Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4631 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4631 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 26356-2008 proposto da:
RADOBA SRL in persona dell’Amministratore Unico e
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA DELLE QUATTRO FONTANE 15,
presso lo studio dell’avvocato TINELLI GIUSEPPE, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CONTESTABILE GIOVANNI con procura speciale del Not.
Dr. LA SERRA CLAUDIO in CORATO rep. n. 46923 del
27/06/2008;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

Data pubblicazione: 26/02/2014

- intimato –

avverso la sentenza n. 57/2007 della COMM.TRIB.REG.
di BARI, depositata il 05/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/12/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO

udito per il ricorrente l’Avvocato TINELLI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso, con inammissibilità del 3 °
motivo.

GIOVANNI CONTI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.Con avviso di accertamento notificato 1’8.11.2005 l’Agenzia delle Entrate di Trani disponeva nei
confronti della RA.DO.BA s.r.l. il diniego di rimborso del credito IVA ed il contestuale recupero
delle somme indebitamente versate dall’erario a titolo di rimborso per l’anno 2000, applicando alla
contribuente le relative sanzioni, non avendo la società proceduto all’esibizione della
documentazione comprovante la sussistenza dei crediti.
della Puglia, con sentenza n.57/14/2007 del 5.10.2007, confermava la sentenza di primo grado
rigettando l’appello proposto dalla società contribuente.
3.0sservano i giudici di merito che bene avevano fatto i giudici di primo grado a rigettare il
ricorso, non avendo la società prodotto la documentazione richiesta, essendosi per contro limitata a
produrre la domanda di condono.
4.Parimenti corretta era stata la decisione impugnata che aveva escluso che la domanda di condono
precludesse all’Ufficio di svolgere accertamenti tributari, dovendosi ritenere che il condono di cui al
comma 9 dell’art.9 1.n.289/2002 aveva la capacità di rendere definitivi i debiti del contribuente, ma
non certamente quella di determinare i crediti dello stesso, potendo l’Ufficio verificarne sempre la
sussistenza. Peraltro, la rettifica impugnata era da ritenere pienamente legittima in relazione al
mancato deposito della documentazione richiesta dall’Ufficio che la contribuente aveva omesso
pure nel corso del giudizio, limitandosi ad addurre apoditticamente di avere diritto alle detrazioni.
5.La società contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a 4 motivi, al quale l’Agenzia
delle Entrate non ha fatto seguire il deposito di difese scritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
6.Con il primo motivo la società contribuente ha dedotto la violazione dell’art.2909 c.c., in
relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.Lamenta che la CTR aveva omesso di considerare che per il
medesimo rapporto anche se un anno di imposta (1999) diverso la CTP di Bari, con sentenza
n.82/08/06, aveva ritenuto di accogliere la domanda di rimborso in una vicenda per il resto
interamente sovrapponibile a quella della presente fattispecie.
6.1 Tale decisione, passata in giudicato in epoca successiva alla decisione impugnata, costituiva
giudicato esterno che poteva e doveva spiegare effetti nella presente controversia.
7.La censura è infondata.
7.1 Giova ricordare che il vincolo del giudicato esterno è ordinariamente operante nel caso in cui
due giudizi tra le stesse parti si riferiscano a medesimo rapporto giuridico ed uno di essi costituisca
la premessa logica indispensabile per la statuizione relativa all’altro, donde consegue che la
situazione già accertata nel precedente giudizio non può formare oggetto di valutazione diversa, ove

2.La società contribuente ha impugnato l’avviso innanzi alla CTP di Bari che lo respingeva. La CTR

permangano immutati gli elementi di fatto e di diritto preesistenti, mentre non può chiedersene
l’ultrattività per un’annualità diversa quando questa postula l’accertamento di ulteriori presupposti di
fatto-cfr. Cass. n. 854/2010-.
7.2 Nella medesima occasione si è affermato che nell’ipotesi di valutazione delle prove in ordine a
diverse annualità non è possibile applicare il giudicato, non potendo precludersi per ogni giudice il
potere di valutare in modo autonomo e discrezionale le prove che gli sono offerte dalle parti che in
7.3 I risultati interpretativi sopra ricordati sono stati di recente confermati da questa Sezione nella
sentenza n.22941/2013, ribadendosi che “… Il giudicato relativo ad un singolo periodo di imposta
non è idoneo a far stato per i successivi o i precedenti in via generalizzata e aspecifica. Simile
efficacia va infatti riconosciuta solo a quelle situazioni relative a “qualificazioni giuridiche” o ad
altri eventuali “elementi preliminari” rispetto ai quali possa dirsi sussistente un interesse protetto
avente carattere di durevolezza nel tempo, non estendendosi a tutti i punti che costituiscono
antecedente logico della decisione ed in particolare alla valutazione delle prove ed alla ricostruzione
dei fatti. E questo perchè il giudicato incentra la sua potenziale capacità espansiva in funzione
regolamentare solo su quegli elementi che abbiano un valore “condizionante” inderogabile sulla
disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che
risolva una situazione fattuale in uno specifico periodo di imposta non può estendere i suoi effetti
automaticamente ad altro ancorchè siano coinvolti tratti storici comuni.(cfr. Cass. n. 18907/2011;
Cass. n. 20029/2011).
7.4 Orbene, facendo applicazione dei superiori principi, ben sedimentati nella giurisprudenza di
questa Corte(v., infatti, Cass. n. 18907/2011) non pare potersi revocare in dubbio che la sentenza
resa dalla CTP di Bari n.n.82/98/06 si fonda su presupposti fattuali sicuramente diversi da quelli
oggetto del presente procedimento, attenendo a diverso credito IVA che la società contribuente
aveva vantato nei confronti dell’Amministrazione.
7.5 La circostanza che anche in quella vicenda si fosse posto il tema della possibilità o meno per
l’Ufficio di emettere un avviso di accertamento in seguito a domanda di condono disciplinato
dall’art.9 comma 9 1.n.289/2002 e che la CTP abbia deciso la controversia nel senso favorevole alla
contribuente non significa in alcun modo che la vicenda allora esaminata possa spiegare gli effetti
propri del giudicato nel presente giudizio, avuto riguardo alla diversità di presupposti attuali tipici
in ordine ai distinti crediti che venivano in considerazione nei diversi giudizi.
7.6 Del resto, è noto che le controversie in materia di IVA richiedono il rispetto di norme
comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del
giudicato nazionale, previsto dall’art. 2909 c.c., e dalla eventuale sua proiezione anche oltre il

periodi temporalmente distinti possono presupporre fatti differenti.

periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto, ove sia impedita la realizzazione del
principio di contrasto dell’abuso del diritto, come strumento teso a garantire la piena applicazione
del sistema armonizzato d’imposta (Cass.n.16996/12;Cass.n.10781/2013). Ciò che induce ancor di
più a ridurre l’ambito operativo del giudicato in materia di tributi armonizzati.
8. Con il secondo motivo la società contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.9
comma 9 della 1.n.289/2002, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Lamenta che, ad onta di
sull’art.9 comma 9 cit. precludeva l’adozione di un avviso di accertamento, non potendo
richiamarsi l’ordinanza n.350/2005 resa dalla Corte costituzionale in ipotesi di operazioni
inesistenti.
9.11 motivo è infondato.
9.1 Ed invero, questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di condono fiscale, la previsione
dell’art. 9, comma 9, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per il quale la definizione automatica
non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate ai
fini dell’imposta sul valore aggiunto, se comporta che nessuna modifica di tali importi può essere
determinata dalla definizione automatica, non sottrae all’ufficio il potere di contestare il credito.
9.2 Pertanto, quando sia stato chiesto il rimborso dell’IVA e l’ufficio abbia motivo di ritenerla mai
versata, trattandosi di operazioni inesistenti, l’Erario non è tenuto, per automatico effetto del
condono, a procedere al rimborso, né gli è inibito l’accertamento diretto a dimostrare l’inesistenza
del diritto a conseguirlo, atteso che il condono fiscale elide in tutto o in parte, per sua natura, il
debito fiscale, ma non opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, i
quali restano soggetti all’eventuale contestazione da parte dell’ufficio- Cass.n.375/2009, Cass. n.
3019/2013;Cass. n. 22587 del 2012; Cass. n. 20136 del 2012;Cass. n. 14876 del 2012;Cass. n.
11327

del

2012 ;Cass. n. 16354/2012; Cass.n. 5586/2010;Cass.n.25239/2007;Cass. n.17142/2009

Cass..S.U. n.14828/2008-. Ed a tale principio si è conformata la decisione impugnata.
9.3 Senza dire che questa Corte ha più volte ribadito che in tema di condono fiscale, va disapplicato
– perché in contrasto con la sentenza 17 luglio 2008, causa C-132/06 della Corte di Giustizia, avuto
riguardo agli artt. 2 e 22 della cd. Sesta Direttiva IVA e 10 Trattato CE – l’art. 9 della legge n. 289
del 2002, nella parte in cui consente al contribuente, che abbia omesso di presentare le dichiarazioni
IVA negli esercizi d’imposta coinvolti dal condono, di fruire per questa imposta della definizione
agevolata; in caso contrario, infatti, si realizzerebbe la quasi-esenzione fiscale, che la Corte di
Giustizia ha stigmatizzato proprio a causa dell’omessa presentazione delle dichiarazioni IVA, in
quanto l’accesso alla definizione agevolata non consentirebbe la reale emersione dell’evasione,
risolvendosi in una definitiva rinuncia all’accertamento ed alla riscossione dell’imposta-cfr.Cass.

quanto ritenuto dal giudice di merito, la proposizione della domanda di condono “tombale” fondata

Cass., sez. un., 17 febbraio 2010, nn. 3674, 3676 e 3677; Cass. n.20980/2011; Cass.n.17966/2011;
Cass. n.26897/2009-.
9.4 Il motivo va quindi rigettato.
10. Con il terzo motivo la società ricorrente deduce la violazione dell’art.6 secondo comma
1.n.21212000, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Deduce di avere esposto, in sede di appello,
la violazione della disposizione suindicata, non avendo l’amministrazione avvisato essa società
ulteriori documenti rispetto a quelli già acquisiti dall’Ufficio nel corso della verifica condotta nel
marzo 2003.
11. Il motivo è inammissibile.
11.1 Per stessa ammissione della parte ricorrente la prospettata violazione dell’art.6 1.n.212/2000 è
stata per la prima volta palesata nel corso del giudizio di appello- v.pag.32 ricorso-. Dacchè ne
consegue la novità dell’eccezione, che non poteva essere prospettata per la prima volta in fase di
gravame.
12. Con il quarto motivo la società ricorrente ha dedotto la violazione degli artt.19, 19 bis letti)
del DPR n.633/1972 e dell’art.2697 c.c., in relazione all’art.360 comma I n.3 c.p.c.
12.1 Deduce che, rispetto all’importo di complessivi di £.1.131.496.000 per acquisto di un
fabbricato a titolo di acconto sulla base di una compravendita da definire e per altri atti similari
relativi ad immobili per l’anno 2000, la CTR aveva sbrigativamente rigettato le deduzioni esposte a
sostegno dei crediti spettanti, senza avvedersi che sarebbe stato onere dell’Ufficio svolgere
approfonditi accertamenti in ordine all’esistenza delle poste attive reclamate, non limitandosi a
constatare uno scostamento dei dati rispetto a quelli in possesso dell’Anagrafe tributaria che doveva,
invero, ritenersi fisiologico in relazione alle spese di manutenzione, ristrutturazione e di acquisto di
materiale edile sostenute e che si erano aggiunte al prezzo di acquisto degli immobili.
12.2 Non era dunque corretto ritenere che l’amministrazione avesse utilizzato una metodologia di
controllo tipica delle verifiche meramente cartolari qual era quella degli art.36 bis e 36 ter dpr
n.600/73 e 54 bis DPR n.633/72 in materia rispettivamente di imposte sui redditi e di IVA.
13. Il motivo è infondato.
13.1 Ed invero, le ragioni poste a base del rigetto del ricorso proposto dalla parte contribuente sono
correlate alla mancata produzione della documentazione che l’Ufficio aveva richiesto alla
contribuente a sostegno dei crediti IVA che la stessa aveva esposto nel modello VR.
13.2 Ora, malgrado tale statuizione non sia stata impugnata dalla società contribuente e deve perciò
ritenersi passata in giudicato, la ricorrente intende sostenere che era onere dell’Ufficio disporre

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dell’insufficienza dell’attestazione di essersi avvalsa del condono tombale e della necessità di fornire

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accertamenti più approfonditi rispetto a quelli utilizzati per verificare la fondatezza della pretesa,
tenuto anche conto delle verifiche svolte nell’anno 2003.
13.3 Ma è ben evidente che tale prospettiva appare fuori bersaglio se solo si considera che, per
costante insegnamento di questa Corte, è onere del contribuente che sostiene l’esistenza di un
credito di imposta offrire all’ufficio la piena dimostrazione della posta attiva e della inerenza dei
costi ai quali lo stesso si riferisce-cfr.Cass. n.21350/2012;Cass.n.4554/2010;Cass. n.
contestazione in ordine alla ricorrenza dei presupposti sostanziali relativi al rimborso risultava
inserita tra i motivi di appello riportati a pag.2 della sentenza impugnata. Nessuna censura può
dunque essere formulata nei confronti della decisione impugnata.
13.4 Sulla base di tali considerazioni, la censura è infondata, essendosi ancora una volta la CTR
conformata ai principi espressi da questa Corte.
14. Il ricorso va quindi rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Nulla sulle spese
Così deciso in Roma, nella Camera consiglio della Sezione Quinta Civile, il 16 dicembre 2013.

16115/2010;Cass.n.3706/2010;Cass.n.13197/2009-. Ed è appena il caso di aggiungere che nessuna

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