Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4621 del 28/02/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 4621 Anno 2018
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DE FELICE ALFONSINA

ORDINANZA

sul ricorso 25580-2012 proposto da:
MARRA

SALVATORE

MRRSVT39A01A184U,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 29, presso
lo studio dell’avvocato MARINA MILLI, rappresentato e
difeso dall’avvocato ALDO LICCI, giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

2017
4184

AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui
Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI,
12;

Data pubblicazione: 28/02/2018

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 1174/2012 della CORTE
D’APPELLO di LECCE, depositata il 16/05/2012 r.g.n.

793/2011.

R.G. 25580/2012

CONSIDERATO
Che la Corte d’Appello di Lecce, a conferma della decisione di prime cure, ha
rigettato con diversa motivazione la domanda di Salvatore Marra il quale aveva
chiesto il riconoscimento dei computo dei periodo 1958-1972, durante il quale egli
aveva lavorato alle dipendenze di un appaltatore del servizio di riscossione (Ufficio

passaggio alla posizione C3 Super, nella procedura selettiva bandita dal Ministero
delle Finanze nel 2000.

Che la Corte d’appello diversamente dal primo giudice, ha ritenuto che nel
periodo in contestazione il rapporto fosse qualificabile come impiego pubblico, e che
l’appellante rivestisse lo

status di dipendente pubblico fin dal 1958, ma che,

nonostante il computo del maggiore punteggio per la superiore anzianità di servizio
maturata tra il 1958 e il 1972, ai fini del riconoscimento della posizione C3 Super, il
Marra comunque non raggiungesse il parametro utile all’avanzamento professionale.

Che avverso tale sentenza interpone ricorso Salvatore Marra con due censure
illustrate da memoria, cui resiste con tempestivo controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Irf T –

.& Ià;

fu: ì

Che con la prima censura il ricorrente lamenta insufficiente motivazione non
avendo la Corte esplicitato le ragioni dell’affermazione per cui “…Non è vero che al
Marra sia stato sottratto i punteggio relativo all’anzianità di servizio dal 1/6/1958 al
31/12/1972 poiché detto periodo di lavoro e stato correttamente considerato come
prestato alle arpendenze della p.a”. Che parte ricorrente afferma che il punteggio
relativo al periodo contestato non sarebbe mai stato attribuito al ricorrente.

che con ia seconda censura deduce contraddittoria motivazione circa un tatto
controverso e decisivo per il giudizio. Che partendo dalla giusta premessa che
ianzianità di servizio tra ti 195t3 e ti 19/Z derivasse dai possedere già, li ricorrente, ia
quaiinca di pubblico impiegato, Ia Corte d’appello ai Lecce sarebbe giunta aiia
conciusione contraddittoria, di non riconoscergii il diritto ad ottenere ia superiore
qualifica sulla base di un calcolo fatto dall’Agenzia delle Entrate, la quale,
considerando la prestazione contestata di natura privatistica ; non avrebbe tenuto
conto dell’anzianità, non consentendogli il raggiungimento del punteggio utile per
l’inquadramento nella Posizione C3 Super.

Che le censure, considerate congiuntamente, sono inammissibili.

Imposte di Consumo) ai fini dell’attribuzione del superiore punteggio – valevole per il

Che la deduzione di entrambi i motivi quale contraddittoria e insufficiente
motivazione su fatti decisivi controversi tra le parti, non si rivela idonea a censurare il
vizio di motivazione così come riformulato dall’art. 54 del d.l. n.83/2012, convertito
con modificazioni nella I. n.134/2012 che ha modificato l’art. 360, co.1, n.5 del codice
di rito. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte è inammissibile il motivo
per cassazione che, nel denunciare l’insufficienza della motivazione della pronuncia
gravata, invoca ancora il controllo di legittimità sulla stessa, mentre, in seguito alla

esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le
parti (Sez.Un. n.8053/2014).
Che le doglianze, non fondate su trascrizioni e allegazioni probatorie volte a
sostenere le ragioni del ricorrente, sono altresì inammissibili, poiché si risolvono in
una generica affermazione di erroneità della pronuncia, inidonea a spiegare in qual
modo il percorso argomentativo da essa seguito sia in concreto contestabile. Che, alle
prospettate censure va applicata la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha deciso
che in base alla novella dell’art. 366, co.1, n.6, cod. proc. civ., ad opera del d.lgs.
n.40/2006, è inammissibile il ricorso per cassazione che non contiene la specifica
indicazione degli atti e dei documenti posti a suo fondamento e non specifica in quale
sede processuale tali documenti, pur individuati in ricorso, risulta prodotto (Sez.
Un.n.28547/2008; Sez. Un. n.7161/2010
Che pertanto, essendo le censure inammissibili, il ricorso va rigettato. Le spese,
come liquidate in dispositivo, seguono a soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente ai pagamento nei confronti
della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4000
per competenze professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura dei 15 per cento,
agli esborsi liquidati in Euro 200 e agli accessori di legge.

Così deciso nell’Adunanza Camerale del 25/10/2017

Giudiziario
:pungi

modifica dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ. è denunciabile in Cassazione solo l’omesso

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