Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4637 del 25/02/2010

Cassazione civile sez. II, 25/02/2010, (ud. 25/01/2010, dep. 25/02/2010), n.4637

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1920/2005 proposto da:

CINEMA ARENA ASTRA SRL IN LIQUIDAZIONE P. IVA (OMISSIS), in

persona del Liquidatore pro tempore G.S., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA THAILANDIA 27, presso lo studio

dell’avvocato gatti cesare, rappresentato e difeso dall’avvocato

PAOLILLO Francesco Paolo M.;

– ricorrente –

contro

S.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, V CADUTI GUERRA DI LIBERAZIONE 312, presso lo studio CASALE,

rappresentato e difeso dagli avvocati CEPOLA Gennaro, CARUSO

DOMENICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n, 71/2004 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 13/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/01/2010 dal Consigliere Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;

udito l’Avvocato Fabio Massimo ORLANDO, con delega depositata in

udienza dell’Avvocato CEFOLA Gennaro difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 4 dicembre 1993 la Cinema Arena Astra s.r.l. proponeva opposizione davanti al Tribunale di Trani contro il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti ed in favore dell’arch. S.M. per la somma di L. 397.147.070 a titolo di compenso per prestazioni professionali relative alla progettazione di alcuni fabbricati.

A fondamento della opposizione la società deduceva che all’arch.

S.M. era stato conferito solo un incarico per la redazione di un progetto di massima, e di non avere comunque mai ricevuto dallo stesso alcun progetto esecutivo, il preventivo sommario, le tavole degli esecutivi dei particolari costruttivi e decorativi.

Con sentenza in data 5 gennaio 2000 il Tribunale di Trani accoglieva parzialmente l’opposizione, riducendo la condanna della società opponente al pagamento in favore dell’opposto della complessiva somma di L. 65.000.000.

L’arch. S.M. proponeva appello, che veniva accolto dalla Corte di appello di Bari, che condannava la società Cinema Arena Astra s.r.l. al pagamento della somma di Euro 164.715,60, in base alla seguente motivazione, per quanto riguarda il conferimento dell’incarico l’esecuzione dello stesso, la debenza del compenso principale:

E’ certo che l’incarico professionale conferito all’arch. S. era relativo alla completa progettazione architettonica dei fabbricati indicati nella parcella del professionista, e non alla redazione di progetti di massima dei detti fabbricati, altrimenti non avrebbe alcun senso il pagamento di un acconto di L. 20.000.000, la revoca della stessa dell’incarica e la lamentela in ordine al ritardo nell’approntare gli esecutivi relativi alle costruzioni ed ancor più alla domanda riconvenzionale di danni per il ritardo e, quindi, per l’inadempimento del professionista.

Del resto, in una lettura del 20-10-93, la stessa società riconosce che l’appellante aveva, se pur “con gravi ritardi”, apportato adeguamenti ai progetti secondo le indicazioni dei diversi professionisti cui era stata affidata la redazione dei progetti per gli impianti e per le strutture in c.a., e comunque in primo grado la difesa della società, al contrario che in questo grado, era più che altro imperniata sul fatto che l’arch. S. aveva solo eseguito la progettazione di massima e non sulla limitazione dell’incarico conferito, tant’è che veniva addebitato il ritardo nel completamento delle tavole e la mancata adesione a richieste di modifiche progettuali.

La decisione della controversia dipende, quindi, dalla definizione degli elaborati esibiti nel giudizio dall’appellante principale e documentanti la prestazione professionale espletata, e dall’accertamento dell’epoca in cui detti elaborati furono redatti, in particolare se prima o dopo la revoca dell’incarico comunicata all’architetto con racc. del 18-9-93.

Orbene rileva la Corte che l’arch. S., dopo aver ricevuto la raccomandata di revoca, molto probabilmente il giorno dopo il 18, ha immediatamente invitato la soc. Astra al ritiro di tutti gli elaborati concernenti la progettazione in questione, per il giorno 28- 9-93 nel suo studio, e quindi il 4-10-93 ha presentato al Consiglio dell’Ordine la parcella redatta, per il previsto parere di congruità, con allegate tutte le tavole progettuali indicate nella parcella stessa ed esibite poi in giudizio, tutte riportanti il timbro a secco del Consiglio stesso.

Non è pensabile, quindi, che il Consiglio dell’Ordine, nella valutazione della prestazione professionale del richiedente, non abbia controllato e visionato tutte le tavole debitamente indicate come allegate alla richiesta di parere, come peraltro è consuetudine della relativa commissione appunto per redigere il parere di congruità, altrimenti non si comprende come, e su cosa, esprima il parere la commissione parcelle, e nella fattispecie è, peraltro, partitamente indicata la congruità della parcella in relazione ai due differenti lotti della progettazione, a conferma del diligente controllo degli elaborati.

Irrilevante è, conseguentemente, la circostanza che, unitamente al timbro a secco sugli elaborati depositati, non vi sia anche il visto di un componente la commissione, non potendo ritenersi che il parere sia stato rilasciato senza la consultazione delle risultanze della prestazione professionale, anzi dovendo presumersi con gravità e concordanza il contrario.

Non è pensabile, inoltre, che parte degli elaborati presentati al Consiglio dell’Ordine, in particolare tutti quelli eccedenti la semplice progettazione di massima dei fabbricati, sia stata fatta dopo la ricezione della lettera di revoca, e solo quindi per giustificare al proprio Ordine una notevole parcella professionale, nei pochi giorni tra il 19-9 ed il 12-10-93, non solo perchè detti elaborati sono tanti, ma anche perchè risulta chiaramente dagli atti che al momento della revoca dell’incarico la costruzione era già iniziata da parecchi mesi, ed erano state eseguite le fondamenta, i due piani cantinati, il piano terra, il primo ed il secondo piano, quest’ultimo solo nella pilastratura, e che erano state regolarmente presentati dei relativi tecnici i progetti per gli impianti e per le strutture in c.a. al Comando Vigili del Fuoco competente ed all’ufficio del Genio Civile.

Non si comprende, invero, come il direttore di lavori, non progettista si badi, abbia potuto iniziare e portare avanti la costruzione per tanto tempo solo sulla base dei progetti di massima presentati per ottenere le concessioni edilizie, nè come siano state progettate le strutture in c.a. e gli impianti senza avere come base gli elaborati esecutivi e dei particolari che certamente, per quanto dichiarato, con lettere in atti, dagli ing. Sa., G. e D., non sono stati eseguiti da costoro.

Non si comprende, poi, se vero che gli elaborati esecutivi non siano stati consegnati o comunque messi a disposizione del direttore dei lavori, come mai non vi sia stata una contestazione al riguardo, non via stata mai una richiesta in tal senso del direttore dei lavori al progettista.

E’ vero che in atti è stata esibita una lettera del detto direttore dei lavori, in data 15-6-93, con la quale si chiede alla soc. Astra gli elaborati esecutivi ed i particolari architettonici, essendo stato nominato appunto direttore dei lavori, ma non è pensabile che tale richiesta non sia stata esaudita, altrimenti inspiegabile perchè non vi sia stata richiesta diretta al progettista anche da parte della società stessa, o comunque una legittima lamentela, a prescindere dalla considerazione che nessuna certezza vi è sulla data della lettera.

Va ancora considerato che il professionista aveva invitato la società al ritiro degli elaborati per il giorno 28-9-93, per cui ancora più impensabile che tutti gli elaborati in questione (quelli eccedenti la progettazione di massima) siano stati redatti in appena nove giorni.

In verità, tutto è possibile, ma le considerazioni che precedono fanno presumere con precisione, gravità e concordanza che gli elaborati tutti, esibiti al Consiglio dell’Ordine e poi depositati in giudizio e della cui corrispondenza non vi è dubbio per quanto riferito dal c.t.u., siano stati regolarmente redatti in costanza dell’incarico conferito dalla soc. Astra. Orbene, per passare all’esame del secondo punto decisivo della controversia, la definizione appunto della prestazione effettuata, non può dubitarsi che tutta la prestazione professionale documentata dalle numerose tavole esibite sia classificabile, nel complesso, come progettazione esecutiva dei fabbricati di cui alle concessioni ottenute, anche per il criterio, certamente legittimo più volte utilizzato dalla giurisprudenza della Suprema Corte e ricordato nella fattispecie dal c.t.u., della prevalenza, tant’è che è stata possibile l’attuazione dell’opera da parte anche da persona diversa del progettista, nel caso di specie il direttore dei lavori.

Per quanto riguarda i compensi accessori così motivava la Corte di appello:

Non ritiene, invece, questa Corte accettabili le conclusioni dello stesso consulente in ordine alla determinazione dei compensi accessori, di cui agli artt. 4 e 6 della tariffa, in quanto che se è vero che è facoltà del professionista chiedere di conglobare tutti i compensi accessori in una misura percentuale degli onorari, è indubbio che, in mancanza di accordo con il committente su detta misura percentuale, non può essere inoppugnabile il parere sul punto del Consiglio dell’Ordine, come non lo è il parere sull’onorario principale dovendo il tutto essere determinato dall’autorità giudiziaria…

Orbene, considerato che non tutte le prestazioni accessorie risultano fatte dall’arch. S. .. la Corte ritiene contabilizzare i compensi accessori nella misura percentuale del 16% dei restanti compensi…

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la Cinema Astra Arena s.r.l., con cinque motivi.

Resiste con controricorso S.M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo ed il secondo motivo, che, per la evidente connessione, possono essere esaminati congiuntamente, la società ricorrente contesta il ragionamento in base al quale la sentenza impugnata ha ritenuto che l’arch. S.M. avesse adempiuto all’onere probatorio sullo stesso gravante in ordine al conferimento dell’incarico della redazione anche dei progetti esecutivi e comunque della redazione degli stessi prima della revoca dell’incarico.

In particolare, si deduce che i giudici di merito avrebbero ritenuto fondate le pretese dell’arch. S.M. sulla base di soli elementi probabilistici.

I motivi sono infondati.

In relazione alla questione della ampiezza dell’incarico professionale conferito all’arch. S.M. nessuna argomentazione viene addotta per censurare l’idoneità probatoria degli elementi presi in considerazione dalla sentenza impugnata (pag.

1) e sopra trascritti.

In ordine alla redazione dei progetti esecutivi va rilevato che allo stato si controverte solo sull’adempimento (quantomeno parziale) del relativo incarico prima o dopo la lettera di revoca in data 28 settembre 1993.

Sotto tale profilo va rilevato che la sentenza impugnata, a prescindere da alcune espressioni censurate dalla società ricorrente, ha deciso sulla base di presunzioni e non di semplici indizi.

In particolare, dal fatto noto che alla data della revoca dell’incarico la costruzione era già iniziata da parecchi mesi, ed erano state eseguite le fondamenta, i due piani cantinati, il piano terra, il primo ed il secondo piano, quest’ultimo solo nella pilastratura, e che erano state regolarmente presentati dei relativi tecnici i progetti per gli impianti e per le strutture in e. . al Comando Vigili del Fuoco competente ed all’ufficio del Genio Civile, in modo del tutto logico si è ricavato il fatto ignoto che ciò poteva essere avvenuto sulla base di progetti esecutivi.

Di fronte a tale logica conclusione, da un lato, del tutto genericamente la società ricorrente deduce che i progetti (non esibiti) erano stati redatti da altri tecnici (non individuati) e, dall’altro, diventano non decisive le critiche rivolte alle argomentazioni svolte ad abundantiam dalla sentenza impugnata per sostenere che era improbabile che i progetti esecutivi fossero stati redatti dopo la revoca dell’incarico e/o che quelli esibiti in corso di causa non fossero gli stessi esibiti al Consiglio dell’ordine per il parere di congruità.

Con il terzo motivo la società ricorrente deduce che la C.T.U. non avrebbe mai potuto accertare se la redazione dei progetti esecutivi da parte dell’arch. S.M. fosse avvenuta in costanza dell’incarico professionale allo stesso conferito, per cui erroneamente la sentenza impugnata ha invocato anche la C.T.U. a sostegno delle conclusioni cui è pervenuta.

Il motivo è infondato.

A prescindere che anche il riferimento alla C.T.U. è stato fatto solo ad abundantiam dalla sentenza impugnata, esso sembra vada interpretato nel senso che da tale C.T.U. risulta solo la corrispondenza tra gli elaborati esibiti in giudizio e quelli presentati al Consiglio dell’Ordine e non anche la loro redazione in costanza dell’incarico professionale.

Con il quarto motivo la società ricorrente deduce testualmente, in ordine alla liquidazione del compenso per le prestazioni accessorie:

Non è, dunque, dato sapere quali siano in effetti le prestazioni accessorie per le quali dovrebbe essere riconosciuto all’arch.

S. un ulteriore compenso, nè v’è agli atti alcuna prova che consenta di ritenere che l’arch. S. abbia prestato anche una attività accessoria a quella di progettazione di massima.

In ogni caso, la decisione dei giudici di appello è in violazione della L. 2 marzo 1949, n. 143, art. 13, comma 2, in quanto la predetta norma stabilisce che gli onorari a percentuale comprendono tutto quanto è dovuto al professionista; allo stesso sono però dovuti a parte e in aggiunta eventuali compensi a rimborso per le prestazioni previste dagli artt. 4, 6 e 17 che abbia svolto.

La norma fissa, dunque, che il criterio ordinario per la liquidazione dei compensi per le prestazioni accessorie è a rimborso e non già a percentuale. Al comma secondo, poi, prevede quale modalità di liquidazione degli stessi compensi, la facoltà del professionista di avere il compenso a percentuale in una misura che non possa superare il 60%, ma pone esplicitamente quale condizione per tale forma di liquidazione speciale l’accordo con il committente.

La modifica introdotta con il D.M. 21 agosto 1985, art. 5, va pertanto intesa nel senso che, qualora sorga disaccordo con il committente sulla misura della percentuale che congloba i compensi per le prestazioni accessorie, questa sarà determinata dal Consiglio dell’Ordine.

Tanto ovviamente presuppone che, affinchè possa essere applicato il criterio della contabilizzazione a percentuale per le prestazioni accessorie r debba necessariamente esservi un precedente accordo con il committente in ordine al criterio di liquidazione, costituendo una condizione per accedere alla liquidazione speciale a percentuale e conglobamente, in deroga alla modalità ordinaria a rimborso prevista dal comma 1.

Nel caso che ci occupa, non v’è mai stato alcun accordo in tal senso tra la committente e l’arch. S., nè mai quest’ultimo ha dedotto o provato che vi sia stato.

Il motivo è fondato.

L’art. 13 della tariffa allegata alla L. n. 143 del 1939, stabilendo che i compensi accessori di cui agli art. 46 devono essere liquidati a parte ed analiticamente, ovvero che il professionista .. ha facoltà .. d’accordo col committente, di conglobare tutti i compensi accessori .. in una cifra che non potrà superare il 60% degli onorar a percentuale, è chiaro nel senso di richiedere l’accordo tra professionista e committente per il conglobamento dei compensi accessori, accordo la cui esistenza non viene neppure dedotta dal resistente.

Con il quinto motivo la società ricorrente deduce testualmente:

La Corte di Appello, ancora in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la società Astra al pagamento degli interessi sulle somme riconosciute dovute, senza fornire alcuna motivazione a riguardo, benchè la società opposta avesse eccepito e provato la costituzione in mora del professionista, in ordine alla offerta di pagamento del corrispettivo nella misura dovuta per l’attività effettivamente dall’arch. S. prestata.

Agli atti di causa risulta, peraltro, la reiterazione di tale offerta formulata dalla opponente alla prima udienza, in limine litis.

Correttamente il Tribunale di Trani con la sentenza di primo grado, revocando il decreto ingiuntivo opposto e riconoscendo all’arch.

S. il compenso dovuto esclusivamente per la redazione di un progetto di massima, ha ritenuto di non riconoscere al professionista il diritto agli interessi sulle somme dovute, pertanto, anche sul punto, si chiede la conferma della incensurabile sentenza di primo grado.

Il motivo è infondato.

Come riconosce la stessa società ricorrente, l’offerta di pagamento riguardava un compenso inferiore a quello poi risultato effettivamente dovuto, per cui ai sensi dell’art. 1208 cod. civ., comma 1, n. 3, era inefficace ai fini della costituzione in mora del creditore.

In definitiva, va accolto il quarto motivo del ricorso, mentre vanno rigettati gli altri motivi. In relazione al motivo accolto la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il quarto motivo del ricorso; rigetta nel resto; in relazione al motivo accolto cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2010

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