Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4618 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4618 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 9182-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

FLAVIA 90 SRL IN LIQUIDAZIONE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 179/2005 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 03/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 26/02/2014

udienza del 03/12/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI il quale fa presente che l’Avv. GIOVANNOLI
al quale è stato notificato il ricorso risulta
regolarmente costituito in appello per la Società
intimata e ciò risulta dalle controdeduzioni

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO APICE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

depositate dinanzi alla C.T.R.;

RITENUTO IN FATTO.
1. A seguito di processo verbale di constatazione
dell’11.6.99 della Guardia di Finanza di Velletri, venivano notificati alla società Flavia 90 in liquidazione,
in data 3.10.00, tre avvisi di rettifica, ai fini IVA per
gli anni 1994, 1995 e 1996, con i quali l’Ufficio recuperava a tassazione l’imposta indebitamente detratta, in
oggettivamente inesistenti, relative alla stipula di contratti preliminari di compravendita intercorsi tra la
contribuente ed altre società appartenenti allo stesso
gruppo.
2. Gli atti impositivi venivano impugnato dalla contribuente dinanzi alla CTP di Roma, che accoglieva il ricorso.
2.1. La CTR del Lazio, con la sentenza n. 179/14/05, depositata il 3.2.06, rigettava, altresì, l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ritenendo non provati
dall’Amministrazione finanziaria gli estremi dell’ inesistenza oggettiva delle operazioni fatturate dalla promittente venditrice, in relazione a preliminari di compravendita, successivamente risolti per la mancata realizzazione delle condizioni in esse previste, con conseguente
emissione di note di credito a favore del promittente acquirente.
3. Per la cassazione della sentenza n. 179/14/05 ha,
quindi, proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate affidato
a due motivi. La contribuente non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La vicenda processuale trae origine da una verifica
effettuata dalla Guardia di Finanza di Velletri presso la
società Flavia 90 s.r.l. (attualmente in liquidazione),
conclusasi con la redazione di un processo verbale di
constatazione, in data 17.9.99, con il quale l’Ufficio
contestava alla contribuente di avere stipulato, in qualità di promittente acquirente, una serie di contratti
preliminari di compravendita di immobili con altre socie-

relazione a fatture aventi ad oggetto operazioni ritenute

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tà appartenenti al medesimo gruppo Ramacci. Lo schema
delle operazioni poste in essere dai contraenti – così
come ricostruito dai verbalizzanti – può essere riassunto
come segue: l) redazione di un apposito preliminare di
compravendita contenente, oltre alle modalità dell’ acquisto, una condizione risolutiva, la cui irrealizzabilità ab origine era già nota alle parti; 2) emissione di
montare pari a quasi l’intero corrispettivo della vendita; 3) redazione di un atto risolutivo del rapporto, in
conseguenza del mancato verificarsi della condizione apposta al preliminare 4) emissione di un’apposita nota di
credito a totale storno della fattura emessa in precedenza.
1.1. Tale ricostruzione dei fatti induceva, pertanto, la
Guardia di Finanza a concludere (pp. 5-7 del verbale)che
il meccanismo in questione “attraverso l’emissione di
fatture di acconto per la vendita di immobili ed il successivo storno mediante l’emissione di note di credito,
opportunamente concordate tra le diverse società, consentiva alle stesse di modificare la normale liquidazione
periodica dell’Imposta sul Valore Aggiunto ed evitare così il pagamento dell’imposta”. Ed infatti, i verbalizzanti constatavano, altresì, che le società del gruppo Ramacci non avevano mai effettuato versamenti di IVA
all’Erario, in relazione alle fatturazioni in questione,
ritenute, pertanto, inerenti ad operazioni oggettivamente
inesistenti.
1.2. Gli atti impositivi conseguenti alla notifica del
processo verbale di constatazione venivano, quindi, impugnati dalla Flavia 90 s.r.1., con esito favorevole in entrambi i gradi del giudizio di merito. Avverso la decisione di appello ha, quindi, proposto ricorso per cassazione l’Amministrazione finanziaria, formulando due censure.
2. Con i due motivi di ricorso – che, per la loro evidente connessione,

vanno esaminati congiuntamente –

l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa

una fattura a fronte di un acconto sul prezzo, di un am-

applicazione degli artt. 19, 21, co. 7 e 54 d.P.R.
633/72, 1363, 1514, 1417, 1418, 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l’omessa o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
2.1. Assume la ricorrente che la CTR avrebbe del tutto
omesso la considerazione delle suesposte circostanze, codall’Ufficio a sostegno della ritenuta natura fittizia
delle operazioni relative ai preliminari stipulati dalla
Flavia 90 s.r.l. con altre società dello stesso gruppo.
Da tali circostanze – peraltro desumibili con chiarezza
dal processo verbale di constatazione della Guardia di
Finanza, riprodotto negli atti impositivi – sarebbe, invero, emersa la simulazione oggettiva assoluta delle operazioni contrattuali in questione, aventi il solo scopo
di consentire alle società del gruppo Ramacci di operare,
in violazione anche dei principi in materia di abuso del
diritto, un’indebita detrazione dell’IVA sul prezzo delle
vendite simulate.
2.2. Le censure sono fondate.
2.2.1. Non può revocarsi in dubbio, infatti, che
l’Amministrazione finanziaria, quale terzo interessato
alla regolare applicazione delle imposte, è legittimata a
dedurre, prima in sede di accertamento fiscale e poi in
sede contenziosa, la simulazione assoluta o relativa dei
contratti stipulati dal contribuente, o la loro nullità
per frode alla legge, ivi compresa la legge tributaria
(art. 1344 c.c.). E la fattispecie in parola, rispetto
alla più generale figura della fatturazione per operazioni oggettivamente inesistenti, si connota per la sussistenza – oltre alla fattura che documento il prezzo della
transazione – di un negozio giuridico simulato (nel caso
di specie seguito da un accordo risolutorio), posto in
essere all’esclusivo fine di porre in essere un’elusione
dell’imposta dovuta.
Tenuto conto, peraltro, della qualità di terzo dell’Amministrazione, la prova della simulazione, sulla stessa

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stituenti validi elementi di prova presuntiva, addotte

gravante, può essere offerta con qualsiasi mezzo, e quindi anche mediante presunzioni, purchè idonee a dimostrare, oltre alla portata oggettiva dell’accordo simulatorio, anche i profili negoziali di carattere soggettivo
dell’operazione posta in essere dai contraenti (Cass.
20816/05; 17221/06).
2.2.2. Orbene, la stipulazione del contratto preliminare
mento anticipato del corrispettivo, è certamente sufficiente a realizzare il presupposto dell’imposizione, ai
sensi dell’art. 6, co. l e 4 del d.P.R. n. 633/72, nei
limiti dell’importo fatturato o pagato. Ne discende che
la successiva risoluzione del preliminare non consente di per sé sola – di qualificare l’operazione come inesistente a fini fiscali, con la conseguente indetraibilità
dell’imposta assolta dal promissario, non essendo a tal
fine sufficiente la mancata stipulazione del contratto
definitivo. L’inesistenza dell’operazione in parola potrà, per contro, conseguire soltanto all’accertamento
della natura eventualmente elusiva dell’operazione (secondo il modello del cd. abuso del diritto), attraverso
l’interpretazione della comune volontà delle parti in ordine alla validità o meno del preliminare, sulla base di
tutti gli elementi da cui possa desumersi l’intento fraudolento dalle stesse perseguito (cfr. Cass. 12192/08).
2.2.3. Tanto premesso in via di principio, va rilevato
che, con specifico riferimento al caso in esame, questa
Corte ha già avuto modo più volte di rilevare (cfr. Cass.
12353/05; 18018/09; 18021/09; 11204/13; 11205/13), a proposito di identiche vicende concernenti altre società del
gruppo Ramacci, che – sulla base del processo verbale di
constatazione recepito dagli atti impositivi – gli elementi di prova in ordine alla simulazione dei preliminari
sono costituti: l) dai collegamenti tra le 46 società del
gruppo, compresa la Flavia 90, tutte facenti capo alla
famiglia Ramacci; 2) dalla stipula di numerosi contratti
preliminari di compravendita tra le diverse società, tutti contenenti un’identica clausola risolutiva espressa,

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di compravendita di un immobile, accompagnata dal versa-

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condizionata ad un evento impossibile da realizzarsi; 3)
dal pagamento pressochè integrale del prezzo, del tutto
inusuale nelle transazioni commerciali; 4) dalla natura
esclusivamente cartolare del pagamento del corrispettivo,
poiché effettuato da finanziarie legate al gruppo, che
non effettuavano spostamenti reali di denaro.
2.2.4. Ebbene, a fronte di tali elementi – aventi una insegno contrario risulta avere fornito la contribuente in
giudizio, con la conseguenza che il diritto alla detrazione, per gli anni in contestazione, è stato dalla medesima illegittimamente esercitato. Tale diritto, invero,
ai sensi dell’art. 17 n. 2, lett. a) della sesta Direttiva n. 388/77 e degli artt. 19 e 21 d.P.R. 633/72, è limitato alle sole imposte dovute, vale a dire alle imposte
corrispondenti ad un’operazione soggetta ad IVA, o versate in quanto erano effettivamente dovute, e non si estende all’imposta dovuta solo perché indicata in fattura
(cfr. C. Giust. 13.12.89, C-342/87, Genius Holding BV;
Cass. 12353/05; 18018/09; 18021/09; 11204/13; 11205/13).
2.2.5. Per tali motivi, pertanto, le censure suesposte
devono essere accolte.
3. Di conseguenza, l’impugnata sentenza va cassata con
rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che dovrà procedere a nuovo esame del
merito della controversia, tenendo conto di tutti i rilievi ed i principi suesposti.
4. Il giudice di rinvio provvederà, altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che provvederà alla liquidazione anche
delle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 3.12.2013.

dubbia valenza probatoria – nessun elemento di prova di

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