Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4611 del 28/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 4611 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: BALSAMO MILENA

ORDINANZA

sul ricorso 5620-2012 proposto da:
COMUNE DI AREZZO, elettivamente domiciliato in ROMA
CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo STUDIO GREZ E
ASSOCIATI, rappresentato e difeso dall’avvocato
STEFANO PASQUINI;
– ricorrente contro

INPDAP – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I
DIPENDENTI

DELL’AMMINISTRAZIONE

PUBBLICA,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA

29,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

FIORENTINO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente nonchè contro

Data pubblicazione: 28/02/2018

ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE – INPS;
– intimato –

avverso la sentenza n. 101/2011 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata il 22/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

BALSAMO.

consiglio del 08/02/2018 dal Consigliere Dott. MILENA

RITENUTO CHE:
§2.1. Con riferimento all’anno 2006, in mancanza di denuncia di variazione,
il comune di Arezzo emetteva, nei confronti dell’INPS e dell’INPDAP, avviso di
accertamento per insufficiente versamento derivante dal raffronto tra quanto
dichiarato e quanto versato in autotassazione.
L’I.N.P.D.A.P.

Istituto

Nazionale

della

previdenza

dipendenti

respingeva il ricorso.
L’ente contribuente impugnava la sentenza dinanzi alla CTR di Firenze che
accoglieva l’appello.
Avverso la sentenza n. 101/8/11 depositata il 22.09.2011, interponeva
ricorso per cassazione l’amministrazione comunale.
La contribuente si è costituita con memoria, eccependo la violazione del
principio di autosufficienza del ricorso ex art. 366 c.p.c. e la violazione dell’art.
360 bis c.p.c. denunciando l’individuazione dei motivi del ricorso per cassazione.

CONSIDERATO CHE:
Come requisito dì ammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi rilevano,
anzitutto, se mancano.
Lo esplicita chiaramente il disposto dell’art. 375 n. 1 c.p.c. che, nel testo
sostituito dall’art. 47 L. n. 69/2009, considera la mancanza dei motivi previsti
dall’art. 360 c.p.c. come ipotesi di inammissibilità del ricorso.
Identico riferimento era contenuto nel testo originario della norma citata, in
cui figurava nel primo comma, dando luogo (con una certa contraddizione
rispetto al n. 4 dell’art. 366 c.p.c.) al rigetto del ricorso.
A seguito della riforma di cui al d.igs n. 40 del 2006, la previsione si trasferì
nel n. 5 dell’art. 375 c.p.c. e per la prima volta venne considerata come ipotesi
di inammissibilità del ricorso.
Le ipotesi accomunate sotto il medesimo concetto sono costituite dalla
mancanza formale dei motivi, quale il ricorso che non contenga cartaceamente i
motivi (v. Cass. n. 1666 del 2004), dal ricorso che non contenga alcuna
esposizione di motivi riconducibili all’ambito dell’art. 360 c.p.c., dall’apparente
i

amministrazione pubblica – impugnava detto atto dinanzi alla CTP di Arezzo che

riconducibilità del motivo ai vizi di cui all’art. 360 c.p.c., dall’ipotesi in cui i motivi
non risultino pertinenti alla motivazione della sentenza impugnata (Cass. n. 359
del 2005; Cass. n. 17125 del 2007).
Il requisito dell’esposizione di motivi di impugnazione, stabilito, a pena di
inammissibilità, dall’art. 375 cod. proc. civ. mira ad assicurare che il ricorso
presenti l’autonomia necessaria a consentire, senza il sussidio di altre fonti,

In particolare, le Sezioni Unite della Corte, con sentenza n. 17931/2013,
hanno affermato che il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure
espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, cod. proc.
civ., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata
ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla
citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o
l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi.
Siffatto modo di articolare la censura nei confronti della decisione impugnata
(nel difetto di qualsivoglia coordinamento con le fattispecie di vizio
tassativamente previste dall’art.360 cpc e nella confusione indistinta di una serie
di doglianze vaghe e appena accennate) non è rispettoso del sistema pr3cessuale
vigente, in relazione alla formula prevista per il ricorso per cassazione, così come
inveratasi nella norma dell’art.360 cpc.
A tal proposito, basta qui richiamare il noto principio giurisprudenziale
secondo cui:” il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato
e vincolato dai motivi di ricorso; il singolo motivo, infatti, anche prima della
riforma introdotta con il d.11gs. n. 40 del 2006, assume una funzione identificativa
condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative
di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore. La tassatività
e la specificità del motivo di censura esigono, quindi, una precisa formulazione,
di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura
enucleate dal codice di rito” (tra le molte. Cass. n. 18202 del 2008; Cass. n.
13537 del 2017).
Risultano pertanto inammissibili sia i ricorsi in cui i motivi, senza precisare
direttamente le ragioni delle censure proposte, esauriscano detta illustrazione in
2

l’immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere.


un mero rinvio alle allegazioni difensive contenute negli atti del giudizio di
merito, sia i ricorsi contenente le medesime difese svolte nel giudizio di merito,
finalizzate ad ottenere un riesame del merito della controversia, come
configurabile nel caso di specie (v. Cass. 2004 n.13071).
Il ricorso proposto dal comune di Arezzo è privo dei motivi riconducibili al
disposto dell’art. 360 c.p.c. e ripropone le difese svolte nei giudizi di merito a

riconoscimento dell’esenzione, omettendo di censurare la pronuncia di appello
sotto i profili di cui alla norma codicistica citata e pertanto è inammissibile.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come
in dispositivo.

La Corte
Dichiara inammissibile il ricorso;
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite sostenute
dall’Agenzia che liquida in euro 1500,00, oltre rimborso forfettario, iva e c.p.a
se dovute.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data
8.02.2018

fondamento degli atti di accertamento dallo stesso emanati e dell’omesso

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