Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4629 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4629 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 16985-2007 proposto da:
PALERMO ALDO, elettivamente domiciliato in ROMA
PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio
dell’avvocato DE NISCO VINCENZO, rappresentato e
difeso dall’avvocato PERRI CARMELA giusta delega a
margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 26/02/2014

controricorrente nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI COSENZA;
– intimato –

avverso la sentenza n. 49/2006 della COMM.TRIB.REG.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/12/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito per il controricorrente l’Avvocato D’ASCIA che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità dei motivi 2 e 3, e in subordine
rigetto dei motivi dal 1 a 3.

di CATANZARO, depositata il 18/04/2006;

RITENUTO IN FATTO.

..

1. A seguito di processo verbale di constatazione relativo ad una verifica effettuata dalla Guardia di Finanza
presso la ditta Costabile Carni s.n.c., e di una successiva verifica operata direttamente presso la ditta di Palermo Aldo, venivano emessi nei confronti del medesimo
due avvisi di rettifica ai fini IVA, per gli anni di im1.1. L’Amministrazione – anche sulla base del rinvenimento, presso la Costabile Carni s.n.c., di documentazione
extracontabile – accertava la sussistenza di cessioni di
merce operate da detta società in favore di Palermo Aldo,
senza emissione di fatture o con emissione di fatture per
importi inferiori, nonché l’omessa registrazione, da parte dell’acquirente, dei corrispettivi conseguenti alle
successive rivendite effettuate. L’Ufficio riteneva, pertanto, inattendibili le scritture contabili della medesima e, di conseguenza, procedeva alla rettifica delle dichiarazioni ex art. 54 d.P.R. 633/72, determinando un
maggior volume di affari del contribuente, sulla scorta
degli studi di settore di cui alla 1. 549/95.
2. Gli atti impositivi erano impugnati dal Palermo dinanzi alla CTP di Cosenza, che accoglieva il ricorso.
3. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate di alla
CTR della Calabria veniva, peraltro, accolto con sentenza
n. 49/06/06, depositata il 18.4.06.
3.1. Con tale pronuncia, il giudice di seconde cure riteneva che la pretesa tributaria azionata dall’Ufficio fosse pienamente giustificata, poiché fondata su elementi
costituenti presunzioni gravi precise e concordanti, che
legittimavano il ricorso all’accertamento induttivo, e
che la determinazione della percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio – giacché fondata sugli studi di
settore – fosse da reputarsi del tutto corretta.
4. Per la cassazione della sentenza n. 49/06/06 ha proposto ricorso il Palermo, affidato a tre motivi, ai quali
l’Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO

posta 1995 e 1996.

-2

1. Con il primo motivo di ricorso, il Palermo denuncia la
violazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360
n. 3 c.p.c.
1.1. La CTR – a parere del ricorrente – avrebbe, invero,
sfoffi l
dovuto dichiarare inammissibile l’appello proposto
enzia delle Entrate avverso la decisione di prime cure,
poiché proposto in violazione del giudicato conseguente
senza aveva annullato la rettifica IVA effettuata nei
confronti della Costabile Carni s.n.c., ovverosia nei
confronti del soggetto passivo della rettifica, i cui risultati erano stati, dipoi, utilizzati nei confronti del
Palermo.
1.2. Il motivo è infondato.
1.2.1. Va osservato, infatti, che – anche nel processo
tributario – il principio secondo il quale, qualora due
giudizi abbiano riferimento ad uno stesso rapporto giuridico ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento, così compiuto, in ordine alla situazione giuridica, ovvero alla soluzione di
questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, preclude il riesame dello stesso punto, non trova applicazione allorquando
tra i due giudizi non vi sia identità di parti. L’efficacia soggettiva del giudicato è – per vero – circoscritta,
ai sensi dell’art. 2909 c.c., ai soli soggetti posti in
condizione di intervenire nel processo (cfr. Cass.
2786/06; 23568/08).
1.2.2. Ne consegue che, essendosi il giudicato di cui alla sentenza n. 150/10/00 formato tra l’Amministrazione
finanziaria e la Costabile Carni s.r.1., soggetto diverso
dall’odierno ricorrente, il giudicato in parola non può
trovare applicazione nel presente giudizio.
1.3. Il motivo in esame va, pertanto, disatteso.
2. Con il secondo motivo di ricorso, Palermo Aldo denuncia l’omessa o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5
c.p.c.

alla pronuncia n. 150/10/00, con la quale la CTP di Co-

2.1. La CTR non avrebbe, invero, in alcun modo motivato
in relazione alle censure mosse dal contribuente circa
l’inapplicabilità, nel caso di specie, degli studi di
settore posti a base degli atti impositivi, nonché in ordine alla percentuale di ricarico dell’80% applicata
dall’Ufficio.
2.2. Il motivo è inammissibile.
mulare un’indicazione riassuntiva e sintetica, contenente
la chiara indicazione del fatto controverso in relazione
al quale la motivazione si assume contraddittoria o insufficiente, ai sensi dell’art. 366 bis, co. 2, c.p.c.
(applicabile alla fattispecie ratione temporis), a tenore
del quale la formulazione della censura ai sensi
dell’art. 360 n. 5 c.p.c. deve contenere un “momento di
sintesi” omologo del quesito di diritto, che costituisca
un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo operata dalla parte ricorrente (Cass. 8897/08, 2652/08,
Cass.S.U. 11652/08, 16528/08).
2.2.2. Nel caso di specie, invero, il Palermo si è limitata ad esporre i motivi per i quali la motivazione
dell’impugnata sentenza sarebbe affetta dal vizio motivazionale dedotto, senza operare la sintesi richiesta dalla
norma succitata.
2.3. Di conseguenza, la censura in questione – per le ragioni suesposte – non può trovare accoglimento.
3. Con il terzo motivo di ricorso, Palermo Aldo denuncia
la violazione degli artt. 52 d.P.R. 633/72 e 14 Cost., in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
3.1. Il giudice di appello avrebbe, invero, erroneamente
ritenuti legittimi gli atti impositivi, sebbene fondati
esclusivamente su documentazione extracontabile acquisita
senza la preventiva autorizzazione del P.M., ed in alcun
modo riconducibile al contribuente, la cui contabilità
non aveva formato oggetto di rilievi diretti da parte
dell’Ufficio. E, per tali ragioni, anche il ricorso agli
studi di settore non si paleserebbe aderente alla fattispecie concreta.

3

2.2.1. Il ricorrente ha, invero, del tutto omesso di for-

3.2. La censura è infondata.
3.2.1. La questione relativa alla mancata autorizzazione
del P.M. è, invero, da ritenersi nuova, poiché non risulta dedotta nei precedenti gradi del giudizio, non avendo
il ricorrente – con autosufficiente deduzione – indicato
in quale atto dei giudizi di merito l’abbia, in ipotesi,
dedotta. La questione in parola è, pertanto, inammissibilegittimità, che ha per oggetto solo la revisione della
sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo
ed alle questioni di diritto proposte, e nel quale non
sono, pertanto, proponibili nuove questioni di diritto o
temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito (Cass. 3881/00; 4787/12; 21612/13).
3.2.2. Ad ogni buon conto, la questione è, altresì, infondata, avendo l’Amministrazione resistente riprodotto
nel controricorso il passo del processo verbale di constatazione (p. 2), nel quale era fatta menzione espressa
dell’ottenuta autorizzazione, all’acquisizione della documentazione posta a fondamento degli atti impositivi, da
parte della Procura della Repubblica di Cosenza.
3.3. Per quanto concerne, poi, la pretesa illegittimità nel merito – dell’accertamento induttivo effettuato
dall’Ufficio, va osservato che, in materia di accertamenti tributari, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico -induttivo del reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 39, co. 1, lett. d), del d.P.R., n. 600/73,
come di quello in materia di IVA, ai sensi dell’art. 54
d.P.R. 633/72, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile, anche alla stregua di elementi extracontabili, in quanto confliggente
con i criteri della ragionevolezza, pure sotto il profilo
della antieconomicità del comportamento del contribuente.
3.3.1. In siffatte ipotesi, pertanto, è consentito
all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni
dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici
– purché gravi, precise e concordanti -, maggiori ricavi

le, poiché proposta per la prima volta nel giudizio di

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o minori costi, ad esempio determinando il reddito del
contribuente utilizzando gli studi di settore e le relative percentuali di ricarico, con conseguente spostamento
dell’onere della prova a carico del contribuente stesso.
Ed, in tal senso, va rilevato che la mera regolarità formale della contabilità, complessivamente inattendibile,
come non impedisce l’esercizio del potere accertativo,
ria a fronte degli elementi presuntivi desumibili dai
parametri suindicati (cfr. Cass.S.U. 26635/09; Cass.
7871/12; Cass. 6929/13).
3.3.2. Ebbene, nel caso concreto, dalla verifica presso
il venditore Costabile Carni s.n.c. è emersa la cessione
di merce non fatturata, né auto-fatturata dal Palermo,
senza alcuna registrazione neppure delle relative vendite
e dei conseguenti, successivi, ricavi, del tutto verosimilmente conseguiti dal contribuente, essendo certamente
antieconomica – e, pertanto, inverosimile – una condotta
imprenditoriale che si traduca nell’operare acquisti di
merce, senza successivamente rivenderla, per lasciarla
deperire in magazzino. Sulla scorta di tali rilievi, dunque, la contabilità del Palermo non poteva che essere
considerata del tutto inattendibile, legittimando – per
le ragioni suesposte – il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’Ufficio, in special modo in assenza di
prove di segno contrario da parte del contribuente.
3.4. Il motivo in esame va, pertanto, rigettato.
4. Per tutti i motivi esposti, pertanto, il ricorso deve
essere rigettato.
5. Le spese del presente giudizio vanno poste a carico
del ricorrente, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese de
presente giudizio, che liquida in 5.000,00, oltre alle
spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 16.12.2013.

così non può neppure costituire una valida prova contra-

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