Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4619 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 21/02/2020, (ud. 09/07/2019, dep. 21/02/2020), n.4619

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16537/2015 proposto da:

S.P., n.q. di titolare della NORMA & PARTNERS,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VARRONE 9, presso lo studio

dell’Avvocato FRANCESCO VANNICELLI, rappresentato e difeso

dall’Avvocato EMANUELA CESCHINI;

– ricorrente principale – controricorrente in ordine ai ricorsi

incidentali proposti da FASAF srl e da P.G. –

contro

FASAF S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CONCA D’ORO, 206, presso lo

studio dell’Avvocato NICOLETTA MERCATI, che la rappresenta e difende

unitamente all’Avvocato MICHELE ROCCHETTI.

– controricorrente in ordine al ricorso principale – resistente in

ordine al ricorso incidentale proposto da P.G. –

ricorrente incidentale –

e contro

P.G., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato MARIO GESUALDO MURGO.

– controricorrente in ordine al ricorso incidentale di FASAF srl –

intimato in relazione al ricorso principale ricorrente incidentale –

e contro

DANA ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IN LUCINA 10, presso lo

studio dell’Avvocato MARIA LUISA DE ROSE, rappresentata e difesa

dagli Avvocati PAOLO PASOLLI e GIAN MARCO ZANETTI.

– controricorrente in ordine ai ricorsi incidentali di FASAF srl e di

P.G. – intimata in ordine al ricorso principale –

e contro

GBS GENERALI BUSINESS SOLUTIONS S.c.p.A. e XL WINTERTHUR INT. INS.

CO. LTD, in persona dei rispettivi legali rappr.ti pt.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 14/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 10/04/2015 R.G.N. 72/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/07/2019 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;

udito l’Avvocato FRANCESCO VANNICELLI, per delega verbale Avvocato

EMANUELA CESCHINI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO MALOSSINI per delega Avvocato GIAN MARCO

ZANETTI;

udito l’Avvocato NICOLETTA MERCATI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il giorno (OMISSIS) P.G., dipendente di DANA ITALIA spa, stava spostando una pressetta a mano (costruita e venduta a DANA ITALIA spa da FASAF srl su progetto della prima) dalla sua sede abituale per portarla in manutenzione con l’aiuto di un collega; l’attrezzatura, posta su un supporto con ruote, arrivata in prossimità di un tunnel passacavi, si sbilanciava e cadeva addosso al lavoratore che nell’occorso riportava lesioni consistite nella frattura pluriframmentaria della tibia e del malleolo peronale della gamba sinistra.

2. Il Tribunale di Rovereto, con la pronuncia n. 36 del 2014, in parziale accoglimento delle domande proposte da P.G., in ordine all’infortunio occorso, accertava rispettivamente la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale di DANA ITALIA spa e della FASAF srl, condannando le società in solido al risarcimento, nei confronti del lavoratore, dei danni patrimoniali e non patrimoniali nella misura di Euro 82.447,11, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo.

3. La Corte di appello di Trento, decidendo sui gravami proposti, in parziale riforma della gravata pronuncia condannava, invece, le suddette società, sempre in solido, al pagamento in favore di P.G. della somma di Euro 108.570,11, con interessi sull’importo di Euro 158.570,11 devalutato alla data del pagamento della provvisionale e quindi via via rivalutato fino all’effettivo pagamento, con condanna altresì all’ulteriore pagamento di Euro 600,00 oltre interessi legali e alle spese di giudizio, ìvi comprese quelle di CTU; condannava la GBS scpa a rifondere a FASAF srl le spese dei due gradi mentre compensava quelle relative al rapporto processuale tra FASAF srl e S.P..

4. A fondamento del decisum i giudici di seconde cure precisavano quanto segue.

5. Non era ravvisabile alcuna violazione di legge nel fatto che il giudice di primo grado, subentrato al precedente istruttore che aveva ammesso le prove richieste da DANA ITALIA spa, avesse poi dichiarato chiusa l’istruttoria, non essendo vincolato a quanto già statuito; inoltre, in sede di appello non era stata svolta alcuna argomentazione a sostegno della pretesa inammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova articolati.

6. Sulla base delle risultanze istruttorie in atti, anche con riguardo alle prove atipiche di cui ai procedimenti penali in atti, era rilevabile una responsabilità ex art. 2043 c.c., della FASAF srl, quale costruttrice del macchinario, per avere messo in commercio un’attrezzatura che non osservava le generali cautele antinfortunistiche con particolare riferimento alla mancanza di stabilità, nel caso di suo posizionamento sul supporto su ruote, e al rischio di ribaltamento nelle prevedibili ipotesi di spostamento del macchinario collocato su detto supporto.

7. Emergeva, altresì, una responsabilità ex art. 2087 c.c., di DANA, quale datore di lavoro, su cui incombeva l’obbligo di proteggere, nell’area di lavoro, l’incolumità del lavoratore anche al fine di prevenire condotte imprudenti o negligenti del medesimo: in particolare, nell’avere consentito che un dipendente effettuasse (non un trasporto come prescritto dal libretto di istruzioni) bensì un spostamento di pochi metri di un macchinario (pressetta), montato su carrello munito di ruote che – così come assemblato – presentava elementi di instabilità costituenti fattore di rischio di ribaltamento soprattutto negli spostamenti, come poi in concreto si era verificato.

8. Alcuna responsabilità era, invece, individuabile in capo a S.P., al quale era stata demandata la certificazione della pressetta de qua, atteso che a quest’ultimo era stato conferito l’incarico di certificare solo la pressa (e non il supporto con ruote) e che quando aveva visto la pressetta montata sul supporto aveva, comunque, inserito le prescrizioni concernenti le cautele da adoperare nelle modalità di trasporto.

9. In relazione alle condotte colpose di entrambe le società, corretto era il riparto delle responsabilità ai sensi dell’art. 2055 c.c., u.c., non potendosi ipotizzare una responsabilità prevalente della ditta fornitrice del macchinario.

10. Con riguardo alla quantificazione del danno, una volta adottate le “tabelle milanesi” del 2013 ai fini della liquidazione, l’indicazione di Euro 90,00, anzichè di Euro 96,00/144,00, quale indennità temporanea del danno biologico al giorno, adottata dal primo giudice, non appariva motivata, di talchè la stessa avrebbe dovuto essere liquidata in Euro 100,00 al giorno.

11. Il danno non patrimoniale liquidato dal primo giudice era già comprensivo del danno cd. morale ed esistenziale; la personalizzazione del danno non appariva autonomamente riconoscibile, nel caso di specie, considerata la percentuale di invalidità permanente, obiettivamente non elevata, e il già ricordato aumento per i danni morali ed esistenziali; quanto, infine, al danno da perdita della capacità lavorativa specifica, correttamente era stato riconosciuto nella misura statuita stante la mancata indicazione di elementi concreti per una diversa liquidazione di tale voce di danno, in considerazione del pregiudizio indicato; al P. competevano, nell’intero importo, sia l’indennità giornaliera liquidata dall’INAIL (che aveva natura assistenziale) sia il danno patrimoniale derivante da perdita da capacità lavorativa specifica, coprendo due distinti periodi. Non erano stati offerti elementi per la liquidazione del danno patrimoniale da perdita e rinuncia di attività lavorativa e da perdita di chances; essendo, poi, il danno differenziale un credito di valore, l’importo liquidato andava maggiorato degli interessi legali, come statuiti in dispositivo.

12. Con riferimento alle determinazioni sulle spese di giudizio, quelle della consulenza tecnica di parte del lavoratore, liquidate in via equitativa in Euro 600,00, dovevano essere messe a carico delle società coobbligate, trattandosi di spesa necessaria ai fini della difesa. La GBS scpa, compagnia assicuratrice di FASAF srl, andava condannata a rifondere le spese dei due gradi di giudizio nei confronti della chiamante FASAF, mentre quelle tra quest’ultima società e S.P. dovevano essere compensate alla luce della complessità delle questioni versate in causa da dette parti.

13. Avverso la decisione di secondo grado proponeva ricorso per cassazione S.P., nella qualità di titolare della Norma & Partners, affidato a due motivi.

14. Resisteva con controricorso la FASAF srl, formulando ricorso incidentale sulla base di sei motivi.

15. P.G. in relazione al ricorso di S.P. dichiarava di non avere interesse a sostenere o a confutare il motivo; resisteva, invece, a quello proposto da FASAF srl e proponeva ricorso incidentale articolato su un motivo.

16. DANA ITALIA spa resisteva con controricorso sia nei confronti di P.G. che di FASAF srl.

17. S.P., nella qualità sopra indicata, resisteva con controricorso ai ricorsi incidentali presentati da P.G. e da FASAF srl.

18. La GBS – Generali Business Solutions scpa – quale procuratrice e mandataria di Assicurazioni Generali spa e la XL Winterthur Int. INS. CO. LTD non svolgevano attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo del ricorso principale S.P. n.q. denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza con riferimento all’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., per manifesta illogicità, contraddittorietà ed incoerenza della motivazione, per avere la Corte territoriale, da un lato, esaminando il motivo di appello di FASAF srl concernente la condanna alle spese in favore del chiamato in causa, disposta in primo grado, ritenuta corretta la decisione specificando che non erano stati evidenziati motivi per disporre la compensazione delle spese e, dall’Atro, nella parte finale del provvedimento, disposto la compensazione delle spese di lite dei due gradi di giudizio, sempre relativamente al rapporto processuale tra FASAF srl ed il S., alla luce della complessità delle questioni versate in causa dalle parti.

3. Con il secondo motivo il ricorrente principale si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2, come formulato nel testo antecedente la riforma introdotta dal D.L. 12 settembre 2014, n. 162, art. 13, comma 1, essendo stato radicato il giudizio con ricorso ex art. 414 c.p.c. (depositato il 6.2.2013), perchè la Corte di merito aveva erroneamente compensato per intero le spese pur in assenza di una situazione di soccombenza reciproca o di concorrenza di altre gravi ed eccezionali ragioni, non potendosi considerare tali quelle genericamente indicate nella motivazione.

4. Con il primo motivo del ricorso incidentale la FASAF srl lamenta la violazione di legge, segnatamente degli artt. 209,420 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5; l’omessa assunzione della prova per testimoni richiesta da parte resistente in spregio alla relativa previa ordinanza ammissiva assunta dal giudice di prime cure; la declaratoria di chiusura dell’istruttoria contra ius; la violazione del diritto alla prova di parte resistente; l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sul punto, per non avere valutato la Corte di merito il motivo di gravame denunciato che concerneva la carenza assoluta di motivazione del giudice del Tribunale di Rovereto, subentrato a quello che aveva già ammesso la prova, con cui era stata ritenuta la causa istruita e per non avere rilevato la Corte territoriale che, da un lato, erano state prospettate le argomentazioni a sostegno della necessità di assumere la deposizione dei testi indicati e, dall’altro, erano stati indicati, anche per relationem, i capitoli di prova testimoniale.

5. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione di legge, segnatamente degli artt. 115,421 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4, relativamente alla valutazione, da parte dei giudici di merito, delle prove documentali, segnatamente delle sentenze emesse dal Tribunale penale di Rovereto n. 13/415, perchè mai prodotta dalle parti, essendo invece state depositate solo la sentenza penale della Corte di Cassazione n. 49670/2014 e la sentenza della Corte di appello di Trento del 23.10.2013.

6. Con il terzo articolato motivo la società si duole della violazione di legge, segnatamente degli artt. 2043 c.c. e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5; l’infondatezza della pretesa azionata dall’attore in prime cure nei confronti di FASAF srl; la carenza in capo alla terza chiamata (FASAF srl) della civile responsabilità aquiliana dichiarata dal giudice di seconde cure con l’impugnata sentenza; l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sul punto; deduce, altresì, la violazione di legge, segnatamente degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5; il travisamento delle prove e dei fatti; l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sul punto; denunzia, infine, la violazione di legge, segnatamente degli artt. 115,246 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; l’utilizzo di deposizione di teste incapace. In pratica si sostiene che la Corte territoriale aveva erroneamente valutato le prove offerte, attribuendo loro un valore ed una efficacia contra legem ed omettendo di considerare altre fonti indiziarie e/o di prova. Nello specifico si addebita alla Corte territoriale di non avere valutato il profilo della insussistenza della colpa specifica nella condotta ascritta all’imputato; per avere posto a fondamento della decisione la sola deposizione resa dal terzo chiamato in causa S.P., senza considerare che quest’ultimo aveva un interesse che legittimava la sua partecipazione nel giudizio tanto è che era (ed è) parte nel giudizio medesimo; di non avere considerato che l’opera certificatoria commissionata al S. includesse tutta la pressetta, inclusa la base di supporto munita di ruote; di non avere accertato, altresì, la insussistenza di colpa generica nella condotta ad essa ascritta, anche in relazione ad un uso improprio del supporto con le ruote che aveva determinato il rischio del ribaltamento in connessione al contatto con il tunnel passacavi; di non avere rilevato l’insussistenza del nesso eziologico ex art. 41 c.p., tra l’atto illecito ascritto alla terza chiamata e l’evento lesivo occorso al P..

7. Con il quarto motivo del ricorso incidentale si denunzia la violazione di legge, segnatamente degli artt. 2043,1227 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5; la violazione di legge, segnatamente degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; il concorso di colpa del danneggiato P. nella causazione del fatto illecito de quo; l’eccessiva quantificazione della pretesa risarcitoria azionata; la carenza di motivazione nonchè il travisamento delle prove e dei fatti, per avere erroneamente la Corte di appello escluso, dalle risultanze istruttorie, il concorso di colpa del lavoratore.

8. Con il quinto motivo la società censura la violazione di legge, segnatamente degli artt. 2043 c.c. e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5; la violazione di legge, segnatamente degli artt. 115,116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; l’imputabilità dell’illecito de quo al terzo chiamato S.P.; la carenza di motivazione ed il travisamento delle prove e dei fatti perchè la Corte territoriale, avendo escluso qualsivoglia responsabilità di FASAF srl per colpa specifica e, quindi, la derivata responsabilità del certificatore S., avrebbe dovuto dichiarare la cessazione della materia del contendere in quanto la domanda di manleva, per il suo accoglimento, non postula la declaratoria di responsabilità in capo al chiamato bensì la sussistenza di un titolo in forza del quale lo stesso, in caso di fondatezza della domanda attorea, debba tenere indenne il chiamante dagli effetti pregiudizievoli della sentenza di accoglimento della pretesa attorea che il chiamante dovesse sopportare.

9. Con il sesto motivo si deduce la violazione di legge, segnatamente degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c.. nn. 3 e 5; la condanna di FASAF srl alla rifusione delle spese di lite sopportate dal terzo chiamato, S.P., ex art. 91 c.p.c., in carenza assoluta dei presupposti di legge; la sussistenza di gravi ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite ex art. 92 c.p.c.; l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto perchè, in caso di accoglimento del secondo motivo del ricorso principale del S., si eccepisce la violazione delle norme sopra richiamate sussistendo i presupposti di fatto per una declaratoria di compensazione.

10. Con il ricorso incidentale P.G. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,2043,2056 e 2059 c.c., con conseguente violazione del principio per cui il risarcimento dei danni non patrimoniali deve essere integrale ed effettivo, nel capo della sentenza in cui la Corte territoriale aveva ritenuto che la somma liquidata a titolo di danno biologico di cui alle tabelle milanesi fosse comprensiva di tutte le conseguenze non patrimoniali, senza procedere alla cd. personalizzazione del danno e del relativo compenso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si censura, inoltre, l’omesso esame delle molteplici e dolorose limitazioni che le lesioni avevano apportato alla serenità esistenziale e alla vita di relazione di esso P. ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Si deduce, in sostanza, che la Corte territoriale si era discostata dalla giurisprudenza di legittimità che considera che il ricorso alle “tabelle milanesi” possa costituire un valido criterio di riferimento ai fini della valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., solo laddove la fattispecie concreta non presenti circostanze che richiedano la relativa variazione in aumento o in diminuzione e che la stessa Corte non aveva tenuto conto di una serie di circostanze dalle quali ricavare l’alterazione in peius delle abitudini di vita, il peggioramento della qualità di vita conseguente allo stress e al turbamento per il rischio che l’osteomielite, di cui in seguito all’infortunio fu cronicamente affetto, degenerasse in cancrena con conseguente necessità di amputazione dell’arto.

11. Per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica devono essere preliminarmente esaminati i ricorsi incidentali; in primo luogo quello della FASAF srl e, successivamente, quello di P.G..

12. Il primo motivo del ricorso formulato dalla società è infondato.

13. La naturale revocabilità, anche implicita, delle ordinanze istruttorie, consente al giudice in sede di valutazione delle prove, ai fini del giudizio, di considerare irrilevante anche l’oggetto di una prova testimoniale precedentemente ammessa (cfr. Cass. 22.12.2000 n. 16113).

14. Le ordinanze istruttorie non pregiudicano, infatti, il merito della decisione della controversia, non essendo idonee ad acquistare efficacia di giudicato, nè spiegano alcun effetto preclusivo potendo qualsiasi questione essere nuovamente trattata in sede di decisione (cfr. Cass. 18.4.2006 n. 8932).

15. Nella fattispecie in esame non è configurabile, pertanto, alcun error in procedendo o in iudicando nella decisione del secondo giudice monocratico del Tribunale di Rovereto che ha revocato l’ordinanza ammissiva, precedentemente adottata dal giudice che lo aveva preceduto, sulla base di una nuova valutazione di rilevanza dei mezzi di prova.

16. Quanto, invece, alla statuizione della Corte di merito sulla doglianza avverso il mancato espletamento delle prove in prime cure, occorre osservare che la facoltà del giudice di merito di ammetterle attiene all’esercizio di un potere discrezionale che sfugge al sindacato di legittimità se adeguatamente motivato (in termini, tra le altre, Cass. 12.10.2017 n. 23940; Cass. 1.8.2001 n. 10484).

17. La Corte territoriale, sul punto, esplicitando le proprie ragioni sotto l’aspetto giuridico-processuale, ha respinto la richiesta di assunzione delle prove sottolineando la mancata formulazione di argomentazioni a supporto della pretesa ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova stessi nonchè, in sostanza, la loro mancata esatta riproduzione, non essendovi conformità tra quelli riportati nelle conclusioni dell’appello incidentale e quelle rinvenibili nel corpo dell’atto.

18. Tale motivazione, congrua e corretta in punto di diritto, impedisce qualsiasi sindacato di merito da parte di questa Corte per i principi sopra esposti.

19. Il secondo motivo della FASAF srl è inammissibile per difetto di specificità.

20. La ricorrente afferma che la Corte territoriale aveva valutato una prova documentale, costituita dalla sentenza penale di primo grado del Tribunale di Rovereto pronunciata in merito allo stesso infortunio sul lavoro, senza che questa fosse stata mai prodotta dalle parti.

21. Rileva, però, questo Collegio che la Corte di merito, nel valutare le risultanze del giudizio penale, ha fatto riferimento all’intero processo, richiamando congiuntamente le sentenze sia della Corte di appello di Trento n. 253/2013 che della Corte di Cassazione n. 49670 del 2014 ove venivano menzionati anche gli estremi e i punti della decisione di prime cure, oggetto delle relative impugnazioni.

22. E’ logico, quindi, ritenere che i richiami della Corte di merito, nella pronuncia oggetto del presente ricorso, della decisione di primo grado penale siano stati quelli valutati nelle sentenze prodotte e sopra indicate.

23. Sotto questo profilo, pertanto, è necessario evidenziare – da qui l’inammissibilità della doglianza – che la società non ha indicato quali questioni specifiche fossero state, invece, estrapolate dalla sola sentenza del Tribunale di Rovereto di primo grado, asseritamente non prodotta, e non citate dalle pronunce di secondo grado e di legittimità, avendo come detto la Corte territoriale svolto una valutazione complessiva delle risultanze dell’intero giudizio penale.

24. Tale genericità rende, quindi, il motivo inammissibilmente proposto.

25. Il terzo e quarto motivo, per connessione, devono essere esaminati congiuntamente.

26. Essi presentano profili di inammissibilità e di infondatezza.

27. Sono inammissibili tutte le doglianze che si risolvono, in sostanza, nella richiesta di una rivisitazione del merito della vicenda e in una contestazione della valutazione probatoria operata dalla Corte territoriale, sostanziante il suo accertamento in fatto, di esclusiva spettanza del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità, non equivalendo il sindacato della Corte di cassazione alla revisione del ragionamento decisorio (Cass. 16.12.2011 n. 27197; Cass. 18.3.2011 n. 6288); tali sono quelle relative ai profili della ravvisata responsabilità per colpa, generica o specifica, in capo ai soggetti ritenuti colpevoli dell’infortunio, e alla asserita eccessività della quantificazione della pretesa risarcitoria.

28. Sono, altresì, inammissibili le censure dirette a denunciare vizi sostanziali della motivazione, sotto il profilo della sua omessa, insufficiente o contraddittoria articolazione, perchè, alla stregua della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente alla esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella motivazione “apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di motivazione (Cass. 7.4.2014 n. 8053; Cass. 10.2.2015 n. 2498): le predette ipotesi non sono ravvisabili nella gravata pronuncia.

29. Sono, invece, infondate le denunciate violazioni di legge, in particolare quelle di cui all’art. 246 c.p.c., art. 41 c.p., art. 1227 c.c. e artt. 2043 e 2055 c.c..

30. Quanto alla disposizione di cui all’art. 246 c.p.c., ritenuta violata per avere i giudici di seconde cure posto a base della decisione le dichiarazioni del S., che era parte del giudizio, osserva il Collegio che la norma citata concerne l’ipotesi dell’assunzione diretta della testimonianza da parte del giudice civile nell’ambito del processo in cui sussista la incompatibilità, nel soggetto, di parte e di teste, nel senso che il coinvolgimento della persona chiamata a deporre deve essere diretto nella situazione e nel rapporto controverso (cfr. in termini Cass. 4.8.1995 n. 8605).

31. Nella fattispecie in esame, invece, le dichiarazioni rese dal S. erano state rese in sede di giudizio penale, ove questi non assumeva la qualità di imputato, e le stesse sono state valutate dalla Corte di appello unitamente ad altri riscontri probatori di tipo documentale, in forza del principio, vigente nell’ordinamento processuale, del libero convincimento di cui all’art. 116 c.p.c., secondo cui il giudice può legittimamente porre a base della propria decisione prove cd. atipiche, purchè idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se e in quanto non smentite dal raffronto critico con altre risultanze del processo, con il solo limite di dare congrua motivazione dei criteri adottati per la sua valutazione (Cass. 5.3.2010 n. 5440; Cass. 27.3.2003 n. 4666).

32. Non si verte, pertanto, in una ipotesi tipizzata e disciplinata dall’art. 246 c.p.c., quanto alla utilizzabilità delle dichiarazioni del S..

33. Con riguardo, invece, alla asserita violazione dell’art. 41 c.p., per insussistenza del nesso eziologico tra l’atto illecito e l’evento lesivo, va considerato che la Corte di merito ha correttamente applicato il principio secondo il quale tra “fatto” e “danno” deve intercorrere un nesso di causalità da valutarsi in virtù della regola dell’equivalenza delle concause (cfr. Cass. n. 25028/2008; Cass. n. 10607/2010), in assenza della sussistenza della cd. “causa prossima di rilievo” (Cass. n. 26997/2005), e ha poi condivisibilmente ritenuto, nella fattispecie in esame, che fosse ravvisabile un concorso di condotte colpose indipendenti, costituenti rispettivamente ipotesi di responsabilità contrattuale (ex art. 2087 c.c.) e di responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.) e che le stesse avessero concorso in misura pari a determinare l’evento dannoso, ripartendo tra le coobbligate la responsabilità ai sensi dell’art. 2055 c.c., u.c., che si applica (cfr. Cass. n. 14650/2012) anche in tema di inadempimento congiunto per responsabilità sia contrattuale che extra-contrattuale.

34. Relativamente, infine, ad un prospettato concorso colposo del lavoratore nella causazione dell’evento dannoso, la Corte di appello ha precisato, con accertamento di merito non sindacabile in questa sede, da un lato, che la condotta del lavoratore non era stata connotata da elementi di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al processo lavorativo tale da configurare una causa esclusiva dell’evento; dall’altro che, anche a volere considerare imprudente il comportamento del lavoratore, il fatto di avere spostato la “pressetta” insieme ad un suo diretto superiore era indice di avere agito su ordine del datore di lavoro.

35. Le suddette statuizioni sono giuridicamente corrette perchè la responsabilità esclusiva del lavoratore sussiste effettivamente quando questi abbia posto in essere un comportamento con le caratteristiche sopra individuate dalla giurisprudenza di legittimità in sede di rischio elettivo (Cass. 13.1.2017 n. 798; Cass. 5.9.2014 n. 18786), cioè una condotta personalissima, avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa o ad essa riconducibile, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e a motivazioni del tutto personali.

36. Inoltre, la condotta imprudente del lavoratore dipendente – allorchè sia attuativa di uno specifico ordine di servizio del datore di lavoro – si configura nell’eziologia dell’evento dannoso come una mera modalità dell’iter produttivo del danno, proprio perchè “imposta” in ragione della situazione di subordinazione in cui il lavoratore versa, di talchè tale condotta va comunque addebitata al datore di lavoro (Cass. 8.4.2002 n. 5024; Cass. 3.5.2004 n. 8365).

37. La sentenza impugnata non si pone in contrasto con i suddetti principi generali di matrice normativa sicchè le denunziate violazioni di legge sono insussistenti in tema di concorso causale del lavoratore nell’infortunio patito.

38. Il quinto motivo è infondato.

39. A prescindere dalla non corretta formulazione della censura, sotto il profilo delle dedotte violazioni di legge (in assenza di una appropriata doglianza circa la erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalla disposizione di legge, mediante specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con la interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina – cfr. Cass. 26.6.2013 n. 16038; Cass. 28.2.2012 n. 3010), va rilevata la correttezza della impostazione giuridico -processuale della gravata sentenza.

40. E’ stato, infatti, in pratica, ritenuto dai giudici del merito che la domanda di manleva proposta dalla FASAF srl nei confronti del S. rappresentasse una domanda di garanzia impropria, in quanto fondata su un titolo diverso ed indipendente rispetto a quello posto a base della domanda principale.

41. La domanda accessoria dava luogo, pertanto, ad una causa scindibile ed indipendente (per tutte Cass. n. 534/89) il cui esito ben poteva essere valutato in modo autonomo.

42. Nel caso in esame è stata ritenuta fondata la domanda principale di responsabilità, articolata ex art. 2043 c.c., del produttore del macchinario, ma non quella di garanzia proposta da quest’ultimo nei confronti del certificatore, per cui l’iter decisionale, non essendo rilevante il profilo della colpa generica o specifica imputabile a carico dell’autore del danno, è esente dalle violazioni di legge denunciate.

43. Il sesto motivo, riguardante la determinazione sulle spese del giudizio di primo e secondo grado, sarà esaminato congiuntamente al ricorso principale del S. essendo a questo connesso e subordinato.

44. Anche il ricorso incidentale di P.G. è infondato.

45. La doglianza sulla mancata personalizzazione del danno va respinta perchè questa, a seguito della liquidazione secondo i meccanismi tabellari (come avvenuto nel caso di specie) non è automatica ma va rapportata a risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse all’esito del dibattito processuale e a specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze “ordinarie” già previste e compensate dalla liquidazione forfetizzata assicurata da previsioni tabellari (cfr. Cass. 21.9.2017 n. 21939; Cass. 31.1.2019 n. 2788).

46. Nel caso in esame la Corte territoriale, con adeguate e logiche motivazioni, ha escluso la citata personalizzazione in considerazione della percentuale di invalidità permanente, obiettivamente non elevata, e dell’aumento previsto per i danni morali ed esistenziali che rendevano l’importo in concreto liquidato idoneo a ristorare il pregiudizio patito.

47. Anche la doglianza relativa ai rapporti tra criteri di liquidazione secondo le tabelle (nel caso de quo “milanesi”) ed il danno non patrimoniale, non sussiste.

48. E’ stato, infatti, affermato in sede di legittimità (cfr. Cass. 6.3.2014 n. 5243) che, in tema di risarcimento del danno, le tabelle del Tribunale di Milano per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione all’integrità psico-fisica, elaborate successivamente all’esito delle pronunce delle Sezioni Unite del 2008, determinano il valore finale del punto utile al calcolo del danno biologico da invalidità permanente tenendo conto di tutte le componenti non patrimoniali, compresa quella già qualificata in termini di “danno morale” nei sistemi tabellari precedenti, liquidata invece separatamente.

49. La Corte di merito si è adeguata a tali principi evidenziando proprio (a pag. 14, 1 cpv, della gravata sentenza) che il danno non patrimoniale liquidato era già comprensivo del danno cd. morale ed esistenziale e non era possibile operare una inammissibile duplicazione di tali voci già unitariamente liquidate in prime cure con l’applicazione delle cd. tabelle “milanesi”.

50. Il resto delle censure, riguardante l’omesso esame di fatti (per es. “molteplici e dolorose limitazioni che le lesioni avevano apportato alla serenità esistenziale e alla vita di relazione) ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è inammissibile perchè si risolve in una richiesta di sindacato del giudice di legittimità sulle valutazioni riservate al giudice di merito, non consentito dalla nuova formulazione della disposizione processuale come riformulata nel 2012.

51. I due motivi del ricorso principale proposto da S.P. nella qualità, da trattarsi congiuntamente al sesto motivo del ricorso incidentale della FASAF srl (il cui esito sarà diverso, come appresso si dirà), sono meritevoli di accoglimento.

52. Il principio di diritto da cui partire è quello secondo cui, in materia di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice di appello, mentre nel caso di rigetto del gravame non può, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado, allorchè riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche di ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell’esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all’art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese (Cass. 24.1.2017 n. 1775; Cass. 22.12.2009 n. 26985).

53. Tale principio è stato preso in considerazione dalla Corte di merito che, nella nuova determinazione delle spese di lite, avendo riformato in parte la gravata sentenza, ha ritenuto di dovere compensare, alla luce della complessità delle questioni versate in causa, quelle relative al rapporto processuale tra FASAF srl e S.P..

54. Così statuendo, però, la Corte territoriale ha determinato un contrasto irriducibile, nella motivazione, tra affermazioni inconciliabili (cfr. Cass. n. 8053/2014), sanzionato con la nullità della sentenza, in quanto, in precedenza, nel valutare l’ultimo motivo di appello incidentale proposto dalla FASAF srl, che lamentava l’erroneità della condanna alle spese disposta in favore del chiamato in causa S., aveva ritenuto corretto il criterio della soccombenza non appalesandosi motivi per disporre la compensazione.

55. I giudici di seconde cure, invece, avrebbero dovuto soprassedere sull’esame del motivo di appello, logicamente e giuridicamente subordinato all’esito complessivo della lite, e solo una volta definito il gravame, rilevare la eventuale persistenza dell’interesse alla trattazione della censura ovvero il suo assorbimento determinato dalla nuova statuizione sulle spese.

56. Relativamente a tale punto, quindi, la sentenza deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, può procedersi alla determinazione delle dette spese per il giudizio di primo grado e di appello.

57. A tal proposito ritiene il Collegio, conformemente a quanto stabilito in prime cure, che debba applicarsi il criterio della soccombenza, per entrambi i gradi, perchè la domanda di manleva formulata dalla FASAF srl nei confronti del chiamato S. è risultata totalmente infondata.

58. Non sussistono ragioni per disporre la compensazione (sesto motivo del ricorso incidentale della FASAF srl) in quanto non è ravvisabile la invocata complessità di questioni giuridiche sostanziali e processuali circa la posizione del S., tale da derogare il generale principio della condanna alle spese della parte soccombente: invero, è emerso in modo chiaro, in fatto e diritto, il non coinvolgimento di quest’ultimo in ordine all’infortunio di cui è giudizio.

59. L’importo a carico della società, per la rifusione delle spese in favore del S. per il giudizio di appello (per quelle di primo grado va confermata la liquidazione già adottata dal Tribunale di Rovereto), può essere quantificato in Euro 5.500,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in Euro 300,00, al rimborso spese forfettizzate nella misura del 15% e agli accessori di legge, come da dispositivo, avendo riguardo all’iter processuale risultante dalla gravata sentenza, alle questioni giuridiche esaminate e allo scaglione di riferimento (valore indeterminato).

60. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso incidentale della FASAF srl deve essere rigettato, così come quello proposto da P.G..

61. Deve, invece, essere accolto il ricorso principale di S.P. nella qualità; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, la FASAF srl va condannata al pagamento, in favore di S.P. delle spese di primo (confermando la statuizione adottata dal Tribunale di Rovereto) e di secondo grado, come sopra quantificate.

62. Quanto alle spese del giudizio di legittimità, le stesse – anche in questo caso – seguono la soccombenza per ciò che concerne i rapporti processuali tra la FASAF srl e S.P. nonchè tra P.G. e DANA ITALIA spa.

63. La soccombenza reciproca induce a compensare quelle intercorrenti tra P.G. e FASAF srl.

64. Per quelle riguardanti il rapporto tra P.G. e S.P. n.q., esse vanno compensate in considerazione del fatto che, in sostanza, le rispettive richieste, oggetto dei motivi di censura, erano dirette esclusivamente nei confronti della FASAF srl.

65. Nulla, infine, va disposto per quelle riguardanti il rapporto tra S.P. e la DANA ITALIA spa, che non ha resistito con controricorso nei confronti del primo, non essendo destinataria delle istanze del ricorrente principale.

66. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, sempre come da dispositivo, relativamente alla FASAF srl e a P.G..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso incidentale della FASAF srl; rigetta il ricorso incidentale di P.G.; accoglie il ricorso principale proposto da S.P. nella qualità in epigrafe indicata; cassa la sentenza in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, conferma la statuizione sulle spese del giudizio di primo grado di cui alla pronuncia del Tribunale di Rovereto n. 36/2014 relativamente al rapporto processuale tra FASAF srl e S.P. n.q.; condanna FASAF srl alla rifusione delle spese del giudizio di appello sostenute da S.P. n.q. che si liquidano in Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 300,00 ed agli accessori di legge.

Compensa tra P.G. e S.P. n.q. nonchè tra P.G. e la FASAF srl le spese del giudizio di legittimità.

Condanna P.G. a rimborsare a DANA ITALIA spa le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Condanna, infine, FASAF srl al pagamento, in favore di S.P. n.q., delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti FASAF srl e P.G., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi incidentali, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020

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