Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 462 del 14/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/01/2021, (ud. 10/11/2020, dep. 14/01/2021), n.462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34233-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA

D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, ESTER ADA VITA SCIPLINO, EMANUELE DE

ROSE, LELIO MARITATO;

– ricorrente –

contro

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

SALVATORE GRISOLIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1318/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 14/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/11/2020 dal Consigliere Relatore Don. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 1318 pubblicata il 14.9.2018 la Corte d’Appello di Catanzaro ha respinto il ricorso per revocazione proposto dall’INPS nei confronti di R.A., avverso la sentenza n. 1668/2015, pronunciata dalla medesima Corte territoriale;

2. deve premettersi che R.A. ha proposto opposizione al precetto notificatogli dall’INPS e concernente crediti contributivi di cui al DM10 relativo al mese di giugno 1996, ed ha eccepito la prescrizione dei crediti;

3. il Tribunale di Crotone, per quanto rileva, ha dichiarato prescritti i predetti crediti e condannato l’INPS alla restituzione della somma a tale titolo versata dal R.;

4. l’Istituto ha proposto appello deducendo l’inammissibilità dell’opposizione a precetto e quindi dell’eccezione di prescrizione sollevata dal R.; ha spiegato di aver notificato, dopo il precetto, un atto di pignoramento presso terzi comprensivo del credito in contestazione e che la procedura esecutiva si era conclusa con ordinanza di assegnazione delle somme del 5.11.2007, contro cui era possibile esperire solo l’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c.;

5. la Corte d’appello di Catanzaro, con la sentenza n. 1668/15, ha respinto l’appello dell’INPS rilevando, tra l’altro, la novità dell’eccezione di inammissibilità dell’opposizione a precetto sollevata solo in appello, così come l’allegazione sull’esistenza di una procedura esecutiva conclusasi con ordinanza di assegnazione delle somme del 5.11.07; parimenti inammissibile era la relativa produzione documentale;

6. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, denunciando l’errore di fatto commesso dalla Corte territoriale per non essersi avveduta che l’atto di pignoramento presso terzi era già presente negli atti processuali in quanto prodotto dal R. in primo grado e che l’ordinanza di assegnazione era stata acquisita d’ufficio dal Tribunale di Crotone, unitamente al fascicolo della procedura esecutiva, su istanza dell’Istituto;

7. con la sentenza n. 1318/19, la Corte d’appello ha respinto il ricorso per revocazione dell’INPS in quanto non afferente ad un errore di fatto; ha precisato che la sentenza n. 1668/15 aveva rigettato l’appello in ragione della novità dell’eccezione di inammissibilità della opposizione a precetto e delle allegazioni fatte dall’INPS solo in secondo grado e che ciò implicava eventualmente un errore di diritto o di valutazione ma non un errore revocatorio;

8. avverso la sentenza n. 1318/2019 l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso R.A.;

9. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

10. con l’unico motivo di ricorso l’INPS ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 115 c.p.c.;

11. ha affermato che nel ricorso introduttivo di primo grado del R. (trascritto in parte e prodotto) erano allegati i fatti relativi al precetto, alla procedura esecutiva RGE n. 648/07 presso il Tribunale di Catanzaro e all’assegnazione delle somme; che all’udienza del 18.5.2010 il giudice aveva disposto l’acquisizione del fascicolo di esecuzione mobiliare n. 648/07; che, in ragione di ciò, i fatti posti a base dell’eccezione di inammissibilità dell’opposizione a precetto sollevata dall’INPS erano pacifici e ritualmente acquisiti agli atti di causa, sicchè ha errato la Corte d’appello nel considerare l’eccezione ius novorum;

12. l’Istituto ha aggiunto che l’inammissibilità della opposizione a precetto doveva considerarsi implicita nelle difese contenute nella propria memoria difensiva di primo grado;

13. il ricorso non può trovare accoglimento;

14. secondo l’indirizzo consolidato, l’errore di fatto previsto dall’art. 395, c.p.c., n. 4, idoneo a determinare la revocazione delle sentenze deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di sussunzione del fatto, nè in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo; in altri termini, l’errore non soltanto deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, ma non può tradursi in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di norme giuridiche e principi giurisprudenziali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio, inidoneo a determinare la revocabilità delle sentenze della Cassazione (fra le tante Cass., S.U., 11/04/2018, n. 8984; Cass. Sez. Un. 27/12/2017, n. 30994; Cass. 28/7/2017, n. 18899; Cass. S.U., 23/12/2009, n. 27218; n. 17443 del 2008);

15. nel caso in esame, correttamente la decisione impugnata ha escluso l’applicabilità dell’art. 395 c.p.c., n. 4, sul rilievo che l’errore addebitato alla sentenza n. 1318/2019 non si concretasse in una mera svista materiale, che aveva portato a ritenere tardiva la produzione documentale, in realtà già presente, sia pure su iniziativa del R., negli atti processuali;

16. l’errore che l’Istituto addebita alla sentenza d’appello revocanda investe la declaratoria di tardività dell’eccezione di inammissibilità dell’opposizione a precetto, in quanto sollevata per la prima volta in appello; ma una simile censura, come correttamente osservato nella sentenza impugnata, investe la valutazione giuridica di novità dell’eccezione, peraltro espressa dai giudici d’appello a prescindere dalla tempestività o meno della produzione documentale (“la produzione documentale dell’Istituto era in ogni caso irrilevante ai fini del decidere proprio perchè relativa ad una eccezione di inammissibilità dell’opposizione a precetto che, in quanto non sollevata in primo grado, risulta coperta da giudicato implicito”) ed è come tale estranea al perimetro dell’errore revocatorio;

17. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto;

18. le spese del giudizio di legittimità sono regolate secondo il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;

19. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. Salvatore Grisolia, antistatario.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021

 

 

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