Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4615 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4615 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 23576-2007 proposto da:
ONETA ALFREDO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
ALBALONGA 7, presso lo studio dell’avvocato PALMIERO
CLEMENTINO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE
NOTARIIS GIOVANNI giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente con atto di costituzione –

Data pubblicazione: 26/02/2014

avverso la sentenza n. 47/2006 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 18/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/12/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;

Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’estinzione parziale, per il resto inammissibilità o
rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

RITENUTO IN FATTO.
1. Ad Oneta Alfredo, quale titolare dell’omonima ditta
individuale, veniva notificata una cartella di pagamento,
con la quale l’Ufficio recuperava a tassazione l’IVA non
versata per l’anno di imposta 1998, oltre agli interessi
ed alle sanzioni, per il complessivo importo di
4.347,70.
alla CTP di Milano, che rigettava il ricorso.
2.1. La CTR della Lombardia, con sentenza n. 47/22/06,
depositata il 18.7.06, rigettava, del pari, l’appello
proposto dal contribuente, ritenendo che – sulla scorta
della documentazione prodotta dal solo Ufficio, ritenendosi tardivamente prodotta, in prime cure, la documentazione favorevole all’Oneta – l’attività di impresa svolta
dal contribuente fosse cessata in data 5.3.99, e non il
31.12.95 come sostenuto dal medesimo, e che, pertanto,
l’imposta fosse dovuta anche per l’anno 1998.
3. Per la cassazione della sentenza n. 47/22/06 ha, quindi, proposto ricorso il contribuente affidato a sei motivi, illustrati altresì con memoria depositata ai sensi
dell’art. 378 c.p.c. L’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. In via pregiudiziale, va rilevato che – nelle more del
presente giudizio- l’Amministrazione finanziaria ha provveduto all’annullamento dell’iscrizione a ruolo effettata
a carico di Oneta Alfredo, limitatamente all’IVA per
l’anno 1998 ed agli interessi, confermando la residua
iscrizione per le sole sanzioni, per l’importo di
908,45.
1.1. Ne consegue che il presente giudizio va dichiarato
parzialmente estinto per intervenuta cessazione della materia del contendere, ai sensi dell’art. 46 d.lgs.
546/92, in relazione all’imposta suindicata ed ai relativi interessi, dovendo, invece, il processo proseguire in
relazione alle sole sanzioni.

2. L’atto suindicato veniva impugnato dall’Oneta dinanzi

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2. Premesso quanto precede, va rilevato che, con il primo, secondo e sesto motivo – che, presentando un identico
difetto di formulazione, vanno esaminati congiuntamente Oneta Alfredo denuncia l’omessa, insufficiente e illogica
motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
2.1. Assume, invero, il ricorrente che la CTR non avrebbe
stanze, decisive ai fini della decisione, concernenti la
cessazione dell’attività di gestione del bar presso il
Circolo Cascina Rossino nel Comune di Ornago in data
31.12.95, e la cessazione dell’attività di gestione del
Circolo Ricreativo Taverna del Combattente nel Comune di
Cassina de’ Pecchi in data 11.10.97, nell’uno e
nell’altro caso – dunque – prima della data del 5.3.99,
indicata dall’Ufficio come epoca di cessazione definitiva
dell’attività di impresa del contribuente, e che avrebbe
consentito all’Amministrazione l’iscrizione a ruolo
dell’IVA anche per l’anno 1998.
Tale vizio motivazionale discenderebbe – a parere del ricorrente – dal fatto che il giudice di appello non avrebbe preso in alcun modo in considerazione le certificazioni rilasciate dal Comandante della Polizia Municipale di
Ornago, in data 21.2.04, e del Responsabile del Servizio
– Area attività produttiva del Comune di Cassina de’ Pecchi, in data 9.3.04, dalle quali si desumerebbe che le
attività suindicate erano cessate in epoca precedente la
data del 5.3.99, determinata dall’Ufficio sulla scorta
del modello di restituzione del numero di partita IVA,
presentato dallo stesso Oneta in data 31.3.99.
2.2. Deduce, inoltre, il ricorrente che il giudice di appello non avrebbe tenuto in alcun conto le ragioni giustificative addotte dall’Oneta circa l’indebito riporto
di un credito IVA nel modello unico 2000, credito in
realtà non più sussistente, perché già utilizzato in compensazione dell’anno 1998, essendosi la CTR limitata a
concludere laconicamente, sul punto, che il contribuente

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fornito una motivazione adeguata in ordine alle circo-

non avrebbe “fornito chiarimenti in merito alla contestazione dell’Ufficio”.
2.3. Le censure suesposte sono inammissibili.
2.3.1. L’Oneta ha, invero, del tutto omesso di formulare
– a corredo del motivo di ricorso – un’indicazione riassuntiva e sintetica, contenente la chiara indicazione del
fatto controverso in relazione al quale la motivazione si
dell’art. 366 bis, co. 2, c.p.c. (applicabile alla fattispecie ratione temporis), a tenore del quale la formulazione della censura ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.
deve contenere un “momento di sintesi” omologo del quesito di diritto, che costituisca un

quid pluris rispetto

all’illustrazione del motivo operata dalla parte ricorrente (Cass. 2652/08, Cass.S.U. 11652/08, 16528/08,
24255/11).
2.3.2. Nel caso di specie, invero, il ricorrente si è limitato ad effettuare una lunga esposizione dei motivi per
i quali la motivazione dell’impugnata sentenza sarebbe
affetta dal vizio motivazionale dedotto, senza formulare
a corredo della stessa il cd. quesito di fatto, idoneo a
consentire alla Corte di comprendere, dalla lettura del
solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di
merito Per cui le censure in questione – per le ragioni
suesposte – non possono trovare accoglimento.
3. Con il terzo motivo di ricorso, l’Oneta denuncia la
violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.P.R.
633/72, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
3.1. Deduce il ricorrente che la CTR sarebbe incorsa nella violazione della suindicata disposizione dell’art. 4
del decreto cit. – che, al co. 5, considera commerciali
solo le attività di gestione di spacci aziendali e di
mense – avendo ritenuto soggetta ad IVA l’attività di gestione di un bar esercitata all’interno di circoli con
finalità culturali o ricreative, ed in particolare quella
esercitata nel bar aperto presso la Taverna del Combattente in Cascina de’ Pecchi, nel quale l’attività in que-

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assume contraddittoria o insufficiente, ai sensi

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stione sarebbe stata svolta nell’esclusivo interesse dei
soci.
3.2. Il motivo è infondato.
3.2.1. Secondo il costante insegnamento di questa Corte,
infatti, in tema di IVA e con riferimento ai proventi
dell’attività svolta da enti di tipo associativo, rientrano nella base imponibile i corrispettivi derivanti
zione di bevande ed alimenti, nei locali di un circolo
culturale ricreativo, ai sensi dell’art. 4 del d.P.R. n.
633/72, applicabile “ratione temporis”, nel sistema vigente anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 4
della legge n. 383 del 2000, che ha consentito ai circoli
di finanziarsi con attività commerciali consistenti nella
cessione di beni e servizi ai soci ed ai terzi. Ciò in
quanto soltanto le prestazioni ed i servizi che realizzano direttamente le finalità istituzionali dell’ente, senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedano i costi di diretta imputazione,
non vanno considerate effettuate nell’esercizio di attività commerciale e, quindi, non sono imponibili, mentre
ogni altra attività espletata dagli stessi soggetti rientra nel regime impositivo (cfr. Cass. 19839/05; 611/06;
26469/08; 28781/08).
3.2.2. E non può revocarsi in dubbio che l’onere di provare i presupposti di fatto che giustifichino l’esenzione
da imposta incomba a carico del contribuente, secondo gli
ordinari criteri stabiliti dall’art. 2697 c.c. (Cass.
3360/13).
3.3. Nel caso di specie, per contro, non risulta agli atti che l’Oneta abbia fornito la prova della finalizzazione dell’attività in parola alla somministrazione di alimenti e bevande solo a favore dei soci del sodalizio. Per
cui la censura in esame non può che essere disattesa.
4. Con il quarto e quinto motivo di ricorso – che, per la
loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente
– l’Oneta denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 58 del d.lgs. n. 546/92, in relazione

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dall’attività di ristorazione gestita, con somministra-

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all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l’omessa, insufficiente
e illogica motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
4.1. Si duole, invero, il ricorrente del fatto che la CTR
non abbia esaminato taluni documenti prodotti dal contribuente – e, segnatamente, le certificazioni rilasciate
dal Comandante della Polizia Municipale di Ornago, in davità produttiva del Comune di Cassina de’ Pecchi, in data
9.3.04, dalle quali sarebbe stato possibile desumere che
le attività suindicate erano cessate in epoca precedente
la data del 5.3.99 – in quanto prodotte tardivamente nel
giudizio di primo grado, in allegato alla memoria illustrativa depositata oltre il termine previsto dall’art.
32 del d.lgs. 546/92 (fino a 20 giorni liberi prima
dell’udienza di trattazione).
4.2. In tal modo, la CTR avrebbe – per vero – violato, ad
avviso dell’Oneta, il disposto dell’art. 58, co. 2 del
decreto cit., che consentirebbe alla parte di avvalersi
in appello delle produzioni documentali dichiarate inammissibili perché tardive, operando le preclusioni alle
produzioni di nuovi documenti esclusivamente sul versante
dell’organizzazione del contraddittorio interna a ciascun
grado del giudizio.
4.3. Tale erroneo convincimento del giudice di seconde
cure avrebbe, di conseguenza, prodotto inevitabili ricadute sulla motivazione dell’impugnata sentenza, che si
sarebbe, difatti, fondata – sul punto decisivo della cessazione dell’attività di impresa da parte dell’Oneta solo sulla documentazione prodotta dall’Amministrazione
finanziaria, secondo la quale detta attività sarebbe cessata in data 5.3.99, come si desumerebbe dal modello di
restituzione del numero di partita IVA, presentato dallo
stesso Oneta in data 31.3.99. Per contro, la documentazione prodotta dall’Oneta – qualora fosse stata esaminata
dal giudice di appello – avrebbe consentito al medesimo
di stabilire che l’attività esercitata dal contribuente
in Ornago era cessata già dal 31.12.95, mentre quella

ta 21.2.04, e del Responsabile del Servizio – Area atti-

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svolta in Cassina de’ Pecchi era cessata a far tempo
da111’11.10.97. Sicché l’IVA per l’anno 1998 – come dedotto dal contribuente – non era dovuta.
4.4. Le censure sono fondate.
4.4.1. Ed invero – come questa Corte ha più volte affermato – in materia di produzione documentale in grado di
appello nel processo tributario, alla luce del principio
546/92 – in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria,
prevale quest’ultima – non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 345, co.3, c.p.c., essendo la materia regolata dall’art. 58, co. 2, del decreto cit., che
consente alle parti di produrre liberamente i documenti
anche in sede di gravame. E ciò quantunque tali documenti
siano preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado, a
nulla rilevando neppure l’eventuale irritualità o tardività della loro produzione in prime cure (cfr. Cass.
18907/11; 23616/11; 20103/12).
4.4.2. Per il che del tutto ingiustificato si palesa, nel
caso concreto, il mancato esame della suindicata documentazione da parte della CTR, ancorchè irritualmente prodotta nel giudizio di prime cure. Con la conseguenza che
le censure in esame devono essere accolte.
5. L’accoglimento del quarto e quinto motivo di ricorso
comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che dovrà riesaminare il merito
della controversia, attenendosi al seguente principio di
diritto: “in materia di produzione documentale in grado
di appello nel processo tributario, la materia è regolata
dalla norma speciale (rispetto all’art. 345 c.p.c.) di
cui all’art. 58, co. 2, del d.lgs. n. 546/92, che consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche
in sede di gravame; di conseguenza la produzione di tali
documenti in appello non trova ostacolo nel fatto che gli
stessi siano preesistenti al giudizio svoltosi in primo

di specialità espresso dall’art. l, co. 2, del d.lgs. n.

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grado, e neppure nel fatto che gli stessi siano stati irritualmente o tardivamente prodotti in prime cure”.
6. Il giudice di rinvio provvederà, altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
dichiara parzialmente estinto il giudizio, limitatamente
bili il primo, secondo e sesto motivo di ricorso; rigetta
il terzo; accoglie il quarto e quinto motivo di ricorso;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che provvederà alla liquidazione anche delle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 2.12.2013.

all’imposta ed ai relativi interessi; dichiara inammissi-

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