Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4621 del 22/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 22/02/2017, (ud. 08/11/2016, dep.22/02/2017),  n. 4621

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5552-2011 proposto da:

M.M., rappresentato e difeso dall’avvocato PIERLUIGI

ARIGLIANI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI POTENZA, C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro

tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli Avvocati

CONCETTA MATERA, BRIGIDA PIGNATARI D’ERRICO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

S.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 645/2010 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 07/12/2010 R.G.N. 270/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2016 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito l’Avvocato ARIGLIANI PIERLUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di Potenza, con sentenza n. 645/2010, ha confermato la sentenza di primo grado con cui il locale Tribunale aveva accolto la domanda di mero accertamento presentata dal Comune di Potenza, avente ad oggetto la legittimità del provvedimento del 30.12.2004 con cui il Sindaco aveva conferito l’incarico di responsabile dell’Unità di direzione della Polizia Municipale, precedentemente ricoperto dal dirigente M.S., al dirigente esterno S.F., mentre al M. era stato assegnato l’incarico di responsabile dell’Unità di direzione Protezione Civile e Sicurezza.

2. Nel respingere l’appello proposto dal M., la Corte territoriale ha svolto le considerazioni di seguito sintetizzate.

a) Non è pertinente il richiamo dell’appellante alla pronuncia della Corte costituzionale n. 81/2010, vertente sulla diversa ipotesi di cui al D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 161, conv. in L. 24 novembre 2006, n. 286, riguardante lo spoils system con interruzione ex lege del rapporto dirigenziale in corso: nel caso in esame, il M., che precedentemente aveva ricoperto l’incarico di dirigente dell’Unità di Direzione del Servizio di Polizia Municipale, da ultimo con incarico di durata biennale, aveva rivendicato il mantenimento del medesimo incarico, che invece con provvedimento sindacale n. 95 del 30.12.2004 era stato conferito ad altro dirigente.

b) Nel nuovo sistema di lavoro c.d. contrattuale alle dipendenze di amministrazioni pubbliche e, segnatamente alla stregua della disciplina dettata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 15 e 19, al conferimento degli incarichi dirigenziali ed al passaggio ad incarichi diversi non si applica l’art. 2103 c.c.; la qualifica dirigenziale esprime soltanto l’idoneità professionale del dipendente a svolgere determinate mansioni e non una particolare posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera, sì che, in caso di passaggio da un incarico ad un altro, non sussiste il diritto del dirigente a conservare l’ufficio in precedenza ricoperto, ma solo il diritto a conservare le funzioni dirigenziali e tali principi valgono anche per il dirigente locale.

c) Il potere di conferimento è, in effetti, un potere unilaterale dell’Amministrazione, rispetto al quale la posizione del dirigente si atteggia non come diritto soggettivo pieno, ma come interesse legittimo di diritto privato, da riportare, quanto alla tutela giudiziaria, nella più ampia categoria dei diritti di cui all’art. 2907 c.c.; in tale contesto vanno richiamate le regole, in materia di limiti interni, dei poteri attribuiti al privato datore di lavoro e quindi le previsioni, normative o contrattuali, che sanciscono prescrizioni dell’esercizio del potere discrezionale, sul piano sostanziale o procedimentale, integrati dalle clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.): il Comune, nella specie, aveva applicato il principio della rotazione degli incarichi previsto non solo dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 (norma direttamente imperativa), ma anche dall’art. 109 T.U. degli enti locali, nonchè dall’art. 13 CCNL comparto Regioni – Enti locali Area Dirigenza. E’ dunque da escludersi che il comportamento del Comune fosse arbitrario.

d) La regola della temporaneità dell’incarico dirigenziale non muta per il fatto che il dirigente sia stato assunto a seguito di concorso specificamente indetto per un determinato posto di lavoro e anteriormente alla c.d. privatizzazione; difatti, il sistema di accesso alla dirigenza è unico per tutti, fatta eccezione soltanto per la dirigenza tecnica, connotata da specifiche professionalità (v. disposizioni contenute nel D.P.R. 24 settembre 2004, n. 272).

e) Se è vero che il D.Lgs. n. 165 del 2001 ha fatto salve le disposizioni di cui alla L. 7 marzo 1986, n. 65 sull’ordinamento della Polizia Municipale, non per questo può ritenersi automaticamente che vi sia una specificità così pregnante del relativo servizio da giustificare una deroga al principio anzidetto, nè tale specificità emerge dal Regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi del Comune di Potenza.

f) L’operato dell’Amministrazione non può neppure dirsi in contrasto con il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19: il ricorrente non aveva nè provato – e neppure allegato – in quale modo la scelta dell’Amministrazione fosse in contrasto con il programma e gli obiettivi da realizzare (criterio c.d. oggettivo), nè aveva spiegato le ragioni per le quali le attitudini e le capacità professionali del dirigente designato (criterio c.d. soggettivo) fossero meno qualificanti di quelle possedute dall’appellante pretermesso.

g) L’avere già ricoperto il medesimo incarico non costituisce motivo di preferenza, atteso che è interesse dell’Amministrazione evitare la cristallizzazione degli incarichi e così arricchire le doti culturali e professionali dei dirigenti mediante lo scambio di esperienze e attività.

h) La necessità, prospettata dall’appellante, della previa verifica della sussistenza in concreto e all’interno dell’Amministrazione della professionalità richiesta per il conferimento dell’incarico, costituisce una limitazione che neppure il Regolamento comunale (art. 51) aveva previsto per la rotazione degli incarichi, legittimamente conferibili anche a personale esterno, salvo il possesso dei requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire; nè vale richiamare, per sostenere il contrario, la disposizione regolamentare (art. 54) dettata per il conferimento di collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità.

i) Infine, la pretesa del M. diretta a vedere dichiarato che il periodo minimo di durata dell’incarico corrisponde a tre anni e non a due è anch’essa infondata, in quanto la durata minima triennale è stata introdotta dal D.L. n. 115 del 2005, art. 14 sexies convertito in L. 17 agosto 2005, n. 168, mentre l’incarico conferito al M. risaliva al 30.12.2004 per cui allo stesso non erano applicabili le modifiche dell’art. 19 introdotte dal suddetto decreto.

3. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il M. con due articolati motivi. Resiste il Comune di Potenza con controricorso. Il S. è rimasto intimato.

4. In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., con cui ha chiesto la riunione del presente procedimento ad altro – in attesa di fissazione dinanzi a questa Corte – pendente tra le stesse parti ed avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento con cui il Comune di Potenza, scaduto l’incarico conferito al dr. S., aveva provveduto alla nomina di altro soggetto esterno nella persona del dr. D..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va respinta l’istanza di riunione di procedimenti connessi per comunanza di questioni giuridiche e per parziale identità di soggetti. Come affermato dalle Sezioni unite (sentenza n. 1521 del 23 gennaio 2013; cfr. pure Cass. S.U. n. 18050 del 2010 e n. 18125 del 2005), la riunione delle impugnazioni, che è obbligatoria, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., ove investano lo stesso provvedimento, può altresì essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro provvedimenti diversi ma fra loro connessi, quando la loro trattazione separata prospetti l’eventualità di soluzioni contrastanti, siano ravvisabili ragioni di economia processuale ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale delle controversie.

1.1. La Corte non ravvisa i presupposti per disporre la riunione facoltativa, in quanto i procedimenti hanno ad oggetto incarichi dirigenziali conferiti a soggetti e in tempi diversi. I presupposti di fatto e i petita delle due controversie sono dunque diversi, privi di interferenza sostanziale o anche solo processuale. Inoltre, i principi costituzionali stabiliti dal nuovo testo dell’articolo 111 Costituzione, ai fini del giusto processo di durata ragionevole, escludono la legittimità di soluzioni interpretative che comportino il ritardo nella definizione della singola controversia.

2. Con il primo motivo si denuncia error in iudicando in relazione al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19. Si prospetta che, come evidenziato anche nel parere della Funzione Pubblica del 20.9.2005, il ricorso a professionalità esterne alla Pubblica Amministrazione deve essere sorretto dal requisito della particolare e comprovata qualificazione professionale posseduta dal soggetto, non genericamente intesa, ma rilevabile da alcuni parametri e sicuri indici rilevatori. Deve ritenersi dunque vietato alla Pubblica Amministrazione di affidare incarichi dirigenziali esterni senza avere prima accertato l’assenza di analoga professionalità interna.

2.1. Con la seconda censura si denuncia violazione dello stesso D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 nonchè dell’art. 62 dello Statuto del Comune di Potenza e dell’art. 51, comma 2, e art. 54, comma 1 del Regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi del Comune di Potenza. Si deduce che il principio della rotazione degli incarichi è stato eliminato dalla L. n. 145 del 2002, art. 3. Inoltre, tale criterio – si sostiene – non era stato adottato dal Comune di Potenza, in quanto l’unica regola desumibile dalle fonti normative interne (art. 62 dello Statuto e artt. 51 e 54 del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi) è quella secondo cui gli incarichi di collaborazione esterna presuppongono la previa verifica della insussistenza di analoghe professionalità all’interno dell’Ente.

3. I motivi possono essere trattati congiuntamente, vertendo sull’interpretazione della normativa che regola il conferimento degli incarichi dirigenziali, segnatamente al dirigente di ente locale.

3.1. I temi implicati dal ricorso sono due, quello dei limiti che l’ordinamento pone al potere discrezionale della P.A. di affidare l’incarico dirigenziale ad un soggetto esterno e quello della rotazione nell’affidamento degli incarichi: che il ricorrente contesta fosse regola ancora vigente al tempo dell’affidamento dell’incarico per cui è causa; essendo stata espunta dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 145 del 2002, art. 3.

4. Quanto alla prima questione, il riferimento normativo è dato dal D.Lgs. 165 del 2001, art. 19, comma 6 che, al tempo del conferimento dell’incarico al dr. S. (30.12.2004), era del seguente tenore:

“6. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all’art. 23 e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell’incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio.

4.1. Vi era, quindi, per gli incarichi conferibili a personale non appartenente ai ruoli organici della Pubblica Amministrazione, un limite percentuale del 10 per cento e dell’8 per cento della dotazione organica dei dirigenti, rispettivamente di prima e di seconda fascia; un altro limite era rappresentato dall’essere il destinatario della proposta contrattuale persona “di particolare e comprovata qualificazione professionale”, munita di particolare esperienza nell’esercizio di pregresse funzioni dirigenziali nell’amministrazione pubblica (l’avere svolto “attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali”) o di alta qualificazione scientifica (“….una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza”) o persona proveniente da alcuni settori della Pubblica Amministrazione particolarmente qualificanti per l’Ordinamento giuridico italiano (“settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato”).

5. Con il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (art. 40, comma 1, lett. e), il comma 6, terzo periodo è stato così riformulato: “Tali incarichi sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato…”. E’ stato altresì introdotto il comma 6-bis, secondo cui “Fermo restando il contingente complessivo dei dirigenti di prima o seconda fascia il quoziente derivante dall’applicazione delle percentuali previste dai commi 4, 5-bis e 6, è arrotondato all’unità inferiore, se il primo decimale è inferiore a cinque, o all’unità superiore, se esso è uguale o superiore a cinque. 6-ter. Il comma 6 ed il comma 6-bis si applicano alle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2”.

5.1. Quindi, con tale riforma compare un espresso riferimento alla necessità che il conferimento dell’incarico ad un soggetto esterno sia supportato da provvedimento specificamente motivato (“esplicita motivazione”) e sia conferito a “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione”. Il conferimento ad un soggetto esterno è dunque condizionato alla previa verifica dell’insussistenza all’interno dei ruoli organici di una professionalità equivalente a quella occorrente per l’incarico da assegnare e che il dirigente deve svolgere. L’obbligo di motivazione è funzionale a consentire la verifica esterna del rispetto di tale vincolo.

5.2. L’esigenza di consentire di verificare se la scelta sia giustificabile per l’inesistenza all’interno dell’Amministrazione di professionalità equivalenti a quelle occorrenti per il raggiungimento del particolare obiettivo prefissato risponde ad una finalità, preminentemente pubblicistica, di economicità, efficienza e buona amministrazione e risponde – tra l’altro – anche alla finalità di consentire la verifica demandata alla competenza ordinamentale della Corte dei Conti in sede di controllo sugli atti di nomina dei dirigenti.

6. Va pure osservato che le disposizioni concernenti la dirigenza di cui al capo 2^ del titolo 2^ si applicano direttamente solo alle Amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, mentre ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 27 le Regioni e le Amministrazioni non statali, nell’esercizio della rispettiva potestà normativa (per quanto attiene ai Comuni, della potestà statutaria e regolamentare) “adeguano ai principi dell’art. 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità”.

6.1. Lo Statuto del Comune di Potenza rimanda alle disposizioni del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi per quanto attiene al conferimento degli incarichi dirigenziali ed ai limiti entro i quali tali incarichi possono essere conferiti al di fuori della dotazione organica. Il Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi del Comune di Potenza, all’art. 51 (trascritto ed allegato al ricorso), rubricato “collaborazioni professionali esterne” dispone che l’Amministrazione può stipulare “al di fuori della dotazione organica, sulla base delle scelte programmatiche e tenuto conto delle risorse disponibili nel bilancio, contratti a tempo determinato per dirigenti, alte specializzazioni e funzionali d’area direttiva, purchè in assenza di assenza di analoga professionalità interna e nel limite del 5% della dotazione organica della dirigenza e dell’area direttiva, in coerenza con eventuali vincoli finanziari e normativi”. Lo stesso Regolamento, all’art. 54, rubricato “collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità”, dispone che “per il perseguimento di specifici obiettivi predeterminati, previsti nei programmi amministrativi, ove non siano presenti all’interno del Comune figure dotate di particolari ed elevate competenze tecnico-professionali, il Sindaco può conferire incarichi di collaborazione esterna ad alto contenuto di professionalità ad esperti di provata competenza per il conseguimento degli obiettivi determinati”.

6.2. Il Comune di Potenza, dunque, aveva già recepito al suo interno la regola secondo cui è possibile conferire incarichi dirigenziali a tempo determinato a “dirigenti, alte specializzazioni e funzionali d’area direttiva”, nei limiti percentuali stabiliti (5%), “purchè in assenza di assenza di analoga professionalità interna” e nel rispetto di “eventuali vincoli finanziari e normativi”. Del pari, “per il perseguimento di specifici obiettivi predeterminati, previsti nei programmi amministrativi”, il Sindaco può conferire incarichi di “collaborazione esterna ad alto contenuto di professionalità ad esperti di provata competenza per il conseguimento degli obiettivi determinati”, ” ove non siano presenti all’interno del Comune figure dotate di particolari ed elevate competenze tecnico-professionali”.

6.3. La regola secondo cui il ricorso a professionalità esterne è consentito solo in assenza di analoga competenza di alto livello specialistico tra dirigenti appartenenti al ruolo organico era presente nell’ordinamento del Comune di Potenza e a tale regola si doveva conformare l’Amministrazione locale.

7. Tutto ciò premesso, va ulteriormente osservato che anche il sistema normativo del lavoro pubblico dirigenziale negli enti locali (trasfuso nel D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 109) esclude la configurabilità di un diritto soggettivo del dirigente a conservare in ogni caso determinate tipologie di incarico dirigenziale, ancorchè corrispondenti all’incarico assunto a seguito di concorso specificatamente indetto per determinati posti di lavoro e anteriormente alla cosiddetta “privatizzazione”. Lo stesso sistema, peraltro, conferma il principio generale che, nel lavoro pubblico, alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l’attitudine professionale all’assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo e non consente perciò – anche in difetto della espressa previsione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19stabilita per le Amministrazioni statali – di ritenere applicabile l’art. 2103 c.c., risultando la regola del rispetto di determinate specifiche professionalità acquisite non compatibile con lo statuto del dirigente pubblico locale, con la sola eccezione della dirigenza tecnica. (Cass. n. 23760 del 2004, conf. Cass. n. 3451 del 2010; v. pure Cass. n. 22284 del 2014 e n. 24035 del 2013, nonchè Cass. 15226 del 2015).

8. Occorre altresì precisare che la pretesa a vedere conferito o rinnovato un determinato incarico è questione ben diversa da quella, recentemente scrutinata da questa Corte con la sentenza n. 12678 del 2016. Con tale sentenza si è, innanzitutto, ribadito che nella nuova disciplina della dirigenza pubblica non è configurabile un diritto soggettivo a conservare, ovvero ad ottenere, un determinato incarico di funzione dirigenziale. Nondimeno la Pubblica Amministrazione non può, a suo insindacabile arbitrio, affidare o non affidare incarichi dirigenziali (in prima designazione ovvero una volta che siano venuti a scadenza) e lasciare, immotivatamente ed ingiustificatamente, il dirigente pubblico senza incarico e senza compiti di natura dirigenziale.

8.1. Nel caso in esame, l’odierno ricorrente non è stato lasciato privo di funzioni dirigenziali – e neppure privo di incarico -, ma alla scadenza dell’incarico di Comandante della Polizia Municipale ne ha ottenuto uno nuovo, di cui non è neppure in discussione l’equivalenza professionale, poichè la rivendicazione muove dall’assunto per cui il Comune non avrebbe potuto affidare l’incarico suddetto al dr. S..

9. In merito a quanto affermato dalla Corte di appello circa l’esistenza di un principio di rotazione negli incarichi, l’originario testo del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 1, aveva previsto “di norma il criterio della rotazione degli incarichi”. Tale regola non compare più nel testo dell’art. 19, come modificato dalla L. 15 luglio 2002, n. 145, art. 3. Tuttavia, dalla eliminazione di tale regola non deriva – per le ragioni già esposte – alcun diritto soggettivo del dirigente a vedere rinnovato l’incarico venuto a scadenza. Ben poteva l’Amministrazione conferire l’incarico ad altri dirigenti presenti nei propri ruoli – o anche a soggetti esterni, rispettando i limiti oggettivi e soggettivi di cui si è detto -, orientando la scelta in funzione del raggiungimento del preciso obiettivo indicato nel provvedimento nell’osservanza del principio costituzionale di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost., risolvendosi il controllo giudiziale circa il mancato rinnovo dell’incarico in un’indagine sul rispetto delle regole previste, nonchè sull’osservanza dei canoni di correttezza e buona fede.

9.1. In ambito dell’ordinamento degli Enti locali, tanto il T.U. n. 267 del 2000, art. 109quanto l’art. 13 CCNL comparto Regioni Enti Locali – Area Dirigenza – sanciscono la regola della temporaneità degli incarichi, cui è correlata la possibilità della rotazione.

9.2. L’inesistenza nell’ordinamento di una regola che sancisca l’obbligo di conferire al medesimo soggetto un incarico dirigenziale venuto a scadenza implica, di riflesso, la possibilità della rotazione. L’eliminazione della disposizione secondo cui “di norma” era applicabile la regola della rotazione non comporta che sia stato introdotto l’opposto principio della conferma dell’incarico scaduto, in quanto nel lavoro pubblico, alla qualifica dirigenziale – anche in difetto della espressa previsione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 stabilita per le Amministrazioni statali – non opera l’art. 2103 c.c..

10. Giova osservare che il D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 40, comma 1, lett. b) ha successivamente introdotto nell’art. 19 il comma 1 bis, che contempla la previsione secondo cui l’Amministrazione “rende conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta; acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta”. Il Legislatore del 2009, con le modifiche introdotte, ha dunque adottato accorgimenti atti a rendere più trasparenti le operazioni di scelta dei dirigenti, agevolando sistemi per l’emersione e la comparazione delle professionalità dirigenziali.

11. Il criterio della rotazione è stato reintrodotto dalla più recente legislazione in funzione limitativa delle scelte discrezionali della P.A., allo scopo di evitare che, attraverso la conferma degli incarichi, vengano a consolidarsi posizioni esposte a rischio corruttivo. La L. n. 190 del 2012, ha previsto, infatti, all’art. 1, comma 4, che il Dipartimento della funzione pubblica, anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, “definisce criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione e misure per evitare sovrapposizioni di funzioni e cumuli di incarichi nominativi in capo ai dirigenti pubblici, anche esterni” (comma 4, lett. e) e, all’art. 1, comma 5, che le Pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica “procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari” (comma 5, lett. b).

12. Così definito il quadro normativo d’insieme, venendo all’esame della specifica fattispecie, occorre innanzitutto ribadire che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, nell’ambito degli atti di conferimento di incarichi dirigenziali, a fronte del potere di cui il datore di lavoro pubblico dispone nella scelta dei soggetti ai quali conferire incarichi dirigenziali, corrisponde, in capo a coloro che aspirano all’incarico, una posizione qualificabile come di interesse legittimo di diritto privato, riconducibile, quanto alla tutela giudiziaria, nella più ampia categoria dei “diritti” di cui all’art. 2907 cod. civ. (vedi, per tutte, Cass. n. 5659, 23760 del 2004, cit., nonchè da ultimo Cass. n. 13867 del 2014 e n. 7495 del 2015).

12.1. In particolare, gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte dall’amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro; le norme contenute nel D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 19, comma 1, obbligano l’Amministrazione datrice di lavoro al rispetto dei criteri di massima in esse indicati, anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. (Cfr. pure, per una particolare applicazione del principio, Cass. n. n. 18972 del 24/09/2015).

12.2. Ciò comporta che la tutela di tale posizione giuridica soggettiva, affidata al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, non differisce da quella già riconosciuta al partecipante ad una procedura di selezione concorsuale adottata dal datore di lavoro privato. Tale posizione è suscettibile di tutela giurisdizionale, anche in forma risarcitoria, a condizione che l’interessato ne alleghi e provi la lesione, nonchè il danno subito, in dipendenza dell’inadempimento degli obblighi gravanti sull’amministrazione, senza che la pretesa risarcitoria possa fondarsi sulla lesione del diritto al conferimento dell’incarico, che non sussiste prima della stipula del contratto che accede al provvedimento.

13. Il risarcimento del danno postula, dunque, l’allegazione (e la prova) a carico del lavoratore pretermesso circa la lesione di un interesse legittimo di diritto privato per inadempimento di obblighi gravanti sull’Amministrazione, in relazione agli atti preliminari prospettati, nonchè l’allegazione (e la prova) del danno subito dal lavoratore in dipendenza dello stesso inadempimento (vedi, per tutte, Cass., sez. un, civ., n. 6572/2006, anche in motivazione). Come recentemente ribadito da Cass. n 7495 del 14/04/2015, in tema di pubblico impiego privatizzato, gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali hanno natura di determinazioni negoziali, a cui devono applicarsi i criteri generali di correttezza e buona fede, alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., sicchè in capo al dipendente è configurabile una posizione soggettiva di interesse legittimo di diritto privato, che rientra nella categoria dei diritti di cui all’art. 2907 c.c., e sussiste anche rispetto agli atti preliminari al conferimento dell’incarico. Tale posizione è suscettibile di tutela giurisdizionale, anche in forma risarcitoria, a condizione che l’interessato ne alleghi e provi la lesione, nonchè il danno subito, in dipendenza dell’inadempimento degli obblighi gravanti sull’amministrazione, senza che la pretesa risarcitoria possa fondarsi sulla lesione del diritto al conferimento dell’incarico, che non sussiste prima della stipula del contratto con la P.A..

14. Nel caso in esame, il ricorrente non ha prospettato in virtù di quali elementi sarebbe stato in possesso di una professionalità equivalente a quella del S. e neppure ha riportato il provvedimento del Sindaco da cui potere evincere la rilevanza della questione prospettata anche in relazione agli obiettivi prefissati dall’Ente locale. Non è dato conoscere quindi se – ed eventualmente in quali termini – il conferimento dell’incarico al S. abbia violato le regole procedimentali sopra descritte, che imponevano al Comune la previa verifica dell’esistenza di professionalità equivalenti all’interno dei propri ruoli dirigenziali, o abbia violato i canoni di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., adottando la rotazione degli incarichi senza che alla scelta di tale criterio corrispondesse un effettivo interesse pubblico e in assenza di rischi insiti nella cristallizzazione di incarichi sensibili.

15. Il ricorso va dunque respinto alla stregua dei seguenti principi di diritto:

15.1. Costituisce regola immanente al sistema di conferimento degli incarichi dirigenziali il principio, esplicitato dal D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 mediante riformulazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 6, terzo periodo secondo cui la nomina di un soggetto esterno è condizionata alla previa verifica dell’insussistenza all’interno dei ruoli organici di una professionalità equivalente. Tale regola corrisponde ad una finalità, preminentemente pubblicistica, di economicità, efficienza e buona amministrazione. La motivazione del provvedimento di nomina è funzionale alla verifica esterna del rispetto di tale vincolo, anche ai fini del controllo della Corte dei Conti sugli atti di conferimento di incarichi dirigenziali.

15.2. Il dirigente il cui incarico sia venuto a scadenza non ha alcun diritto ad ottenerne il rinnovo, in quanto l’eliminazione, ad opera della L. 15 luglio 2002, n. 145, della locuzione presente nella originaria formulazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 1, – secondo cui di norma opera il criterio della rotazione degli incarichi, non ha inciso sulla posizione soggettiva del dirigente già designato, ma opera in funzione delle scelte che la Pubblica Amministrazione deve compiere, le quali devono conformarsi esclusivamente ai canoni di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost..

15.3. Nel lavoro pubblico, alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l’attitudine professionale all’assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo e non consente perciò anche in difetto della espressa previsione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 stabilita per le Amministrazioni statali – di ritenere applicabile l’art. 2103 c.c., risultando la regola del rispetto di determinate specifiche professionalità acquisite non compatibile con lo statuto del dirigente pubblico.

15.4. Con il D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 40, comma 1, lett. b) che ha introdotto nell’art. 19 il comma 1 bis secondo cui l’Amministrazione rende conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta ed acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta, il Legislatore ha adottato accorgimenti atti a rendere più trasparenti le operazioni di scelta dei dirigenti, agevolando sistemi per l’emersione e la comparazione delle professionalità dirigenziali.

15.5. Il criterio della rotazione è stato espressamente contemplato dalla più recente legislazione in funzione limitativa delle scelte della P.A., allo scopo di evitare che, attraverso la conferma degli incarichi, vengano a consolidarsi posizioni esposte a rischio corruttivo.

16. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento, in favore del resistente Comune di Potenza, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2. Nulla per le spese nei confronti della parte rimasta intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali e accessori di legge, in favore del Comune di Potenza. Nulla per le spese nei confronti di S.F..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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