Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4618 del 28/02/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 4618 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: CURCIO LAURA

ORDINANZA

sul ricorso 20528-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
3628

CALABRESE DONATO, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’ avvocato
DOMENICO SAVIO CARPAGNANO, giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 28/02/2018

avverso

la

sentenza n.

3467/2010

della CORTE

D’APPELLO di BARI, depositata il 12/08/2010 r.g.n.

1771//2008.

RG.n.20528/2017
,

RILEVATO
che con sentenza in data 12.8.2010 la Corte di Appello di Bari ha confermato la
sentenza del Tribunale di Foggia che aveva dichiarato l’illegittimità del termine
apposto al contratto intercorso tra Donato Calabrese e Poste Italiane s.p.a. per il
periodo 16.7.2002/30.9.2002 la cui causale stabiliva ” esigenze

processi di riorganizzazione, ivi comprendendo un più funzionale riposizionamento di
risorse sul territorio

, anche derivanti da innovazioni tecnologiche , ovvero

conseguenti all’introduzione di nuove tecnologie , prodotti o

servizi nonché

all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17,18,23 ottobre , 11 dicembre
2001,11 gennaio 2012 “, condannando Poste spa al risarcimento del danno pari alle
retribuzioni maturate dalla domanda giudiziaria al ripristino del rapporto con gli
accessori dovuti per legge.
che la Corte ha ritenuto che Poste spa avrebbe dovuto provare non solo l’esistenza in
generale di un processo di mobilità riguardante gli addetti al recapito, ma poi che quel
processo aveva riguardato la sede di assunzione del lavoratore;e che tale processo
fosse ancora in atto a tale data; che tale prova non era stata assolta dalla società
datrice di lavoro.
che avverso tale sentenza Poste s.p.a. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi,
chiedendo, in subordine, l’applicazione dello jus superveniens; ha opposto difese il
Calabrese con controricorso.

CONSIDERATO
Che con il ricorso la società ricorrente deduce :1) la violazione e falsa applicazione
dell’art.4 c.2 del Dlgs n.368/2001, dell’art.2697 c.c., 115 e116 c.p.c.„ dell’art.421
c.p.c. , in relazione in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c. p. c., per avere la
corte ritenuto che spettasse alla datrice di lavoro l’onere di provare le ragioni
oggettive legittimanti il termine, mentre tale onere sarebbe imposto dal Dlgs
n.368/2001 solo in caso di proroga del contratto, come previsto dall’art.4 comma 2
del citato decreto. Sarebbe quindi onere del lavoratore, in base all’art.2967 c.c.,
provare la estraneità della sua assunzione in seno alle esigenze indicate nel contratto
e dunque la pretestuosità dell’assunzione. Che comunque Poste aveva articolato nella
memoria di costituzione in primo grado precisi capitoli di prova afferenti la
riorganizzazione così come regolamentata dai numerosi accordi sindacali richiamati in
I

tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a

contratto.2)l’omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per
il giudizio, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 5 c. p. c. La Corte avrebbe omesso di
valutare e di motivare sull’ammissibilità e rilevanza dei capitoli di prova così come
articolati in primo grado, attinente i processi di riorganizzazione che avevano investito
la società facendo nascere l’esigenza di assunzioni temporanee, senza neppure
chiarire perché non erano stati esercitati e anche i poteri officiosi di cui all’art.421
c.p.c..3) la violazione e falsa applicazione dell’ art. 1 commi 1 e 2 , dell’art.4 comma 2

primo c. . 3 c. p.c., per avere ritenuto la genericità della ulteriore motivazione riferita
alla ragione sostitutiva (necessità di espletamento del servizio in concomitanza di
assenze per ferie ..) pure posta a fondamento dell’assunzione, quindi delle ragioni
giustificative dell’apposizione del termine, che non devono essere valutate in relazione
al singolo ufficio, come ritenuto dalla Corte territoriale,avendo la società indicato il
luogo della prestazione e le mansioni.4) la violazione ed erronea applicazione degli
artt.1206, 1207, 1217, 1218, 1219, 1223, 2094, 2099, 2697 cod. civ. in relazione
all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ.. Secondo la ricorrente le retribuzioni non
potevano che decorrere dal momento in cui vi era stata l’effettiva ripresa del servizio ,
stante la natura sinallagmatica delle prestazioni , e , quanto all’aliunde perceptum,
sarebbe stato onere della lavoratrice provare di non aver intrattenuto altri e
successivi rapporti di lavoro e di non aver percepito somme a titolo retributivo. In
subordine Poste spa ha chiesto l’applicazione dell’art. 32 comma 5 e 6 della legge 4
novembre 2010 n. 183 e che in applicazione dello jus superveniens il risarcimento del
danno sia contenuto nei limiti previsti dalla citata norma.
che ritiene il Collegio si debba accogliere solo l’ultimo motivo collegato al quarto, ma

con riferimento solo all’applicazione dello jus superveniens.
Che i primi due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi,

sono infondati; che infatti l’apposizione di un termine ai contratti di lavoro,
consentita dall’art. 1 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 a fronte di ragioni di
carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare
specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, e che ben possono risultare
anche per relationem, impone al datore di lavoro non solo l’onere di indicare in modo
circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali
ragioni, nonché la non modificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze
che contraddistinguono una particolare attività, in modo da rendere evidente la
specifica correlazione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze
2

del Dlgs n. 368 del 2001, degli artt. 1362 e 1325 cod. civ. in relazione all’art. 360

produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare, ma anche di
fornire la prova della utilizzazione del lavoratore assunto proprio nell’ambito della
specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa.
Che spetta al giudice di merito accertare la sussistenza di tali presupposti, valutando
ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni
specificamente indicate nel contratto di assunzione a termine, inclusi gli accordi
collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nella causale del contratto, con

dal sindacato dì legittimità, come nel caso di specie .
Che nel caso in esame, diversamente da quanto sostenuto dalla società ricorrente, la
corte territoriale ha correttamente applicato il suddetto principio allorquando ha
affermato che nella fattispecie pur volendosi ritenere soddisfatto l’obbligo di
specificazione delle ragioni di cui all’art. 1 del d.lgs n. 368 del 2001, era mancata in
particolare la prova sul punto di una specifica causale negoziale.(cfr. tra le tante,
Cass.27/4/2010 n. 10033, Cass. 19/03/2016 n. 5451), atteso che la prova
testimoniale richiesta in primo grado e reiterata in appello, verteva su premesse in
fatto descrittive degli accordi richiamati senza alcun collegamento con la posizione
individuale della lavoratrice. Che in particolare dall’accordo del 17 10.2001 si ricavava
solo la previsione dell’inizio di un processo di mobilità del personale della sportelleria
e del recapito, poi regolamentato con i successivi accordi sino all’agosto e al
novembre 2002,essendo tuttavia rimasta carente la prova , affidata ad un solo
capitolo di prova generico, che non precisava in quale misura l’esigenza di mobilità
infraziendale a livello nazionale avesse interessato anche l’ufficio dove era stata
assunto il Calabrese.
Che invece è inammissibile il terzo motivo per difetto di specificità, atteso che trattasi
di censura del tutto nuova, perché non risulta non risulta essere stata inserita nel
contratto anche la causale sostitutiva, come si evince dalla lettera di assunzione ( atto
fotocopiato ed inserito nel corpo del controricorso) e pertanto non oggetto di esame
nei giudizi di merito, in particolare nel giudizio di appello.
Che deve essere accolta invece la domanda di applicazione dello jus supeveniens,
costituito dalla normativa di cui all’art.32 della legge n.183/2010, come richiesto da
parte ricorrente, trattandosi di giudizio “pendente” ai sensi del settimo comma del
citato art.32 . Sul punto si richiama la recente sentenza di questa Corte a SSUU
n.21691/2016, secondo cui la violazione di norme di diritto di cui all’art.360 c. 1 n.3
può concernere anche disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza
3

valutazione che, ove i adeguatamente motivata ee priva di vizi giuridici, resta esente

impugnata, qualora siano norme applicabili perché dotate di efficacia retroattiva,
posto che la proposizione dell’impugnazione nei confronti della parte principale della
sentenza impedisce il passaggio in giudicato anche della parte dipendente, pur in
assenza di impugnazione specifica di quest’ultima.
Che la sentenza pertanto va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche
per le spese , alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione , che dovrà limitarsi
a quantificare l’indennità spettante all’odierna parte contro ricorrente per il periodo

riammissione in servizio (cfr per tutte

Cass.n.14461/2015 ),

con interessi e

rivalutazione da calcolarsi a far tempo dalla sentenza dichiarativa della nullità del
termine ( cfr Cass. n. 3062/2016).
P.Q.M.
La Corte accoglie il motivo concernente applicazione dell’art 32 legge n.183/2000,
rigettati gli altri , cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia
alla Corte di appello di Bari in diversa composizione, cui demanda di provvedere
anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella Adunanza camerale del 26 settembre,o – 2017.

Vincenzo Di Cerbo

compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia con cui è stata disposta la

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