivamente rivenduto all’importatore in altro Paese membro
(ovvero si rende necessario che il cedente abbia assolto l’IVA in modo definitivo, senza avere
esercitato ne’ avere potuto esercitare alcuna rivalsa: altrimenti, in luogo di evitare una doppia
imposizione, si attribuirebbe al cessionario una ingiustificata agevolazione fiscale), dovendo in
conseguenza il cedente, soggetto passivo di imposta comunitario, rispondere ad uno dei seguenti
“requisiti soggettivi” individuati dal D.L. n. 41 del 1995, art. 36, comma 1, conv. in L. n. 85 del
1995: 1) soggetto che sia privato consumatore; 2)soggetto che non abbia potuto detrarre l’imposta
(avendo destinato i beni ad una attività esente); 3) soggetto che agisca in regime di franchigia nel
proprio Stato membro; 4) soggetto che abbia, a sua volta, assoggettato il proprio acquisto al regime
del margine di utile-cfr.Cass.n.8828/2012-.
10.8 In definitiva, si è ritenuto che il difetto della prova in ordine alla sussistenza dei requisiti
previsti dal regime del margine comporta l’inapplicabilità del regime “de quo”, indipendentemente
dalla consapevolezza che della inesistenza dei presupposti abbia avuto il cessionario, potendo
eventualmente tale difetto di consapevolezza incidere solo sull’aspetto sanzionatorio (cfr. Cass.
n.2227/2011 e Cass.n.8635/2012).
10.9 Ne consegue che il “rischio fiscale” della operazione intracomunitaria, realizzata con
applicazione del regime del margine, ma in difetto dei presupposti richiesti ricade sul cessionario
che, nei limiti imposti dall’onere di diligenza richiesto in base alle concrete circostanze, non abbia
verificato preventivamene la regolarità sostanziale della operazione (e non soltanto la regolarità
formale della fattura) anche con riferimento alla condizione soggettiva del cedente, risultando
maggiore il grado di impegno esigibile nella predetta verifica, in dipendenza della qualità
professionale del cessionario, ove trattasi di operatore commerciale del settore -Cass.n.8635/12-.
10.10 Si è poi di recente ribadito che, proprio con riguardo alle ipotesi di cessioni provenienti da

regolarità formale della fattura), risultando maggiore il grado di impegno esigibile nella predetta

soggetti operanti nel commercio di autovetture, il corretto adempimento degli oneri formali di
documentazione della cessione (ed in particolare la annotazione in fattura, da parte del cedente, del
regime del margine di utile) non esaurisce, in ogni caso, la prova della effettiva esistenza dei
presupposti soggettivi ed oggettivi che consentono l’applicazione del regime speciale dell’IVA alla
operazione di cessione del bene. Tutto ciò non comporta, evidentemente, che la documentazione
contabile rispondente ai requisiti di regolarità formale sia da ritenersi in assoluto irrilevante,
applicare la imposta sulla base imponibile ridotta, ma soltanto che la mancanza di corrispondenza
tra la rappresentazione documentale della operazione di cessione del bene in regime del margine e
quella invece effettivamente realizzata dalle parti (ordinaria operazione di cessione intracommitaria
assoggettata ad IVA, in relazione al valore di transazione del bene indicato in fattura, nel Paese di
destinazione: art. 38 DL 30.8.1993 n. 331 conv. in legge 29.10.1993 n. 427), può essere certamente
contestata dall’Ufficio finanziario, ove emergano elementi oggettivi -idonei a fondare anche
accertamenti di tipo presuntivo- che privino di attendibilità le indicazioni contenute nella fattura
emessa nei confronti del cessionario, in tal caso insorgendo a carico di quest’ultimo, quale soggetto
che intende avvalersi del regime speciale in deroga al sistema ordinario di applicazione dell’IVA
concernente gli acquisti interni ed intracomunitari, l’onere di provare la sussistenza dei presupposti
che ne consentono l’applicazione, e, quindi, la mancata detrazione dell’IVA “a monte” da parte del
cedente (cfr. Cass.n.866/2012;Cass.n. 8828/2012; Cass.n.15219/2012).
10.11 D’altra parte, proprio in ordine alla rilevanza dei libretti di circolazione, ai fini di escludere la
ricorrenza dei presupposti per fruire del detto regime, questa Corte è ferma nel ritenere che l’esame
di tale documentazione, ben lungi dal costituire elemento probatorio in ordine all’esistenza
dell’operata detrazione dell’IVA da parte del cedente, assume capacità indiziante-ai fini della
costruzione dello schema logico presuntivo ex art. 2727 e 2729 c.c.- in ordine alla intestazione
proprietaria, risultante dal libretto di circolazione, in capo a soggetti che svolgono attività
economica avente ad oggetto l’acquisto e la cessione, ovvero il noleggio o la concessione in leasing
di autoveicoli, trattandosi di soggetti passivi d’imposta che impiegano i veicoli come beni
strumentali o comunque “inerenti” l’attività economica svolta e che, pertanto, sono legittimati ad
esercitare il diritto di detrazione l’IVA corrisposta in rivalsa con l’acquisto a monte.
10.12 Applicando i superiori principi al caso qui all’esame della Corte, deve quindi ritenersi che la
C’TR non si è ad essi uniformata, per un verso affermando che il cessionario può limitarsi a fare
affidamento sull’indicazione del regime del margine in fatture e, per altro verso, ritenendo che
questi sia esonerato dall’onere di provare la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione del regime
derogatorio in tema di iva per il fatto che esista un’indicazione di tale sistema nelle fatture del

essendo comunque necessario il possesso di tale documentazione per l’esercizio del diritto ad


cedente.
10.13 L’omessa considerazione degli elementi indicati dall’Agenzia- e segnatamente dei libretti di
circolazione e delle risultanze dai medesimi emergenti- ha quindi inficiato la decisione impugnata.
10.14 Quanto invece alla questione relativa agli autoveicoli per i quali l’Ufficio ha tratto il
convincimento che si trattasse di beni anch’essi soggetti al regime ordinario per effetto della
verifica al sistema informativo relativo ai modelli Intrastat che il contribuente è tenuto a compilare
merito a verificare se tale elemento era stato, anzitutto, ritualmente e tempestivamente dedotto
dall’Agenzia — in relazione a quanto dedotto dalla controricorrente- e, secondariamente, se lo stesso
poteva ritenersi nella piena disponibilità del cessionario. E sempre il giudice di merito sarà
chiamato a verificare, rispetto alla complessiva pretesa fiscale esposta dall’Ufficio, la ricorrenza di
elementi oggettivi idonei a dimostrare che la cessionaria sapeva o non poteva non sapere
dell’esistenza di una circolazione del bene incompatibile con il regime derogatorio del margine.
10.14 Tali conclusioni, d’altra parte, appaiono in linea con quanto anche di recente affermato dalla
giurisprudenza comunitaria in ordine all’affidamento del contribuente circa l’esistenza dei
presupposti per accedere alla forma agevolata di IVA regolata dall’art.26 bis della sesta direttiva
CEE.
10.15 Ed infatti, proprio il carattere speciale del regime del margine è stato più volte sottolineato
dalla Corte di giustizia la quale, individuando la portata interpretativa dell’art. 314 della direttiva
2006/112- che riproduce fedelmente l’art. 26 bis della c.d. sesta direttiva CEE, – ha ribadito come
il regime d’imposizione sull’utile realizzato dal soggetto passivo-rivenditore in occasione della
cessione di beni d’occasione quali quelli di cui trattasi nel procedimento principale costituisce
un regime particolare dell’IVA, che deroga al sistema generale della direttiva 2006/112 – cfr.Corte
Giust. 19 luglio 2012, causa C-160/11, Bawaria Motors sp. z o.o., p.28 e Corte Giust. 3 marzo
2011, Auto Nikolovì, causa C 203/10, punto 46- così confermando i principi espressi con riguardo
all’art. 26 bis dir.- per cui v.Corte Giust. 8 dicembre 2005, Jyske Finam, causa C 280/04, p. 35-.
10.16 D’altra parte, nelle pronunzie rese dalla Corte di Giustizia, l’affermazione secondo cui il
soggetto passivo d’imposta non può essere considerato responsabile della intenzione del terzo di
agire in frode alla applicazione dell’IVA è mediata dalla condizione essenziale che detto
contribuente “non aveva o non doveva avere conoscenza” della frode (cfr. Corte giustizia CE 3^
sez. 12.1.2006 in cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03). Rimane pur sempre compito
dell’autorità giudiziaria nazionale negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla
luce di elementi obiettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamentecfr.Corte Giust. 3 marzo 2005, C 32/03, Fini H, p.34-. Ragion per cui soltanto “gli operatori che

in caso di acquisti intracomunitari ai sensi dell’art.50 d.l.n.331/1993, dovrà essere il giudice di

adottano tutte le misure che si possono loro ragionevolmente richiedere a fine di assicurarsi che le
loro operazioni non facciano parte di una frode”, possono fare affidamento sulla liceità di tali
operazioni. Pertanto, un soggetto che “sapeva o avrebbe dovuto sapere che con il proprio acquisto
partecipava ad una operazione che si iscriveva in frode all’IVA ” non può allegare la buona fede a
garanzia dei diritti di detrazione o rimborso vantati in relazione alle operazioni compiute (cfr. Corte
giustizia CE 6.7.2006 in cause rinite C-439/04 e C- 440/04) V’è ancora da aggiungere che secondo
e Corte giustizia 6.9.2012 causa C-324/11, Gabor Toth, punto 50- 51 la prova presuntiva debba
essere fondata su “elementi oggettivi” e cioè indizi concludenti in ordine alla esistenza di una
situazione che in quanto caratterizzata da irregolarità, anomalie, incompletezza informativa,
imponeva al soggetto passivo di esperire ulteriori verifiche in ordine alla regolarità fiscale
dell’operazione ); 2- della “preventiva” adozione da parte del contribuente di tutte le misure
ragionevolmente esigibili al fine di assicurarsi che l’operazione che deve essere effettuata non lo
conduca a partecipare ad un’evasione tributaria (cfr. Corte giustizia 6.7.206, causa C-439/04 e C44004, Kittel punto 51; Corte giustizia 21.6.2012 cause riunite C-80/11 e C-142/11, Mahageben kft
e Peter David, punto 54).
10.17 A tali principi si è di recente uniformata questa Corte, ritenendo che la responsabilità del
soggetto cessionario per l’obbligazione tributaria derivante dal fatto illecito del cedente, o del terzo
comunque inseritosi nella catena delle cessioni del bene, rimane esclusa dalla condizione essenziale
che detto contribuente “non aveva o non doveva avere conoscenza” della frode, fermo restando che
la buona fede del cessionario può essere riconosciuta soltanto agli “operatori che adottano tutte le
misure che si possono loro ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che le loro operazioni
non facciano parte di una frode”, in quanto solo all’esito di tali adempimenti può ravvisarsi un
incolpevole affidamento sulla liceità di tali operazioni. Diversamente, un soggetto che “sapeva o
avrebbe dovuto sapere che con il proprio acquisto partecipava ad una operazione che si iscriveva in
frode all’IVA” non può allegare la propria buona fede a garanzia dei diritti di detrazione o rimborso
vantati in relazione alle operazioni compiute -cfr.Cass.n.20302/2013-.
10.18 E’ poi il caso di chiarire, in relazione alle difese spiegate dalla controricorrente, che se è vero,
come sostanzialmente ritenuto dalla CTR, che il dato concernente la detta qualità soggettiva delle
ditte cedenti non esclude la “possibilità” che anche i soggetti passivi d’imposta realizzino operazioni
di cessione di veicoli non impiegati strumentalmente nell’attività economica o vi siano altri soggetti
che si sono interposti nella catena di vendite senza fruire della detrazione – perché il bene è stato
acquistato da un privato non soggetto passivo, ovvero da un soggetto passivo che a sua volta aveva
già beneficiato del regime del margine di utile- tali ipotesi non inficiano affatto la capacità

Corte giustizia 21.6.2012 cause riunite C-80/11 e C-142/11, Mahageben kft e Peter David, punto 50

indiziante che va riconosciuta al dato rilevato dal libretto di circolazione, atteso che l’operazione
logica che dal fatto noto (1-i veicoli sono beni strumentali all’esercizio delle attività d’impresa svolte
dalle società che scambiano autoveicoli o li concedono in godimento; 2- i soggetti passivi che
acquistano beni strumentali all’esercizio della impresa hanno diritto a detrarre l’IVA corrisposta
all’acquisto) perviene alla conoscenza del fatto ignorato (i soggetti predetti hanno detratto l’IVA
monte) va compiuta alla stregua di relazioni di inferenza fondate sulla “probabilità” -e non sulla
presupposizione necessaria, su dati statistici rilevati dall’osservazione fenomenica, su nozioni
teoriche tratte dalle discipline scientifiche, economiche, giuridiche, tecniche nonché sulle prassi
applicative di tali discipline) che consentano di ritenere dotata di un elevato grado di certezza la
conseguenza che si intende far derivare da uno o da un complesso di fatti accertali- così,
testualmente, Cass.n.20302/13-.
10.19 Orbene, fermi i superiori principi che questo Collegio pienamente condivide, le censure
esposte dalla parte ricorrente sono nei limiti sopra esposti fondate, apparendo parimenti carente la
motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui l’indagine si è unicamente sviluppata
sull’esame delle fatture in possesso del cessionario senza tenere in considerazioni i principi sopra
esposti che avrebbero, per contro, dovuto imporre al giudicante un più ampio spettro del materiale
probatorio ritualmente inserito nel procedimento.
11. Sulla base di tali considerazioni ed in accoglimento per quanto di ragione dei motivi proposti
dalla parte ricorrente la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR
dell’Emilia Romagna perché svolga un nuovo esame sulla base di quanto sopra esposto.
P.Q.M.

la Corte
Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR dell’Emilia
Romagna per nuovo esame, la quale pure provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di
legittimità.
Così deciso il 13.1.2014 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

mera possibilità- e dunque su criteri di regolarità causale degli accadimenti (fondati su nessi di

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