Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4631 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. I, 19/02/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 19/02/2021), n.4631

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3074/2019 proposto da:

D.L., elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. S.

Mannironi, che lo rappresenta e difende, per procura in calce.

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato. che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1043/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 30/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2020 dal cons. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Cagliari ha respinto il gravame proposto da D.L., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza del Tribunale di Cagliari che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato alla richiedente il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il richiedente ha riferito di avere lasciato la Nigeria nel 2014 per problemi familiari. In particolare, ha precisato che suo padre, che aveva ereditato dei terreni dal proprio genitore, venne attaccato da un cugino prete tradizionale, che gli causò, con riti magici, una malattia che gli impediva di camminare. Il padre, prima di morire di ictus, gli riferì che il cugino lo nominava ogni notte e urlava che dopo la sua morte lo avrebbe ucciso. Il padre aveva venduto il terreno per consentirgli di partire, cosa che aveva fatto per timore del cugino.

A sostegno della decisione di rigetto, la Corte d’appello ha rilevato come la vicenda fosse privata di carattere prettamente economico (contrasto tra il padre e il cugino per terreni acquistati per successione ereditaria) e pertanto, non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della domanda dello status di rifugiato, ma neppure quella volta all’ottenimento della protezione sussidiaria per l’inesistenza di un pericolo di subire un danno grave alla persona del ricorrente in caso di rimpatrio, ovvero per l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata. Infine, non erano state allegate e documentate particolari situazioni di vulnerabilità nè era stata documentata una reale integrazione nel territorio nazionale tale da sconsigliare il rimpatrio del richiedente.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di otto motivi, illustrati da memoria. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 4,28 e 32 con riferimento agli artt. 24,97 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per vizio di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per irregolarità e vizi invalidanti nella composizione e nel funzionamento della Commissione territoriale quale dell’organo amministrativo, vizi che potevano essere conosciuti anche dal giudice ordinario, ai sensi della L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5 sull’abolizione del contenzioso amministrativo; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.P.R. n. 303 del 2004, art. 4 con riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè il provvedimento amministrativo impugnato davanti al tribunale non era stato tradotto in una lingua comprensibile dal destinatario al fine di metterlo in condizione di conoscerne il contenuto; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e) e art. 3, e della L. n. 39 del 1990 e succ. modificazioni, art. 1 e degli artt. 1, 3, 19, 20 e 22 della Convenzione dei diritti del fanciullo di New York del 20.11.89, con riferimento al reg. Cee n. 604/13, del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 18 e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., e per omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè erroneamente, il tribunale non aveva riconosciuto l’esposizione al pericolo di danno grave, in caso di rientro del ricorrente in Nigeria, per la fondata credenza di poter essere soggetti a magie e sortilegi profilo che costituisce parte integrante e sostanziale della cultura di un popolo (nel caso di specie, viene in rilievo il timore di essere vittima di una maledizione da parte del cugino del padre che è il motivo per cui è fuggito dalla Nigeria); (iv) sotto un quarto profilo, per violazione dell’art. 10 Cost., comma 2 (rectius 3) con riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 13 e dell’art. 6 Dir. Cee n. 115/08, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Commissione territoriale aveva omesso di pronunciarsi sulla richiesta di diritto d’asilo e la Corte territoriale aveva confermato che l’istituto del diritto d’asilo era interamente attuato dalla normativa sulla protezione internazionale e umanitaria; (v) sotto un quinto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 16, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e degli artt. 1, 3, 19, 20 e 22 della Convenzione dei diritti del fanciullo di New York del 20.11.89, con riferimento al reg. Cee n. 604/13, del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 18 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per mancata concessione della protezione sussidiaria; (vi) sotto un sesto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e dell’art. 6, comma 4 della Dir. CEE n. 115/08, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per violazione del divieto di espulsione e respingimento dello straniero che possa essere oggetto di persecuzioni o trattamenti inumani o degradanti in caso di rientro in Nigeria; (vii) sotto un settimo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3 e degli artt. 1, 3, 19, 20 e 22 della Convenzione dei diritti del fanciullo di New York del 20.11.89, con riferimento al reg. Cee n. 604/13, del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 18″ in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., e per omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria; (viii) sotto un ottavo profilo, per violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, della L. n. 228 del 2012, art. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e per omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, per l’illegittima revoca dell’ammissione del richiedente al patrocinio a spese dello Stato.

In via preliminare e dirimente il ricorso è inammissibile, per difetto di procura, in quanto la parte riservata all’autentica della sottoscrizione del ricorrente da parte del difensore non appare riconoscibile in tale sua funzione certificatoria, consistendo in una serie di grafemi apposti a modo di appunti, slegati, per quanto è dato comprendere, dalla finalità di attestare che la sottoscrizione del ricorrente che appare in calce sia proprio quella che il ricorrente ha apposto, alla presenza del difensore, nella data pur indicata.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna il ricorrente a pagare all’amministrazione statale le spese di lite che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

 

 

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